a8b DG 975 . T94 B4 1840 mz&M WMM 1 w&tpm ^JSsssV^*®! MM ■egfl 3S&E&& SS&S • -;•; * SsSsl!«!*SSj J DESCRIZIONE TORINO 1840 G. POMBA EDITORE L’Editore inlende godere della proprietd accordata dalle vigenti leggi. TiPOGRAt'iA FONTANA. — Con perm. THE GETTY CENTER LIBRARY AW I SO DELL’ EDITORE La prima edizione di quest’Opera, fatta a spese della Citta, e, per sesto, carta ed ornamenti, una edizione di lusso, ne si vende ma solo si dona. Questa che mi venne dato facolta di fare contem- poraneamente, ma che pur dee chiamarsi seconda, ha per fine di soddisfare a tutte le richieste. I Lettori mi sapranno buon grado della celerita con cui la pongo in commercio. G. Pomba. Digitized by the Internet Archive in 2019 with funding from Getty Research Institute https://archive.org/details/descrizioneditorOObert PREFAZIONE I ra lecitta che compongono la turrita corona dell’Italia, nostra patria comune, Torino sorge cospicua ed emiila delle maggiori. Ma essa non e ricca di grandi reminiscenze istoriche dTmiversale interesse, non ha sublimi opere- grini avanzi dell’antichita o del medio evo, ne s’adorna de’ capolavori con cui le arti della VI PREFAZIONE eta Medicea decorarono tante allre terre d’lta- lia. Benclie antichissimad’origine, essa ecilta tutta moderna d’aspetto. Fanno la suabellezza estrinseca la regolarita, lanettezza, la conve- nienza ela corrispondenza delle sue parti, ele pittoresche vedute de’suoi dintorni. Lasua bel- lezza intrinseca e formata dalle sue instituzioni monarchiche, municipali, caritative, scientifi- che, industriali e ricreative, che tutte insieme unite attestano un alto progresso civile. Laonde mi parve chcunadescrizione diTorino dovesse essere una specie di Statistica; una Statistica, intendo dire, ch’esprimachiari ed ornatii suoi soggetti, esiallontanidaH’austcrousodi vestire un’assisa di soli numeri vergata e distinta. Ma un si fattogenere di opererichiedelungo tempo e Iungo lavoro; laddove tra il divisa- mento e l’eseguimento della mia non potean correrepiudi cinquantagiorni, senzausurpare Ie sue ragioni alia stampa. Egli e il vero che non mi falli qualsivoglia manierad'aiuto.Misidiederonotizie con mano PREFAZIONE VII profusa. Ne paghiacio, parecchi illastriautori o uomini speciali nella loro scienza od arte, mossi dal generoso desiderio di concorrere alia illustrazione della loro patria, dettarono a bella posta per quest’ opera interi capitoli ove nulla era da togliere o aggiungere. E nulla in que’capitoli io ho tolto o aggiunto ocangiato. Anzi recandomi a dovere di non appropriarmi cio che l’altrui cortesia mi do- nava, ho segnato con virgolette tutti i loro scritti, e ne ho posto i nomi o le sigle in po- stilla. Questiscritti riuscirannopregevoli e cari a chiunque, per usare le parole del giovane Buonarroti, « Saldo in sulle cose « Ami ’1 sustanzi'ale e ’1 vano abborra ». Pel qual lato adunque mi conforta buona spe- ranza che la presente Descrizione di Torino corrisponda al nobile scopo che s’e proposto 1’Ordine Decurionale commettendomi che la compilassiin servigio de’Dotti Italiani che qui PREFAZIONE VII s’aduneranno in settembre per tenervi il se- condo loro annuo Congresso. Ma quanto alia parte che a me s’appartiene (tutto ilnonvirgolatoj , ben altramente si volgon le cose. Enelconsiderare che questo libro dee andar perlemanide’rappresenlantila Scienza Italiana, il mio animo si smarrisce ed il ti- more lo investe. Possano gli antichi ed illustri miei amici d’ogni parte d’ltalia che son nel Congresso, prendere ilmio lavorosotto laloro tutela amorevole! Ad essi certamente con tutto il cuore io lo raccomando. Torino, i° luglio 18^0. Davide Bertolotti . PARTE PRIMA CAFITOLO I TOPOGRAFIA Chi guarda il Piemonte dal verlice di qualclie signo- reggiante eminenza, scorge ch’esso rende immagine di uua gran conca, a cui fanno margine in risalto ver sel- tentrione e ver occidente le Alpi, dalle Pennine alle Marittime, ever mezzodi l’Appennino ches’aderiscealle Marittime ed al quale vengono a collegarsi i monli se- condarj che la ristringono. II labbro orienlale di quesla conca s’apre ai piani del Milanese pei piani del Yercellese e del Novaresc. II Po, merce de’suoi influenti, ne rac- eoglie lutte le aeque per recarle aU’Adriatico. 4 CAPITOLO PIUMO In fondo ad essa, e dove il Po clie vien da mezzogiorno scendendo dal Monviso, riceve la Dora che vien da po- nente,recando le acque del Monginevro e del Moncenisio, al pie divaghissimi colli ehe dall’altra parte del maggior liurne le fanno prospetto, siede Torino in una pianura amenissima, verdeggiaute per praterie, biondeggiante per messi, e solcata da canali che recano per ogni dove la fecondita colic irrigue lor acque. I suoi dintorni in pianura sono un conlinuo piacevol passeggio, popolato di case rurali ed iudustriali, ed anclie di ville. E le ville poi ingemmano ogni parte de’graziosi suoi colli a levante. Ad ostro, a poncntc ed a traraontana le fanno pittoresca corona in variata lontananza le Alpi, le quali colle frasta- gliate lor cime, colle perpetue nevi che ne incappellano le baize supreme, con la si varia e bizzarra loro struttura, e con le spiccate tinte che prendono nelle varie ore del giorno, occupano di maraviglia l’animodel riguardante. Questi, rigirando da greco a sirocco lo sguardo, scorge quasi tutta la giogaia che diparte la valle italiana del Po dalla valle Elvetico-Sabaudo-Francese del llodano. Alla sua sinistra egli vede parte delle Alpi Marittime che si stendono dal Mediterraneo al Monviso, indi ammira V acuta cima di questo monte ove principiano le Alpi Cozie che vengono lino al Moncenisio, principale varco d’ltalia; osserva poscia le Graie per le quali di Val d’Aosta si cala nella Tarantasia, e linalmente si ferma sulle Pen¬ nine ove s’estollonoi due giganti dell’Alpi, il Monbianco ed il Monrosa. Egli del primo, nemmeno dalle piii alte vette de’colli torinesi, non pub scernere l’apice; ma contempla il secondo in tutta la romantica maesta d’una vaporosa distanza. Questa sniisurata mole che tanto si avanza a libeccio, toglie a chi guarda da Torino la vista TOPOGRAFIA 5 delle Alpi Elvetiche o Leponzie e dellc giogaie che le continuano in appresso. Le pianure che s’allargano tra le falcle dell’Alpi e la longitudinale collina, al cui piede il Po scone, gli fanno un confuso orizzonte a greco levante. Qnesto panorama, hello a vedersi ne’piani in- torno a Torino, acquista inarrivabil rilievo sulle allure de’suoi colli, donde lo sguardo allargandosi a gran pezzo sul semicercliio dell’Alpi, spazia dall’altra parte sulla lunga e dislante linea dell’Appennino, o de’monti che gli si conginngono, sui colli tributary del Po o del Tanaro, indi si profonda nelle pianure della Lombardia. Le ultime ramiticazioni delle Alpi vengono lino a quattro o cinque miglia da Torino, ove tiene la sua reggia il loro guerriero custode. Quest’anlica ed illustre citta, capitale degli stati di S. M. il re di Sardegna, e la residenza ordinaria del Re e della sua corte, e la stanza permanente de’principali ulizi del suo governo. La posizione geogratica di Torino, ossia dell’Osserva- toi’io reale, e ne’gradi 5° 21’ 25” di longitudine orien- tale dall’ Osservatorio reale di Parigi, e 45° 4’ 8” di lalitudine boreale. Robustee ben munite fortificazioni, successivamenle innalzate dal cinquecento in poi, fasciavano Torino in sul principio di questo secolo. Esse vennero diroccate al tempo della dominazione francese, ne altro ne avanza se non i nudi bastioni che fanno spalla al Giardino del Re. La cittadella, che la difende a ponenle, rimane in piedi intatta com’era. Abbattute successivamente le mura della citta, sj)ianati i terrapieni, colmati i fossaggi, una nuova citta s’innalzo sulla rovina delle anliche opere di difesa. Come tutte le citta prive del circondamento delle mura, Torino ora non ha piii sobborghi propriamente detti; 6 CAPITOLO PRIMO ma l’uso conserva questo nome alia parte di essa che giace sull’opposta riva del Po, ed a quella ehe si stende verso la Dora. Borgo Nuovo vien pure cliiamata quella eleganle e pin rideute parte della citta che allargandosi verso mezzogiorno, e tramezzala dal Giardino pubblico, innalzato sopra le elevazioui di terra de’bastioni o Ri- pari, de’quali porta il nome tuttora. Torino vien divisa in quattro sezioni, del Po, del Mon- viso, del Moncenisio, della Dora; e in tre Borghi, del Po, della Dora, e Nuovo: ma questa divisione e arbitraria, perche il Borgo Nuovo, continuazione della citta, non merita per quel tramezzamento di esser confinato in mezzo a’sobborghi. Una divisione piii naturale distin- guerebbe Torino in citta dentro la strada di circonval- lazione e in cittafuori di essa. E questa strada, che ricinge anche il Borgo Nuovo, sarebbe forse il vero procinto di Torino, se essa, girando intorno alia eittadella, non la comprendesse dentro la citta con tutte le sue opere esterne, e quindi con tanta parte d’incolto e disabitato terreno. Ad ogni modo ecco le presenti misure di Torino: Metri linealt Perimetro della citla dentro la strada di circon- vallazione, conipresa la eittadella . . 7750 Idem, esclosa la eittadella c la piazza d' armi 5200 Idem, compresi i due borghi di Po e di Dora 11450 Maggior lunghezza della citta dentro la strada di eirconvallazione. 2200 Idem, di la della strada suddetta. 2650 Larghezza della citla misurala dentro la strada di eirconvallazione. 1500 Idem, di la dalla stessa. 1700 T0P0GRAF1A 7 Le altezze verticali sopra il livello del mare di varj punti di Torino e de’suoi dintorni sono: Elevazione in metri Torino, a porla Susina. 240 — a piazza Castcllo. 228 — letlo del Po. 212 — monle dc’PP. Cappuceini. 28! — villa della Regina. 288 — ex-convcnto dell’ Ercmo. 624 — cran croce dell’Ererno. 752 — cupola della R. basilica di Superga . . 735 — gradinata di essa. 672 — cappella della Maddalena. 692 Rivoli, casleilo realc. 422(6 (I) Aggiungiamo Ic ridette altczze per alcuni punti cht si veggono di Torincy o die vi guidano, o die altramenle vi si riferiscono. Lago superiore
  • ... *.» 2316 — punto culminante della strada ...» 2068 Monginevro, punto culminante della straila ...» 1970 Musing, sommilk . » 1136 Piccolo San Bernardo, ospizio.» 2183 Sempione, punto culminante della strada ...» 2009 Spluga, punto culminante della strada presso il lago » 2004 Tenda, punto culminante della strada . . . . » 1795 Colle di S. Giovanni.» 1134 Colic delle Fineslre, punto culminante della strada » 2278 ll limile inferiore de’ghiacciai esposli a mezzogiorno tie’ monti tra I'llalia e la Francia, die si veggono di Torino, trovasi all'altezza di metri 2500 — 2650. Tutte queste allezze vennero determinate barometricamente negli anni 1828 * 1829 dal dottore Tommaso Griva. Ouella del Bocciamelone 6 di metri 3534. 8 CAPITOLO PRIMO « !1 suoio su cui sorge Torino e un terrene alluviale, il quale, come appariscc nello scavamento de’pozzi e lungo I’alveo del Po, e compos to di varj strati alternati tra loro di sabbia, di ghiaia, di ciottoli, e di sottili falde di sostanza quasi argillosa. Si falti materiali, accumulati insieme, costituiscono alie falde quasi dell’Alpi clie dal S. al N. attorniano Torino, certe specie di colline, di altipiani, cec., con varj norni chiamati nel piemontese dialetto, ed attestano con la molede’massi in esse sepolli, quanta fosse l’energia delle grandi correnti clie cola li I tine tnonli sopreminenti dell’Europa sono il Monte Bianco ed il Monte P.osa. L’altezza di quest’ultimo, poco inferiore a quella del primo, la quale e di metri 4802 , venne trigonometricamente deterniinata a 4G20 metri sopra il livello del mare. « Ne piu esatta per ora si puo avere, perche I’estrema elevazione delle varie sommila ond’6 circondata e resa quasi inaccessibile la velta priu- cipale, avendo fin qui impedito che sino a questa si arrivasse, non se lie c ancor potuto rilevare 1’altezza con quella precisione che si otterrebbe misu- randola col mezzo delle altezze zenilali. Ed t colesta corona di cime secondarie, lienchd altissime, clie forma di tulto il Monte Rosa come una sola mole forse superiore a quella del Monte Bianco, poichft essa si stende per tre parti in tre diverse provincie del Piemonte, e per l’ altra nel Vallese. Otto contansi di sifl’atte cime tulte sempre coperte di neve, e tramezzate da diversi ghiacciai. T'artono da esse parecchie valli, di cui due discendono nella valle d‘Aosta , 1111 a net Vallese, una ncll’Ossola e due o tre in Valsesia, fra le quali la mag- giore, detta Valgrande, e quella appunto in cui nasce e trascorrc il fiume Sesia, prendendo la sua oi'igine da un ghiacciaio del Monte Rosa, poco sopra le gia fruttuose ed ora trascurale miniere d’oro e di rame d’Alagna. In di¬ verse di queste valli dipendenli dal Piemonte s’incontrano colonic anticlie di Svizzeri che parlano un tedesco corrotto. L’essere poi quasi della medesinia allezzo tutte le vette del Monte Rosa che accerchiano la centrale, vuolsi le alibia falte paragonare alle foglie di una rosa disposte intorno ad un centro comune. Ma s’lia da credere piiuttosto che qnesta mole veramente colossale, che si scopre da mezzo il riemonte c da presso clie lutta la Lombardia, tragga il hel nome dalla tinta rosea onde le sue nevi perpetue vedonsi risplendere ancora quando gih piu non ricevono che gli ulliini raggi del sole tramontato ». Nozioni elem, di Geogr. patria. TOPOGRAFIA 9 trascinarono, togliendoli dal naturale lor silo. Cio che da noi qai s’attribuisce alle acque, viene oggigiorno da molti geologi creduto opera de’ghiacciai che avrebbero, nel loro sistema, coperto presso che tutta la superficie terreslre durante lo spazio trascorso fra le ultime cata- strofi per cui passo il nostro pianeta, prima che le cose si stabilissero nel modo in cui le veggiamo di presente. Non mancano ragioni che spalleggino questa opinione, tra le quali ricordiamo, come principali, la lisciatura del dorso dei monti lunghesso le valli, e l’analogia che cotali colli ed altipiani ritengono colie more ( moraines ) che si formano alle falde de’ghiacciai e che ne seguitano i movimenti. In questo terreno si racchiudono fossili non gran fatto dissimili dalle spoglie degli animali che ornano la nostra terra. Finora non se ne trovarono presso Torino, ma parecchi se ne scavarono lungo il Po nella provincia di Voghera. Da que’luoghi provengono il teschio del cervo d’Islanda, e i due altri di Uro che si conservano nel Museo di Torino e che vennero descritti dal prof. Borson negli atti della R. Accademia delle scienze » (1). Quattro grandi strade, dette Reali postali, si dispic- cano da Torino a’quattro venti. La prima n’esce a set- tentrione, e scorrendo pel Canavese, il Vercellese e il Novarese, passa il Ticino sul magnilico ponte di pietra, e mette a Milano. La seconda n’esce ad oriente, e per PAstigiano e l’Alessandrino arriva a Novi, valica i gioghi e discende a Genova. Quella che si dirama ad austro, attraversa il Piemonte propriamente detto, supera il colle di Tenda ed arriva a Nizza, d’onde si difila a pas- sare il Yaro, limite della Francia, ed arriva ad Anlibo. (I) Prof. Angelo Sismonila. *1 10 CAPIT0L0 PRIM0 L’ultima si muove da Torino a ponente, s’interna nella provincia di Susa, ascende il Moncenisio, s’awalla liella Savoia, e giunge a Ciamberi, poi trapassa nella Francia per Ponte Belvicino. Altre cinque strade, che portano pure il titolo di Reali postali, si diramano dalle suddette, esono: quella di Piacenza che si spicca dalla Genovese ad Alessandria; quella di Ginevi'a che si di- stacoa dalla francese a Ciamberi; quella di Toscana che prende le mosse da Genova; quella del Vallese, che partendo di Novara corre a valicare il Sempione; e iinalmente quella che da Pinerolo mena a Fenestrelle, d’onde altre volte valicava colle poste il Monginevro. Da Torino a Magenta.. . lo — a Genova . 24 ’L — ad Antibo. 50 *1. — a Ponte Belvicino . . . . 58 Da Alessandria a Caslel S. Giovanni .... » 10 ’U Da Ciamberi a Ginevra. 11 J U Da Genova a Lavenza. GO 3 U Da Novara al Sempione. 16 Da Pinerolo a Fenestrelle . , . . - 4 1 4 La posla piemontese e di 8000 mctri. Tra le strade postali, ma non reali, che si spiccano dalle precedenti, le due pin importanti per Torino sono quelle di Aosta e di Casale. Partono, la prima a sinistra, la seconda a destra della strada milanese, a Chivasso. Il numero delle poste 17 *U 9 5 U da Torino ad Aosta e di . — a Casale . . . . TOPOGRAFIA Dislanze Da Torino a Piacenza . . . — a Genova . . — a Nizza . . . — a Milano . . . — a Ponte Belvici — a Ginevra . . . linea rclta metri ossiano chilometre . 157,900 . ... 137 "G. . 121,250 .... 121 *L . 155,750 . ... 155 5 U . 125,400 .... 125 Nr . 165,500 . ... 165 ’L . 175,000 .... 175 Torino aveva altre volte qnattro porte, dclte —Porta di Po, a levante — Porta Palazzo , chiamata poscia d’Ita¬ lia, a settentrione —Porta Susina, a ponentc —Porta Nuova, a mezzodi. Esse pin non sussistono, ne se ne scorge vestigio. Nondimeno ne rimane vivo il nome ad indicazione de’siti dov’erano. I Latini cliiamavano insula nn ceppo di case, separate per ogni intorno dalle pubbliche vie (1). L’antico nomc si e conservato in Torino. Essa ecomposta di 195isole, non computando i due sobborghi fuori della strada di eirconvallazione(2). Ciascun’isola eintitolata adun sanio. Sopra ogni angolo di ogni isola sla scritlo il litolo di essa, il nome della sezione a cui appartiene, e il nome della strada o piazza cui guarda quell’angolo. Tul le le porte sono contraddistirite da numeri progressivi, secondo la 1,1) ll Davanzati tradusse isolato. (2) Sezione di Po .... — Monviso . . . — Moncenisio . . — Dora . . . . Borgo Nuovo. iso In N.° 58 » 36 » 48 » 37 » 16 Tot ale 195 CAPITOLO PRIMO strada in cui stanno. I quali avvedimenti e la dirittura delle strode e la forma generale della cilta fanno si cite lo straniero sappia tosto reggersi per essa e trovare i luoghi, de’quali conosce il nome, senza bisogno di guida (1). (I) Per temperare alquanto l’aridezza di quesli particolari, riporteremo alcuni versi del cav. Marino, ove dipinge le Alpi che circondano il Piemonte. Egli dire drirItalia: Giacc angolare il suo gran corpo, e quasi Ahbattuta piramide si stende, Le cui superhe e smisurate l>asi Son I’Alpi inaccessibili ed orrende, Che con rigide baize intorno alzaro A quest’ampio teatro alto riparo. Per drittissimo fil lungo contesto JNalura ordi di catenate rupi ; Pendono inlorno e da quel lato e queslo Precipizi profondi, alti dirupi; Seoscrsi scogli, acute rocchc ed erte, Rolte scbegge, asp re selci e pielre aperte. Yesle d’adamantin smalto e di ghiaccio Le lor cane iid’econde, orrida pompa, Cui raggio esli\o, o da robusto braccio V.bralo palo esser non puo die rompa: Qui circomlato ili rigore eteino Pussiede il trono ed ha la reggia il Verno. Soggiunge cbe Natura pose le Alpi a dit'esa d’ Italia: Quasi a l’armi straniere ercelse mete, E duri inloppi a le prcdaci squad re Cbe vengono a int'eslar le piaggie liete Di quesl’alina d'eioi nudrice e madre, Volse miiabilmenle in su i contini Si falli edificar termini alpini. TOPOGRAFIA 13 Ma fra’ gioghi piu gelidi e ncvosi, Che incontr’ a Borea qui volgon la faccia, Pien di macigni ruvidi e sassosi, Quasi scala del eielo il ciel minaccia, E con aguzza e nubilosa fronle Alto si leva invcr le stellc un monte. E questo il Monviso, del quale La cima, oltre le nuvole eminente, ll susurro de’ tuoni appena sente. Sovrasta al piano e signoreggia i colli Che al bel giardino italico fan siepe, E di palustri umor vivi rampolli Ne le concave viscere concepe. Qui si genera il Po, quinci stillante Con roco mormorio vagisce infante. Il Po che, accolio in cristallina cuna, Pria pargoleggia, indi s'avanza e cresce, E tante forze in breve spazio aduna, Che sdegna il letto, odia i ripari e n’esce: Cosi son dal natal vari i succcssi, Ed han debit principio i gran progress!. G. B. Marino, Eitratto panegirico di Carlo Emanuele 1. Il Piemonte vien definito dal Serristori per — « quel feracissimo terreno circumpadano, cui circoscrive a levante la destra riva del Ticino, formando pero continuazione non interrotta colla vaslissima pianura lombarda, della quale non d al certo nii meno fertile, ne men ricco, ne men coltivato. E se tra 1’estrema falda dell’Appennino e la destra riva del Po la superfieie ter- ritoriale resta intersecata dalle colline del Monferralo, cio appunto mirabil- mente contribuisce a rendere piu variata la parte media del Piemonte: di modo cbe puo conchiudersi cbe in tutla Italia non siavi rontrada che alle ricchezze del suolo riunisca un aspctto piu imponentc e pin hello ». Statistic a drll’/lalia . CAPITOLO II POPOLAZIONE, IGIENE E METEOROLOGIA Brevi cenni qui reclieremo intorno alia popolazione di Torino; ma giova sempre meglio il poco e certo, che non il molto ed incerto. I trc seguenti specchi derivano dalla R. Commissione superiore di statistica, POPOLAZIONE DELLA CITTA’ DI TORINO NEL 1838 POPOLAZIONE, IGIENE E METEOROLOGIA IS 16 CAPITOLO SECONDO ALCUNE CATEGORIE DELLA POPOLAZIONE DI TORINO Proprielarj viventi de’loro beni stabili.2500 Individui vivenli unicamcnle del prodotto di rendite in danaro (compresi i pensionarj).2100 Banchieri.. .. . . . 160 Negozianti all’ ingrosso. id. al minuto.1800 Avvocati. 125 ' Procuratori e Notai. 120 Medici e Chirurghi. 180 Ecclesiasliei secolari.1670 reo'olari l uom ' ni • • *. 480 re * oIan idonne.325 id. SUPERFICIE TERRITORIALE Fabbricati e cortili delle quattro sezioni della cilia. Idem dei Ire borghi . . . Cittadella, spalli, giardino realc ed altri terreni demaniali. Vie e piazze urbane c suburbane . . . Territorio rurale. Somma Ettari 150 44 47 79 28 12 92 22 45 15 61 12622 27 40 12969 57 60 La popolazione di Torino nel 1377 era di 700 fuo- chi, stimati rappresentare 4200 individui (1). (t) Cibrario, Econom, polil. del Medio Evo. POPOLAZIONE, IGIENE E METEOROLOGIA 17 11 Bolero, in sul tramonto del cinquecento, non as- segnava a Torino che 17,000 abitatori (1). Una preziosa bool a del Progresso della popolazione in Torino nel secolo xvm pubblicava il conte Prospero Balbo U anno 1831. Ne ricaviamo alcune quantita nn- mericlie. Anno Indiviclui 1706 .N.° 1822—nclla sola cilia 1726 . » 6^805—cilia, borghi e Icrrilorio 4746. » 63052 1766 . >» 79588 1786 . » 89752 1796 . » 95076 1799 . » 80752 Quinci si scorge che nel 1799, per le guerre e la lontananza della 11. Casa, era gia principiata la decli- nazione. Questa giunse a tale di poi che nel 1813 la po¬ polazione di Torino non ascendeva, dicono, che a 65,548 individui. II reslauramento di Torino in capitale della monarchia sabauda, accresciuta degli stali di Genova, produssedal 1814 in poiquello straordinario incremento. Perocche,aggiungendo alia popolazione di Torino (cittd, borghi e territorio) i 6000 uomini del suo presidio, e trascurando le t’razioni, essa viene ad csseredi 123,000 anime, cioe quasi il doppio di quanto era nel 1813. L’igiene pubblica prende in esame le cagioni che influiscono sopra la popolazione esistente, e che la man- tengono in buon essere o le arrecano danno. Le prin- cipali fra queste cagioni sono i diversi fenomeni della (1) Hclaz, Univers. 18 CAPITOLO SECONDO natura, la coi scienza e detta Meteorologia, pigliando questa voce ncl suo piii largo significato. Un dolto nostro amico ci e stato cortese de’cenni seguenti: « La citta cli Torino e dominata, nel durare di quasi tutto l’inverno, dal vento di S. 0., il quale attraversando catene di monti coperti di neve, ci rende questa sta- gione piuttosto lunga e rigida. II termometro scende comunemente, benche per pochi giorni, a gr. —12 di Reaumur, ed in qualche inverno rigorosissimo lino ai —15, quantunque s’abbiano avulo talora i mesi inver- nali talmente miti, die il ghiaccio non acquisto solidita bastevole ad essere conservato. « La primavera e assai incostante, altesa la varieta de’venti die in essa si alternano, e non e raro il vedere nel suo corso giornate invernali succedere ad altre cal- dissime: di che havvi una sufficiente ragione nella vi- cinanza delle Alpi die d’ogni parte ci attorniano, e die i'anno del Piemonte una specie di grande vallea. « Le stati sono oltremodo calde, allorche il vento di N. E., apportatore di pioggie e di gragnuola, cessa di soffiare. Il termometro ascende comunemente a 26 e 27 gradi di R. « L’autunno, pel contrario, riesce la piii amena delle stagioni, se le pioggie equinoziali di troppo non si pro- lungano, come accadde nel 1839. « Un calcolo fatto pel tratto di diciott’anni (dal 1821 al 1839) porge il seguente prodot to annuo delle pioggie e della neve caduta. Pioggia, pollici 39; neve, 18. La media dello stato atmosferico, calcolato sullo stesso numero d’anni, e la seguente. Giornate serene 144, mi- ste 134, piovose 87. « Predominano nell’inverno le infermita di carattere rOPOLAZIONE, IGIENE E METEOROLOGIA 19 cos'i detto reumatico: le pleurisie, le peripneumonie, ma particolarmente le bronchi Li che sono spesso ostinatis- sime. Nella primavera le affezioni esantematiclie, mante- nendosi anclie frequenti le bronchi Li ed altre acute flogosi pettorali. Nella slate le encefaliti, le apoplessie, le febbri d’indole gastrica, le diarree, le disenterie. Nell’autunno le affezioni gastro-enteriche, e le febbri intermittenti, in ispecie quando questa stagione e piovosa oltremodo. « La mortalita vien calcolata al tre per cento della popolazione. « I casi di longevita non sono troppo rari. « Quantunque la citta sia situata quasi al confiuente didue fiumi, il Po e la Dora Riparia, cio nondimeno per se stessa non e insalubre, e di poi che vennero atterrati gli alti baluardi che la cingevano, sono scomparse le malattie epidemiche che non di rado s’osservavano, massimamente nella calda stagione. Vuolsi aggiungere che da qualche anno si e introclotta maggior polizia pubblica e privata, maggior temperanza fra gli abitanti nel modo di vivere, e 1’ osservanza di molte regoie igieniche che prima erano trasandate. Basti l accennare che in principio del correnle secolo si annoveravano in Torino due sole case di bagni pubblici, a’quali mi- nimo era il concorso, ed ora se ne posseggono sei, di- stribuite nei varj rioni, tutte piii o menu comode ed eleganti e frequentatissime, oltre all’introduzione nel 4825 dei bagni a domicilio » (1). Torino non va soggetta a gagliardi terremoti che vi rechino sconquasso e rovina. I soli che si ricordtno di qualche momento sono i seguenti: (1) Dottcie Bernardino Bertini. 29 CAPITOLO SECONDO « Nel 1755, in Torino e nelle sue vicinanze si fece sentire una forte scossa terrestre, e le ripercussioni fu- rono di tal fatta clie nei vicini monti di Susa si forma- rono perfino alcuni laghetti; ma da tutto cionon derivo danno alcuno. « Grave disastro fu pel Piemonte quel terremoto clie il 2 aprile del 1898 scosse con violenza l’alta valle irrigata dal Pellice, rovino tutto il paese di Lucerna e molti altri circonvicini, e fece traballare i fabbricatidi Pinerolo, di Vigone, di Barge, di Cavour e di Paesana, in rnodo clie il danno recatone fu stimato il valsente di un milione di franchi» (1). —La ripercussione di quel terremoto in Torino abbatte qualche torricella di camini, rovescio qualche suppelleltile, fesse qualche rnuro, ma lo spavento fu maggiore del danno. Lo stesso dicasi del terremoto che scosse Torino nell’autunno del 1828, e che cos'i vien clescritto: « Nella nolle dell’8 al 9 ottobre la terra tremo per uno spazio non minore di trenta minuti secondi; le scosse furono due, e andarono crescendo a segno che molti uscirono dalle lor case; il moto fu ondulatorio da le- vante a ponente. Ne soffri qualche muro » (2). Piii terribile, perche frequente llagello di Torino e de’suoi dintorni, e la grandine. Ne rari son gli anni in cui essa stritola le biade de’campi, diserla gli orti dei suoi dintorni, e spezza nella citta i velri delle finestre volte a tramontana o a tramontana-levante. La gros- sezza de’pezzi di quest’acqua congelata neU’aria, e la sua foltezza e violenza giungono talvolta al segno, che (1) Luigi lie Bctrlolommeis , Noliz, topog. e statist, degli Stall Sardi, (2) Itagionamento a difesa ecc. POPOLAZIONE, IGIENE E METEOROLOGIA gli alti e poderosi fusti del gran tureo nella sua plena maturita ne vengono abbattuti o rotli, e quelli clie ri- mangono in piedi, piii non rendono immagine clie di aridi slecchi. Tale era l’aspetto clie offerivano i campi di gran tureo intorno a Torino in sul finir della stale del 1S35. In mezzo a tanta incertezza clie tuttor regna sulle origini della gragnuola, non dee passarsi in silenzio l’osservazione de’nostri contadini, i quali ne pronosti- cano la vicina caduta quando veggono certe nubi met- tersi in contatto con certi gliiacciai clie ad occliio nudo si scorgon nell’Alpi. Lungi dalle Alpi, ed anclie sotto gli Appennini clie non lianno gliiacciai, la grandine e infrequente, e mai non cade con tanto inipeto, ne si fitta e di si gran volume, ne apportatrice di tant’orrendo subbisso (1). (I) Evvi in Torino una compagnia di assicurazione conlro la grandine, col titolo di « SocieUt Reale d’assicnrazione generale e reciproca contro la gran¬ dine, autorizzata pe'RR. Slati di Terraferma con R. lettere patenli del 20 luglio 1830 ». CAP1T0L0 ill 1DROGRAFIA, STORIA NATl RALE I e antiche favole di Fetonte, figlmolo del Sole, (the cadde nel Po guidando inesperto il Cairo paterno, delle Eliadi sue sorelle che pel lungo piangerlo furono tras- formate in pioppi, e le loro lagrime in ambra, e di Cigno re de’ Liguri, suo amico, die venue convertito nel bianco uecello di questo nonie, erano probabilmente simboliche figurazioni di qualclie grande fenomeno na- turale, o di qualclie memorabile avvenimento istorico. Ma per interpretare que’ simboli noi siamo costretlidi IDROGRAFIA, STORIA NATURALE 23 ricorrerc a congliielture si fattamente vaglie e contro- vertibili, die il passarle in silenzio e ancora il pariito migliore. Cosi trascureremo pure cli ricercare perclie il Po cliia- massero Bodineo i prisehi Liguri, e se 1’ Eridano dei Greci fosse Dome eomune a due finmi assai lontani fra loro, c donde avvenissc clie Virgilio ne cantasse: Et gemina auratus taurino cornua voltu Eridanus, quo non alius per pinguia culla . In mare purpureuin violentior ellluil amnis. Georg. L. hi, r. 371-72-73. \ ersi die esercilarono l’acume de’commentatori (1). Jntorno alia culla del Po giova recare la descrizione (die segue: « Chi Ira gli abitatori del bel piano di Piemonte, e dei colli che lo circondano, non conosce il Monte Yiso, die innalzando il suo capo altero sopra la nevosa gio- gaia doll’ Alpi tra le Cozie e le Marittime, sembra es- serne il dominatore, come egli ne e il supremo apice? E chi pur non sospinse le tante volte il curioso sguardo a quelia sua guglia si regolare, la quale ora risplendendo ai primi raggi del sole eontro l’azzurro di un ciclo ancor bmno, o meglio spiccando co’suoi ben segnati lineament i tra le tinte rosee e cilestrine d’un infuoeato tramonto, snole promettere un tempo quieto e sereno ai sottoposti piani,edora, al contrario, cacciata la testa fra dense (l) Agyiungi: Kec non ft torrentcm unclam levis innatal alnus, Jlissa l’ailo. Georg. L. II, t>. 451-52. Da questi e da’ prccedenli versi argomer.ta I’ Heine clie il coeso del To R»s»e a't-re volte impetuosissimo. 24 CAPITOLO TERZO imbi cli forme fantasticlie e minacciose, annunzia piog- gia, grandine o procella? Inaccessibile ne rimane tut- tora la vclta, quantunque alia solamente di 3832 metri sopra il livello del mare, bensi scoscesa a levanle verso la valle del Po, e non meno erta a mezzogiorno verso quella di Yraita, essendo poi cliiusa a seltentrione da varie cime minori, di cui una cliiamasi Visolelto, e fra le quali apronsi precipizj, e profondi burroni pieni di neve eterna. Dal lato orientate puossi arrivare, passando per Oncino, sino al piano piii elevato su cui posa la guglia culminante. Ivi miransi in aspetto orrido ad un tempo e maestoso sorgcre ripidissimi i suoi lianciii, it pie difeso da un laghetto quasi sempre agghiacciato, e le falde scarne, fessurate, rivestite di bizzarri accaval- lati macigni. « II viaggiatore clie da cotesto punto volesse innol- trarsi verso seltentrione, pub giugnere per arduo cam- mino alle sorgenti del Po, cui si arriva piu facilmente dalla valle di Crissolo Cola questo gran flume, il primo d’Italia, ed uno dei principali d’Europa, nasce zam- pillando fra alcuni sassi nell’angolo d’un elevato e ristret- tissimo piano, detto del Re, perclie certi avanzi di muri ed un’ antiea tradizione danno a credere clie vi accam- passero i Francesi sotto il regno di Lodovico xn o di Francesco i. Impinguate poi in breve le sue acque da molliplici sorgenti che scaturiscono d’ogni intorno, il Po si precipita da una altezza di trenta metri incirca nel sottoposto piano di Fiorenza, dove appresenta una vaga eascatella non lungi dalle ultime alpi di Crissolo (1) ». (1) Nozioni cli Geogr. patria. « Pot:o pii'i in su incoutrasi il famoso buco che si aitrihuisce dagli wii IDROGRAFIA, STORIA NATURALE 25 Nasce aduoque il Po all’altezza di 1951 metri snl livello del mare dalla falda settentrionale dell’acuto balzo maggiore del Monviso. Scende esso in prima con impetuoso erisonante passo, divallandosi per la caduta di 1600 metri giuso da’monti, indi tra Revello e Sa- luzzo si spande in alveo piii largo, e si dichina nella propinquapianura. Egli a qnel punto ha gia corso27,200 metri. Ma pochc miglia all’insii, le sue acque, sempre copiose anche nelle maggiori aridezze, vengono a per- dersi entro le gliiaje del loro letto per un tratto di circa 6000 metri, e nella distanza di circa 3000 metri sopra alia strada fra Saluzzo e Revello. Pel quale fenomeuo era opinione degli antichi, e specialmente di Plinio il vecchio, che il Po si occultasse sottcrra, per risorgere piii all’ingiii epiiiricco di acque, quale in elTetlo esso npparisee vicino a Staflarda (1). « Riceve il Po, a destra del suo corso, i torrenti Vraita, Macra e Banna, ed a sinistra il Ghiandone, il Pellice, il Chisonc, la Chisola, il Sangone, e sotto a Torino la Dora Susina o Riparia. Tutti questi influenti sono tor¬ renti alpini, tranne la Banna che ha origine dai colli di Cliieri. ad Annibale, e dagli allri ai Sovrani del Delfinato, ma che credesi con piu ragione aperto circa 1’ anno 1480 sotto la dominazione del marchese di Sa¬ luzzo , Lodovico ii , onde agevolare le comunicazioni commerciali del paese colla Francia- Esso non c allro che una galleria scavata nella rupe per la lunghezza di 75 metri, giti piii volte otturata, e sempre riaperla, come lo fu ultimamente ancora net 1812. Ma la caduta di alcuni massi di pietra nel 1823 avendola chiusa verso il Piemonte, mentre la ingombravano pure verso Fran¬ cia i ghiacci che al solito vi si ammucchiano, essa trovasi attuahnenlc im- praticabile ». (I) Ea/itli, Statistica della provincia di Saluzzo. De parlolommeis , Nvlizic topog. e slat, degli Stati Sardi. ^ 2 26 CAPITOLO TERZO « II corso del Po e generalmente tortuoso e poco incassato, e Pindole di torrente ehe hanno i suoi in- Iliieali contribaisce grandemente ad alterarne il governo. Le cliiuse die lo attraversano per far girare i muliui na- tanti, aumentano il danno. A dispetto di questi gravi inconvenienti, ai quali non si polrebbe altramente recar rimeclio se non die coll’ inalveamento del flume c dei suoi inlluenti, il Po e sempre navigabile da Villafranea di Piemonte in poi, e a’tempi in cui piii ne abbondan le acque, la navigazione risale siiio a Garde ed anche si no a Staffarda. « Degnissimi di nota sono i ripari in legname fatli in difesa del Po a Carignano cd a Moncalieri dal sig. Magistrini, inventorc d’una nuova ed artiiiciosa foggia di essi. Semplice falegname, egli seppe indagare con sa- gacita i fenomeni delle acque correnti, e porre a pro- lillo la forza dell’ acqua per consolidare i suoi ripari a cavalletti, ossia per fissarli nella posizione loro asscgnata, a fine di frenare le corrosioni e deviare la corrente da una sponda ch’essa minacci. 11 mnnifico lie voile eono- scere di presenza l’ingegnoso inventorc, e rimeritarlo con un’ annua pensione e col titolo e grado di aiutante eel Genio civile. « La profondita del letto del Po a non molta distanza dalla sua originenon concede che sen riducano ad uti¬ lity le acque per 1’ irrigazione, eccetto die con grave dispendio. I suoi inlluenti sono naturalmentc piii atti a tale bisogna. Nondimeno il Po serve all’irrigazione dei territorj superiori a Revello nella provincia di Saluzzo. Esso venne pure reso profittevole a servigio di mulini ed opifizj e ad uso d’irrigazione in alcuni punti inferiori a Torino, e sulla destra del suo corso, ove lc colliuo 1DR0GRAFIA, STORIA NATURALE 27 poste a qnalchc distanza e l’assenza di naturali osta- coli, permisero di praticare derivazioni regolari con buon successo. Tra le quali son da notarsi il bel canale, detto Michclotti dal nome del sno egregio architetto, die conduce l’acqua ai mulini della Cilia presso la Madonna del Pilonc, e la derivazione pei mulini terranei nel ter- ritorio di S. Sebastiano (1). « Di sopra a Torino si valica il Po in cliiatte o su ponti di legno, non computando alcuni ponticelli di vivo, poco discosto dalla sua origine. Eravi altra volta presso a Torino un ponte in legno, e i lleali di Savoia ne avreb- bero certamente fatto edificare uno piu stabile, se la difesa militare della cilia, allora forlilicata, non avesse di preferenza richiesto un sempliee ponte di legno. De- molite le mura die cingevan la capilale in sul principio del presente secolo, si fece, nel reggimento imperiale francese, il presen le ponte di pietra, il quale venne poi recato a buon termine da’nostri Principi naturali dopo il loro ritorno. Lo costituiscono cinque arclii ellittici di 25 metri ciascuno, impostati al pclo delle basse acque, e separati da pile die lianno la grossezza di metri 5. Ea luce netla del ponte e per tal guisa di metri 125, e quella fra le sue spalle, di metri 150. Egli e un danno die l’economia nella spesa abbia impedito di stabilirne il suolo piii alto di quel die e al presente; imperocclie uua maggiore altezza avrebbe diminuito la salita die dal ponte mette alia via di Po, ed agevolato l’alllusso delle (1) l! rilevato e hen arhorato argine die divide il canale Michelotli dal Po, corre alia destra sponda di questo fiume, ed csihiscc un passeggio gratissimo per I'umbra e per la frescura, il quale slcndesi all incirca la lungliezza di «n niiglio di Piemonte. <28 CAPITOLO TERZO acque nelle piene. Le quali acque nelle ultime piene ri- gurgitarono, perclie le imposte clegli arclii stanno, come abbiam detto, al pelo delle magre, le quali venncro rialzate dalla cliiusa fatta nel 1817 dalla Citta per ali- meutare il canale di cui abbiamo discorso. « Nelle anzidelte ultime piene avvenute durante l’au- tunno del 1859, le quali si possono annoverare tra le secolari, le acque del Po si sollevarono sopra corrente del ponte di Torino alia straordinaria altezza di metri 0,27 , la quale corrisponde a circa metri 5,47, fatta astrazione dal rigurgito prodotto dalla cliiusa e dalla disposizione degli arclii del ponte » (1) II Tasso avea detto: Cosi scendendo dal natio suo monte Non empie umile il Po I’angusla sponda, Ma sempre pin, quanl’e piu lunge al fonte, Di nuove forze insuperbito abbonda: Sopra i rolli eenfini alza la fronte Di tauro, e vincitor d’intorno inonda; E con piii corna Adria respinge e pare Che guerra porli e non tributo al mare. Ger. Lib., c. 9, st. 46. Ma questa, descrilta dall’epico delle Crociate, non c die una piena ordinaria. Quella del 1859, di cui fummo spettatori atterriti, verificava a pennello il terribile ri- tratto che di una straordinariissima inondazione del Po ci avea dato prima l’Omero della Cavalleria. Con quel furor che’l re de’fiumi altero, Quando rompc talvolta argini e sponde, (1) C. C. M. IDROGRAFIA, STORIA NATURALE 29 E die ne’campi Ocnei s’apre il senticro, E i grassi soldii e le biade feconde, E con le sue capanne il gregge intero, E coi cani i pastor porta ne 1’onde, Guizzano i pesci a gli olini in su la cima, Ove solean volar gli augelli in prima. Orl. Fur., c. 40, si. 31. Il Po a Torino e fiunie bastevolmente pescoso. Pre- giale ne sono le anguille, e le sue trote si reputano piii squisite di quelle che vengono dal Lago Maggiore. Lo storione (Arciperiser sturio ), che dal mare ne sale a ritroso le acque, giunge talora sino ali’estremo lernbo inferiore della citta. Un ponte sospeso con catene di ferro, opera di pri- vata impresa, si viene ora edihcando sul Po a Torino, in Borgo Nuovo, di contro al Corso del Pie sulla riva sinistra, e di contro al Poligono sulla riva destra. Un solo ponte era troppo poca cosa per lo sfogo di una citta popolosa che assai ora s’e stesa lungo quel flume. L’altezza del Po sul livello del mare al ponte di pietra in Torino e dimetri 207, onde la sua inclinazione dalla sua scaturigine sino a questo ponte e di metri 1744. Si attende ora (luglio 1840) ad introdurre su questo flume la navigazione a vapore sino a Casale, d’ onde si vor- rebbe spingerla sino a Venezia. « Oltre i linimenti del ponte, recati ad efletto dopo la ristorazione, si feccro pure, dal 1830 in poi,i Lungo Po, o sponde in pietra o chiaje che vogliam dire, a sinistra del flume ver la citta. Il prolungamento delle case verso il flume, la situazione del ponte e le salit<* o rampe laterali ad esso per l’accesso alle due calc d’im- barco, limitarono 1’ ampiezza assegnata alle chiaje, la 50 CAPIT0L0 TEttZO quale si desiderava maggiore. Vi si pose nondimeno un lilare di alheri, dal la to del flume, si per abbellir quel passeggio, si perche, a norma del disegno approvato, quelle ripe debbono essere prolungate si no a raggiun- gere gli stradoni di passeggio che circondano la citta. La porzione che ne rimane ad ediflcare in corrispondenza alle cale d’imbarco, dev’ esser fatta con magazzini sot- tostanti, ierminati ad arcate verso il flume. Si hanno a fabbricare le dette sponde anche a destra del flume, per agevolare e decorare l’accesso alle due strade lateral}, ed alia piazza che sta di fronte alia nuova eliiesa votiva innalzata dalla Citta, tempio ben meritevole di questo abbellimento ». In sul giogo del Monginevro, ed all’altezza di metri 1974 sul livello del marc, nasee la Dora, delta Riparia, o Susinao Minore(l). Ingrossando col procedere, merce del tributo che le arrecano varj torrenti, essa gittasi, impetuosa e canuta di spume, gin per le valli di Sezana, di Oulx, di Exilles, di Ciomonte e Gravier, ed arriva a Susa, ove quella sua altezza non e piii che di 505 metri. Sotto a Susa ricevela Cinisca o Cinisella, delta meglio il Cenischio, torrente cli’e l’emissario del lago del Moncenisio, lago caro ai gastronomi per le sue trote dal sapor di salmone. Si diflla poi la Dora per la valle di Susa, e lasciando a destra del suo corso l’erto balzo (I) Chiamasi Minore per distinguerla dalla Dora Baltea, di nomee di fallo maggiore-. Susina, perche passa per Susa. Intorno all’aggiunto di Riparia, col quale piu comunemenle viene distinta, variauo le opinioni. Taluni lo de- rivano dal torrenle Rip a o Ribe che concorre, dicono, a formarla: altri dalle alte sue ripe. Ma il Casalis afFcnna che si denomina Riparia « perchfi bagna una ferace costa in fine di Val di Susa, la quale dicesi Rivera, o Riparia ». Dilion, geogr.stor. statist, commerc. de’RR, Slati. IDROGRAFIA, STORIA NATURALE oi ove e la Sacra di S. Michele , gia famosa badia, e i la- ghelti di Avigliana, e le eminenze di Rivoli, viene ad Alpignano ove l’attraversa un ponte di nn arco solo in pietra e in mattoni, appoggiato alle rupinose sue rive. J)a Alpignano sino al suo versarsi nel Po, il corso della Dora e una continua romantica scena, principalmente a Pianezza, a Colegno e a Lucento, luoghi attissinii ad inspirare la fantasia di un paesista. Questa riviera, clie serba anche nel piano 1’indole sua di torrente, cade nel Po, alquanto sotto la Madonna del Pilone, in nn alveo alto all’incirca 202 piedi sopra il livello del mare; onde l’inclinazione della Dora dalla fonte alia foce puo reputarsi di metri 1772. « La Dora ltiparia e il piii riguardevole di tutti gli influenti superiori del Po. Sebbene minore della Baltea, la Dora Riparia ha coniune con questa il vantaggio di somministrare abbondevoli acque nell’estiva stagionc pel liquefarsi de’ghiacciai presso le sue scaturigini. Poche acque son recate a tauta utilita come quelle della Dora Susina, sia per mulini ed opifizj, sia per l’irrigazione delle campagne. Attrattiva cosa egli e l’esame delle molte derivazioni d’acqua lungo le sue sponde, in siti difficiii e fra mezzo alle nude e scoseese roccie, entro di cui essa scorre incassata da Alpignano On presso a Torino. E sembra fuor di dubbio clie venisse scavato un lelto artificiale alia Dora nella roccia presso Alpignano; di sopra alia qual terra essa formava anlicamente un vasto lago, del quale il presente laghelto d’Avigliana alia sua riva destra faceva parte. « Non puo negarsi clie l’arte di condurre canali d’ir- rigazione fosse gia bene innanzi in tempi lontani, ove si considerino le tante derivazioni della Dora, e si 32 CAPITOLO TEIIZO confronlino le varie epoche delle concessioni sovrane. Havvi una descrizione del corso della Dora Susina e dei molteplici canali da essa derivali, scritta in lingua porto- gkesedairillustreTercsioMiclielotti, nostro concittadino, eke slettc gran tempo al servigio di quella Corona nella qualita d’ingegnere primario. Tra Colegno e Torino sono ie derivazioni eke recano l’acqua alle strade della citta e die servono alia fabbrieazione delle eanne da fucile e di altre armi da guerra, alia fabbrieazione delle pol- veri, ai mulini ci% ici dove si veggon raccolte 28 mote idrauliche per muover le macine. Un altro canale, tratto dalla sua riva sinistra sotto a Torino, serve alia fabbrica dei tabacclii c della earta ne’vasti edifizj del Parco. « L’estensione della collura de’ terreni, ed il non es- sere le concessioni state linutate sultieientemente, perclie in que’tempi eio riusciva superlluo o non necessario, fanno spesso languire le derivazioni inferiori. 11 governo ka creato una Commissione per metter fine ad ogni la- gnanza e per instituire un equo ripartimento dell’acque a norma de’varj bisogni e de’ rispettivi diritli ». La Dora Kiparia a Torino si valicava, or son poclii mini, sopra un meschino ponte di legno, sorretto da pile di mattoni. Nel regnare di Carlo Felice nacque(1823) il disegno di far cavalcare quel flume da un ponte in pietra eke rendesse fede dell’avanzamento dell’arte nelle nostre contrade, ed esso fu recato ad elletto (1830). L’ingegncre cav. Carlo Mosca lo arckitetto e lo con- dusse a buon fine, glorificando la suapatria e se stesso con quell’opera insigne. Ecco la descrizione eke ne diede V arckitetto idraulico Itaimondo Buzzani. « 11 trovarsi la linea direllricc del letto del flume Dora obliqua all’ asse della via d’Italia, in prolungamenlo 1DR0GRAFJA, STORIA NATDRALE 33 all’asse della qual via dovevasi costrnire il ponte, faceva nasceie (ove si coslruisse di parecchi archi) le seguenli difficolta. Se l’asse del ponte fosse stato lo slesso che quello della via d’ingresso nella citta, le acque avreb- bero urtato obliquamente nelle pile di esso; se fossesi fatto il ponte perpendicolare all’asse del flume per evi- tare l’urto lungo le pile, il suo cadere a sbieco sulla via d’ ingresso avrebbe sconciamenle urtato la vista; se per isfuggire tale diformita si fosse geltato obliquo, si fatto genere di costruzione non avrebbe corrisposto al concetto d’innalzare un monumento degno per magni- flcenza della citta capitale di una monarchia italiana. Tutte queste diflicolta furono tolte di mezzo dal pen- siero clie venne al Mosca di fare un ponte di un solo arco di cerehio di 45 metri di corda, con 5,50 metri di saetta. « Le faccie dell’arco prcsso 1’ intradosso sono tagliate a sbieco, e formano due ugnature, o comes de vache , come diconsi dai Francesi; le quali mentre aumentano con molta grazia la leggerezza dell’arco, riduccndone la saetta apparente a 3,75 metri, due al duodecimo della corda, possono eziandio nelle straordinarie piene, ove le acque oltrepassassero il livello massimo finora osservato, servir come d’ imbuto pel pin facile loro sfogo; per lo clie si scorge che si fatta costruzione non venne punto adoperala per ismania di imitare le inven- zioni d’oltremonti, ma si per vera utilita dell’opera. Ne pare sia da schifare quella invenzione solo perche un altro popolo e non il nostro l’ha il primo usata; clu* sarebbe pur tempo che si persuadessero le genii, essere vana e ridicola cosa nelle scienze e nelle arti la gelosia di nazione a nazione. •2 34 CAPITOLO TERZO « Miranclo al medesimo scopo di formal' un imbuto alle acque, e di rompere sempre l’urto lateraledi esse, le eoscie del ponte sono formate da un quarto di cilindro, il quale incontra tangenzialmente le teste del ponte, e si prolunga sino ad incontrare le sponde rettilinee, le quali determinano la vera largliezza del flume, e vengono ierminate da un pilastro di base quadrata. « Corona l’edifizio un cornicione magnifico a modi- glioni, disegnato a somiglianza di quello clie ornaya gia la grande parcte circondante la piazza del tempio di Marte vendicatore in Roma; mostrando cosi il va- lente architetto clie, se alia parte scicntiCca dell’arte di costruire seppe far uso di quanto i moderni trovati suggerivano di migliore, sapeva eziandio adornare all’ uopo 1’ opera sua col gusto antico. Il cornicione viene sormontato da un parapetto formato da un Clare di pietra coronato da una fascia clie termina in forma convessa superiormente. « Sbocca la strada, clie e sul ponte, su due piazzette mistilinee formate sulle teste di esso, clie si allargano da una parte e dall’altra in quarto di cercliio, mettendo da una parte alia via clie da 1’ ingresso nella citta e gli si apre in fronte, e dall’ altra alia strada clie conduce a Milano (1) ». Un ponte di mattoni si sta ora ediGcando sulla Dora presso a Torino di rimpetto alia via clie movendo dalla sinistra sua sponda, conduce al Campo Santo ed al Parco. L’acqua che serve di bevanda ai Torinesi, viene at- tinta dai pozzi. E da un pozzo, detto la Fontana di (I) Jntologia di Firenze , vol. 43. IDROGRAFJA , STORIA NATURALE rr oO S. Barbara, derivano pure le alquante fontane pnbbliclie di cui la provvidenza civica voile fornirla (i). Salubre e in generale l’acqua de’pozzi torincsi, se non clie in molte veccliie case la viziano le materie liquide che vi filtrano da’cessi troppo vicini. La profon- dila di questi pozzi va in generale dai 12 ai 1 j metri. A tener la cilia sgombra dalle nevi e dalle immon- dizie, a rinfrescarne le vie negii eslivi ardori, ed a por- gerc rapidamente gran copia d’acqna per lo spegnimento degl’incendj giova sommamente un ramo di quel canale d’acqua, tratlo dalla bora lliparia, del quale abbiamo parlato. Queslo ramo vien condofcto in uu edilizio, detto il Gasotlo, presso a porta di Susa, ossia al luogo che ne conserva il nome. Quest’ acqua, distribuita per la cilia con ingegnosa livellazione, scorre pel bel mezzo di lulle quante le strade della parte anteriore alle re- centi fabbricazioni. I rivi e rigagnoli cli’essa vi forma, vengono cliiamali Dove in Torino. Essi lianno i van- laggi sopraccennati, ma esibiseono pure molli e gravi (I) Nel 1827, ov’era la fontana di S. Barbara presso a porta d'ltalia, si scavo un pozzo profondo 12 metri col diametro di 3 metri, sul quale si elevo una torre a'ta metri 13,66 sopra il suolo. Una ruota, messa in moto da una doc- cia , muovc quatlro trombe prementi , che innalzano l’acqua e la spingono sino al Talazzo di CitlSi, ch’ c distante metri 542 dal pozzo, ed 6 alto metri 20,93 sul polo dell’ acqua nel pozzo. 1 getti o le fontane clie ne risultano, sotio: due del diametro di 22 millimctri a’due fianchi del Palazzo, ed uno del diametro di 15 millimctri in una gran corle di esso, delta la corte del Burro. Altri due piccoli getti del diametro di un centimetro sgorgano davanti alia porta dell'edifizio ov’ 6 il pozzo, lungo la strada di circonvallazione. Nel 1837, a scrvigio de’nuovi mercati sulla piazza Emmanuel Filiberto, si aggiun- sero in quel pozzo due trombe, mosse dalla ruota medesima, le quali raan- dano in que'mercati otto getti d’acqua di 12 millimetri di diametro cia-* scbeduno. 56 CAPITOLO TEIIZO-IDROGRAFIA ECC. disconci, onde rimane almeno il dubbio, se non tor- nerebbe piii utile il far correre quell’ acqua per sotter- ranei canali. Torino, benclie posta ad oriente cd a tramontana fra duefiumi, va pienamente libera da qualunque anclie rimoto pericolo d’inondazione per la bassura del lor letto sotto il livello di essa. 11 Po e depresso metri 24,56 sotto il piano della piazza Castello: il lei to della Dora giace metri 16,58 sotto il piano della via d’ltalia innanzi alia Basilica. Trapassando ora alia naturale istoria, nulla qui diremo del regno vegetale, percfie la Flora di Torino trovera luogo verso il fine dell’opera. I suoi animali sono quelli della gran conca circum- padana. I soli clie si possano in qualche guisadire par- Iicolari ai dintorni di Torino, sono i seguenti: La sylvia nisoria, Lalh. Nei vigneli in primavera. 11 parus pendulinus, L. Nolle valli. La merope ( mcrops apiasler, L.). Poco ollre Cliieri. II coluber Iliccioli,Mclaxk. Nelle selve e nei vigneli. 11 carabus llossii, Bonelli, Dej, ccc. Vomalisus iaurinensis, Bon. (o m . sanyuinipennis, Dej). Lo sphinx Ncrii, Linn., Fabr. ecc. Nei giardini delle ville. De’fossili clie si scavano in sui colli dell’Oltrepo To- rinese, e dei minerali, metalli e marmi che si trovano in Piemonte, ci locchcra parlare piii sotto. CAPITOLO IV STORIA l Taurini, genie Ligustica al dir di Slrabone, ossia antica slirpc de’Liguri, come scrive Plinio, edificarono Torino. La priina sicura notizia di questa cilia e la glo- riosa resistenza ch’essa oppose ad Annibale, dal quale dopo tre giorni di combattimento venne espugnata (1). « Forse Torino era arnica, ma non sembra che a quel tempo fosse gia soggetta ai Romani. Piii tardi vi fu (t) nine bcllicam forliUubnem el externi imperii iinpalientiam a maioribus nostria hereditario inre accepisse gloriaiinir. Conic Fed. Sc/opis, Fref. aU’eilfc. Statcta et Prtvitegia Civit. Tat no - ., ncU'opcra inliiolalft: Historian patriae wonum,— Leges nuinieipalcs. 38 CAP1T0L0 QUARTO condotla una colonia, la quale ebbe daAugusto il nome di Augusta de’ Taurini. Fu da Costanlino quasi intiera- mente distrutta per aver aderito a Massenzio. Vuolsi da alcuni che fosse anche distrutta da Stilicone, clie guerreggiava contro i Goti, e clie fosse poi rifatta di minore circuito. Angusti per certo ne erano i contini, poiclie la citta di forma, quadrata era compresa tra lo spazio ora circoscritto dal palazzo di Madama, dalla cliiesa de’ Gesuiti, dalla strada di S. Teresa e dalla piazza delle frutta. Fu ancora rovinata da Atlila, presa da Odoacre, saccheggiata dai Borgognoni. Soggiogata quindi da Narsete, venne ritolta al roniano imperio dai Longo- bardi, al tempo de’quali fu sede d’un duca. Duede’suoi duclii, Agilulfo c Ragumberto, furono sollevati alia real dignita. Passo poi dal dominio de’Longobardi a quello de’Franchi, c nella divisione dell’impero diCarlomagno appartenne al regno d’ltalia. La conlea torinese si sten- deva lino al Monginevro ed al Moncenisio. Nel secolo x una famiglia creduta d’origine francese rcggeva la contea torinese, e la marca d’ltalia. Ultimo di questa famiglia fu Odelrico Manfredi n, padre della celebre contessa Adelaide, clie sposd dopo il 1043 in terze nozze Oddone di Savoia, e lascio quindi alia R. Casa lo splendido re- laggio di questa fiorita parte d’ltalia. Pare clie dopo la morte d’Adelaide (1091) non potessero per assai tempo i Principi di Savoia averne la pacifica signoria. Ma cid successe felicemente ad Amedeo in. Alcuni umori d’in- dipendenza si manifestarono ancora nel secolo xiii. Tom- maso ii di Savoia, conte di Fiandra e signore del Pie¬ monte, fu falto prigione dai Torinesi, e consegnato nelle inani degli Astigiani suoi nemici. Ma il conte Pietro li soggiogd, e Torino non fall! mai piii della debita fede al STOHIA 39 suo Sovrano. Divenne residenza de’Principi di Savoia ai tempi di Carlo i. Fu occupata circa 20 anni dai Francesi nel secolo xvi. Ricuperata da Emanuele Filiberto e dotata di una cittadella, comincio ad ingrandirsi nei secolo xvii, per le cure massimamente di Carlo Emanuele ir; e con¬ tinue sotto ai regni seguenti a crescere d’ampiezza e di regolarita » (1). Ma il principale dilatamento cd abbellimento di To¬ rino appartiene al nostro secolo; perche atterrate le opere di forlificazione die in angusta cerchia la rinser- ravano, sul terreno da esse occupato, e piii oltre ancora, sorse quasi una nuova citta, distribuita con bell’ ordine, fabbricata con eleganza, e per maggiore spazio a’giardini e minore altezza delle case, agevole tutta e gioconda. Dei due piii memorabili assedj che sostenne Torino ci giova dare notizia. — Negli anni 1638-39 nacquein Piemonte la guerra civile per la reggenza dcgli stali di Carlo Emanuele n, la quale era affidata a Cristina di Francia, madre del Duca fanciullo, ed era a lei contesa dal principe Tommaso e dal principe Morizio, suoi co- gnati, e zii di esso Duca. Scoppib la guerra civile coll’ac- compagnamento della guerra straniera: un esercito francese sosteneva la Reggente, un esercito spagnuolo si mosse a spalleggiare i Principi. Questi s’insignorirono della citta di Torino; in mano de’Francesi rimase la cittadella. Nel 1640 il conte d’Arcourt prese il comando delle armi francesi in Piemonte e di quelle della Reggente. Il marchese di Leganes comandava l’esercito spagnuolo. Questi pose P assedio a Casale, contrariando il principe (i) Cw. Luigi Cibrario. 40 CAPITOLO QUARTO Tommaso die voleva si espugnasse innanzi tutto la cit- tadella di Torino. 11 conte di Arcourt mosse le insegne verso Casale, e ne segui la famosa battaglia di questo nome (29 aprile 1640). II conte superb le trincee degli Spagnuoli, c gli affronto si duramenle ne’proprj lor valli die assai di loro, non potendo reggere all’impeto de’Francesi, si gcttarono nelle acque del Po, e vi peri- rono annegali. La rotla degli Spagnuoli fn grandissima, benclie prevalessero in riumero ai loro nemici. Rifornita ch’ebbe Casale di gentc e di viveri, il conte d’Arcourt venne a campeggiare la citta di Torino, in cui ii principe Tommaso si cliinse, deliberato a difenderla sino agli estremi. Nella cittadella erano tuttora i Francesi. 11 Leganes, bramoso di vendicar FalTronto di Casale, tenne dietro al suo vincitore, sperando di ridurlo alia condizione di vinto. Torino, investita di tal foggia, of- friva il singolare aspetto di una cittadella assediata daila citta, della citta assediata da un esercito francese, e di questo esercito cireondato da un esercito spagnuolo. E da avvertirsi, come lagrimevolissima conseguenza di una guerra civile, che le truppe de’Principi combat- tevanocontro quelle della Rcggente , cioe i Piemontesi si azzudavano coi Piemontesi, c l’accanimento da ambe le parti era smisurato e crudele. I conladini si levavano da ogni banda in favore de’Principi; i ciltadini di To¬ rino difendevano in armi i loro bastioni; le schiere della Duchessa facevano macello de’primi, esse mettevano a fuoco e a sacco le ville de’ secondi sulla collina. L’assedio di Torino del 1640 e memorabile nell’istoria railitare per l’ostinazione e l’ardenza de’combattitori. La guernigione della citta fece ventinove sortite. Gli Spa- gmioli del Leganes assaltarono piii volte le linee francesi, STORIA 41 e ne furon respinti. II d’Arcourt, esortato a levar l’as- sedio per la mancanza dei viveri nel suo campo af- famato dagli Spagnuoli, rispose chc cio avrebbe fatto allora quando i suoi cavalli avessero mangiato tutta l’erba clie cresceva intorno a Torino, e i suoi soldali tutti i cavalli del suo esercito. II cardinale di Richelieu voleva chead ogni patto si facesse prigioniero il principe Tom- maso. II generalissimo spagnuolo si confidavadi premier prigioniero il pertinace maresciallo francese. Ma assai piii clie nel campo francese mancavano i vi¬ veri nella citta. Il marchese di Leganes avea nel corso di quell’assedio fatto gettare da un cannone palle con let- lere d’avviso per gli assediati, e quesli le rimandavano con altri scritti in cui faceano noti i casi della citta e i loro bisogni piu urgenti. Cbiamavasi percio quello il Cannone corriere. Fu quindi agevole il far uso maggiore di quel ritrovato, e dal campo spagnuolo si lanciarono poi nella citta o grosse palle o bombe piene di polvere c di sale, di clie sopratlutto si pativa disagio. Fu quello, dicono, un trovamento di Francesco Zignoni, berga- masco, ingegnere del principe Tommaso. Finalmentc la cliffalta della munizione da bocca c da guerra giunse a tale clie il principe Tommaso, il quale reputavasi anclie tradito dal Leganes, condiscese a capitolare il 20 settembre 1640. Egli ottenne cl’u- scire dalla citta con alcune carra coperte, e di riti- rarsi ad Ivrea con quanti lo volesser seguire. I)i tal forma i Franeesi entrarono vittoriosi in Torino, e la condotta del Leganes non ando esente da rimproveri, da sospelti e da accuse. Due mesi dopo, Madama Reale fece il suo ingresso in Torino. Ella era in negre 42 CAPITOLO QUARTO e luttuose vestimenta, come dolcndosi di una vittoria riportata sopra i suoi sudditi. La tristissima guerra civile ebbc poi fine col trat- tato del 14 giugno 1642. La duchessa fu riconosciuta per Reggente da’Principi, i qaali ebbero Nizza ed Ivrea in governo (1). L’altro assedio di Torino, che intendiamo narrare, e assai piii fanioso, come quello die feceperdere ai Fran- cesi 1’Italia. Nella lunga e terribil guerra, detta della Successione di Spagna, Vittorio Amedeo n, duca di Savoia, erasi accostato alia lega de’ Potentati che intendevano porre sul trono spagnuolo un principe austriaco, contro del re francese Luigi xiv, che voleva stabilirvi il suo ni- pote Filippo, duca d’Angio, chiamato a regnar sulla Spagna dal testamento di Carlo n,atto che l’imperatore diceva insidiosamente rapito. Dopo varie vicende, la somma delle cose della guerra in Italia parve tutta ri- stringersi intorno a Torino. Luigi xiv, deliberatosi nel suo sdegno a balzar dal trono Vittorio Amedeo, avea mandato una grande e bella e poderosa oste ad assediare (piesta capitale. La notte del 2 di giugno 1706 il nemico aprl la trincea. 11 signor della Fogliada, comandante i Francesi, prima di battere la citta, fece pregare il Duca d’indicargli il suo alloggio, per non lanciare le bombe da quel lato: « Il mio alloggio, rispose Vittorio Amedeo, sara sulle mura della cittadella ». Tultavia la presenza del Duca era piii necessaria fuori che dentro della citta, ove prodi (I) Compendio della Storia della /?. Casa di Savoie. Milano, 1830. STORIA 43 generali comandavano, e soldati e cittadini si erano accinti e giurati a disperatamente resistere. Egli usd di Torino e con instancabile ardire si diede, voltando e percuotendo, a molestare gli assediatori. E veramente fuquesta la salute dell’osteggiata citta. Egli non avea con se die un pugno di milizie: ma con mosse celerissime le moltiplicava, impediva i viveri al campo francese, ne assaltava i primi drappelli, si traeva, fuggendo, dietro il generale nemico, poi ne deludeva l’inseguimento, e per altre vie tornava a tribolare gli assedianti. I contadini, infiammati dall’aspelto e dall’e- sempio del loro Sovrano, correvano da ogni banda alle armi. La citta e la cittadella di Torino si difendevano dal canto loro con indicibil bravura. Cio tirava in lungo 1’ assedio: ma le munizioni da bocca e pin da guerra cominciavano a scarseggiare in Torino: lc malattie e la diserzione degli stranieri ne indebolivano il presidio, ed il nemico la stringeva ogni di maggiormente. Invano gli assedianti furono respinti da piii assalti. Le perdite degli assediati si facevano or- mai irreparabili; non pertanto insuperabile era la loro costanza. Il nobilissimo atto di Pietro Micca d’Andorno ne porge splendida prova. Egli con sicura mano appicco fuoco ad una mina, dal cui efletto non avea tempo di allontanarsi pel soprastar de’nemici. Questa scoppio con orrendo fracasso, e seppelli sotto le sue rovine il generoso Micca, in una con tutti i ncmici die erano entrati nel sotterraneo. Le speranze degli assediati e del Duca erano poste nel principe Eugenio di Savoia, die conduceva un eser- cito imperiale. Quest’ accortissimo e prodissimo capi- tano aveva a fronle in Lombardia un fiorito esercito 44 CAPIT0L0 QUARTO francese, guidato dal duca d’Orleans e dal maresciallo Marsino. II Principe, con maestrevoii mutamenti etras- porlamenti di carapo e rapidi tragitti di fmmi, piglio il passo al nemico. II duca d’Orleans venne ad aggiungersi col campo che stava ad oste contra Torino, e giuntovi chiamo a consiglio i primi condottieri dell’esercito, e propose di andar difilato ad assaltar gl’imperiali. « Sc ne usciamo vincitori, egli disse, Torino e nostra; se restiamo sconGtli, il ritirarsi non ci verra contrastato ». I piu esperti capitani consenlirono nel suo parere; ma tenne contraria opinione il Marsino, il quale mostro, per quanto narrasi, una carta firmata dal Re che ordinava doversi, ove i pensieri si spartissero, stare alia sentenza di questo maresciallo. 11 di due di settembre (1706) il duca di Savoiaeil principe Eugenio si portarono a Chieri, donde salirono in cima al colie di Superga per riconoscere la positura del nemico. Eravi allora in su quel giogo una cappel- letta. Vittorio Amedeo fece voto alia Vergine d’innalzar quivi un gran tempio, se il Rio degli esercili gli con- cedea la vittoria. La stupenda cliiesa die incorona quell’ alto poggio, rammenta del continuo a’ Torinesi la ma- ravigliosa loro liberazione, e 1’adempimento del voto. La battaglia comincib la mattina del di 7 di settembre 1706. I granatieri piemontesi principiarono 1’assalto, seguilali dalla fanteria prussiana. I Francesi, assaltati dentro i lor valli, bravamente mostrarono il viso, e due volte respinsero gli assalitori. Ma troppo crano al¬ lungate le linee del campo francese, ne forti e lien mu- nite per ogni dove egualmente; onde percuotendo in piii luoglii con grosso sforzo, i due principi di Savoia pervennero a sboccare nella circonvallazione inimica. STORIA 45 Data ne fu la gloria ai Prussiani, conclotli dal principe di Anhalt, che de’primi passarono le trincee. Duro ancora per qualche tempo furiosamente dentro i trincieramenti de’Francesi la mischia; ma finalmente questi piegarono e andarono in piena rotta, abbando- nando ai vincitori le immense provvigioni d’ogni genere raccolte nel loro campo. II maresciallo Marsino, dice il sno epitaflo, perdette in quel contlitto la vittoria, l’e- sercito e la vita. 11 duca d’Orleans, che arditamente combalte in quella giornata, riporto due ferite. Smisurato fu il bottino dei vincitori. I vinti si volsero poco meno che in fuga verso Pinerolo, quantunque anclie dopo la disfatta prevales- sero in numero a’loro nemici. Perseguiti dai Collegati, scannati da’ contadini e specialmente dai Valdesi infe- rociti, essi trapassarono la frontiera del Delfinato, si sbandarono in gran parte, e la sconfitta di Torino tolse ai Francesi l’ltalia. 11 duca di Savoia e il principe Eugenio, che franca- menle aveano esposto la vita nella batlaglia, cntrarono in Torino alle ore quattro dopo mezzogiorno. Innanzi tutto essi portaronsi alia cattedrale per render solenni grazie al Dio che da le vittorie. Il popolo, ebbro di gioia, empiva le aure di grida di applauso a’ suoi liberatori. il Duca si mostro grato ai cittadini ed al presidio che avean tenuto saldo lino agli estremi. Il poco di polvere che ancor restava al conte Daun per difesa di Torino, servi a solennizzare quel Te Deum col rimbombo di tutte le artiglierie. Il trattato di Utrecht, che nel 1715 finalmente fe’ cessare la sanguinosissima guerra, diede a Vittorio 4 6 CAPITOLO QUARTO Amedeo n la reale corona cli Sicilia, ch’egli poscia do¬ ve! te permutare con cjuella di Sardegna (1). Nel giorno 26 maggioclel 1799 gli Austro-Russi en- Irarono in Torino eh’era in mano a’Francesi. Questi si ritrassero nella cittadella, e il generale Fiorella die la governava , prese a tempestar la citta colle palle e colle bombe. Era miserando spettacolo il veder l’in- cendio c la rovina delle case; le strade deserte, e piene di vetri spezzali e di rottami di mura. I cittadini pin prossimi al grandinar delle bombe, stavano , pallidi c tremanti, ricovcrati nelle canline; i pin lontani corre- vano a rifuggirsi snlla collina, e questa fnga nollurna o al chiarore dell’alba appresentava una scena d’inenar- rabilelutto. Durb conqualche inlcrrompimento dal venir della sera si no al matlino gia ben alto il tremendo 11a- gello. Tultavia il clanno non pareggio il terrore, per- clie gli artiglieri piemontesi cli’erano nella cittadella co’Francesi, e ministravano i mortai, dolorosi di recare tin tanto strazio alia lor patria, dirizzavano i projetti in maniera die trasvolando sopra della citta, andassero per la maggior parte a cadere ne’prati di Vanchiglia. Finalmente tra Francesi ed Austro-Russi si convennc die questi non assalterebbero la cittadella dalla parte della citta, e questi non infesterebbero la citta dalla cit¬ tadella. I Francesi aveano slealmente occupato il Piemonte nel dicembre 1798. Essi ne vennero cacciati dagli Au¬ stro-Russi nel 1799. Ma nell’anno seguente vi calarono piii potenti di prima, e la vittoria di Marengo diede a! pritno Console il dominio di queste contrade. Nel 1802 (!) M. STORIA 47 (11 seltembre) il Piemonte venne unito alia repubblica francese chepoeo cli poi si trasformo nell’Impero. Men- tre duro l’impero napoleonico, Torino fu capo-luogo della 27. ,na divisione mililare. Era pur sede del principe Camillo Borghese, cognato dellTmperatore, col litolo di Governatore generale dei dipartimenti di qua dalle Alpi. Caduto Napoleone nel 1814, ritorno il Piemonte sotto I’amato freno de’suoi naturali Signori. L’ingresso fatto in Torino da Vittorio Emmanucle (20 maggiol814) fu scena di famiglia, piena delle pin dolci e piii care emozioni. Ne cib dee recar maraviglia. Racquistavano i Piemontesi l’indipendenza, la dignita ed il nome di nazione; racqui¬ stavano la dinastia di que’principi die per otto secoli n’erano stati meno i dominatori che i padri, che gli aveano avvezzali alle armi, condotti alia vitloria, te- nuti liberi dal giogo slraniero, e merce de’quali in qucsta ]»iu alta parte dell’ Italia l’antico valore italiano non era mai venuto languendo. Racquistavano poi i Torinesi in particolare lo splendore, V opulenza e la popolazione d’una metropoli, che perl’unione del Geno- vcsato a’ RR. Stati clovea poi sempre piii venire cre¬ scendo in riputazione e in grandezza e in bellezza. L’adempimento del lielo augurio c ora dimoslrato dalla popolazione quasi raddoppiata, clallo straordinario di- latamenlo della citta, dalla vaghczza de’suoi nuovi ediQzj, c dalla gran copia d’instituzioni nuovamenle fondate o sapientemenle restaurate che la magnificano od abbelliscono. I)i tutte le citta dell’Italia, Torino b fuor di dubbio quel la che in questo felice periodo della pace universale sia cresciuta in fiore con piii appariscente progresso Le pestilenze che in varj tempi ahlissero I’ Italia e 48 CAP1T0L0 QUARTO die sono registrate nell’istoria, travagliarono anehe To¬ rino. Ma quella di cui ci rimase pid particolareggiata memoria, segui nel 1650. 11 Duca e la sua famiglia uscirono dalla citta, i faeoltosi ne abbandonaron le mura; Torino trovossi ridolta a 12,000 abitatori. Per giunta di mali, la guerra slraniera che allora infieriva in Pie¬ monte, fece mancare le vettovaglie nella cilia; gl’ in- fermi, slimolati dalla fame, ributtarono le guardie del lazzarelto, e sparsero T infezione per ogni dove. Un esercilo francese avvicinossi in quel mezzo ai bastioni: Ira i cittadini cliiamati a difenderli, vi furono anehe i sospetli di peste. II terribil contagio, cosi propagate, im- perversb allora senza ritegno. Ne vi manearono ancora i creduti unlori, ne i loro supplizj. I mali dell’anarchia, le rapine, le scclleraggini s’unirono alle stragi della con- lagione, e la misera Torino esibiva lo spettacolo di tutti gli orrori congiunti. Finalmente il grande spedaliere cavaliere Goveano, non curando ilpericolo de’suoi giorni, venne a prendere il freno della citta. 11 suo esempio rav- vivo gli abbatluti spiriti, la sua severita restaurb l’ordine; uomini virtuosi lo secondarono a tutto potere. Nel marzo del 1631, i malati scemarono di numero, e nell’agosto la peste interamente si dilegub (1). (I) Tra coloro che si segnalarono per operoso zelo c per anlente carila in arle della ciIlk fu in punto di rimaner preda dell’incendio ». REINAUD , Invasions dcs Sarazins. D. B. Gli Arabi ill Italia. 3 50 CAPITOLO QUARTO — STORIA scrittore acre e festivo, il Vasco, profondo economista, il conte Napione, instancabil filologo, il dottissimo abate di Calnso, Giuseppe Grassi, Carlo Bouclieron, il conte Prospero Balbo, il Bertrandi, valentissimo in cliirurgia, il Gioanetti die fu de’primi in Italia a coltivare la mo- derna chimica, il conte Angelo Saluzzo, si benemerito delle scienze, la sua figlia Biodata die prese il primo seggio tra le poetesse italiane, l’Allioni, autore della Flora Pedemontana , il Porporati, finitissimo incisore, Spirito Benedetto Nicolis di Robilant, celebre mineralogo, e sopra tutti Pimmortale Lagrangia die solo basterebbe a glorificare non unacitta, ma un’intera nazione. Assai lungo poi riuscirebbe 1’ elenco degl’ illustri Piemontesi che vissero e fiorirono in Torino, tra’quali non citeremo die Jacopo Durandi e il barone Vernazza, critici insi- gni, gl’illustri fisici G. B. Beccaria e Vassalli-Eandi, l’a- natomico Cigna, il gran chimico Giobert, e il Bonelli egregio entomologista. CAPITOLO V RELIGIONE Torino, sede arcivescovile, e cilia cminentemenle cat- lolica. La naturale pieta de’snoi abitatori venne in ogni. tempo rinvigorita dalla santita e dalla dottrina de’suoi pontefici. « Antica ed illustre e questa diocesi. Data la pace alia cliiesa da Costantino, tosto si vide sorgere il primo ve- scovo di Torino s. Vittore, e mentre la cliiesa di Milano era governata da s. Ambrogio e quella di Vercelli da s. Eusebio, quella di Torino lo era da s. Massimo (1). (1) Nel 1755 il Bartoli era a Vercelli « tutto occupalo intorno ai preziosi « codici di quella biblioteca capitolare; de’quali non fu purcontentodi fare CAPITOLO QU1NTO 52 « Ma la chiesa cli Torino era vastissima, giacclie com- prendeva quasi tulte le citta del Piemonte, e da esse vennero scorporate parecchie altre diocesi. « Sino al tempo di Sisto iv, il Vescovo di Torino fu sutl'raganeo dell’Arcivescovo di Milano. Sisto iv ren- dette la sede di Torino indipendente dalla giurisdizione metropolitana, e la innalzo alia dignita arcivescovile. Nel 1515 papa Leone x l’eresse in metropoli con ren- dere suoi suflraganei i due vescovi di Mondovi e d’lvrea. « L’Arcivescovo di Torino e cancellario della regia Universita degli studj fin dall’anno 1405, c dieci sono oggidi i Vescovi suffraganei del medesimo, cosicche questa sede puo con ragione dirsi la piu ragguardevole degli Stati di S. M. a il catalogo, ajulalo in cio tlall’ arcidiacono ab. Langosco, ma veduline tre « del vescovo torinese san Massimo, gli nacque vagbezza di poter formare una « nnova edizione di lutte le opere sinora assai guaste di san Massimo, tanto « bramala dal Mabillon {Mus. ItaL T. I, pars, all., p. 3), e lanto conveniente a v questa augusta metropoli. Che se queslo pio desiderio del Barloli rimase in- « compiuto, ben lo effelluo il P. Bruno con la diligente e magnifica edizione « di tulte le opere del torinese pontefice, procurata dalla Santitk di Pio VI, « e alia MaesU di Vittorio Amedeo m merilamente inlitolata •> (*). (*) « Sancti Maximi episcopi taurinensis opera, jussu Pii Sexti P. M. aucla, « atque adastationibus illustrata, et Victorio Amedeo Sardiniae regi d. d. Bomae « 1784, fob Colla scoria dall’aulcgrafoesislente ne/la libreria capilolare di J'er- « celli si face pure l’edizione delle opere del rescovo Allone, procurata dal dollo « moils. Carlo Duronzo del Signore, cite insieme col card. Costa d' Arignano , e e con mons. Giacinto della Torre forma quell' illuslre Iriunu irato, di cut si a onorerh sempre non meno la diocesi di Torino, cite la letteratura piemonlese ». Tratto dal discorso tuttavia inedilo sulla vita e gli studj di Gius. Bartoli, prof, di eloq. ital. e di lettere greche nell'Univ. di Torino, e antiquario del Ite di Sardegna; letto all’Accademia R. delle Scienze dal socio corrispondente Pier Alessandro Paravia, la sera de’25 giugno 1840. RELIGIONE 53 « I died vescovati suffraganei sono Acqui, Alba, Asti, Cuneo, Fossano, Ivrea, Mondovi, Pinerolo, Sa- luzzo e Susa » (1). Seggono in Torino la Curia arcivescovile, il Capitolo metropolitano e la Collegiata de’canonici della SS. Tri- nita, per tacere delle sette altre collegiate, che sono in questa diocesi, a Carmagnola, Chieri, Cuorgne, Gia- veno, Moncalieri, Rivoli e Savigliano. In Torino e il Seminario maggiore, il quale, coi suoi minori di Giaveno, Chieri e Bra, contiene <^58 chierici (2). Altri 207 chierici sono nella citta fuori dei Seminarj. I sacerdoti di Torino ascendono a 567. Nelle case religiose de’varj ordini i saceraoti niontano a 284, i diaconi, suddiaconi e professi, a 150. La citta ha 14 parrocchie, 1 la cittadella, 2 ne hanno i sobborghi, 14 il territorio, 254 la diocesi. Oltre le chiese parrocchiali, vi sono in Torino e ne’ suoi confini 50 e piii altri templi ed oratorj; e fuori di Torino, in tutta la diocesi, oltre a 500. Le confraternite di Torino sommano ad otto. Oltre il fine devoto, alcune di esse hanno anche un fine cari- tatevole, o vogliam dir filantropico: 1’ una seppellisce i cadaveri che si trovano per la citta, l’altra racconcia i letti agl’ infermi, o li soccorre in varie maniere. Ma soprattutto e ammirabile quella della Misericordia. Essa sovviene a’carcerati, conforta i condannati e gli accom- pagna al pat.ibolo. Ove piii profondo e lo squallore delle prigioni, ivi la sua carita risplende piu viva. (1) Calend. gener . tie' FR. SS. (2) I chiorici del Seminario studiano in esso due anni fdosofia solto ad in- segnanti depulati dal monsignore Arcivescovo, c cinque anni teologia sotlo ai professori deH'UniversitA. 54 CAPITOLO QUINTO Havvi in Torino una Casa per gli esercizj spirituali. II Convilto di 5. Francesco e una scuola di perfeziona- mento per gli ecclesiastici: ha presentemente 45 allievi. Quello di Superga, die ne ha 15, e un’accademia eccle- siastica. Risiede in Torino l’Economato generale regio ed apo- stolico de’vescovati ed abazie vacanti, ed azienda ge¬ nerale delle corporazioni religiose (1). 11 servigio clivino, le sacre cerimonie, le processioni, i mortorj e quanti altri riti al cattolico culto s’attengano, (!) Case religiose in Torino: ^Carmelitani scalzi. Cliierici regolari ministri (legl’infermi. Chierici regolari di S. Paolo, volgarmente Barnabiti. PP. della Compagnia di Gesu. PP. della Congregazione della Missione di S. Vincenzo De-Paoli. iCertosini (la Certosa 6 a Collegno, tre miglia distante da Torino). Fratelli delle scuole cristiane. COMIM /Minori osservanti. | Minori osservanti riformati. I Minori Cappuccini (hanno due conventi, 1'uno al Monte, eminenza di banco al borgo di Po; 1’altro alia Madonna di Campagna, un niiglio a settentrione di Torino). Oblati di Maria SS. TP. dell’Oratorio di S. Filippo Neri. \Ordine de’Predicatori. Bonne Canonichesse regolari lateranensi, volgarmente Roccheltine. Cappuccine. Dame del S. Cuore di Gesu. Snore di caritli, fondate da s. Vincenzo De-raoli. Snore di carit^ sotto la protczione di s. Vincenzo De-Paoli. Snore di S. Giuseppe. Terziarie Domenicane. Visitandine, ossia Salesiane. Monache dell’ adorazione perpetua. RELIGIONS 53 vengono qui celebrati con solenne pompa e con edifi- cante decoro. II Clero torinese, segnalato in ogni tempo per pieta religiosa e per esemplarita di costunii, e in- signe anche per dottrina. Esso annovera in questi giorni molli valenti scrittori. Da cinque anni si pubblica in Torino un giornale ebdomadario, intitolato il Propagators religioso. Ai dotti suoi compilatori s’ apparterrebbe 1’ ulicio di tessere la statistica religiosa di Torino, della quale, noi digiuni affatto de’ sacri studj, a gran fatica abbiamo potuto porgere un cenno (1). Gli Ebrei hanno in Torino una sinagoga. 11 loro nu- mero era nel 1839 di 1481. (I) Per la descrizione delle cliiese principal, vcggasi il capitolo Edijizj * monumcnli ; e per le Opere pie il capitolo ad esse dedicato. CAPITOLO VI INSTITUZIONI MUNICIPAL! j CASSE DI RISPARMIO, ILLUMINAZIONE, INCENDJ « A’ tempi di Roma, ogni citta aveva per lontana immagine del Senato romano una curia presieduta da Duumviri o Quatuorviri, che rappresentava l’universalita de’cittadini. « Lo scopo di questa instituzione era politico ad un tempo e fiscale. « I Decurioni erano scelti tra i piu ricchi possessori di terre, godeano onori e privilegi, servivano d’asses- sori ai magistrati romani, ed alcuni di essi col titolo di defensores civium esercitavano in cause di picciolo INSTITUZIONI MUNICIPAL! ECC. 5 ? rilievo l’autorita giudiziaria. Questi onori li rendeano devoli al governo. Erano poi mallevadori dell’intero censo dovuto da tutti i possessori del territorio, che ripartivano e riscoteano. Erano tenuti a pagar del pro- piio pe’ campi abbandonati, e pe’debitori fuggiasclii, e percio questo patriziato si rese a certi tempi tanto gravoso, che bisognarono leggi severissime per costrin- gere i Decurioni a star in uficio, a non preferire perfmo la schiavitii al decurionato » (1). Quest’abbassamento del decurionato segui nel decli- nar dell’impero. Ma ne’ tempi della Repubblica « in quella guisa che in Roma il Senato con alia testa i suoi Consoli era supremo arbitro dello stato, nelle citta sue suddite lo erano le Curie sotto la presidenza di chi in esse teneva il luogo di Consoli » (2). L’istoria del potere municipale ne’tempi barbarici e argomento di lunghe contese che qui tornerebbero in- tempestive. « Amolone, vescovo di Torino, che pontifico dall’anno 880 al 901, ebbe, al dir del cronista novali- eense, discordia co’suoi cittadini che lo cacciarono di citta. Fu tre anni fuori del seggio episcopale: fatta la pace, torno con uno stuolo d’armati e distrusse le dense torri da cui la citta era circondata. Questa testimo- nianza d’autor tanto antico, sebbene non contempora- neo, mi sembra di molto peso per provare che Torino doveva avere qualche ordinamento municipale » (3). (1) Cav. L. Cibrario, della Eeonouda polit. del Medio Eeo. a Si puo dire a tulto rigore di verity, i Curiali (cosi presero a chiamarsi i Decurioni dopo il terzo secolo) essere stati nel secolo iv c nel v la piii misera e travagliata dasse de sudditi a. Delta condizione d'Italia solto gl‘Imperatori Romani, (2) Della condiz, d’Italia C. S. (3) Cibrario, wi. *3 rj<5 JO CAPITOLO SESTO E parere cli talani che quest’ordinamento municipale ili Torino nel nono sccolo fosse una conlinuazione qua- lunque dell’antica curia romana, continuazione spesso alterata, raa non mai interrotta di poi. Noi non ose- vemino asserirlo. Ma se continuasse quella curia, o na- scesse dal consiglio di credenza del medio evo, o si restaurasse pia tardi sull’anfico modello, una cosa ap- parisce pur certa, ed e die il presente Corpo decurio- nale di Torino rende per assai lati 1’ immagine della curia romana sotto i primi imperatori. II sistema che or regna, venne sancito nel 1767 dal re Carlo Emma- isuele m (1). L’Ordine o Corpo decurionale e composto di sessanla decurioni, divisi in due classi. I trenta della prima classe vengono scelli tra i nobili piii qualificati o per nascita o per dignita o per antico vassallaggio. I trenta della seconda si eleggono tra gli altri vas- salli e migliori cittadini, tra gli avvocati e i negozianti di miglior credito. I principali uticj deU’amministra- zione civica vengono sostenuti da Decurioni. Questi uficj sono, di Sindaco (uno per classe), di Mastro di ragione, di Ragionieri, Cliiavarj, Archivista, Avvocato cSegretario. II Consiglio generate della Citta si compone di tutti i decurioni, e, quando e adunato, rappresenta 1’intero corpo di Citta, ossia l’Ordine (2). (1) (f Colla riserva, sulle rapprescntanze de’ Decurioni o sulle notizie die altriiucnli a lui pervenissero, di slabiltre nuove rrgole, all’oggetto somprc di vioppiu accertare il vantaggioso maneggio della eitlii ed il puhblico bone (2) a 11 Consiglio generale della Cittfi si raduna stabilmente Ire volte all’anno, I'ultimo giorno ileH’aprile, dell’agoslo e del dicembre. Esso ba l’autorith omni- ntoda nelle cose eoncernenti il pubblico maneggio, con la libera ed assoluta amrainistrazione di tutti i fondi, effetti, rendite e ragioni della CittH. Il Consiglio INSTITUZIONI MUNICIPALI ECC. 59 Da cliversi rami provengono le entrate della cilia, j pid riguardevoli sono i mulini, perocche la citta ha i! diritto della macinatura, detto francescamente banalita, non solo dentro le mura ma eziandio per tutto il terri- torio; vengono appresso le case ch’ella possiede e gli edificj de’Maeelli. Le sue uscile sono senza numero: porremo tra le principali la dole della Cassa de’ censi e prestiti, il mantenimenlo delle strade del territorio, le scuole comunali primarie, ecc. ecc. Gli Statuti e Privilegi della cilia di Torino vennero di recente pubblieati dal conte Federico Selopis con una dolta prefazione (1). 11 codice di questi Statuli lenevasi altre volte esposlo ai pubblici sguardi nel generate elegge i nuovi Decurionl sulla proposla presentata dai Chiavarj. dT- pendono dall’elezione del Consiglio generale tutti gli uficj decurionali, compreso il supremo de’Sindad. Dal Consiglio generate vengono pure eletti nmi gl’impier gati subalterni della Citth: spetta ad es.so il decretare le rappresentanze da farsi al Re in nome della Citta per mezzo de’Sindaci. a Non polendo n6 dovendo il Consiglio generate radunarsi pel maneggiu delle cose giornaliere ed ovvie della CitUi, I’autorita per queste viene confe* rita ad una congregazione particolare, la quale si rauna almeno una volta al mese, ed 6 legittima medianle 1’inlervenlo di diciassetle de'soggetti che la compongono. Si riferisce alia Congregazione tutto cio cbe giksiastato discusso o deliberato nella Ragioneria per essere da quella approvato o risoluto. o La Ragioneria dee radunarsi una volta per setlimana, ed ha particolare ispezione sul governo economico della citth, sulla tassa delle liste de’conti degli operai, sulla formazione ed osservanza del bilancio, sul buon governo dei con- labili, ed in somma su tutte le cose da sottoporsi all’ approvazione o delibe- razione della Congregazione o del Consiglio generate ». S. C. (I) Staluta et Privilegia Cii’itatis Taiirinensis, ecc., come a pag. 37. Privilegi a, dice il cbiarissimo editore, et Staluta quae nunc primum in lucem edimus, eo maioris momenti sunt quod, quum Augusta Tauvinorwn princi- pum sedes plerumqtie fuerit, pracslantissima ilia habebanlur. Nec raro ac- cidit, ut gravtssima negolia quae universam suba/pinarn regionem spectarenf, a pud municipii Tatuinensis Ordincm agerenlur. $0 CAPITOLO SESTO vestibolo del palazzo di Citta, e perche era aftisso ad uno scanno con una catena, cliiamavasi il Libro clellci catena. La quale pubblica e conlinua esposizione delle leggi municipali, durata sino agli ultimi anni dello scorso se- colo, era bella testimonianza del senno de’nostri mag- giori (1). L’amministrazione del debito della Citta e commessa alia Cassa de’censi e prestiti (2). — « Nei secoli xm e xiv molte citta libere d’ Italia dovettero recarsi all’ obbedienza de’sovrani, entro alio stato de’quali era rinchiuso il breve lor territorio; ma conservaronoperprivilegio le loro inslituzioni municipali e la ragione di proporre alia scelta del principe il gen- tiluomo da eleggersi in podesta; il quale nelle terre suddite pigliava poi il nome di Yicario » (5). A quell’epoca sembra risalire l’instituzione del Vica- riato in Torino (4). L’uflizio di Yicario e quello di So- (1) Optimo sane consi/io, si exinde dignoscerent does, leges omnibus obviam esse deberc, et ad eas, veluli ad lutissimum praesidium aditum cuique Uberrime palere. Ivi. (2) Nel 1795 il Consiglio generate stabili una cassa separata dal rimanente dell’amministrazione della Citlh col nome di Cassa de’censi e prestiti, fidata alia soprantendenza di sei Decurioni a cio deputati, oltre ai due Sindaci e al Mastro di ragione. Essa 6 incaricata esclusivamente dell’amministrazione del debito della Cittk. Pubblica ogni anno uno specchio delle sue operazioni. A tutela di questa furono specialmente ipotccati (litti gl’immobili, diritti ed effetti della Cilik. I limiti, le regole e la durata delle sue incumbenze sono contenuti nell’ordmnfo del suo ristalnlimenlo, fatto di pubblica ragione con manifesto della Cittk I.° settembre 1816. S. C. (3) Cibrario, c. S. (4) Nel 1235 era Podestk di Torino Roberto de Guiolardis, e v’era Yicario |>er Federico II, imperatore e re di Sicilia, Pietro di Brayda. Nel 1285 v’era Vicario pel conte di Savoia, Guglielmo di Viriaco, ed era Sindaco di Torino un Galvagno. Monum. Hist, pal., tom. l. INSTITUZIONI MUNICIPAL! ECC. 6i prantendente della politica, ch’erano clivisi, furono uniti insieme coll’ eclitto 19 dicembre 1687. E il Vicariato in Torino una magistratura coniplessa, die sostiene uflcj giudiciarj, di polizia municipale ed amministrativi (1). Servono all’esercizio della polizia municipale 26 guar- die civiclie, 12 arcieri, 8 guardie campestri. Carcere dipendente dal Vicariato sono le Torri. L’edilita era una bella instituzione di Roma antica. I magi strati romani, delti Ediii da aedes, edificio, aveano in cura i templi, i bagni, i portici, gli acquidolti, le cloache c le strade della citta. L’abbellimento di Roma era il loro principale uficio, al quale ne aggiungevano (1) «ll Vicario soprantendente generale di politica e pulizia 6 nominato ad Ogni biennio dal Re, sulla rosa o pro]>osta di tre Decurioni di prima classe, formata dal Consiglio generale della Citth. Compongono inollre 1’uficio del Vicariato un Luogotenente Vicario, tre Assessor!, tin Segretario capo, quattro Commissarj cd un proporzionato numero di altri impiegati. « Nell’esercizio della giurisdizione civile il Vicario coriosce delle contro¬ versy che possono insorgere relativamente ai commestibili che sogliono ven¬ ders’! al minuto, per le legna c carbone, pe’contratti di mattoni ed altri malc- riali destinati alia costruzione delle fabbriche, c intorno ai congedi e salarj dei servitori, serve e nutrici, e alia mercede de'giornalieri. Nell’esercizio della giurisdizione criminale conosce dei delilti di truCfe e furli semplici, contro gli oziosi, vagabond’! e mendicanti validi, e per le contravvenzioni ai bandi campesLri ed alle disposizioni dei varj manifesti del suo ulicio, interessanti la polizia municipale. « Le attribuzioni di pulizia municipale annesse all’ uficio del Vicariato hanno per oggetlo di promuovere 1’osservanza degli ordini concernenti la re- ligione, il buon costume, la salubrity, l’abbondanza e il discreto prezzo dei viveri; la tranquillity e sicurezza dei ciltadini ; la sicurezza e nettezza delle piazze e vie pubblicbe; la solidity e l’abbellimento nelle costruzioni delle fab¬ briche; I’ispezione delle persone e dei locali, dei pubblici negozj ed esercizj. u Per la parte amministrativa sono albdate all’uficio del Vicariato per la citty, borgbi e territorio di Torino, tutte le giurisdizioni e facolty altribuile agli Intendenti delle provincic, trannc qualunque ingerenza neil'amministra- zione della Citty p. S. C. CAPITOLO SESTO 62 molti altri, spettanti lie’ nostri giorni a cib die cliia- miarn polizia. L’abbellimento di Torino e l’unico uficio del Consiglio degli Edili, qui instiluito nel 1822, e fatto succedere al Congresso di architettura fondato nel J773 (1). Apparticne alia Cittii Tunica Cassa di risparmj clie siavi mai stata e siavi ora in Torino. Essa venne fon- data nel 1827, ampliata nel 1856, riformata nel 1840. Ecco il prospetto delle sue operazioni dal l.° di giu- gno 1859 a tutto il maggio del 1840 (2). (1) « ll Consiglio degli Edili si compone del Vicario, dei due Sindaci edi due altri Decurioni della Citty, del primo architetto di S. M., del professore di architettura civile della regia University degli studj, d’ un ispettore del Ge- nio civile e di tre architetti. Tutti gli oggetti che riguardano l’allineamenlo delle contrade, gl’ ingrandimenti ed abhellimenti interni ed esterni della citty, sobborghi, o loro vicinanze, o venga chiesto dal Re il parere del Con¬ siglio, o debba questo spiegarsi ad istanza di coloro i quali desiderano fare innovazioni a tali oggetti relative, debbono cssere sottoposti alle deliberazioni del Consiglio. « Un Congresso d’architettura del Consiglio degli Edili , tratlo da alcuni dei membri del medesimo, stabilisce sugli oggetti che riguardano sempli- cemente la perizia nell’arcbitettura csteriore di qualche edifizio od il modu d’ eseguimento di qualche determinazione del Consiglio. « Spetta all’uficio del Vicariato il far osservarc le deliberazioni del Con¬ siglio ». S. C. (2) (i Ogni abilatore della citlk o del territorio puo, in qualunque giorno, depositare in quesla cassa sonime non minori di una lira, nd maggiori di lire duemila. Sulle somme depositate e che arrivino almeno a 5 lire, viene corrisposto di semestre in semestre 1’ interesse in ragione del tre per cento all'anno, cominciando dal primo del mese successivo a quello in cui venne fatto il deposilo. U’interesse non riscosso si unisce al capitale, e frutla al pari di questo. Ogni somma eccedente le L. 2000 per ciascun deposilore resta infrultifera. Fuori dell’ interesse, non si fanno rimborsi parziali, minori di cinque lire. Per soinme non maggiori di L. 20, i rimborsi si fanno all’atto della dimanda: da L. 20 a I.. 300, la dimanda dee precedere di otto giorni, e per somme maggiori ci vuole 1’ intervallo di giorni quindici. I rimborsi si INSTITUZIONI MUNICIPAL I ECC. 63 OPERAZIOKTI 33SMA CASSA DI RT3PARMJ dal I.o di giugno 1839 a tutto maggio IS40 Somme depositate.L. 550,755 Quantita dei depositi.» i ,92o Nuovi deponenti.» 575 Somme limborsate.» 215,224 Quanlila delle rimborsazioni .» 1,174 Nel 1667 in lutle le strade di Parigi si posero lan¬ terne con candele accese; il die par?e si riguardevol novita die il governo fece coniare ana medaglia in quclla occasions. La pubblica e regolarc illuminazione di Lon- dra non ebbe principio cite nel 1736. Quclla di Torino incomincio nel 1675. Essa era fatta con lanterne di tela cerala accese a olio per tutta la nolle in tutti i crocicclii. Ne sostenevano la spesa, parte la Cilia, parle i padroni delle case. Nel 1691 si collocarono i bracci di ferro a sostegno delle lanterne. Nel 1727 si diede I’illuminazione in appalto, e un regio edilto statui pene ai rompitori delle lanterne. Per tutto il 1735, anno, a quanto sembra, di carestia, si tralascio d’illuminare lc strade, e la pecunia a cio assegnata fu rivolta in soc- corso de’poveri. Nel 1782 si adotto il sistema d’illu- minazione che dura all’incirca lo stesso tuttora, benclie riformato e migliorato nel 1826. Per le spese di man- fanno nel lunedl e nel giovedi d’ogni settimann, quanilo non sienn festi\i. Nessuna spesa C a carico del depositore, ncmmeno quella del libretto die a ciascuno di essi vien consegnato. Il libretto porta un numero d’ordine cor- vispondente al registro della cassa, sill quale sono scritti il nome del deposi¬ tore ed altri cenni che servano a contraddistinguerlo. Nessuno pud avere piu d'un libretto ». S. C. 64 CAPITOLO SESTO tenimento s’impose un clazio di consume sulla paglia e sul fieno. Presentemente Torino e illuminata da 481 lanterne ad olio che ardono tutta quanta la notte dalla sera al mattino, risplenda o non risplenda la luna. Questa illu- minazione e a carico della Cilia la quale riscuote il dazio predetto: importa la spesa annua di lire setlan tamila o circa. Ventotto illuminatori nello spazio di venli minuti accendono tutte le lanterne. Nelle sere della vigilia e della festa della SS. An- nunziata, della SS. Sindone e della Nativita di M. V., s’illuminano i palazzi reali ed i pubblici edifizj: i cit- tadini volontariamente mettono lumi ai balconi ed alle finestre delle case ove dimorano. Le strade della citta non sono ancora illuminate col gaz, quantunque un grandioso stabilimento del gaz gia liorisca in Torino. II che avviene od e avvenuto an- clie in altre capitali, queste grandi mutazioni non ope- randosi quasi mai ad un tratto. Ma col gaz e gia illumi- nato gran numero di bolteghe e di atrii, e la vivida luce die n’esce si sparge pure sulle vie cittadine. Attestano il progresso della civilta le cure de’magi- skrati per reprimere gli accidenti sinistri o per dirni- nuirne il danno. Sin dal 1668 la Citta di Torino provvide per lo spegnimento degl’ incendj. Essa nel 1697 fece venire tre siringhe o specie di trombe da Ginevra, dalle Fiandre e dalla Germania (1). Ai facchini e ai brenta- (I) Gli atti sincroni dicono siringhe, e questo era il vero termine tecnico ile’sifoni o specie di trombe che si usavano allora contro gl’ incendj. Beckmann c'insegna cbe nel 1518 v’erano in Augusta certe macchine adoperate a spegnere Pincendio, le quali si chiamavano « stromenti da fuoco, o siringhe d’acqua ». Le prime trombe portatili(powpes porta tires), mentovate in Francia, sono del 1699, INSTITUZIONI MUNICIPALI ECC. 65 tori s’impose l’obbligo di accorrere a portar acqua ove si manifestasser le fiamme (1678), e merce di alcune esenzioni si ottenne (1725) che falegnami e muratori dovessero porgervi l’opera loro. Nel 1751 il servigio delle trombe fu regolarmente stabilito, ed aumentato il numero di esse, distribuite in varj punti della citta. Nel 1785 i soldati di artiglieria presero ad accorrere agli incendj. Il piccol numero di questi disastri alquanto memorabili, avvenuti dal 1716 in poi, dimostrano che quei provvedimenti non mancavano d’ efficacia (1). Ma conveniva opporre agl’incendj un piii forte ordina- mento, corrispondente a quelli che oggigiorno sussistono nelle capitali piii ingentilite. Onde nel 1824 venne formata la presente Compagnia di Operaj-guardie del fuoco. Que- sta Compagnia, il suo buon regolamento, l’assistenza che prestano all’uopo i soldati della guernigione, il numero delle trombe in servigio e d’ altri arnesi opportuni, e il vigile intervento delle autorita fanno si che ora gli incendj, appeua manifestati, vengono spenti o repressi, od almeno sempre impediti di stendere in lontano i lor guasti (2). (1) Incendj alquanto memorabili, seguiti in Torino dal principio dello scorso secolo a questa parte: 1716—Una delle quattro torri del Castello. 1725—Palazzo della Zecca. 1786—Teatro Carignano (la mattina del giorno delle Ceneri ). 1816— Palazzo del R.Parco. 1817— Palazzo della Citta. 1821—Palazzo detto del Ciablese. 1828—Teatro Sutera (il giorno dopo qnello delle Ceneri ). 1840—Albergo della Dogana vecchia, la notte dal 13 al 14 gennaio. (2) « La Compagnia degli Operai-guardie del fuoco 6 composta di 50 uomini arredati in modo uniforme, e pagati dalla Citta. Hanno caserma nel 66 CAPITOLO SESTO Ma perclie taceremmo la presenza del Re Carlo Al¬ berto ad ogni incendio torinese di qualche gravezza? (1). palazzo civico, ed in essa undid di loro passan la notte. Vi sono inoltre due posti di guardia permanent, l’uno nel detto palazzo, e l’altro ncl R. castello sulla piazza di questo nome. « In virtu del regolamento del 1786, la guernigione somministra , qual terzo serviente negli incendj, 300 uomini della R. truppa, i quali sono gior- nalmente comandati in abito di fatica per questo servizio. Ed un tal numero si raddoppia o si triplica secondo i bisogni. Sono tenuti di accorrere all’in- cendio i brentalori e gli spazzacamini. Tutti dipendono dal Comandante della Compagnia. « Diciassette sono le trombe o pompe disponibili: 6 del Re, 3 del R. Ar- senale, 8 della CittA; oltre a quelle che stanno in ciascuno de’ teatri. Spet- tano pure alia Citlk diverse specie di nuove scale e maccbine, le quali rie- scono di gran sussidio in que’ frangenti, e servono a salvare persone e robe di mezzo alle fiamme ». S. C. (I) Per V incendio avvenulo in Torino la nolle dal 13 al 14 gennaio 1840 VERSI Alta notte invernal le torri ammanta E i templi e gli archi alia cittA che giace JSel sonno immersa, e di silenzio cinta. Ma repente, ahi’sciagura! ecco il nottumo Orror vien lotto da pin orrenda luce. Ferve 1’ incendio; vorticosa fiamma Al ciel s’avventa, e di faville un nembo Sopra a’ tetti propinqui si diffonde. Sulle penne dell’Anstro il turbo ignito Vola, e s’allarga, e con funerea vampa Reca a’lontani albergbi la minaccia. Freddo glacial, qual sotto 1’Orse e il Polo, Assidera le membra, e l’opre allenta, E in massa inerte cangia e stringe l’onda Indirizzata asoverchiar la fiamma. Con lugubri rintocchi i sacri bronzi Suonan 1’ incendio, e al lor fragor son miste Le grida di spavento, e gli urli e i pianti Ui madri e spose e d’egri vecclii, e il gemito INSTITUZIONI MUNICIPALI ECC. 67 Due sono in Torino le Compagnie d’assicurazione contra i danni dell’ incendio; 1’ una prende nome di Societd Reale d'assicurazione generate e mutual l’altra di Compagnia anonima di assicurazione a premio fisso. Amendue assicurano per tutti i RR. Stati, e risarciscono i danni degli assicurati, punlualmente, con istantanea prontezza. La prima venne fondata il 13 di gennaio 1829, la seconda il 5 di gennaio 1833. Ne dee tacersi Di pargoletti che dal fumo estinta Temon lor vita pria che il fior ne spunti. Tutto 6 angoscia e terror, lutto e rovina, E l'angiol, che a Torino in guardia veglia, Sembra i vanni spiegar per darla in braccio Al rio destin delle cittk percosse Dallo sdegno di Dio. — Ma chi s’avanza Proteggitor d’un popolo fedele ? Chi si mcsce tra i vampi, e 1’ ire afFronta Del foco struggitor ? Chi sale e scende Le anguste scale, e i mesti anditi scorre Fra le travi cadenti, e il piover lungo Di fumanti rottami, e il croscio e il crollo De’cedenti soffilti? Oh! chi ne’petti Pin travagliati lena infonde e spirto, Mette ardir ne’eodardi, ed a stupenda Faticante baldanza i forti accende, Si che vinto e il furor degli elementi, E Vulcan la sua possa inutil prova? Egli 6 il tuo Re, hella Torino, il giusto, ll prode, il pio tuo Re. Mandagli un inno, Di santo affetto, o mia cittade, un inno Che dall’AIpe rimhombi al doppio mare. Io con quest’occhi in si bell’opra, io il vidi Sfidante il gel, la notte, il vento e il foco, Col Prence a lato che il gran Padre imita, Ed esclamai : questi e de’ Re l’esempio; tngrato il cor che non gli rende amore! D. D. 68 CAPITOLO SESTO che sin dal 1775 si pubblicava colle stampe un Pro- gramma di Societa generale di assicurazione contro gVin¬ tendj in Torino e provincie de’ RR. Stati. Se incarnato sen fosse allora il disegno, sarebbe essa stata la prima di quel genere in Italia, e forse anche sul continente. CAPITOLO VII CONSUMO, MERC ATI, MACELLI, C1MITERJ Torino e l’emporio del Piemonte. Onde per essa, come in generale per tutte le citta poste nella condizione medesima, e d’uopo rinunziare all’idea di determinare con esaltezza il consume di quelle merci e derrate le quali essendo ad un tempo stesso oggetti d’ importazione e d’asportazione, o nulla pagano all’entrare e all’uscire, o veramente non pagano che all’ingresso. II riso, p. e., entra in Torino e n’esce senza andar soggetto a verun balzello, a registrazione veruna. Esso viene dal Vercel- lese, dal Novarcse, dalla Lomellina, eda Torinosi diffonde in altre provincie del Piemonte o trapassa in Savoia. Tulta quest’importazione ed asportazione appartiene al 70 CAPITOLO SETTIMO commercio private, grande, piccoloe minuto, snddiviso in maniquasi infinite; onde chi volcssericavarne quella parte die ne rimane pel consumo di Torino, durerebbe improbissima fatica, senza venirne a capo se non per approssimazionelontana. Lo stesso dicasi delle drogherie e spezierie, dei pannilani e dei pannilini, delle stoffe di co¬ tone, de’metalli, delle minuterie, ecc. ecc., benclie sieno merci e derrate che pagan dogana quando vengono da paese straniero, e pagano la tassa commerciale quando vengono in certa quantita dall’interno. A tal che quan- tunque si sappia che la dogana di Torino frutta circa cinque milioni annui di lire alio Stato, e che la tassa commerciale ne frutta circa novantamila, nondimeno diflicilissimo, se non impossible, riesce lo stabilire quanto n’esca per ispargersi nelle provincie, e quanto ve ne rimanga pel consumo della citta. Le uova, il pollame, la selvaggina, le civaje, le ortaglie, il latte, le frutta ecc. ecc., s’importano e non s’aspor- tano, e servono quindi meramente al consumo. E non pertanto anclie questi capi, suddivisi all’infinito nel com¬ mercio a ritaglio, e non soggetti a tassa o registrazione veruna, si ricusano all’accuratezza dei computi. Laonde noi, lasciando in disparte Yincerto , non reclie- remo che il certo, contenuto nello specchio seguente, fatto d’ulicio (1). (I) L’esclusivo diritto della macinatura, di cui gode la CittSi di Torino, oi lia permesso di riportare esatte le quantity numeriche de’ cercali consumati. Le altre quantity sono ricavate dai libri del dazio, e sono esatte esse pure. Una sola eccezione dee farsi per lo spirito di vino che forma la maggior parte della cifra in cui 6 compreso. Esso serve a fabbricare i rosolj pei quali Torino 6 rinomata, e de’ quali gran copia s’ esporta. Perilchfi quella cifra esprime la quantity introdotta, non la consumata. CONSUMO, MERCATI, MACELLI, CIMITERJ 71 CONSUMO DELLA GUTA’ NEL 1839(0 Cereal i 'Frumento . Grano misto Gran turco Sacchi 252,550 4,717 Miglio Animali Foraggi Bevande spi- ritose. . r . » . . » 57,423 . . » 51 Buoi e tori. N.° 2,60(F Vacche ....... » 855 Vitelli e giovenche . » 25,841 Majali.» 2,256 Montoni e pecore . . » 8,484 Agnelletti e capretti . » 25,875, Miriagr. 616,759 » 95,891 » 1,014,019/ » 422,251 . Emine 171,055 . Brente 472,065 j Legna . . Combustibili | Carboue { Fieno . . Paglia . . Vena . , 'Vino . . Spirito di vino, di ciliegie, rosolj, liquori .... b 2,610 Birra. » 7,750y Olio. Quint, metr. 10,591, 66 Pesce di mare .... » 2,075, 24 Sale.. •> 85,000 Tabacco. » 12,500 In queste quantity non 6 compreso il consumo del territo- rio. (I) Per la corrispondenza delie mlsure torinesi alle misiire metriche, vedij a suo luogo, la tavola Pesi e Misiire, 72 CAPITOLO SETTIMO Molte citta,per ogni altro verso nitide e belle, veggono tuttora la sozzura delle beccherie od almeno la vendita delle sanguinolenli carni nelle loro strade anche piu frequenti ed adorne. Torino n’ e alfatto disgorabra, ed i macelli vi sono confinati in liioghi post! alle estreme sue parti, dentro edilizj fabbricati a tal uopo dalla Citta con tutti gli accorgimenti dell’arte. Tre sono i quartieri di macelli in Torino: l’uno delto di Dora, presso porta Palazzo; l’altro di Po, presso la porta di tal nome; il terzo di Monviso, presso il convento della Madonna degli Angeli (1). L’uccisione delle beslie macellesche vi e sottratta intie- ramente alia pubblica vista; la stessa vendita delle carni, die vi si fa nell’interno, non cade punto sotto gli sguardi del passeggiere: l’acqua vi scorre per entro, e per sotter- ranei canali ne trasporta via le immondizie: l’interno loro regolamento li mantienenel migliorestato di depurazione. Evvi in ciascuno di essi pel macello di buoi, tori e vacclie, un luogo distinto da quello dei vitelli per impedire ogni frodolenta permutazione. E notevole la ghiacciaia che liavvi in ciascuno di questi macelli per la conserva- zione delle carni; essa e come un teatro in cui ogni macellajo hail suoproprio palco, e laplatea e ripiena di ghiaccio (2). (1) Essi vennero cdificali negli anni 1826-27, ed aperli nel 1828. 1 due primi sono terminati, il terzo non 6 che temporanco, e verrli fal>- bricato espressamente come gli altri due, sul rispianalo die giace sotto il giardino pubblico, alquanto piu oltre. (2) Il numero delle beccherie particolari in questi macelli pubblici 6 il seguenle: CONSUMO, MERCATI, MACELLI, CIMITERJ 75 I mercati delle derrate alimentarie stanno ordinaria- menle nelle parti centrali delle cilta, ed ivi gli ha falti naturalmente collocare la maggior comodezza de’citta- dini clie in quelli si debbono giornalmente rifornire delle cose necessarie al lor vitto. Nondimeno quanto ingombro essi vi rechino, e quanto sueiduine e quanta calca e pressa e trambusto, non echi nol sappia. La forma di Torino e la non grande estensionc de’raggi che partono dal suo centro, ban conceduto di operate in quesln citta un’ardita innovazione clieforse in niun luogo s’in- contra. Ed e questa il trasportamento de’mercati di com- mestibili dal centro alia circonferenza, col vantaggio cite ridonda dal cessamento di quegl’inconvenienti, e senza grave incomodo de’ cittadini. La convenienza poi cite questi mercati siano riparali dall’inclemenza del tempo e delle stagioni e piii sentita generalmente cite praticata. QUARTIERI (1ft’ vitclli EECCIIER I E de’ buoi, lori e vacehe N.° lolale i OSSERYAZIONI Dora . . 23 7 30 1 Pei montoni, agnelli e ca- 1 Po . . . 12 3 15 pretti bavvi l’ammazzalojo nel quarliere diDoraed in Jlonviso 12 2 14 quello di To. Pei majali, in quello di Po. Somnia 47 12 59 | In ciascun quarticre evvi un ricevitore del teslatico, preposto dalla Cittlk; \i sono pure due portinai custodi, uno pel recinto delle beccherie de’vitelli «d altro per quello delle beslie grosse. 4 74 CAP1T0L0 SETTIMO I mercali delle derrate alimentarie in Torino sano non solo coperti, ma eziandio fabbrieati appostatamente con tulti i bisognevoli fornimenli. Uno ancora ne manca, nel quartiere del Monviso. Vi si porra inano ben presto, in nna col macelio die \ i si dee costruire. Perche la prossi- mita de’macelli ede’mercati de’commestibili e ia qnesta citta im perfezionamcnto degno di nota. i mercali dei cereali e de’legumi, del vino, delle frutta, de’combusti- bili, ecc., sono pure collocati o all’estremita dc’raggi die muovondal centro, o in luoghi vicini alie estremita e dove per la minor freqnenza della popoiazione non recano ingombro. Qucllo delle beslie bovine, degli agnelli c caprelti e de’majali, esotto nna gran tettoia nel borgo della Dora, accanto al Hume. Provvidi e saluiari regola- menti governano tulti quesli edaltreltali mercati,ne’quali si loda in generale la nettezza e il boon ordine. Solo si desidera tultora die vengaaperto un mercato dei tiori, il quale e per l’eleganza della coslruzione e per PattraUiva di questavagliissima mcrce, accresca adornezzaalla bella Torino. Una visita ai mercati torinesi, falta in sul buon mattino quando sono pin faccendosi e piii vhi, riesce opportuna e piacevole alio straniero ch’e vago di tarsi un concetto delle forme, dei lineamenti, del linguaggio, delle fogge di vestiree de’non infinti costumi del popolo minuto della citta e de’conladini de’suoi dintorni. Cola dove la Dora, abbandonando Torino di cui lia Iambi to un sobborgo, si piega a nordeste per andare a contendere col Po le alpine sue aequo, in mezzo a verdeggianti praterie siede il gran dormentorio de’To¬ rinesi. Questo Campo Santo, in cui circa quattromila spoglie ogni anno discendono, venue fondalo nel 1828, CONSUMO, MERC ATI, MACELLI, C1MITERJ 75 benedetto nel 1829 (1). La parte architettonica non n’e troppo degna di lode (2). Nondimeno I’ampiezza dello spazio, quell a immensa Croce che sorgendo nel mezzo e il parlante simbolo della Redenzione che ha vinto la Morte, que’solchi che ser te Giulielta Colbert, ll l.usto marmoreo del marchese Barolo 6 collocato nel secondo atrio interno della cappclla del Campo Santo. (2) Oltre il disegno, non certamcnte attinto all’oltima scnola, vi si nola b maneanza de’portici all’intorno. Senza portici, ove porre . monument, di prez oso lavoro? A cielo scoperto? Cosi vien fatlo pur troppo, in maneanza !li meplio. M a cbi non conos*e t’inclemenza delle stagion. in un paese posto ,-piedi’ dell'Alpi? A cio porrh riparola nuova agg.unta che M »ta prepa.ando. 76 CAPITOLO SETTIMO vostr’anima, ridottasi in calma, sara percossa,dalla voce ehe s’innalza dal loro profondo. Qui il piii grande de’ maestri, il sepolcro, tiene la scuoladi verita ». I nostri giorni sono un momento, sono una foglia ehe cade; nel punto in cui crediamo la morte piii lontana da noi, forse ella spazia sol nostro capo, e brandisce la scure letale. Come una face ehe si consuma accendendosi, noi principiamo a morire nascendo. La bara e il coniine ove si fermano tutti i disegni degli uomini, ed ogni giorno della nostra vita e un passo verso la morte. Ma chi visse virtuoso, non feme la morte. Imperocche « quelli ehe dormono nella polvere della terra, si sve- glieranno: gli uni per la vita eterna, gli altri per l’ob- brobrio ». Baniele. Tra le opere di scultura sepolcrale die si veggono nel Campo Santo di Torino, parecchie sono grandiosi mo- numenli ornati di statue di naturale grandezza, come quello della marchesa di Mon forte, lavoro del Bruneri, o quello di Elisabetta Marchionni, opera del Bogliani; altre sono busti sopra plinti intagliali, o bassi rilievi con molte figure, o lapidi riccamente fregiate. Ma di tutti questi sepolcri decorati dall’arte, nessuno iuspira piii dolce piela del basso rilievo dedicato al Buniva. Questo benemerito introduttore della vaccinazione in Piemonte vi e rappresentato in atto di ricevere un bambino che una madre affettuosamente gli porge, aflinche, inne- standogli il vaccino, lo preservi dal vajuolo che si spesso viene apportatore di morte o di orribili difformita. Po- sero questo monumeuto Le Madri riconoscenti. Il carattere dell’epitafio, dice il Gherardini, e la semplicita, il candore e l’attetto. Quanto questo carat¬ tere sia di rado serbato negli epitafi comuni d’ogni CONSUMO, MERC ATI, MACELLI, CIMITERJ 77 paese, e vano ilripeterlo; ognuno conosce il proverbio francese che li fa simililudine della menzogna. Non man- cano tuttavia nel Campo Santo torinese alcune iscri- zioni in volgare, le quali serbando quel vero loro ca- rattere, vi pungono il cuore e v’invogliano al pianto pei tristi casi che narrano. Alcune allre sono modello di elegante e forbita elocuzione latina. Le fecc il prof. Carlo Boucheron, il cui monumento gia scolpito per cura de’suoi scolari ed amici, sorgera fra non molto in questa temporanea dimora de’morti, ov’egli, or son due anni, lagrimato scendeva ad aspettarvi che le sue ceneri siano un giorno vivificate da Dio (1). (t) Riportiamo qui due epitali scrilti dal Boucheron, perchfi contengono i[ verissimo elogio di due illustri Piemontesi. Nella nicchia della sepoltura privala 9 H . S . E . Franciscus . Andreas . Bonelli . Doino . Cunco . In . If Alhenneo . Professor . If . Scient . Acad . Sodalis . Qui . Suopte . Ingenio Ad . Sliulia . Iferum . Nalnralinm . Cotwersus . Animanlimn . Historianc Praesertim . Exco/uit . Quadrupedum . Tfepfanlium . Pisciwn . Avium Complura . Genera . Dcscripsil . Quorundam . Etiani . Tenuiorum . Struclu- ram . Veleribus . Ignoratam . Primus . Omnium . Vidit . hem . In . Aca- demiae . Chalcidico . Museum . Sic . Digessit . Ut . In . Naturae . Opificio Nondum . Animadversas . Partium . Inter . Se . Eationes . Oslenderet Vir . Singularis . Plane . Acuminis . Et . Induslriae . Qui . In . Pusi/lo Corpore . Eminenli . Animo . Voluplaleni . In , Lahore . Vilam . In . Vi- gilia . Ponerct . Eo . Memorahilior . Quod . Parta . Nominis . Fama. Cum . Permulta . Ornamenta . Ah . Extends . Ei . Essent . Proposita Ipse . In . Augusta . Re . Domeslicis . Ilonoribus . Contentus . Nullis Unquam . Condilionibus . Se . A . Suis Civibus . Divelli . Passus . Est . In Coniugis . Et . Liberorum . Complexu . Sancte . Decessit . XV . Kal . Ian An . M , DCCC • XXX . Aetalis . Suae . XLV. Nella nicchia della sepoltura privata II Il . S , E . losephus . Bagetti . Eq . Maurit , El . Old . Sab . hi R . Acad . Milit , Prof . R . Bonarum . Arlium . Acad . Sodalis . Quo 78 CAPITOLO SETTIMO II Campo Santo di Torino occupa l’area di metri quadrati 114,629 (1). Oltre ii Campo Santo, rimane aperto il Cimitero di 'Nemo . Melius . Begionum . Varie tales . Aerem . Nimbos . Ft . Flumimmi Vapores . A quails . Coloribus . Depinxit . Idem . Arlificii . Prestantia . El Celeritale . Manus . Enituit . Nec . Minus . Scienter . Pulverulenlas . So- litudines . Ardor thus . Exustas . Quam . Egelidos . Lacus . El . Silvosos Montium . Becessus . Cum . Salientium . Erroribus . Express'll . Lutetian! Ineunte . Seculo . Accitus . Illuslriores . Aevi , Sui . Pngnas . Caplo , Lo‘ corum . Prospeclu . Exhibuit . Tanta . Eridentia . Ul . Spaliis . Leni . Peni- cillo . Distinctis . Fumidos • Tormeiilorwn . Ignes . Caslrorwn . Metationes Varioscpic . Proelianliuni . Discursus . Oculis . Subiicerel . Tam . Senex Propagala • Ncminis . Faina . De . Arte . Scripsit . Patriam . Et . Suos Posthabilis . Exlernorwn . Invilamenlis . Unice . Adamavit . Musicae . Quam Uptime . Calluit . In . Primis . hululsit . Simplicilalis . Sliuliosus . Ine- ptias . Delicatioris . Vitae . Conlempsit . El . Argulam . Amicorwn . Ilila- ritalem , Siimptuosis . Volnptatibus . Anlcposuit . Bepenlino . Fato . Ereptus Omnibus . Lacrimabilis . Decessit . m • Kal , Mai . An . M . DCCC XXXI . Aetat . suae . LXVI . Christina . Galeanis , Coniux . Dolori , Fe¬ licia . Moerens . Posui. Del rimanente, veili la Raccolta delle iscrizioni sepolcrali esislenti nel Campo Santo e Cenolaji di Torino. Torino, 1837-38. (I) Ag-giungiamo alcuni cenni statist!ci: Prezzo di una sejioltura, ciod : visita del cadavere fatla dal chirurgo pre- poslo dalla CittA alia salute pubblica — fornimento del feretro — mer- cede dei sotterratori —scavamento della fossa — sotterramento, tutto compreso, . ..L. 10. Prezzo di un htogo di sepoltura privata,.. . L. 60, Prezzo di una sepoltura privata in propriety, capace di 18 feretri, com¬ preso pure in propriety il nicchione corrispondente, . . . L. 600. Dall’apertura del Campo Santo, avvenuta il 5 novembre 1829, sino a tutto il maggio 1840, vi si scavarono 39,670 fosse. Il maggior numero di esse fu nel 1837, in cui salirono a 4,315. Ma dal numero delle fusse del Campo Santo non si puo inferire al giusto la mortality di Torino, perch6 molli vengono seppelliti allrove, come appresso diremo, e molti vi si tumulavano •del Territorio, le cui parrocchie ora sono tutte fornite di un cimitero. CONSUMO, MERC ATI, MACELLI, CIMITER.T r S. Pietro in Vincoli, detlo volgarmenle di S. Pier de’Ca- \ oli net borgo della Dora. E un edifizio di soda archi- tettura, con un cortile circondato da portici, solto a’ quali non mancano lapidi sepolerali e qualche monu- mento. Esso rimane aperto, abbiam detto, ma solo ad uso esclusivo di alcune famiglie, die vi hanno tombe pri¬ vate. Nell’antico cimiterio di S. Lazzaro, detto volgar- mente della Rocca, ora ridotto a convento cle’RR. PP. Minori Riformati, sussistono tuttora alcuni monumenti sepolerali, tra’quali e notevole quello della principess'a Relloseschi moglie dell’ambasciatore di Russia (1). Un piccolo cimitero, ora interdetto, e gia ad uso deUo spedale della Carita nel borgo di Po, e ricordevole per questa iscrizione die ha in fronte QUOS DIM VIVERENT EGENOS FOVIT SUB MORTEM CONDIDIT PUB1-ICAE COMMENDAT PIETATI CIIARITAS (I) Una statua di alabastro velata vi rappresenta la Fede. ll ritrallo della principessa 6 sostenulo da due puttini. La lapide dice: Oh sentiment ! sentiment ! Donee vie tie l’time, Quel est le cocnr que tu n a jamais louche? Quel est l’infortune mortel it qui tu n a jamais tlonne Le doux plaisir de repantlre des larmes , Et quelle est peut-etre l'time impitoyahle Qui a l aspect de ce monument si simple cl si pieur, Ne se recueille avec melanco/ie, Et ne partlonnc genereusement ytux dtfattls tin malheurcux epouv qui /’a eleve ? 80 CAPITOLO SETTIMO L’insalubre uso di sotterrar nolle cliiese vcnne ab- bandonato in Torino sin dal 1777. Per religiosa ecce- zione, i canonici, i curati, i frati e le monache ban t.nmulo ancora nel convento o nella chiesaloro: Ira gli antichi fendatarj, molli dopo morte vengono trasportati a seppellire ne’loro castelli. Gli Ebrei lianno un cimitero lor proprio lungo il Po nella regione di Vanchiglia. Quando il Campo Santo di Torino avra ricevuto l’am- piiazione gia divisata, i monumenti vi si moltipliche- ranno con non minor rapidita clie decoro. V amore delle arti si vien sempre pin propagando nelle nostre contrade, e il pietoso adornamento delle tombe e di- ventato un desiderio comune (1). (I) Prospetto dell’aggiunla da farsi al Campo Santo: Ampliazione, giornale 13 !|2, melri quadrati 59,483. Lunghezza, metri 338. Larghezza 176. Forma di un paralellogramma, i cui quattro lati son cmo* nati ciascmio di un’abside. Sepolture sotto i porticati.N.° 264 Kicchioni sotlo i porticati laterali.» 16 Sotto ii porticalo laterale d’ iugresso, arcatc a tcrgo delle due gallerie.» 56 Edicole.» 17 *353 Luoghi |ier cippi negli angoli delle edicole, ad uso di passaggio.» 16 Totale num. di sepolture al coperto . . . . » 369 Sepolture alio scoperto .» 260 Locale pei niorli dello spedale Maggiore; pei bambini non battezzati; per gli acoaltolici; pei suicidi. Boschetto di ornamenlo esteriore. Tcmpio di forma tonda per le tombe degli liomini illustri. L’ingrandimento service unicameute alle sepolture private, per !c quali il numero delle richieste cresce ogni giorno. CAPITOLO VIII EDIFIZJ E MONUMENT! ( jitta de’ Taurini al tempo di Annibale, poi Colonia Romans, poi Dncato Longobardo, indi Comitalo, indi Repubblichetta relultante a’suoi principi., era Torino nel 1335 una citla mollo piccola, rappresenlata all’iu- circa dalla presente parte vecchia, ove anguste e spesso torte sono le strade minori (1). I principi d’Acaja, signori del Piemonte sotto 1’alto (O Vcdi le no l isle di Torino nel 1335, del car, Luigi C'l’i’tirio. "4 CAPITOLO OTTAVO 82 dorainio tie’ Conti di Savoja lor consanguinei, soggior- narono temporaneamente in Torino; ma narra il Cibrario die vi pigliavano stanza nell’albergo di Giovanni di Po- rentrui (1). Ludovico, ultimo di que’Principi, mori in Torino nel 1418 , e Amedeo vm , primo Duca di Savoja, riuni il principato di Piemonte a’ suoi Stati. Ma sotto Ame¬ deo vm, sotto Ludovico, suo figlio e successore, sotto Amedeo ix e sotto Filiberto i, la sede cle’Duehi di Savoja era tuttorain Ciamberi, di la dalle Alpi. Carlo i die sposo Bianca di Monferrato, e conquisto quasi intero il mar- cliesato di Saluzzo, soggiorno piii a lungo, anzi pose dimora ne’suoi stati d’Italia. L’unico Ligliuolo, Carlo i, ch’ egli ebbe da Bianca, nacquein Torino, e fu il primo dei nostri principi che sortisse i natali in questa citta. Carlo i mori immaturamenle; Carlo ii era bambino quando gli succedette (1490). Fu d’uopo instituire una reggenza ch’era contesa da’ Principi prozii, e dalla Du- cliessa vedova. A Bianca, come italiana, aderivano i ba- roni del Piemonte. Ella fu reggente, e stabili la sede del Sovrano in Torino, e vi ricevetle Carlo vm, la cui calata in (I) « ]1 ramo della R. Casa, clistinto col litolo di Principi d’Acaja, signo- reggio dal 1295 al 1418 una parte del Piemonte, da Rivoli sino al Po e sino alia Macra, liniite allora del marchesato di Saluzzo, comprese le cittAdi Torino, Pinerolo e Carignano, cui s’aggiunse quella di Savigliano nel 1320. Abitavan© *jue’Principi spesso in Torino, benche tenessero la lor sede in Pinerolo. Al lor tempo, cio6 verso il fine del secolo xiv, s’ innalzo in Torino l’alta e svelta torre, fregiata di un toro in cima , ed a mezzo d’ un orologio pubblico dei primi vedutisi nelle cittSi italiane, la quale fu poi demolita sul principiare di •juesto secolo per maggiore regolaritii della strada di Dora grossa, dove spor- geva alquanto o. Notiz. di Geogr. pair. Gli avanzi degli edifizj de’Principi d’Acaja, che si veggon luttora in Pinerolo ed in Rivoli, attestano I'architettura del secolo decimoquarto, e si distinguono per certi ornati in terra cotta, di. (jualche buon gusto. EDIFIZ.J E MONUMENTI Italia fn cagione cli tante successive sventure a queste penisola cli’era allora nel suo massimo liore (1). Carlo ii mori fanciullo (1496). Filippo n, clie gli succede, ienne la sua corte con raolto splendore in Torino (2). Filiberto n, die venne al trono clopo di lui (1497), accolse con grandi onori in Torino il re francese Luigi xn. Fesle straordinarie, nel regnare di Carlo hi, celcbrarono in questa cilia le nozze di Fill- berta di Savoia con Giuliano de’ Medici (1515); i due (1) « I Principi della Casa cli Savoia, nali ed allevati prcssoche lutti, ss- denti pressoch^ sempre di la da’monti, poteano, sino all’ora di cite parliaino, pssere colloeati, per la lingua, le usanze,e gli affetti loro, anzi tra i princip oltrernontani, che tra gli italiani. Ma di quinci in poi essi poser® in Piemonte l’ordinaria lor scde, presero ad usare la lingua cl’ Italia, cnmpartirono eon piu eguaglianza le cariche tra i loro sudditi oltralpini e subalpini, e dive»~ nero col volger del tempo i piu illustri, i piu potenli ed i piu antichi pria*- c ipi d’ Italia, considerati di sangue italiano. « Avvennc, menlre regnava Carlo n, la famosa passata del re di Franeta* Carlo Vin in Italia per I'acquisto del reame di Napoli. La duehessa Bianca, Heggente, non solo diede libero il passaggio al re francese, cui forza nor. avea di contenderlo, ma ordino cbe in ogni terra e caslello egli fosse rice- vuto con grandi onori. Il re giunse a Torino nel settembre del 1494, ll duca ando a riscontrarlo. L’aspetto del principe fanciullo cbe gia con butm garbo cavalcava, mnsse a maraviglia e ad amore per lui i baroni di Franela> chc accompagnavano Carlo vm. L’entrata del re in cittk riusci magnifies. Carlo Vin era scarso di denari. La Duehessa reggente gl’ iinpresto le sue gioie. ll giovinetto Duca gli don6 un cavallo, clelto dal Coniines il miglior cavallo del mondo. E ben torno utile a Carlo vm il dono del suo cugino di Savoia, Per* ciocchfi all’eccellenza di questo corsiero egli ando tenuto del su» scampo nella battaglia di Fornovo cbe ridusse al nulla le celeri sue conquiste, aw risulto in molta gloria delle armi francesi ». Compendio clella sloria della B. Casa. (2) On le fit donner a sa coltr wi eclat qui Tegalait aux premieres de VEurope. Nid Due avant lui n’avait etabli des rapports suit’is aeec les puis ¬ sances elrangires: il fill le premier qui fit resider d Turin des ministres pie— nipotentiaires de Paris, de Milan, de Genes, de Florence, de Borne, de Nap¬ pies, de Venise, de /’ Allemagne meme, Frezet, Hist, de la Mais. R. de Savoi®;- CAPITOLO OTTAVO sposi vi soggiornarono piii d’un mese dopo il lor ma- trimonio. Tutto cio ci dimostra die Torino avea gran- demente profittato nel divenire la stanza de’suoi principi: ma essa era ancora tutta lontana dal poter gareggiare nolle allre cilia italiane ancliedi second’ordine. Carlo in, avvolto nelle lunglie e terribili emulazioni di Carlo v e di Francesco i, fu nel 1536 spogliato di quasi tutti i swoi stati dai Francesi, i quali presero possesso di To¬ rino e la fortificarono, facendo molle demolizioni (1). La dominazione dc’Francesi in Piemonte fu accom- pagnata da fcroci e quasi continue guerre eogl’Impe- riali, c questo bel paese divcnne il tcatro d’ogni cala¬ mity. A ristorarne il danno per Torino mal basto il solenne ingresso che vi fece Enrico n, re di Francia, succeduto (1547) a Francesco i (2). Essa era divenuta una citta piena di squallore (5). Emmanuele Filiberto, vincitore a S. Ouintino, racqui- slb gli stati aviti col trattato di Cateau-Cambresis, (1558), ma non pote rientrare in Torino se non sul finire del 1562. Questo gran principe, eroe della sua eta e rifondatore della monarchia Sabauda, fece la cittadelladi Torino, rafforzo la citta, v’institui fabbriche d’armi e di polvere, e vi fondo alcune chiese. Ma il maggior suo benelizio fu l’averla dichiarata capitale degli fO aTorino fu gih piii grande, ma i Francesi, per renderla forte, non si eurarono della grandezza ». o Era oih maggiore, ma i Francesi, per ridurla in fortezza, le tolsero i borghi ”• Bolero , Heinz, uniters. (2) « ll re Arrigo n venue in Piemonte sul principio del suo regno a ri- cevcre l’omaggio e pigliarne possesso come di stalo suo ». Danina, Sloria drll’ltal. occiil. (3) Leandro Alberti, che soriveva nel 1553, dice che per la lunga guerra fra Francesi e Cesarei, erano ruinati quasi tutti i luoghi del Piemonte. EDIFIZJ E MONUMENTI 85 Stati della R. Casa. Ne vuol tacersi cli’ egli la nobilito di uno Studio che il Mangini, in sul finir di quel secolo, gia chiamava famoso (1). Nondimeno la capitale di Emmanuel Filiberto era tul- tora una piccola e meschina cilia, se dobbiam credere al celebre Monlaigne, il quale la visitava un anno dopo la morle di quel Duca, e cost ne scriveva nel suo scor- retlo italiano:—« Turino... piccola cilia in un silo mollo aequoso, non mollo ben edilicato, ne piacevole con questo che per mezzo delle vie corra un liumicello per neltarle dallelordure (2) ». Egli cosi ne scriveva nel 1581. Ad Emmanuel Filiberto era succeduto nel 1580 Carlo Emmanuele i. Ora il Ma¬ rino che pubblicava nel 1608 il Rilratto panegirico di questo principe, cosi cantava: Giunse a piii ferma eta, ne fu men hello Del fiore il frullo, o (lell’aurora il giorno. Tanto sol basti dir, cb’emulo a qoello Cli’ara i solehi del ciel, di stelle adorno. ^1) G. A. Mangini, Geografa. (2) Voyages de Montaigne, p. 404. —E noto chc il Montaigne scrisse gran parte del suo viaggio cl' Italia in italiano. Intorno a quel passo, il Barloli, annotatore della parte italiana del Montai¬ gne nella citata edizione parigina del 1774, fa la seguente postilla:—«Dopo l’antica pianta di Torino, la quale si vede nelle opere di Andrea Tartaglia bresciano, che fiori prinia del Montagna, 6 bene che il Montagna abbia for- oiato cost sfavorevol ritratto di Torino. Impereiocche quindi si raccoglie che lo spazio ». La piazza Vittorio Emmanuele non ha forse per am- piezza emula alcuna in Europa e convien ricorrere a) Meidan Shall dell’Ispahan persiana per trovarle un con- I'ronto. Essa e tutta circondata di porlici, trannedal lato EMM AN V ELI . FILIBERTO CAROLI .111 . F. ALLOEROGVM . DVCI REX . CAROLVS . ALEERTVS PRIMVS . NEPOTVM ATAVO . FORTISSIMO VINDICI . ET . STATORI GENTIS . SVAE AN. M.DCCC.XXXVllI. La scUenlrionale dice: VICTOR . AD . AVG . VEROMANDVOR SVBALP. REGIONE IN . VIRTVTIS . PRETIVM . RECEPTA VREEM . INGREDITVR IV RE . VETER IS . PR1NCIPATVS ET . CIV1VSI . STVDIO . SVAM POPVLIS . PACEM BEDDITVRVS. XIX KAL. IAN. AN. M.D.LXlI. ll nionumenlo 6 alto in tulto metri 8, 62, cio6: basamento .... w. 0, 87 piedestallo .... » 3, 35 colosso ..... » 4, 40 (1) Viaggi per Europa del Gemelli. Napoli , 1701. EBIFIZJ E MOKUMENTI 97 del fiume: ha dinanzi a se il ponte sulPo, indi il greco- romano tempio della Gran Madre di Dio, e sopra Hutto lina larga veduta dei colli con lo slupendo bosco semi- circolarc della Vigna della Regina clie in alio le siede a rincontro. E da notarsi in essa l’artifizioso digradar dellc case per dissimular il declivio ch’e di metri 7, 19. Giu¬ seppe Frizzi ne fu P arcliitetto. — Poco men vasla e la piazza Emmanuel Filiberto, a settentrione della cilia. In sul principio essa ha un recinto di portici fat 11 col di¬ segno del Juvara, ove ritiene l’antico nome di piazza delle frutta; indi ha sul dinanzi due edilizj pe’mercati de’commestibili, ed ha piii lungi alcune tettoje a riparo d’altri mercati: la strada che melte al ponte della Dora e quella di circonvallazionc Y attraversano in croce- varj passeggi ombreggiati 1’ adornano; e di forma ottango- lare; e tutta nuova e tutta ridente (1). Nella piazza del Palazzo di Cilia, chiamata tuttora dell’Erbe dal mercato che prima tenevasene, ammirano gl’intelligent! l’ingegnosa distribuzione de’portici, rive- stiti di pietra, felice idea dell’ Alfieri. L’ adornano due fontane. Vi si potrebbe collocare il mercato de’fiori (2). Piii ampia di tutte sarebbe la piazza Carlo Felice alia meridionale estremita di Torino, se i viali in aperta (1) Ne iliede il disegno I’arcliitetlo Gaetano Lombardi. (2) « Sia pure data grande lode all’Alfieri per avere saputo formare una bellissima piazza con facce simmelriche e rettilinee, serbato lo sfogo per le contrade adjacenti, nel sucido e mal ordinato sito dell’antico mercato delle- erbe; seguendo le linee del Palazzo di Citth, e dove tutto coincide all’oggetto cui 6 destinato. Ravvicinale le finestre aperte nelle case per poler praticarc botleghe entro d’ogni pilastro: fissali gli aspetli simmetrici nell’ampiezza ac- cordata ai diversi balconi, e preso di mira il trionfo del Civico Edifizio, cui seml)rano far corte gli edifizj latcrali ». Modesto Faroleiti, nei yiemonlesi illustri. 5 98 CAPITOLO OTTAVO campngna potessero tener luogo di edifizj per meritarle interamente il nome di piazza. Ad ogni modo ess’appre- senta nn vistosissimo ingresso in Torino da quelia parte, per la grandiosita ed euritmia del tutt’insieme, e per la bellezza delle nnove sue case, decorate di portici. E questi portici della strada di Po e delle piazze for- mano, per 1’ ampiezza e bella ordinazione loro, un ma- raviglioso ornamento alia regale Torino. Somma e poi la comodezza clie recano col difendervi dalla pioggia e dal sole. « In Milano clie non ha portici, se piove o ne sia solo minaccia, deserto e il eorso, fosse anclie la Pasqua delle nova o quelia dei fiori. In Torino voi tro- vate animali ed eleganti passeggi, anclie quando cade a larghe falde la neve (1) ».— « Nell’alta Italia, serive il Ranipoldi, piii che altrove sono in uso i porticati, e benche le contrade sembrino per essi alquanto tetre , nondimeno il popolo vi canimina riparato dali’incle- menza dell’ atmosfera e da’raggi solari, ed anclie dal pericolo di essere scliiacciato dai eavalli e dalle car- rozze ». Ouesta tetricita delle strade, vera pei portici di Padova, di Reggio, di Modena e nella massinia parte anclie di Bologna, e tutta lontana dal sussistere per que’di Torino, merce dell’altezza e largiiezza loro, clie forse non ha altrove riscontro. Essi, pel contrario, qui aggiungono maesta c leggiadrezza allc piazze ed alle strade clie ne vanno fornite, non altrimente clie facciano quelli della piazza di S. Marco a Venezia e quelli del Palazzo Reale a Parigi, colla differcnza ancora in (I) Movenilo clalla piazzclta Rcale c anilando sino at Po, il pnsseggio sotto i portici al coperto senza interruzionc 6 lungo metri 1255, o circa trc quarli d’uu miglio cl’Italia, EDIFIZJ E MONEMENTI 99 vantaggio de’portici torinesi, che questi, almeno nella piazza di S. Carlo, sono, a nostro credere, i piii spa- ziosi che v’ abbia in Europa. L’ andamento rettilineo e certamente il piu convene- vole alle vie cittadine; ma esso non importa l’unifor- mita delle architetiure: che anzi quest’uniforaiita, voluta altre volte in Torino, produce , dopo il primo aspetto, la sazieta e la noja cbe derivano dalla monotonia. « La semplicit'a della linea retta, dice nn giudizioso scrittore, dee adornarsi colla varieta dell’ architettura ne’diversi palazzi edilicati lungo la via medesima: di tal guisa si lianno le vie regolari, nia temperate da vaga ed amabil varieta ». Quest’ assennata massima vien ora posta in uso per le vie torinesi, come si scorge nella sua parte novissima che assai piu amena ne riesce. Il massimo difetto di Torino sta nel suo pavimento. Le sue strade sono acciottolate, selciate, senza doppio fondamento, e l’andar per esse fa lo strazio de’ piedi per chi non c’ e avvezzo. Di nessuna cosa gli stranieri maggiormcnte c con piii giustizia c’incolpano, e spesso avviene che taluno di loro accorci il suo soggiorno in Torino, solo per non sostener questo strazio. Pcggio poi ove le grondaje gli versano, ne’ di piovosi, torrenti d’acqua sul capo. Ma giustizia vuol pur che si dica essere Torino per questo lato in via di continue pro- gresso. Gia i portici vennero, per la massima parte, ottimamente lastricati; si eressero nuovi margini o mar- ciapiedi in risalto, e s’ introdussero que’migliori a livello del suolo. La strada di S. Lorenzo venne lastricalo-sel- ciata, colie guide di granite, al modo milanese; la piazza di S. Carlo lo fu con metodo nuovo; quella del Palazzo del Re ha il lastrico di mezzo alia Mac-Adam, poiche 100 CAPITOLO OTTAVO s’onora col nome di quest’Americano il vecchio uso italiano di far il pavimento di commesso, da lui appli- cato alle pubbliche vie. A varie strade si tolsero via le grondaje. Ogni cosa in somma per questo verso si viene immegliando. Ma e d’ uopo rillettere die i grandi de¬ menti del miglioramento sono il tempo e il denaro, c die sc Milano e ora la citta-modello in materia di strade, la riforma di esse ebbe principio insieme con questo secolo, laddove la riforma delle strade torinesi e tuttora recente. Qualclie viaggiatore lia avvertito die i ciottoli ond’ e lastricata Torino, sono si varj di natura, di forma e di colore « die vi si puo fare un corso di litologia (1) ». 11 duomo di Torino fa due parti distinte; che sono la chiesa Metropolitana dedicata a S. Giovanni Batista, e la minor chiesa o cappella, in capo ad essa, ma piu elevata di molto, dove si custodisce la SS. Sindone: alia seconda si ascende dalla prima per due grandi scale di marmo; e se ne ha l’adito dal Palazzo Iteale per una galleria a livello quasi del pavimento. La Metropolitana, sede gia sin da’secoli barbari dei potenti vescovi di Torino , e molto antica. Si pretendc che Agilulfo, duca longobardo di Torino, divenuto Re d’Italia pel suo matrimonio colla celebre Teodolinda, ne fosse nel 602 il fondatore. Ma essa venne interamente rifabbricata nel 1498 a spese del cardinale e vescovo Domenico Della Rovere. La disegno Baccio Pontelli, architetto gia di Sisto iv e della casa Della Rovere, nello stile d’architeltura che regnava in Italia a quei tempi. Il fianco della chiesa e molto pregiato dagl’ in- tendenti. Intorno alle sue porte esterne si veggono certi (1) Milling Vojage en Picniont. EDIFIZJ E MONUMENT! 101 bci fregi raffaelleschi. Ma essa era rimasla nuda nell’ interno, secondo clie s’usava sul fmire del quattrocento. Venne a questi giorni sontuosamente ornata di dentro € messa tutta a pittnre, a stucclii, adorature: la lieta pompa delle arti succedette al suo prisco squallore (1). La cappella della SS. Sindone e del Guarini, il clie basta a speciQcarne lo stile. L’Orti ne loda la forma sepolcrale, la tctra conformita de’suoi marmi, e il modo ond’e illuminata. « Quivi e riposta la piii insigne reliquia fra quante si hanno ne’R. Stati, cioe il Santo Sudario ossia lenzuolo in cui il corpo di Nostro Signore fu involto da Giuseppe d’Arimatia. Donollo nel 1452 a Lodovico duca di Savoia una vedova detta Marglierita di Charni, discendente da certo Goffredo signor di Charni in Sciam- pagna, il quale avealo ottcnuto in Terra Santa a’lempi delle Crociate. Venerato per molti anni nella cappella del Castello di Ciamberi, poi salvato inirabilmente dall’ incendio di questa nel 1553, venne dal duca Carlo iii seco lui rccato a Vercelli allorche a queila sola citta era ormai rislretto ogni suo dominio per la invasione francese cui poseroun tardo fine le vittorie di Eminanuele Filiberto suo figliuolo. Riportata a Ciamberi la preziosa reliquia dopo il matrimonio di questo inclito Principe con Marglie¬ rita di Francia, fu per ordine di lui e per V ultima volta trasferita a Torino, cli’egli avea prescelto a sua capi¬ tate, in occasione clie S. Carlo Borromeo venne da Mi¬ lano per venerarla, compiendo il pio pellegrinaggio a piedi nell’anno 1578. Ivi restii depositata nella cliiesa (l) Queila figura in marmo inginocchiata clie sta presso alia porta mag- giore, rappresenta Giovanna Dorlie, signora ilelle Italme, clie nel 1479 fece am legato per 1’ inslituzione di tre corisli nella cattedrale di Torino. Ella mori in Tavia, ma qui fu trasportata, e cpiella slatua surge sulla sua tonilia. 102 CAPITGLO OTTAVO di S. Lorenzo sinclie il dnca Carlo Emmanuele n ebbe fatto costrnrre la sontuosa cappella in cui ora rimane quasi palladio dei Torinesi » (1). « I)a una celebre badia della Novalesa prese origine nel decimo secolo la badia di S. Andrea in Torino, dove, coliocata da prima a porta Turriauica ossiaSusina, poi dopo brevi anni incendiata da certi prigionieri Sara- ceni, veniva rilabbricata vicino alia porta Comitale ossia Palatina. Ora altro avanzo non ne rimane se non se il campanile in cui si puo ravvisare una di quelle torri a difesa clie allora solo concedevansi ai monasterj ed ai feudatarj. Quivi fu per ordine d’Ardoino re d’Italia eretta nel 1016 una prima cappella clie tultora vi si vede sotterra nel luogo ove si rinvenne la sacra imma- gine di Maria Vergine, detta della Consolata, divcnuta poi per otto secoli oggetto della ben giusta divozione dei Torinesi. Era questa, per quanto si crede, la me- desima gia esposta alia loro venerazione verso l’anno 562 da S. Eusebio vescovo di Yercelli, reduce dall’O- riente, in certo piccolo oratorio attiguo alle mura della citta, clie fu distrutto nell’ universale devaslazione del (I) Nczioni di Geogrnjia patria. « Dall’inlcrno della caltedrale si ascende alia cappella della Santa Sindonc per due magnitiche scalinate di marmo. Le colonne, i pilaslri e le arcate di questa cappella, che sono di raarmo nero coi capitelli di bronzo dorato, le conciliano un carattere d’imponente tristezza che ben si conviene al sacro deposito che vi si conserva. Senza la stranezza del disegno c degli ornati profusivi dal P. Guarini, che ne fu 1’architetto, questa cappella potrcbbe annoverarsi Ira i piu supcrbi edifizj italiani al divin culto dedicati ». 1'enore, Viaggi. «Se la cappella della Sindone non H di buono stile, essa ha pero un merito di stereometria, superiore forse a qualunque edifizio del mondo ». Carlo From is. EDIFIZJ E MOXUMENTI 103 sesto secolo per la mano dei Karbari. Ma di bel nuovo scompari verso 1’anno 1080 T effigie sacra, involta nelle rovine della cliiesa abbandonala fra gli orrori delle guerre civili, pest i , procelle e carestie che condussero Torino ad un quasi totale sterminio. « Ad un cieco-nalo diBrianzone, il quale spinto da quella somma fede che Iddio pur sempre rimerita, venne in cerca della smarrita immagine, era dal Cielo riser- bata la sorte di ritrovarla fra i frantumi della badia di cui altro non rimaneva che la torre, c nel sito stesso della cappella ove T avea fatta collocare il re Ardoino. Non tardo la divozione e la gratitudine dei Torinesi, mentre in ogni modo risorgeva la loro eitta, a edifi- eare sopra questa cappella, rimasta sotterranea perehe lc macerie delle passate vicende aveano innalzato il livello generale, non solo una nuova chiesa di S. An¬ drea, ma un attiguo santuario ossia chiesa unita alia prima e dedicata alia B. V. della Consolazione. Ora e questa appunto che rifabbricala,siccome troppo ristretta, nel 1594, eognorpiu adornata dalla pieta dei cittadini non che degli stranieri, raechiude in oggi la venerata immagine: questa che fu poi sempre ed e tuttora, la Dio^ merce, consueto rifugio di chi cerca conforto ai dolori dell’anima o del corpo, fonte perpetuodi grazie pubbli- che e particolari, oggetto di non intiepidito fervore per la popolazione tutta di una fra lc piii religiose eitta » (1). Sulla piazzetta di Banco ad essa chiesa sorge una colonna votiva di bel granito biellese (2). Essa porta. ( 1) Nozioni di Geogrnjia palria. E noto che I’ab. Luigi Lanzi reputava quella immagine Iavoro tie’tempi Gioltesclii. (2) Cio6 della cava della Dalma, comune di Ouiltengo, provincia di Biella, distante da Torino circa 3G miglia di Piemonte. 104 CAP1TOLO OTTAVO in cima una statua di marmo di Carrara alLa metri 56, rappresentante la Reina de’ Cieli, come e ligurata nelF immagine del santuario vicino. II monumento si leva dal suolo metri 15, 45 in tutto. Nel piedistallo e la se- gueiile iserizione ch’esprime la ragione e lo scioglimento del veto: MATRI . CONSOL ATI0N1S OB . AERVMNAM . MORBI . ASIATICI MIRE . LENITAM . MOX . SVBLATAM TANTAE . SOSPITATRICIS . OPE VOTVM . SOLVENS . QVOD . VOVIT ORDO . DEC . PRO . POPYLO A . D . MDCCCXXXV La pid vasia e pin riguardevole chiesa di Torino e qnella di S. Filippo, loclata dal celebre Scipione Maffei. 11 Padre Guarini no aYea dato il disegno, e su questo era oramai terminata, quando a’30 seltembre 1715 ne cadde la volta e subbisso mezzo l’edifizio. La rifabbri- carono assai piii bella col disegno del Juvara, ma il magnilico suo propileo non era che ineominciato; ora esso vien condollo a buon termine, merce di generose largizioni cl’ignoli benefattori. « Nuovo lustro, dice il piissimo autore qui spesso citato, ha accresciuto di recente a questa chiesa la beatilicazione del venerabile P. Yalfre, nostro concittadino e quasi coetaneo, esempio inarrivabile di carita evangclica » (1). (I) Essa allungasi 69 metri, se ne allarga 37, se ne innalza 31; copre tin'area di 2,553 metri quadrati. EDIFIZJ E MONUMENT! 100 « Se l’arcliiletlura di S. Filippo e la pin vaga, quella di S. Lorenzo e la piii strana fra quante si osservano nelle cliiese di quesla citta. L’abuso delle linee curve, contorte per ogni verso, contrassegno il genio bizzarro del gia citato padre Guarini clie qui\ i almeno compen- sava in parte la stravaganza del disegno coll’ arditezza e leggiadria della cupola tulta traforata da arclii in- crocicchiati ». La chiesa della Trinita e una grandiosa rotonda, architettala dal Yittozzi, rabbellita dal Juvara. Quella intitolata ai Ss. Solutorc e Compagni Martiri, della vol- garmente de’Gesuiti, a’quali apparliene, e disegno del Pellegrini (1). Nessuna chiesa di Torino e piii ricca di varieta di marmi c di bronzi dorati, ne piii sontuosa nell’interno. II padre Andrea Pozzi della Comp, di Gesii ne pinse a fresco la vdlta, ma non fu, Superficie, metri n 120, 30 i quadrati 16,584 0iccol muro si trovano immediatamente dietro ai letti, affine di potere col mezzo di una porta dietro ciascun letto (la quale non si apre che all’occorrenza) trasportarc 1’ infermo, o per prender bagni, o per sopportarc oi>erazioni, o per cagion di morte. o ll letto 6 di ferro sidle mote; e proporzionato alia luce della porta siul- detta: la tenda del letto sta ferma sopra le colonne di ferro fitte al pavimento, cosicchd non si ha che a chiudere le tende nolle suddette circostanze, onde gli infermi astanti ahhiano meno incomodo o tristezza, cssendosi l’architetto proposto di allontanare il pin possibilc la inevitahile dolorosa sensazionc che eccita in un infermo la vista ed i lamenti della miseria allrui. Accanto a tutti i letti vi 6 una finestrina all’altezza del letto, ed un’altra a lior di terra; mediante quella si fa la dispensa dei cibi, rimedii e simili, e da questa si trasportano le cose immonde senza mai passare nell' informeria, od avanti a qualunque siasi persona che ivi si trovasse. Col mezzo dei numeri corrispon- denti, I’infcrmiere che 6 destinato nell’andito, serve 1 infermo della cosa preserilta, senza alcuna difficolhi». Misitre dello Spedale di S . Luigi Lunghezza. Larghezza. Altezza . Chiesa .. . , Diametro della larghezza . . n 1G, 95 » 22 » 14 110 CAPITOLO OTTAVO Piii recente ancora e il R. Spedale de’Pazzarelli, opera dello slesso archilelto. La lunghissima sua fac- eiata verso la strada di eirconvallaziorie presenta, ve- duta di mezzo ai frondeggianti alberi, un romanlico aspetto (1). E bastino questi brevissimi cenni arcliifceltonici su quattro degli spcdali di Torino, dovendo noi iraltaredi essi tutti largamente nel capitolo delle Opere Pie. Delle antiche fortilicazioni di Torino piii non riman- gono die la CiLladella e que’bastioni clie sostengono il giardino del Re. Questi avanzi di bastioni sarebbero nondimeno assai notevoli, se fosse vero, come asserisce il De Antonj, che venissero fabbricati d’ordine del duca Lodovico, e sul disegno del Canale, l’anno 1464 (2). A quell’epoca viene particolarmente attribuito il Bastion Verde o di S. Lorenzo, il quale resterebbe percio senza contrasto il primo di quanli ne furono fabbricati in Italia. Sembra tuttawa che la sua edillcazione non gy- venisse clie nel 1557 al tempo dell’occupazione fran- cese; ma ancora con cio esso resterebbe quasi contem- poraneo al famoso bastione della Maddalena di Verona ed a quello di Piacenza, fondato dal Saninicheli nel (I) Misure del It. Spedale de’ Pazzarelli Lungliezza. metri 175 ^ Superficie, metri Larghezza. » 40 i quadrati 7,000 Altezza. » 14, 70 Pecinto, tiitto compreso Lunghezza. metri 250 > 00 Superficie, mein Larghezza . » 90, 50 i quadrati 22,625 (2) Archit. milit. Jntrod ,, pag. xxiu EDIFIZJ E MONUMENTI Hi 1526 e 1527 , co’quali sembra che cominciasse vera- mente il nuovo sistema clclla difesa di banco (1). La Cittadella poi di Torino, ch’e un pentagono bastio- nato, pub tenersi veramente per una delle prime innal- zate in Europa. La fondo Emmanuel Filiherto nel 1564 co’disegni dell’ ingegnere Francesco Paciotto d’Urbino che la condusse a termine in diciotto mesi. Vi fece il Pa- ciolto scavare nel mezzo un pozzo di mirabile strutlnra, nel quale si poteva far calare e sabre i cavalli merce di due scale simmetriche a chiocciola, inverse Tuna dell’ altra, le quali uscivano a due lati opposti, ed insensi- bilmente senza scaglioni conducevano sino al pelo dell’ acqua. Deslb questo pozzo per due secoli l’ammirazione deglistranieri: ma in progresso di tempo venue colmato a segno die piit non ne avanza vestigio. Il famoso Duca d’Alva, passando per Torino nel 1567, meno seco in Fiandra il Paciotto di cui da gran tempo era amico, e questi vi edifico la cittadella d’Anversa che ha comune con quella di Torino la forma di un pentagono, ben- che nelle misure, nella collocazione, nell’acqua corrente ne’fossi, ecc.,ne sia grandemente diversa (2). Alla To- rinese furono poi aggiunti rivellini ed altre opereesterne nel 1608 per cura del Guibert (3); ed altre eziandio nel (1) Nell’opera de’ Quesiti ed Inuenzioni del Tartaglia, la pianta di Torino « un quadrate bastionato ncgli angoli e colle portc nel mezzo. Essa pero, dicono, non 6 come esisteva allora, ma come doveva essere. (2) Quando I’ tirbinale Paciotto fece la cittadella di Torino, egli era gi& ingegnere supremo del re di Spagna, Filippo n. (3) Come apparisce da una lapide jiosta sulla porla del ponte Ievatojo della niczzaluna davanti a) maschio. m CAPITOLO OTTAVO 4702 per curadel Bertola, nome meritevole d’ogni bella memoria (i). Le fortiticazioni di Torino vennero ancora accresciute dopo la liberazionc dall’assedio famoso, e sul declinare dello scorso secolo erano formidabilissime. I Frances! poi occuparono la cittadella e la cilia con lulle altre arti chc con le guerriere; essi perdettero quindi la cit- tadella dopo averne soslenuto F assedio postole dagli Austro-Russi nel 1793, ed avendo ricuperato l’una e Faltra per l’accordo die tenne dietro alia batlagba di Marengo nel 1800, diroccarono le mura della citta, la- seiandone solo in piedi quelle parti che abbiamo accen- nate. La fabbricazione, la coltivazione e i giardini ter- minardno finalinente l’opera della demolizione, die riusci fortunalissima alia citta, pel dilatamento, e per l’ame- nita c maggior salubrita che ne risultarono. E coloro die si dilettano di confront! curiosi posson notare come # Francesi fasciassero Torino di fortiticazioni nel cin- quecento, e di queste la disgombrassero nell’ottocento. Editizio di altissima importanza fra le opere di (l) Benclie di [>rofessionc avvocato, era il biellese Bertola intendentissimo d'architeltura militare. Vittorio Amedeo n si valse di lui per meglio raffor- zare la sua cittadella. Nel famoso assedio del 1700 il Bertola reggeva i lavori degli ingegneri, e in esso ben diede a vedere che se sapeva conveniente- rncnle ideare ed cseguirc le fortificazioni, non era men valente nel saperlc difendere. L’esercito francese era fioridissimo, munitissimo d’artiglierie, pa¬ drone della campagna, apparecchiato da un anno a quell’ impresa: ne con- ducevano le opere d’assedio trenta ingegneri discepoli dell’ immortale Vauban. Nella cittA era una piccola guernigione, sfornita di lutto, persino di polvere, e con poca speranza di soccorso. Nondimeno per la fortezza dei difensori, e il senno del Bertola, alacremente secondato dagli altri ingegneri, si pervenne ad indtigiar tanto la resa da porger tempo al principe Eugenio d’accorrere a salvar insieme colla capitale gli Stati del Duca. EDIFJZJ E MONUMENTI 113 architettura militare e il 11. Arsenale, rifabbricato cd ampliato nel 1738 dal Devin cent i, colonnello di arti- glieria, che fece pure il poligono per gli esercizj dei cannoni e de’mortaj oltre il Po. Lo edilicarono per la maggior parte i soldati della Compagnia de’ Minatori. Ne riparleremo a suo luogo. « Decantate, un secolo fa, come le prime d’Europa erano le dueCaserme di Porta Susina. Le ideo il Juvara nel 1700; il eonte di Borgaro disegno piii tardi la facciata di quella elie risguarda sopra la via di Dora. Sono partite in due quartieri, di S. Celso e di S. Daniele, e capaci di 2500 persone. Meritano esame, benche piii non pos- sano citarsi a modello. Havvene un’altra, detta de’Grani, verso Po, vasta, senza pregio particolare, con altre minori. Ma non e da tacersi il Quartiere nuovamenle eretto per la cavalleria presso a porta di Po, quan Uni¬ que ragioni locali impedissero di farlo perfetto. Sen lodano le scuderie, le scale, ccc. Di rimpctto a questo Quartiere s’innalzera una Cavallerizza larga mctri 60, col telto sopra armature di legno ed archi di genere ancor nuovo per l’ltalia, sul fare di quelli dal colon¬ nello Emy proposti e construiti in Francia. Sono pure apparecchiati i disegni di allri nuovi edifizj militari ». Torino ha parecchi grandiosi palazzi fatti o ristorati dagli architetti di cui sopra abbiam fatto cenno. Ma di tutta quest’architettura palatina, la piii vistosa opera e la facciata del Palazzo di Madama, disegnata dal Ju¬ vara, e dal severo Milizia chiamata superba (1). Essa forma la facciata occidentale del Gastello, o Palazzo di (I) ll Juvara fece pure la magnifica scala del palazzo. 114 CAPITOLO OTTAVO Maclama, il quale nella sua facciata orient ale conserva visibili ie anticlie sue torri, eel e per tre lati circondato dai vecchi fossaggi, ora coltivali a giardino (1). Ne’palazzi Torinesi notano gl’intendenti dell’arte cerli grandi atrj con colonne di pietra o di marmo, i quali lianno una scenica vaghezza loro particolare, specialmente quando s’aprono su giardini interiori. II palazzo della Cisterna e quello di Agliano, non meno die varj altri sono di questo genere. II palazzo Cari- gnano , ora del Consiglio di Stato, sulla piazza di quel noms, e un’ aberrazione arcliitettonica, il capo d’opera dello stile barocco. In esso il Guarini spinse il singolare suo oclio contro la linea retta sino a far curvi, ora sa- glienti, ora rientranti gli scaglioni della grande scala in modo da indurre la vertigine a chi gli ascende o ciiscende. E d’uopo tuttavia confessare ch’esso lia nel tuttinsieme un’aria di maesta, ne van prive di un certo che di (I) « L’ ultimo Principe d’Acaja Ludovico, nel 1403, dieprincipio a questo Castello, praticandovi anehe davanti la piazza che ne porta il nome. Lo ter¬ mini) nel 1416 il Duca Amedeo vm, onde munito di quattro fortissime torri, di cui due sole rimangono in piedi, servi da quella parte di valida difesa all’attigua porta della citti, mentre quivi s’ incontravan le mura per cui ve- niva questa rinchiusa a que’ tempi in un recinto quadra to. Servi pur quindi spesse volte d’abitazione ai Sovrani, c specialmente a Madama Rcale, Duchessa Giovanna ltattisla di Savoia-Nemours, da cui prese il nome di Palazzo Madama. Sul disegno del celebre Juvara fit ornato il prospelto a ponente con quella magnificenza che ora si vede, e fa vieppiu risaltare la semplicith romautica dell'opposta facciata. « Tagliatasi poi fuori sul principiare di questo secolo certa galleria di conni- nicazione col Palazzo Rcale, la quale era di slruttura mcschina e di spiacevole effetlo architettonico, rimase segregato il Castello sopra cui il Re A’itlorio Emmauuele innalzo ultimamente una specola astronomiea, e che dalla munifi- cenza dtd presente Re viene ora destinato alia pubblica esposizione della R. Galleria di piltura ». Nozioni di Geoginf. patria. EDIFIZJ E MONDMENTI 115 alleltevole « le stravagantissime bizzarrie de’lavori di cotto ond’e costrutto ». Non mancano ne’palazzi Torinesi gii affreschi, ma non dubitiamo di errare dicendo cli’ essi apparLengono tutti alia scuola del manierismo. Sono pero da vedersi gl’im- maginosissimi di Bernardino Galliari, specialmente nella gran sala del palazzo del Borgo, ora della Societa Fi- larmonica. « Facile e bizzarre disegnatore, ardito colo- ritore, copioso inyen tore e non istentato esecutore di grandi storie a fresco » e chiamato dal Ticozzi il lio- rentino Galeotti die dipinse la volta della galleria nel palazzo Guarene, ora Bagnasco, sulla piazza Carlina: la facciata di questo palazzo e idea del Juvara. Magnifica e la facciata del gran palazzo del Senate, disegnata dal Juvara, riordinata dall’Alfieri, e di fresco terminata, soprantendendovi l’architetto Micliela. II palazzo dell’Universita degli studj, fatto edificare espressamente a tal tine da Vittorio Amedeo n co’di- segni del Ricca nel 1714, ha un nobile cortile quadrato con portici a colonne die sostengono una galleria supe- riore, anch’ essa a porticato. Ne’ portici inferiori sono murate molte lapidi Romane, trovate in Piemonte. 11 celebre Scipione Matfei le fece collocare e conosccre. Antonio Rivautella e Paolo Ricolvi le illustrarono con dissertazioni e con note(d). II Vernazza ne fece dipingere le lettere in rosso per agcvolarne la lettura. (I) Vedi Museum Tanrinen.se nel Museum Veronense del Mallei, e Marmora Taurinensia degli allri due. Questa seconda opera 6 meglio compiuta, per- cl)6 l’antiquario Bai'loli, dopo la partenza del Maffei, aveva fatto collocare in quel portico molti altri niarmi, e specialmente quelli trovati ne’ruderi d’industria , antica citt!» presso Verrua e non lungi dal Po nel Monferrato. 116 CAPITOLO OTTAVO Un vero Museo lapidario vien cliiamato dal Millin questo porticato inferiore. Oltre le iscrizioni, esso con- tiene bassi rilievi anticlii e statue, tra le quali si notano due Torsi loricati, scoperti a Susa nel 1S02 e restaurati da artisti fraucesi. Yasi di marmo istoriati adornano le grandiose scale. 11 gruppo della Fama che incatena il Tempo, nel porticato superiore, e opera de’ fratelli Collini, scultori piemontesi del secolo scorso. La parte interna dell’Universita e mirabilmente ac- concia al suo scopo. Una grave magnificenza vi regna per entro, e il viaggiatore che ci mette il piede, sente ad un tratto di essere nel tempio delle muse, nell’albergo di ogni dottrina. Il Seminario, disegno del Juvara ritoccato dal Cer- rutti, e vasto eclilizio, ancli’ esso a doppio porticato , inferiore e superiore. 11 palazzo dell’Accademia delle scienze, prima Col- legio R. de’Nobili, e disegno del Guarini. Venne am- pliato teste. Oltre l’Accademia, contiene il Museo Egizio e il Museo d’ anticliita die descriveremo di poi. Nello scarsissimo numero di memorie storiclie colie- gate ai Torinesi edifizj, tornerebbe rimproverevole il tacere cio clic il Vernazza scrive del palazzo gia Cara- glio, ora della sacra Religione dei Ss. Maurizio e Laz¬ zaro, poco discosto dalla Rasilica nella via che ne porta il nome. « Prima, egli dice, die il conte di Castella- monte disponesse secoudo la sua arcliitettura questa Gli avanzi d’Jndustria furono scoperti nel 1743. « Proseguironsi gli scavi nel 1752 e nel 17G4, ]ioi ultimamente ancora; con che se ne trassero molti cu- riosi oggetti d’arte, i quali per la loro bellezza ed il prezioso lavorio dimo- slrano come incivilito e dovizioso fosse di certo il popolo che ahilava quella ragguardevole citt?; ». EDIFIZJ E MONUMENTI 117 fabbrica, si crecle die quivi abitasse la famiglia del mar- cliese d’Este, e quivi pertanto si credo die alloggiasse Torquato Tasso, quando nel 1578 venne a Torino ». II Palazzo di Cilia, opera del Lanfranclii (1683), guarda su due piazze ed ha ire recenti fontane al suo piede. Dentro la gran sala del palco superiore evvi un monumento in marmo fatto dallo Spalla ; esso rappre- sentainalto rilievo il ritorno di Vittorio Emmanuele nel 1814. Nelle sale di questo palazzo ora si ammira la beila e copiosa raccolta de’paesetti ad acquerello del cav. De Gubernatis. Nel 1805 vi fu gran festa da ballo, alia quale intervenne Napolcone colla sua Corle, mentre passava per Torino, avviato a Milano a cingersi la co¬ rona di ferro. La parte novissima di Torino e tutta ornata di case linde, ridenti, confortevoli, vaghc, di quelle case in line nelle quali l’Algarotti, se non erriamo nel nome, volca soggiornare avendo a rimpetto un palazzo di Pal¬ ladio per ricrearsi gli sguardi. Ma di palazzi Palladiani non ve se n’ eresse pur uno. Giardini interni, viali la- terali, il placido flume, il verdeggiare de’prati vicini, e i giocondi prospetti dell’oltrepadana collina, porgono a parecchie di quelle case 1’ aspetto di piacevoli ville. Il pubblico Passeggio, eretto teste sugli avanzi de’bastioni, le signoreggia a mezzogiorno. Esso e grato per aure piii libere, per ombre nascenti, per falde di verzura, e per singolare amenita di prospetti. 118 MISURA DELLE PRINCIPALI STRA NOMI DELLE STRADE E PIAZZE Larghezza in metri Lunghezza in metri All m /Doragrossa. 41 50 962 Po(I). 48 50 661 \ Italia. 4 4 50 259 m J Porta nuova. 40 79 559 ! i> j Nuova. 4 4 50 259 I Mad. degli Angeli, e Carlo Alberto 40 79 1094 I Ospedale. 40 79 1017 \Zecca. 40 79 945 /Gastello (2). 466 225 / San Carlo (5). 77 467 I 1 Delle Erbe (4). 58 55 | Carignano. 57 80 g lSan Giovanni. 45 9 68 1 < ettajo in Torino, dee far parte del pavimenlo della nuova gran sala da ballo nel R. Palazzo. Esso 6 intarsialo d’olmo, di noce, di sandalo rosso, d'el>ano ecc. F« mostralo nell’esposizione de’prodotti dell' industria patria del 1839. PALAZZO DEL RE 123 ed a lavori di tarsia dal Piftetti, artista piemontese del sccolo scorso, le cui opere si fanno ammirare per la perfezione con cui sono condotte, benche in un gusto, quanto a disegno, che meriterebbe di rimanere obsoleto, ma che la moda ha ritomato in onore. La Biblioteca particolare del Re e ricca delle piii scelte e belle edizioni moderne di opere appartenenti a storia, viaggi, arti, economia pubblica e scienze diverse. Vi si annoverano piii di 30,000 volumi a stampa, tra’quali alcuni in pergamena e miniati, come la magni- fica edizione fatta dal prof. Marsand del Canzoniere del Petrarca, ornata di due ritralti in miniatura del poeta e di Laura, oltre diverse vedute del Migliara. I mano- scritli sono circa 1800. Ne’ libri a stampa la raccolta militare e copiosissima. Fra i manoscritti vi si distin- guono: l.° tutti i materiali che il gran Federico tras- mise all’Algarotti accio scrivesse la storia della guerra de’sette anni, con molte lettere del Re all’Autore; 2.° una raccolta di 53 volumi in atlante di disegni per la storia dell’arliglieria in Europa, del colonnello Rouvroy; 5.° 1’unico esemplare completo della Storia degli Arabi dalla loro origine sino al Califato di Moa- via, scritta da Ebn-Kaldm, opera che presentemente si vien pubblicando con iilustrazioni e versione italiana dal nostro ab. Arri, sussidiato dalla munificenza reale; 4.° molti codici si membranacei che cartacei, tra’quali alcuni arabi, persiani e drusi. Stanno pure in questa Biblioteca varie lettere del duca Emmanuel Filiberto, rincipali solenniU dell’antio; e tormina colla benedizione che si comparte da’Vescovi at popolo, fiuita la messa — ■Vol. I in fol. MS. membran. con doralure, e pitture di stile mediocre. Missale Romanum — a Dominica l de Advenlu ad Dominicam xim pest Penthecostes , et propria Sanctorum. Vol. 1 in fol. MS. membr. con ornati e doralure, e coll’arme di Papa Telice V. Laclantii ( Firmiani) Epitome Tnslitu'.ionum Dieinarum —Vol. antichissim* in 4.° MS. membranaceo. — ll Millin lo crede del 4.° o del 5.° secolo. Valturius ( Robertas ) de Re Mililari — ad Sigisnmndwn Pandu/phum Ma- laleslam Ariminensiwn Regem ac lmperalorem. — Vol, l in fol. Veronae , per Boninwn Raguseitm, 1483, 13 Jebr. Esemplare colle majuscole dorate e miniate, e coll’arme in colorc della famiglia Malatesta suddetta; pin varie figure in colore rappresentanti Frin- cipi, fra i quuli varj della Real Casa di Savoja. Decreta Sabaiuliae Ducalia lam refer a, quam nor a ad justiciam, et rem publicam gubernandam, suasu atque ope praeclari juris ulriusque doctoris domini Petri Care Ducalis Consiliarii Adrocatiquc fscalis, Taurini impressa per insignem Joannem Fabri Lingonensem anno 1477, JT hal. decembris — Vol. I in 4.°. Epistolae Pii n Pontijicis maximi , impressae Medivlani per magislrnm Anlonium De-Zarolis Parmensem 1473, maii 25. Canones el decreta Sacrosancti rEcumenici, el generalis Concilii Trident ini PALAZZO DEL RE 127 Di rimpetto ai Regj Archivj siede la Regia Militare Accademia. E un edilizio quadrato,con amplissimo cortiie di forma quadrat a, circondalo da due parti di portici e da doppio ordine di galleric sostenule da colonne di pietra. Lo cominciava Carlo Emmanuele n col disegno di Amedeo di Castellamonte; lo terminava la sua vedova Maria Giovanna Raltista di Nemours mentre reggeva lo nub Paulo ill, Julio ill, Pio IP Pontificibus Maximis — Vol. 1 in fol. mem- bran. Romae, apuil P. Manutium Aldi F. I5G4, cum privilegio Pii IP Pont. Maximi. Pirro Ligorio— Opere originali, XXX vol. in fol. I 18 primi volumi contengono un dizionario composto di libri xxnn, nel •juale si tratta dell’antichitSi storica e favolosa, come anehe dclle citth, ca- stelli, luoghi, monli, fiumi, niari, isole ecc., non che dclle nazioni e uomini celebri, non solo fra i Gentili, ma auche fra i Cristiani. ll tntto disposto per ordine alfabclico. I rimanenti volumi riguardano varie altre malerie, cioe: II vol. 19° tratta delle piii cbiare fainiglie Romane anliche, e delte medaglie che loro si riferiscono. ll vol. 20° riguarda alcune famose ville, e particolarmcnte l'antica cittii di Tibure (Tivoli), ed alcuni monumenli. ll 21° traUa delle medaglie degli Imperatori Romani. ll 22° iratta delle medaglie e dei fatti degli Imperatori Romani, non die dei loro figliuoli, e dei trenta Tiranni. ll 23° riguarda gli uomini illustri nolle scienze, arti e letteratura. 4l 24° tratta del significato del Dragone. ll 25° 6 intitolato— Velerwn not a rum explanatio locupletissima , quae in an - liquis nummis ah pie monnmenlis marmoreis occurruul. ll 26° tratta dei Magistral Romani. ll 27° ha per titolo—Libro delle Citth e Popoli, con la figura delle loro medaglie. ll 28° contiene un trattato di diversi terremoti, ricavato da divcrsi aulori. ll 29° tratta d’alcune cose appartenenti alia nobillh delle anliche arti, e parli- colarmente delta pittura, della scullura e deU’architettura. ll 30° contiene una raccolta di disegni di figura e di ornati originali fatti alcuni colla penna, ed altri col lapis dallo stesso l’irro Ligorio. N. C. 128 CAPITOLO NONO Stalo nella minor eta di Vittorio Amedeo n. Lo scopo primitivo dell’edifizio ci vien dicliiarato da esso archi- tetto, clie lo dice « per uso di nna Nobile Accademia nella quale saranno alloggiati, oltre liPaggi di S. A. R., la nobile gioventii della sua Corte e forastieri, ove sa¬ ranno ammaestrali negli esercizj d’ogni sorte d’armi, de’ cavalli, della danza, delle matematiche e dellc belle lettere » (1). Essa venne abolita sul finir di quel secolo, riaperta nel 1713, rinnovata piii tardi col titolo di Reale Accademia, servata la legge clie ai soli nobili ne fosse conceduto l’ingresso. Clie poclii e miseri studj vi si fa- cessero ce lo ha insegnato, forse esagerando, nella sua Vita l’Alfieri. Nondimeno siccome vi si apparava il viver leggiadro e 1’aulico tratto, vi concorrevano giovani Russi ed Inglesi e d’altre nazioni. Lord Chesterfield, nelle Let¬ tere al suo figliuolo, gl’indicava a quel tempo Torino come sede-modello delle signorili maniere. Stando l’ini- perio di Napoleone, nell’edillzio della R. Accademia era un Liceo assai ben condotto, dal quale uscirono valenti discepoli. Vittorio Emmanuele, ripreso ch’ebbe il freno de’suoi Stati, rinnovo (13 novembre 1813), ma con tutl’altre norme, ed introducendovi lo studio in lingua italiana, 1’ antica instituzione, e la intitolo Regia Mi- litare Accademia. Al governo di essa prepose un figliuolo dell’illustre fondatore dell’Accademia delle Scienze. L’amicizia di cui ci e stato, sin dalla prima giovinezza, cortese P antico direttore della R. Accademia Militare, ora salito ad altissimi onori, non ci concede di ordirne le lodi. Ma pur ci ricordache nel lungo nostro soggiorno in altre parti d’Italia, la fama di che godeva la Regia (I) Conte Amedeo di Caslellamonte, la Venaria. Beale. Torino, 1672. PALAZZO DEL RE 129 Militare Accademia cli Torino rallegrava il nostro cuor piemontese. Quest’instituzione ebbe nuovi ordini net 1839. Oltre a 200 non possono salirne gli allievi, i quali debbono « essere di nobile o civil nascita, professare la religione cattolica » ecc. ecc. Essa e « instituita per instruire nelle varie parti dell’arte della guerra quei giovani clie si dedicano alia carriera militare e desiderano intra- prendere servizio ne’varj corpi dell’armata di terra nella qualita di Uftiziale. Cinque sono gli anni del corso per le armi comuni, sei per le armi dotte. Gli alunni escono sottotenenti nelle prime, luogotenenli nelle seconde, ma questi ultimi debbono rimanere altri due anni per la scuola d’applicazione, appartenendo tuttavia ad uu corpo » (1). (I) Prowedimenli soprani relalivi alia E. Militat e Accademia, in data del \ niaggio 1839. Torino, Staniperia Eeale. A questi Prowedimenli rimandianio il leltore, vago di pin Iarghe notizic. La qualita degli sludj e bastevolmente indieata dal seguente speechio: Pei varj rami d’ istruzione Due Diretlori degli studj, di cui uno specialmcnte per le malcrie fisiehe e matematichc. I n Professore d'analisi e di mcccanica. Un Professore di geometria ilescrittiva. Due Professori di matematiehe. Cn Professore di fisica, di chi mica, di statica. tin Professore aggiunto al medesimo. Un Professore di fortifieazione. Un Professore di lopografia e di geodesia. Ln Professore d’arte e di storia militari. l/n Professore di storia e di geografia. LFn Professore di disegno. Due Professori aggiunti al medesimo. On Professore di belle lettere ilaliane. 130 CAPITOLO NONO Piu oltre ad oriente, e in faccia dell’Universita s’erge il vastissimo R. Maneggio de’ cavalli, fatto da Carlo Emmanuele hi co’disegni dell’Alfieri. E forinato a fog- gia di teatro di forma quadrilunga, con intorno un ordine di logge aperte per comodo degli spettatori. Attigue al Maneggio s’ innalzano le nuove Regie Stalle, ove trovi circa 200 cavalli da tiro e da sella, fatti venire d’Inghilterra o d’altri paesi, non meno die pa- recchi della R. Mandria della Venaria, i quali gia ga- reggiano co’migliori delle altre contrade. Ivi pure e la rimessa da cocclii e da carrozze, tenuta lucida come uno specchio. Tra le carrozze da gala e osservabile quella che rappresenta le avventure di Telemaco, di- pinte dal Vacca (1). Intorno alia R. Zecca, ecco una notizietta bastevole. « II Muratori ( Anliq. Itcil.) pubblico unamoneta come di Torino del secolo xiii; liavvi tutlavia mol to da dubi- tare sopra di essa , e pub credersi falsa. « La Zecca venne aperta in Torino nel 1297 da Fi¬ lippo di Savoja, principe d’Acaja e signore del Piemonte: essad’allora in poi sempre continuo a lavorare, anche Un Professore di lingua francese. Quattro Maestri per il hallo, la scherma, la ginnaslica ed il nuoto. Otto Ripetitori. Un Macehinista per la eonservazione delle macchine, e per ajutare il Pi'o- fessore di fisica negli sperimenli. (1) Per non ritornare indietro. accenneremo qui nel Palazzo detto il Vecchio nna Rotonda d’ordine jonieo con colonne di niarmi di varj colori, la quale, dieono, servi di cappella quando trasportarono la SS. Sindone da Ciamberi a Torino. Questa Rotonda fu creduta fatta col disegno del Palladio, nia il Vi- iruvio vicentino mai non venne in questa citti, ove di suo nulla v’lia, ne Biai v’ehbe. PALAZZO DEL RE 131 nel durare dellc due occupazioni franccsi del secolo xvi e xvni. « Vi si conserva una serie di conii di medaglie di tutti i principi e principesse sovrane di Savoja, con ailti- sivirovesci, cominciando dal favoloso Beroldo e scen- dendo sino a Vittorio Amedeo in, falta nel secolo scorso dai Lavy, e in gran parte immaginaria: vi sono inoltre i ponzoni e conii delle monete del Piemonte e Stato di Genova dal 1780 incirca a questa parte. « Nel laboratorio di Valdocco, chc ne dipende, sono i forni inservienti alle operazioni clie abbisognano per 1’ afTinazione e separazione de’ metalli preziosi, come pure lemaccliine per la preparazione de’tondini; iltutto mosso da macchine idrauliche. « Ilavvi pure un laboratorio cliimico metallurgico; e si avverta clie i piii recenti trovati della chimica sono adottati nelle operazioni della Zecca torinese ». Dietro il Palazzo, verso la strada di circonvallazione, si stende il R. Giardino sostenuto dagli antichi bastioni. Lo fece nel genere regolare, introdotto da Lenotre pei giardini di Luigi xiv, il francese Pupasc o Duparc. E adorno di una gran fontana con Tritoni, di vasi e di statue. Alcune sue parti furono teste racconciate alia mo- derna. Cid clie in esso havvi di piii delizioso e il gran viale accanto alle Segreterie. Gli altissimi ed annosi suoi tigli vi mantengono 1’ ombra e la frescura nelle piii calde ore del giorno. Durante la bella stagione questo giardino viene aperto al Pubblico: ne’ di festivi principalmente v’ e frequente e giocondo il passeggio. Abbiamo riserbato per ultimo l’Armeria, sebbene at- tinente alle stanzc reali, perche ci e caduto in mente di stenderci oltre il nostro uso intorno a questa materia 152 CAPITOLO NONO della quale poclii hanno accurate nozioni. E veramente i piii pensano tuttora die le armerie si facciano per lusso, per decorazione, per grandigia, per curiosita; laddove un’armeria giudiziosamente raunata ed ordi- nata e grande anzi necessario sussidio alPistoria mili- tare, ed all’ istoria delle arti meccaniche e delle arti belle. Armeria ( armamentarium ) secondo l’uso presenle ehiamasi una raccolta di armi antiche ed in ispezialita del Medio Evo. Le armi del Medio Evo sono in generale si differenli dalle nostre, clie, senza vederle, difficilmente si posson comprendere. Recliiamone un cenno. Armatura significa il complesso delle armi difensive else cuoprono e difendono il corpo de’guerrieri. Ma questa parola dinota pin particolarmente le armi dei bassi tempi, in cui i guerrieri erano da capo a piedi tulli vestiti di ferro. « In Erancia i signori di alcuni feudi sotto la seconda dinastia , e tulti i cavalieri sotto la terza, portavano un pettorale di ferro, sovr’esso la camiciuola, sulla ca- miciuola il giaco di maglia, e su questo la guarnacca, detta sorcotto o sopraccotta: tale era pure P armatura de’ signori in Germania e in Italia. « La camiciuola era una specie di giubba di taffeta foderata di lana e trapuntata, la quale serviva a rom- pere l’urto della lancia, clie anclie senza forare il giaco avrebbe potuto far contusioni. « Il giaco di maglia era una tunica formata di piccoli anelli di ferro, cui si attaccavano le braclie, fatte si- milmente di anelli di ferro, e clie ricoprivano le gambe. Eranvi perb ancora bracciali e gambiere di ferro solide, colic snodature opportune alle articolazioni. Quando gli PALAZZO DEL RE 133 anelli erano molto minuti, quel tessulo chiaraavasi spu- gua. Aggiungi il collare, i cosciali e le manopole. « L’elmo riparava la testa, il viso e la nuca: cliia- mavasi visiera dell’elmo una gratella, clie si poteva rialzare per premier aria (1). (1) « ll cavaliere aver doveva in primo luogo la testa coperta da un buon elmo, che da principio non consisteva die in due sempliei piastre in giro rivolte e sopra il capo un poco rilevate; ina cosi poco comode, die un leg¬ gier colpo era bastevole a farle in testa ravvolgere, e girare innanzi e in- dietro. Perfezionatasi poi si fatla armalura, fu di piu pezzi di ferro lavorata, rialzata in punla per modo die venisse non pur la testa a coprire e in un la collottola, ma la faccia altresi colla visiera e col ventaglio, norni dati a due parti della medesima, perchd 1’ una era fatta per coprire il viso, e l’altra per lasciar libera la respirazione. L'elmo, soggiunge il Fauchet, era ornalo lalora di iiori incisivi dagli orefici con elegante artifizio, e talora risplendeva per le pietre preziose che i cavalieri vi facevano per grandezza annicchiare; e non di rado lo caricavano di fermaglietti e collane d’oro imbullcttate
  • nini d'antica progenie, e di ferro quello degli altri guerrieriw. Ferrario, Sloria rd analisi degli anlicld romanzi di cavalleria. (I) Vizionario delle origini. Cyclopaedia, art, Armour. PALAZZO DEL RE 135 perche era talvolta seminato a bolle terminanti in punta. Gli anlichi scucli erano quadri in alto, dov’era d’uopo difendere il petto e le spalle, dirainuendosi poi verso it basso finche tinivano come in punta, e tagliati erano in arco per muoverli piii agevoimente. Altri erano di forma rotonda e chiamavansi rondacci, rondelk , rotelle, forse dalla loro ligura rotonda come le mote. Si gli uni che gli altri erano di legno, coperti di cuojo bollito, o d’al- tre materie dure, con un cerchio di ferro tutto ali’in- torno, perche non fossero facilmente troncati o fessi. Brocchiere, a giudizio del Muratori, fu chiamata quella specie di scudo, che nel mezzo teneva uno spuntone o chiodo acuto di ferro ed eminente, con cui anche si poteva ferire il nemico se troppo si avvicinava. Broccare , voce andata in disuso, significava pungere il cavallo colle brocchc , cioe colla punta degli speroni; perche brocca volea dire un ferro acuto. Chiamavansi targoni e targhe gli scudi quadrat! e curvati, e ce n’erano di cosi grandi che coprivano interamente non pur tutto Cuomo, ma ancora quei balestrieri o arcieri che stavan dietro ai medesimi. Avevan pero questi una punta a basso per piantarli in terra, ed erano assai massicci, e chiamavansi lallevas. De’ pavcsi o palvesi narrasi che fossero cerli scudi grandi e quadri tanto nella parte superiore che inferiore, cosi detti perche fatti alia manicra di Pavia. Altri derivano questo nome dal teutonico. « I cavalieri portavano ancora talvolta uno scudo eo- perto di lamine di ferro o di scaglie d’avorio, pendente per mezzo di una correggia dal collo, e dopo aver rotta la lancia, imbracciavano questo scudo, tenendo il pugno coperto co’guanti di maglia ». Queste erano le armi difensive, e quantunque abbiamo i r>6 CAPITOLO NONO allungato nell’indicarle perclie quasi tulle dismesse ed obhliale a’di nostri, uondimeno troppo ei sarebbe an- coraa dire perdarne anclie un succinto ragguaglio. Lo slesso ripelasi dclle armi offensive, intorno alle quali ci terremo piii brevi, perclie in generate piii note. « Le principali armi offensive dell’eta di mezzo furono la lancia, la spada, il pugnale, la mazza e la balestra. La Lancia era da’Francesi cliiamala bois, legno; gl’Ita¬ lian! la dissero troncone, antenna, asta, tronco, ecc. Esse furono da principio grosse e lunghissime. L’un l’allro in fronte a l’elaio s’e percosso Con quelle lancie grosse e smisurate, 3Se alcun per questo s’e dcll’arcion niosso. L’aste fmo alia rcsta han fracassale, Benche fre palmi ciascun tronco e grosso. Volgonsi, e gia Ie spade hanno afferrate, E furiosi tornansi a ferire, Che ciascun vuole o vincere o morire. Boiardo, lib. I, canto XI. La Lancia perb si lunga diveniva inutile allorche si combatteva da vicino: era un segno di prossima scon- litta per una schiera che veniva costrelta a tenerla al- zata. I cavalieri erano spesse volte sforzati a scendere da cavallo per combattere: l’usarono piii grossa e piii corla sotto il regno di Filippo vi, cioe circa la meta del secolo xiv. Essa era cliiamata bordone o bordonaccia , quand’era bucata. Nel tempo delle Crociate venne or- uata di una banderuola; ma non vi si fece l’impugna- lura che verso l’anno 1500 ». La spada, comprendendo sotto questo nome gene¬ rate la scimitarra, la sciabola, lo stocco, ecc. ecc., PALAZZO DEL RE 137 piglib ne’ varj tempi molte forme diverse. Nell’eta ca- valleresca si usavano spade largliissime, pesanti, forti e corte affinche non si rompessero percuotendo sugli elmi e sulle corazze. Tale era forse qnella di Goftredo di Buglione, del quale si narra che colia sua spada fen- deva un uomo in due parti. Lo stesso raccontasi degli Svevi condotti in Italia nel 1053. Si uso pure la lunga spada delta anticamente estocade, la corta delta braque- mart , l’ acuta, la spada che adoperavasi con ambe le mani, la spada di riscontro, la spada alia svizzera, la spada alia spagnuola, il costoliere, la daga, il ver- duco, ecc. ecc. I pugnali erano, per lo piu, certe mezze spade di eui si servivano i cavalieri quando si trovavano alle strette. I pugnali acuti o slilelti sono meno anliclii. « La mazza e una delle piu anticlie armi clie si ado- perassero ad offendere. Cliiamavansi mazze d’ armi le piu famose , come fu quella di Bertrando di Guesclino. E veramente ne’ fatti d’ arme difficil cosa era il ferire i cavalieri tutti vestiti di ferro, oppure di far guerra ai eavalli, coperti anch’essi di ferro. Si costumava dunque di percuoterli con mazze di ferro, perclie atterrati que- sti, il cavaliere era preso, e pel peso dell’armi piu non faceva grandi prodezze, eccettoche ne’romanzi. Percio si studiavano conpicclie, spade e spuntoni di sventrare i eavalli: alle cinghie , alle cingliie gridavano i capitani. « I magli , i maglietti, i martelli d’armi non erano che diverse spezie di mazze, delle quali solevano parimente servirsi i cavalieri, e d’onde il soprannome talvolta traevano, come Rovenza dal martello. La mazza , il maglio, il maglietto, il martello furono le armi partico- lari dei vescovi e degli abati che si trovavano in persona 138 CAPITOLO NONO nelle battaglie, secondo l’obbligazione annessa alle loro terre ed ai loro feudi ». L’azza era una sorta d’arme in asta, lunga tre brac- cia incirca , con ferro in cima e a Iraverso, dall’una delle parti appuntato, e dall’altra a guisa di martello. Altre sorta d’arme in asta erano l’alabarda, la sergen- tina, ecc. La cliiavarina era nna specie di mezza picca scagliabile; 1’accetta surrogava l’antica bipenne.— Senza la veduta e 1’ esame materiale di queste armi come farsene un giusto concetto ? E come soprattutto figurarsi al vero un cavaliere armato di tutto punto esso e il cavallo? Ditutte quelle armi, comprese le di- fensive del cavallo, si rare a trovarsi, l’Armeria Reale va copiosamente fornita, c tu puoi in essa studiare a bell’agio quest’importante parte dell’istoria guerresca di quel lungo periodo di tempo die corse tra l’antica civilta e la modcrna. La fabbricazione delle armi nel Medio Evo fiori prin- cipalmente in Italia. La nobilta inglese a’tempi di ltic- cardo n e di Enrico iv si provvedeva d’armi dagli ar- majuoli italiani. Quando Enrico conte di Derby distido il duca di Norfolk a far combattimento a Coventry, egli mando a pregare Galeazzo Visconti, duca di Milano, per un’armatura di tutto punto. Galeazzo Visconti diede al cavaliere, che gli porto il messaggio di Enrico, la scelta delle armi in tutta la sua armeria, anzi, per maggior cortesia, invio con lui in Inghilterra quattro armajuoli italiani per arredar Enrico nell’armi. Filippo Negroli di Milano era 1’ eccellente armajuolo che fab- bricava le armi pel re Francesco i e per l’imperatore Carlo v. Queste armi poi, di ottima temperatura, si fre- giavano dall’arte italiana con ogni qualita d’ornamenti. PALAZZO DEL RE 139 Gli antiehi decoravano gli elini di figure simboliche e mettevano sugli scudi ogni maniera di rappresentazioni. La descrizione dello scudo di Acliille viene anzi da al- cuni critici ligettata come non genuina di Omero, perche recherebbe troppo in lontano la perfezione della scoltura greca. Nel Medio Evo gli stemmi furono il primo fregio che ornasse gli scudi e le corazze de’eavalieri, e pi glia- rono da cio il nome di armi gentilizie. Essi dai tornea- menti ebbero origine. I cavalletli, i pali e le gemelle formavano parte dello steccato che chiudeva il campo del torneo: i combattcnti che pigliavanoai vinti la spada od altre armi, aveano diritto di fregiarne i loro scudi, 0 di collocarveli sopra, quai monumenti del loro va- lore. Vennero poi le Grociate, che fecero moltiplicare gli stemmi, e moltiplicare le eroci, varie di forma e colore. Si aggiunsero in quel torno, o poco dipoi, le imprese, composte di corpu e d’anima, cioe d’un simbolo e d’un motto, od anche semplici, e si figurarono sullo scudo e talora anche su varie altre parti dell’armatura. E finalmente si venne a scolpire sugli scudi intere isto- rie in basso rilievo, condotte con tutlo l’amore, coperte di dorature, di nielli, d’intagli, di fregi. Caradosso Foppa da Milano e Benvenuto Cellini ed altri grandi maestri fecero sopra di esse lavori di cesello maravigliosi. L’arte del cesellamento e dell’ orificeria si travaglio talmente intorno alle armi, che i principi e i grandi baroni e ea- pitani le aveano tutte quante, si difensive, che offensive ed equestri, di ciina in fondo cesellate e dorate. Di queste armi, ammirabili per fabbricazione e per ornamento del metallo con disegni e sculture in basso od alto rilievo o in incavo e dorature e lavori d’agemina, ricchissima e la Beale Armeria. A non meuo di tree la 140 CAPITOLO NONO giungono gli scudi di cjuesto genere, tra’quali uno gia famoso attribuito a Benvenuto Cellini (1). Lo stesso all’incirca puo dirsi degli elmi, uno de’quali, posse- duto prima dal celebre Scarpa, e descrilto a stampa. I)i finissimo lavoro pur sono molti usberghi, molte im- pugnature di spade, ecc. ecc. Quanto queste armi, ge- neralmente cliiamate del Cinquecento, giovino alia storia ed alio studio delle arti, non e chi nol senta. Chiamansi storico-personali le armi clie furono real- mente portate da qualche personaggio istorico. Queste armi sono assai piii rare che generalmente non si creda o si dica. « Le varie armerie d’Europa, scrive il Mey- liek, non comineiarono a formarsi, per quanto sembra, che nel xvi secolo. GF imperatori Massimiliano i e Carlo v, ed i re Enrico vm d’Inghiiterra e Francesco i di Francia sono i monarchi ai quali si attribuisce la fondazione di queste raccolte, ed essi vivevano nell’ul- tima eta dello splcndore cavalleresco. Onde nacque che quantunque nelle signorili famiglie d’ Italia si con- servasse una certa quantita di armature di tempi an- teriori, nondimeno l’armatura di Massimiliano i con le sue gambiere d’ acciajo, e quella consimile di En¬ rico vii sono le piii antiche armature intere ed auten- tiche che si conoscano in Germania ed in Inghilterra. (lj I.o donava il principe Eugenio di Savoja alia principessa Vittoria sua sorella, e questa all’ University di Torino; rappresenta i fatti priucipali della guerra tra Mario e Giugurta.— Uno scudo, di fahbricazione posterior?, che rappresenta in rilievo Ercole domatore dei niostri, appartenne forse ad Enrico IV di Francia, o per lui fit lavorato, perocchc questa era la sua impresa, ed 6 lavoro da Re. Havvene uno colle palle Medicee, rappresentante il Banchctto degli Dei, opera singolare, benchd uno scudo forse non fosse a principio. PALAZZO DEL RE 141 Cio non ostante, nel formar le annerie in tempi poste¬ riori prevalse l’uso di dare alle armature nomidi anlichi e famosi guerrieri a talento del raccoglilore, e fu poscia creduto che veramente questi guerrieri avesser portato quell’armi, anche contra la cronologia del costume » (1). La piii ricca in questo genere vien reputata l’armeria di Madrid, la quale contiene il giaco di maglia portato da Isabella nella guerra di Granata, e le armature di Ferdinando v, di Carlo v, del Gran Capitano, di Gio¬ vanni d’Austria, di Garcia de Paredes e d’altri illustri Spagnuoli. L’Armeria del Re a Torino vanta anche in quesla serie i suoi tesori. « Vi sono di non dubbia origine l’intera armatura di Emmanuel Filiberto, l’elmo di Carlo Emmanuele i, con diversipezzi d’una sua armatura d’un bellissimo lavoro di cesello a trofei, nodi gordiani e corone, iltutto dorato; l’armatura di Filiberto di Savoja ammiraglio di Spagna, la corazza del principe Tommaso, quella del principe Eugenio in un con la sua spada e le sue pistole e la bardatura del cavallo ch’egli premeva all’assedio di Torino, e finalmente la corazza che avea il re Carlo Emmanuele hi nella giornata di Guastalla. Qual commozione non desta in un cuor piemontese il vedervi le armi portate da’suoi principi a San Quintino, a Torino, a Guastalla! Gli par di rivivere in quelle gloriose vittorie ». Aggiungi altri pezzi d’armi Sabaude, due spade cre- dute di Giovanni di Wertli, duesciabole indiane dell’in- felice Tippu Saib, regalate dal generalc di Boigne ecc. ecc. Il tutto magnificamente disposto ed ordinato nella (I) Meyrichj Critical Inquiry into ancient armoiu'S, 142 CAPITOLO NONO luuga e spaziosa gaileria delta di Beaumont dal nome del suo dipintore (1). Due altre raccolte adornano eziandio quest’ Armeria. La prima e quella delle armi indiune, radunate dal conte Carlo Vidua ne’suoi viaggi per I’Asia ceiitrale, e da lui lasciata alia R. Accademia delle Scienze che la ©(Terse in dono a S. M. Altre ne recava teste dal Brasile S. A. S. il principe Eugenio di Savoja-Carignano. La seconda, molto piii preziosa, conliene armi da fuoco dei primi tempi, ed altre ricchissime, tra lequali sono assai riguardevoli quattro moschetti a iniccia e ruota, che si conservavano nel Guardamobili della Corle. Vi sono pure alcuni elmi e gamberuoli Romani de’buoni tempi. Carlo Emmanuele i, gran guerriero, gran politico , e gran protettore delle scienze, lettere ed arti, fu il primo della R. Casa che raccogliesse un’armeria. Fra gli altri scrittori, ne fa cenno il Marino, il quale raeconta (I) Nedarh miglior ragguaglio la seguente nolizia, che ricopiamo: «In guests Armeria sommano le armature di tutlo pun to ben oltre a quaranta. Sctte delle quali sui loro cavalli bardati. E queste sono: l.o quella di Antonio Martinengo del secolo decimoquinlo; 2.° di Emmanuele Filiberto; 3.° una rieebissima sbalzata di un guerriero ignoto, di stile tedesco; 4.° del genera© Ruota di Bergamo; 5.° di allro guerriero ignoto, con 1'impress d’una fiamma access, dei tempi di Massimiliano X; 6.° un’altra di Antonio Martinengo; 7.o in mezzo alia Botonda , una giA appartenente alia famiglia Zacchei Tra- vaglini di Spoleto.—Cospicue ed anclie istoriche sono nella maggior parte altre armature non disposte acavallo; tra le quali se n'osserva una di casa Pi- sani; due di guerrieri morti nello spedale di Vercelli per ferite riportate nella batlaglia di Pavia; una de’principi Mattei; quella originaria della famiglia S. Martino d Agli6 col motto Sans d/s Partir, in una fascia cbe unisce i cinque dadi, impress di quests nobilissima famiglia; quella di Filiberto di Savoja tempestata a soli; una mezza di Antonio Martinengo, e varie altre assai se- gnalate. Aggiungi la hajonetta e il budriere del maresciallo di Sassonia, regalo del Visconte di Chollet, il cui padre, giA ajuiante di campo di quel celebre guerriero, le avea serbatc come rimembranza preziosa ». N. C. PALAZZO DEL RE 145 come in essa si conservasse anche il mantello rosso, tra- forato dai colpi nemici, ehe questoDucaaveaportatoin battaglia, e coi quale sugli omeri egli solea dirizzar i can- noni nella mischia, come ottimo artigliere ch’egli era (1). Vi avea Carlo Emmanuele radunato le armature e i busti de’principi suoi antenati ede’famosi capitani della sua eta, disponendole in bell’ ordine nella Galleria detta di legno nel Vecchio Palazzo. Quegli « arnesi di guerra » vengono ancora mentovati dal Gemelli, ove ne’suoi Viaggi parla di Torino. L’incendio si divoro poi quel palazzo, e le armature die sen potettero salvare, vennero trasportate all’arsenale, tranne la spada o Parmatura di Francesco i, die fu collocata nel guardamobili, indi recata a Parigi. La presente Arineria R. non ebbe principio die in sul tramontare del 1854, per volere di S. M. die al conte Vittorio di Seyssel ne affido la raccoltae l’ordinamento. (I) ll poeta rivolgendosi al Figino per indicargli il ritrallo cbe doveva fare del Duca, cosi scrive: Ma se vago desio forse t'invoglia Ch’abito il copra ollre ogni stima illustre, Fingigli allorno cjuella ricca spoglia, Ricca non gih per artifizio industre, Ma da punte di lancie e di qnadrella Quanlo laccra pin, tanto pin Delia. Quesla, ov’6 sacro ad immortal memoria Cumulo d’armi e di trofei sospesi, Reliquia memorabile di gloria Fende colk fra segnalati arnesi; E quasi in triorifal pompa superba Fra tesori piii cari ancor si serba. Non di gennne o di pcrle elette e vaghe La trapunse d'Aracne ago ingegnoso, Ma di mille percosse e mille piaghe (Stclle onde il ciel d’onor sen va pomposo ) Col proprio sangue, onde fu tinto e brutlo, La spada ostil la ricamo per tutto. Rilralto pancgir. 144 CAP1T0L0 NONO Maraviglioso fu tosto il suo crescere. Si riunirono armi che qua e la giaeevano confuse o neglette. Altre sen comperarono in Italia, in Francia, in Ispagna, in Ger¬ mania. Si acquistarono reccntemente le armi della fa¬ in igiia Martinengo delle Palle, breseiana, gia celebre in guerra; acquisto magnifico die ha arricchito la R. Gal¬ leria cli armi superbe e di antichita non sospetta. I baroni piemontesi e savojardi offerirono in dono yarie armi conservate ne’vecchi loro castelli. Illustri stranieri secondaron l’esempio. Di tal guisa in cinque anni essa venne ad emulare le piii antiche e piii decantate. I modelli degl’ingegni e congegni dell’artiglieria con- temporanea vi furono di fresco aggiunti per aumen- larne l’utilita e la ricchezza. Le bandiere che adornano quest’ Armeria sono mo- liumenti di gloria piemontese. Combattendo le tolsero ai nemici i nostri soldati nelle vecchie battaglie (1). A fianco dell’ Armeria, in un vago salotto, evvi il medagliere particolare di S. M. raccolto anch’esso dal presente Re. Esso comprende una collezione assai ricca e la piii compiuta che or siavi, delle monete e medaglie della It. Casa, non meno che di quelle battute sparsa- mente a’ tempi antichi nelle varie provincie che formano il presente regno di Sardegna. Ha pure una copiosa serie delle monete e medaglie battute in Italia dalla ca- duta dell’Imperio di Roma sino a’di nostri, e 300 e piu sigilli in bronzo. E contenuto in armadj che dimostrano quanto 1’ arte dell’intarsiatore siasi ormai recata a per- fezione in Torino. Lo adornano varie anticaglie trovate in Piemonte, e varie curiosita del Medio Evo. (l) l T na di esse col motto di Luigi xiy nec phiribits impar, fu presa nella battaglia di Torino del 1706. CAPJTOLO X INSTITUZIONI CARITATIVE Le Opere Piesono la prima e vera maraviglia di Torino. La carita, la beneficenza, la filantropia, giacche oggi- giorno s’assegna un differente valore a questi vocaboli, gareggiarono nelfondarle, nel dotarle, nell’indirizzarne pel piii retto called goverao. Ne temiarao d’iperboleg- giare scrivendo che le instituzioni misericordiose di questa citta basterebbero a recar lustro ad una metro- poli tre volte piii popolosa. Esse erano, in generate, tutte amrainistrate gia prima con integrita e con lode- vole zelo. Ma il reggimento e l’economia loro ricevet- tei o gran perfezionamento progressive merce del Regio Editto 24 decembre 1836 «il quale a centre d’economica 7 146 CAPITOLO DECIMO dipendenza nella parte finanziera ed a metodo uniforme di contabilita chiamava gl’ Instituti di beneficenza e le Congregazioni di carita de’RR. Stati » (1). E tuttora un problema tra gli scrittori di Economia pubblica se al governo delle Opere Pie convenga meglio preporre uomini ragguardevoli per chiarezza di nome, di meriti, di sostanze e di grado, mossi unicamente da impulso di carita, con funzioni gratuite; ovvero am- ministratori stipendiati, e percib piii strettamente sin- daeabili, piii facilmente eleggibili tra gl’intelligenti, e per tutte le ragioni del loro impiego obbligati a spen- dere indefessaraente il loro tempo e le cure loro nel buon governo di esse. Questo problema e risoluto in quanto a Torino. Gli amministratori delle sue Opere Pie sono tutti gratuiti; ma l’ordinamento loro e si ben divisato, la scelta n’e generalmente si giudiziosa, e l’influenza Sovrana opera sopra di loro cotanto efficace ed assidua, ch’ essi riuniscono le utilita dei due sistemi diversisenza esibirne gli sconci. Qucste lodi non sono di mera cor- tesia: sono esse una semplice e modesta espressione del falto(2). (1) Il succitato Editto e le relative istruzioni regolano l’amministrazione •legli instituti di Carita ne’RR. Stati. La Congregazione gcneralissima di Caritk prcsiede all’amminislrazione di tulle le congregazioni e di tutti gli ospizj di Carith del Piemonte e del contado di Nizza per mezzo delle Congregazioni provinciali di carita. Le altre opere di lieneficenza che non portano il ti- tolo di Congregazioni di Carith sono regolate nei casi ordinarj dai loro corpi amministrativi, non trovandosi sottoposti all’autorilti della Congregazione ge- neralissima; nei casi straordinarj dipendono direttamente dall’ autorita am- minislrativa. Per maggiori schiarimenli si veda il succitato Editto e le relative istruzioni. (2) Il magistrato a cui spetto di liquidare ed approvare i conti delle Opere Pie di Torino pel 1838, cosi favellava nella sua relazione del 18 lu- glio 1839: INSTITUZIOM CARITATIVE 147 Gli sguardi de’ nostri Principi furono sempre rivolti verso le instituzioni caritative, ne contenti di ben rego- larle in ogni tempo con provvidissimi decreti, essi lar- gheggiarono nel beneficarle. Ma il presente Re supero tutti i suoi predecessori nel far delle Opere Pie l’argo- mento delle sue sapienti e tenere cure. Lo straniero adunque che visita queste instituzioni in Torino, mentre ammirera, come ne siam certi, la presente lor condi- zione e la via di perfezionamento progressivo in cui sono avviate, non dee porre in dimenticanza ch’esse sono il prodotto congiunto della pieta del popolo to- rinese, e del patrocinio del trono. tl seguente Speccbio e lavoro fatto colmassimo stu¬ dio da un nostro egregio amico coll’ajuto d’uomini special! a L esame sommario cui procedetti di detti conti mi ha profondamenle comraosso; ivi scorgesi quella caritA innata , ereditario retaggio de'Torinesi, quella religiosa sollecitudine, quella vigilante operosiOi palerna, che distin- guono il cristiano amministratore. Lode e lode di profonda gratitudine sia resa a tutti e singoli gli Ainministratori delle Opere Pie di questa cittA; lo sa il P.e cui nulla non isfugge, ed il Divin Rimuneratore ne accorderS loro jl ben meritato guiderdone. Ivi scorgonsi inoltre i buoni frutti del perspicace loro governo, imperocchA tutti i conti succennati oft'rono ecccdenti dis[>o- nibili n. CAPITOLO DECIMO 148 NOME della OPERA PI A DATA della FONDAZIONE DESTINAZIONE I. SPED ALE MAG G10IIE DI S. GIOVANNI BATTISTA E DELLA C1TTA Dl TORINO Di remota an- tichita; se ne hanno notizie autentichesul principio del secolo xiv. Riceve tutti gl’infermi, qualunque siane la na zione o la credenza, purclie affetti da malaltii. sanabili tanto in medicina quanto in chirurgia escluse le comunicabili. Vi sono 418 letti, di cu 213 occupati da infermi per malattie interne 109 da malattie esterne, e 96 dagli affetti di in- fermita croniche. Di questi ultimi 96, 75 souc provenienti da largizioni private, e la nomim dell’occupante spetta al fondatore fino ad estin- zione della sua linea mascolina. Vi sono inoltrc apposite camere per ricevere ammalati mediante pagamento. OSSERVAZIONI h E stabilita in quest’ospedale la scuola clinica delle malattie mediche e chi- rurgicbe. Ilavvi annesso il teatro anatomico osala per le dissecazioni. Vi sonc quattro medici ordinarj, non compresi i due professori di clinica medica, a ciascuno de’quali son destinati 14 letti per l’istruzione degli studenti durante rannoscolastico, ed il professore di clinica chirurgica, per la cui scuola vi ha 6 letti nella sala degli uomini, ed altrettanti in quclla delle donne; vi sono poi due medici assistenti, due chirurghi ordinarj, oltre al professore di chi- rurgia operatoria, il quale e ad un tempo chirurgo ordinario dell’ospedale, un SPECCHIO DELLE OPERE PIE 149 NUMERO RENDITE dei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi 18 3 8 11 numero annuo dei malati che yi si ricoverano si puo calcolare da 5,500 a 6,000. 229,405 28 Per regolamento Soyrano del 17 lu- glio 1832, lo amministra una Congre- gazione composla di 12 Direttori, cioe sei Canonici della Metropolitana e sei Decurioni della Citta. Presiedeyi S. E. Mons. Arcivescovo. Incurabili, 96. 1 PAR T I C 0 L A R IT A chirurgo assistente, 21 allievi, e finalmenteuno spezialecapo ed economo della spezieria. In quest’ospedale, come negli altri della citta, non si seguita alcun sistema esclusivo nella cura delle malattie, e si puo affermare essere l’eclettico quello clieviene universalmente adottato. Lamortalitasicomputadel 9 perOiO all’incirca. Le Sucre di S. Vincenzo de’Paoli, coadiuvate da un numero propor- zionato d’infermieri e d’infermiere, disimpegnano il servizio interno dello spedale. 150 CAPITOLO DECIMO NOME della OPERA PIA DATA della FONDAZIONE DESTINAZIONE II. 1572 Non si ricoverano che uomini presi da morbi acuti non contagiosi, oltre ai militari che sono ricoverati di preferenza: vi esistono venti letti SPEDALE destinati a ricevervi le Guardie del corpo di S. M., MAGG10RE non che le persone di civil condizione ricoverate de’ SS.MAURIZIO E LAZZARO d’ordine Sovrano. 0 S S E R V A Z I 0 N I E Quest’ospedale Tenne fondato allorclie i due ordini di S. Maurizio e di S. Lazzaro furono riuniti in un solo dal S. P. Gregorio xm che ne chiamd a Gi'an Mastro Emmanuel Filiberto.—Ilpersonale sanitario e composto di due medici ordinarj, diun medico consulente, di due cliirurghi ordinarje d’un consulente, di due chirurglii sovrannumerarj, e di otto allievi. Yi ha un’apposita spezieria. — Quali malattie vi si curino in maggior numero, quale sia il metodo curativo impiegato, quale la proporzione tra le guarigioni e le morti si puo ricavare SPECCIIIO DELLE OPERE PIE 151 NUMERO R E N D I T E dei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi 18 5 8 umero medio dci ricoverati annualmente , 1000. Amministrato da un Regio Magi¬ stral Delegato per la superiore Dire- zione ed ispezione degli spedali dell’ Ordine. A 1\ TIC OLARITA lie Statistiche mediche pubblicate nel 1835 e 1859 dal D. collegiato Bertini, edico anziano di detto spedale. —Nel 1858 venne eretta nello spedale una mera mortuaria disposta secondo i piu recenti metodi, nella quale si deposi- ao per maggiore o minore spazio di tempo tutti coloro che succombono nello edale.—Sono addette alia cucina, alia biancheria ed alle altre parti del ser- :io interno, le Suore di Carita sotto l’invocazione di S. Vincenzo de’ Paoli, idiuvate da un sufficiente numero di infermieri. 152 CAPITOLO DEC1MO NOME della OPERA PIA III. SPEDALE MILITARE DIVISIO- NARIO DATA della FONDAZIONE 1831 DESTINAZIONE Pei militari della divisione di Torino. OSSERFAZIONI Sino al 1851 gli ammalati militari venivano curati ne'loro spedali reggim tali, amministrati dai loro rispettivi corpi. Un Yiglietto Regio del 20 decern di quell’ anno institui gli spedali militari di Divisione, instituzione riordin nel 1832 e 1833, e il cui fine e di risparmiare le preziose vite dei difens del Trono e dello Stato, assicurandone il buon trattamento e la cura se fe od infermi per altre malattie. Lo spedale della divisione di Torino e di pri classe: esso e capace di 430 letti, numero sufficiente pei casi ordinarj; m straordinarj s’aprono inferinerie succursali fuori di esso. Il servizio medi( aflidato ad un medico in capo, il quale ne ha tutta la responsivita; a SPECCHIO DELLE OPERE PIE 155 NUMERO RESDITE dei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi. 18 3 8 30 circa giornal- mente. Il Consiglio d’ amministrazione e composto dal Capo dello Stato Mag- giore, che n’e Presidente, dall’Uffi- fiziale contabile, dal Medico, dal Chi¬ rurgo in capo. Il Presidente e diret- tore dello stabilimento, e da lui di- pende direttamente ogni persona che a questo sia addetta. 4RTICOL A RITA edici di seconda classe, ed a died media applicati, i quali ne’casi ordinarj estano soltanto seryizio d’assistenza. II servizio cliirurgico ha un chirurgo capo, e tutti i chirurghi maggiori ed in secondo della guarnigione. Vi sono oltre allievi militari di medicina e chirurgia che fanno il servizio flebotomico, :he intanto frequentano le scuole deH’Universita per ottenere i loro gradi cademici. Due PP. Cappuccini celebrano i divini uffizj nella cappella dello edale, e ne vegliano la disciplina religiosa. Alle Suore della Carita e affidato serrizio farmaceutico e il servizio interno dello spedale, rol sussidio d’in- rraieri. CAPITOLO DECIMO 154 DATA della NOME della DESTINAZIONE OPERA PIA FONDAZIONE IV. OPERA E SPEDALE DI S. LUIGI GOINZAGA. 1794. E scopo di quest’opera il visitare e soccorrert settimanalmente nelle proprie abitazioni quegl infermi che mancano del necessario, ne possonc essere ammessi negli altri spedali, e il dare rico vero nell’ospedale proprio dell’opera a coloro, cu la natura della malattia non lascia adito negli altr pubblici stabilimenti, o che mancando dei neces- sarj soccorsi, poco o niun profitto trarrebbero dagl ajuti a domicilio. Di presente vi hanno 72 letti, et allorche la fabbrica sara condotta a termine, n< potra contenere 200. Dei suddetti 72, 24 sono de stinati per ricevere uomini malati, e 48 per donne Le malattie che danno diritto di ammessione nell’o spedale sono la tisi polraonare, il cancro, l'idrop« cronico ed il marasmo. Il regnante Sovrano fond' il ragguardevole numero di 24 letti per quegli in fermi ed inferme, cattolici e domiciliati nei reg Stati di terraferma, che siano travagliati da pella gra, efelide scorbutica, cancroide, tigna tuberco lata e lebbra. O S S E R V A Z I 0 N I Sul linire dello scorso secolo, il curato Barucchi, desideroso di soccorrere i bisognosi, raccoglieva intorno a se quei cittadini ch’erano mossi dallo stess desiderio e ne aveano i mezzi, instituendo, sotto il patrocinio di S. Luig una compagnia o confraternita, la quale proponevasi il santo scopo d’essei soccorritrice e consolatrice dell’indigenza. In meno di quattro lustri riuni larg! mezzi pecuniarj da costrurre un’ampia fabbrica per ospedale, che si pub dire modello di questa sorta d’edifizj, vi assicurava sufficienti rendite, e si met leva in grado di vieppiu estendere i soccorsi a domicilio. — La Compagnia < bPECCHIO DELLE OPERE PIE 155 NUMERO dei ricoverati o soccorsi R E N D I T E nel 18 58 ! AMMINISTRAZIONE Malati 100 circa 515,939 95. I regolamenli di quest’opera furono all’anno. da S. M. approvati con R. patenti 8 — maggio 1826. L’amministrazione e af- fidata ad una direzione di ih membri occorsi a domicilio 12m. all’anno. nominati da S. M., e scelti nella nu- merosa Societa di S. Luigi. Un cava- lieredell’Ordine Supremo vi presiede. ” . > A RTICOLARITA Luigi e canonicamente eretta nella chiesa di S. Giuseppe.— Le persone che cono risanate da quest’ ospedale continuano per 15 giorni ad essere rice- lte all’ora del cibo, affiuclie colla continuazione d’un vitto sufficiente e sa¬ bre possano conservare l’ottenuta guarigione. II servizio sanitario e affidato l un medico ordinario, un cbirurgo ordinario e a due assistenti, uno medico I’altro cbirurgo. La maguifica fabbrica dello spedale di S. Luigi eccita 1’am- irazione per l’ingegnosa sua coslruzione, cbe si potrebbe dire quasi unica :1 suo genere. 156 CAP1T0L0 DECIMO NOME della OPERA PIA DATA della FONDAZIONE DESTIISAZIONE V. 1728. Vi si ricoverano i mentecatti d’ambo i sessi pro- La nuova fab- venienti dalle provincie del Piemonte propria- brica fu co- minciata nel mente detto, e dal contado di Nizza. UEGIO 1818,ed eora MANICOMIO. condotta a termine. OSSERFJZIONI 1 Anclie questo pio ricovero e dovuto ad una pia unione. La Confraternita dt SS. Sudario ebbe prima in questa citta il pensiero di erigere uno spedale cb servisse di ricovero ai mentecatti, i quali trovavansi prima d’allora sparsi ne varj alberghi della capitale o ricoverati altrove. I circostanziati ragguagli intorn alia disciplina per l’aecettazione dei malati, al genere delle malattie dominant fra i pazzi ed altre infermita accidentali che sono piu frequenti, alia propor zione delle guarigioni e della mortalita, ai varj metodi di cura e dietetica, i possono leggere nell’opera stampata nel 1837 dal D. Bonacossa, uno dei medb SPECCH10 DELLE OPERE PIE 157 NUMERO R E N D I T E dei ricoverati nel AMM1N1STRAZIONE o soccorsi 18 3 8 numero annuo ei ricoverati e di 200 circa. 228,282 77 Con Regie patenti 20 maggio 1857 venne sancito un nuovo regolamento, merce di cui l’amministrazione del Manicomio si compone di un Presi- dente, di 15Direttori elettivi, nomi- nati da S. M.,edel Priore della Con- fraternita del SS. Sudario, Direttore nato. > A R T I C 0 L A R I T A • ellospedale, col titolo di « Saggio di Statistica del R. Manicomio dal 1851 al 837 ». I mentecatti raangiano ad una mensa comune. Nella divisione di tran- uillita se ne vedono giornalmente piu di 120 pranzare e cenare insieme. II jrvizio sanitario £ affldato a due medici e due allievi dichirurgia, tuttiquattro esidenti nello spedale, e ad un chirurgo esterno. Per l’assistenza agli uomini i ha un capo infermiere e 15 subalterni: per le donne, le Snore grigie, sotto |i cui ordini stanno nove serve. i 58 CAPITOLO DECIMO NOME DATA della della DESTINAZIONE OPERA PIA FONDAZIONE VI. IS63. Instituita con lo scopo d’impedire la propaga- zione dell’eresia nella citta di Torino e suo terri- torio, vi si adopero siffattamente che riusci a ser- COMPAGNIA bare intatta la fede di queste popolazioni in quei DI tempi calamitosi. Ma cessato coll’andare degli anni S. PAOLO. simile pericolo , rivolse le sue cure al sollievo dell’umanita. Le opere che ne dipendono sono le due case di educazione per giovani zitelle dette del Soccorso e del Deposito; le distribuzioni di soccorsi pei poveri vergognosi delle varie classi della societa;l’amministrazione deimonti di Pieta, la distribuzione di doti e di vesti per fanciulle povere o meno agiate; gli esercizj spirituali, l’in- stituto di Beneficenza destinato alia cura dei poveri infermi a domicilio, e il Dispensario ottalmico. OSSERVAZIONI L Tutte queste pietose instituzioni ebbero per promotore il primo padre spiri¬ tual della Compagnia, Leonardo Magnano, nome che vuol essere ricordato tra i benefattori dell’uman genere. Di alcune pero la Compagnia non ha che l’am- ministrazione. I suoi benefizj si estendono alia citta e territorio di Torino. — SPECC1110 DELLE OPERE PIE 159 NUMERO dei ricoveraii o soccorsi RENB1TE nel 18 3 8 AMMINISTRAZIONE • 270,000, escluse le rendite del monte di Pieta e dell’instituto di Bencficenza. LaCompagnia ha un llettore,unvice- Rettore, un Economo generale,ed altri numerosi uffizj, sostenuti da membri della Compagnia mcdesima con ri~ spettivc incumbenze. PAR T I C 0 LA Ii I T A Nellc due case di edueazione del Soccorso (iustituito nel 1589), e del Deposito, oltre molti posti gratuiti, ve ne sono varj per pensionarie. Queste due case vennero prese sotto la special protezione d iS. M. la Regina. CAP1T0L0 DECIMO i 60 NOME DATA della della DESTINAZ10NE OPERA PIA FONDAZIONE VII. • / Gratuito. 1519. Presta gratuitamente ai bisognosi mediante pe- W Riordinato gno. El nel1822. N—•' o a | A 1 prestiti 1805. Somininistra danaro, mediante pegno. riscuo- H , tendo l’interesse al 6 0|0. o 1 con s \interesse. OSSERVAZIONI E II primo, andato in abbandono per cagion delle guerre che infierivano a quei tempi, venne richiamato a vita net 1580 dal la Compagnia di S. Paolo. SPECCHIO DELLE OPERE PIE 161 NUMERO R E N D I T E dei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi 18 3 8 113,951 22 Dipende dalla Compagnia di San Paolo. Nell’anno 1815 ne venue l’ammini- strazione aflidata alia Compagnia di S. Paolo. PAR TICOLARIT A 162 CAPITOLO DECIMO NOME della OPERA PIA DATA della EONDAZIONE DESTINAZIONE VIII. INSTITUTO DI BENEFICENZA ED UFFICIO PIO Destinato a curare e soccorrere i poveri infermi a domicilio, pe’ quali un medico ed un chirurgo stipendiati sono assegnati ad ogni parrocchia. I medicamenti vengono spediti gratuitamente. OSSERFJZIONl J La maggior parte di questa l’endita si compone di quanto la Sovrana munifi cenza assegno, prelevabile dal prodotto del civico dazio di consuino della citta SPECCIIIO DELLE OPERE PIE 163 NUMERO lei ricoverati o soccorsi R E N D I T E nel 18 5 8 AMMINISTRAZIONE 5d,500 Lo ajnministra la Compagnia di S. Paolo. RTICOLARITA 164 CAPITOLO DECIMO NOME della OPERA PIA DATA della FONDAZIONE DESTINAZIONE IX. 1838 I poveri afilitti da raalattie d’occlii, che possono essere ricoverati negli ospedali, trof nel Dispensario gratuili consigli, rimedj, e t DISPENSARIO i soccorsi dalla loro infermita richiesti. Quelli OTTALMICO sono neirimpossibilita di recarsi al Dispensa vengono yisitati a domicilio. OSSERVAZIONI II ragguardeyole numero d’iafelici, i quali, merce delle pie e sollecite ad essi compartite, ricuperarono la perduta facolta yisiva, ed il tuttora SPECOIIO DELLE OPERE PIE 165 NUMERO dei ricoverati o soccorsi R E N D I T E nel 18 3 8 AMMINISTRAZIONE 0 circa nll’anno Quest’istituto venne fondato dal la veneranda Coiupagnia di S. Paolo, ed e posto sotto la direzione e le cure gratuite del signor Casimiro Sperino, dottore in medicina, e membro del Collegio di chirurgia. 1 R 1' I C 0 LA R I T A ite concorso degl’infermi, fornisrono un evidente argomento dell’utilita idissima di questo istituto. CAPITOLO DECIMO 166 NOME della OPERA PIA DATA della FONDAZIONE DESTINAZIONE X. SPEDALE DELLA MATERNITA 1752 E destinato ad orfanotrofio ed a ricovero per pregnant! prive di mezzi da potersi far assisterc 0 S S E R V A Z l ONI Gia unito alio spedale di S. Giovanni, da cui non venne intieramente sej ratoche nel 1815. II servizio sanitario si fa da un medico ordinario, unchiru ordinario, un chirurgo sostituito, una levatrice maestra e tre levatrici as stenti. Nella divisione delle gravide maritate viha la scuoladi clinica osletri diretta dal professore d’ostetricia della Regia Universita, il quale e ad tempo chirurgo primario dell’ospizio; vi intervengono otto allievi laureati chirurgia, facendovi un corso di sei mesi: oltre a questa scuola liavvt un’altra per le levatrici che debbono essere maritate o vedove, il cui numi e di otto o dieci, quasi tutte a spese di varj comuni dei R. Stati. Yengc SPECCIIIO DELLE OPERE PIE 167 NUMERO R E N D I T E dei ricoverati nel AMM1NISTRAZIONE o soccorsi 18 5 8 l numero annuo dei arti ascende a 600 irca. Quello degli spostiad altri 600. numero delle nu- Tici permanenti nell’ospizio, da 18 a 25. 66,179 58 Le Regie Patenti 15 ottobre 1822 stabilirono i regolamenti e determi- narono le attribuzioni dell’ospizio. La direzione e composta di un Presidente e di tre inembri. 3 A R r I C 0 L A RITA mmaestrate nelbostelricia in cib die riguarda la conoscenza dei parti naturali. numero dei parti artificiali, a norma di un calcolo fatto in un deccnnio, c el 2 per 0(0. S’iinpiega esclusivamenteTallattamento artificiale pei bambini >spetti di lue. II servizio interno e l’assistenza dei bambini sono esclusivamente ifidati alle Suore di Carita, ossia di S. Vincenzo de’Paoli. La Regia Direzione a pure Eamministrazione dei trovatelli della citta e provincia di Torino, di cui ene contabilita separata, e presenta l’annuale suo rendiconto all’ufficio d’ln- ndenza. 168 CAPITOLO DECIMO NOME DATA della della DESTINAZIONE OPERA PI A FONDAZIONE XI. 1 7o2 Destinata a soccorrero le puerpere a domicilio. COMPAGNIA DELLE PLERPERE OSSERFAZIONI J L’ instituzione di qucsta Compagnia e specialmente doyuta alia Regina Polissena Cristina d’Assia, moglie del Re Carlo Emmanuele in. — Venne SPECCHIO DELLE OPERE PIE 169 NUMERO RENDITE ei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi 18 5 8 467 (nel 1855) Amministrata da una Priora, una Tesoriera, una Segretaria e varie Ispetlriei. RTICOLA RITA nicamente eretta nella cliiesa di S. Teresa. — S. M. la Regina n’e Priora etua. 8 170 CAPITOLO DECIMO NOME della OPERA PIA DATA della FONDAZIONE DEST1NAZIONE XII. 1580 Prorauoyere l’industria nel ceto povero e ] curare ai gioyanetti un’educazione cristiana,' mezzi d’imparare un’arte per la loro sussiste It. ALBERGO Tutti i giovani natiyi dei It. Stati, cattolici, DI nesti natali e privi o scarsi di beni di fortuna, ] sono esseryi ammessi. VIRTU. O S S E R V A Z l ONI Fondatodalla Compagnia di S. Paolo edassunto da Carlo Eimuanuele i sot sua special protezione. Le arti che vi s’imparano, sono la fabbricazione di s e di nastri in seta, di galloni, di calze, di stoffe in lana, l’arte del chiavaji dell’ebanista ecc. I lavori e i prodotti dei medesimi sono a carico dei ma SPECCHIO DELLE OPERE PIE 171 NUMER.0 RENDITE Jei ricoyerati n el AMMINISTRAZIONE o soccorsi 18 5 8 135 54,919. 91 La Direzione c composta di tre per- sonaggi noiuiuati daS. M. Due ecde- siastici, Rettore l’uno, Vice-Rettore l’altro, ne yigilano l’interno, ed lianno in cura l’istruzione religiosa. articolarita 3 hanno l’obbligo di adoperarsi per la buona riuscita degli allievi, e di som- nistrare lavoro proporzionato ai progredimenti die fanno nell’arte che parano. II 172 CAPITOLO DECIMO NOME DATA della della IIEST1NAZ10NE OPERA PIA FONDAZIONE XIII. Antica l’ori- gine. Riordi- nato con R. Questo pio instituto e un misto di ospizio c spedale. Come ospizio riceve i poveri d’aml SPEDALE Editto 7 aprile sessi nativi di Torino, suoi borghi o territorio, 1717. i\ i domiciliati da alcuni anni prima d’essere rid DI all indigenza, non mono che poveri ragazzi ed CARITA La fondazione fani d ambo i sessi, figli legittimi di poveri ge (ori, che non sono in caso di poterli inanlenere Boggctto educare cristianamente. Come spedale ricev 1754. poveri infermi uomini e donne de’R. Stati, e p ticolarmente quelli che trovansi affetti da malal comunicabili e sifililiche (e quest’ultima la fon zione fatta dal banchiere Luigi Boggetto, che porta tuttora il nome). OSSERVAZIONI llriordinamcnto di quosto ospizio nel preaccennato anno 1717 non segna il secondo tentati\o fatto dai Duclii di Savoia per isbandire la mendicita. fino dal 1628 Carlo Emmanuele n avearicoverato gli accattoni nell’ospizio d Carita. Ma riesciti vani quei tentativi, il grande Vittorio Amedeo n vi si accii ed ordinato con sua legge die fosse proibito il mendicare, apriva un ricovei tutti i bisognosi nel da lui ripristinato ospizio della Carita. L’opera che all venne alia luce col tilolo La mendicita sbandita, dimostra come fin da c tempi fossero sentite ed apprezzate le difficolla die s’incontrano nella ris< zione d’uno de’piu importanti problemi dell’economia politica. 1 ricove SPECCIIIO DELLE OPERE PIE 173 IsT'MERO R E N D I T E lei ricoverati nel A M M l AT ST R A Z10 V E o soccorsi 18 5 8 popolazione in- na dello spedale al primo genn. 19 di 294 giovani, ) fanciulli, 141 alidi, 265 donne alide;enel ritiro Boggetto 25 uo- lini, 28 donne. 552,766. 44 ConRcgioBrevetto 12 maggio!858 S. M. approvo un nuovo regolamento per P ospizio di Carila, che e gover- nato da una Congregazione, composta di 3Ions. Arcivescovo presidente, di dueCavalieri della Corte,l’uno eccle- siastico, l’altro secolare, d’un Sena- tore, d’un Collaterale, dei due Sindaci e di due Decurioni della Citta, di due membri della Compagnia di S. Paolo e di 24 membri clettivi. 4 RTICOLARIT A juest’ospizio lavorauo tappeti, tessuti in lana, merlctti, bionde ecc., e le manifalture per ben due volte furono premiate d’una medaglia d’oro all’e- sizione deiprodotti dell’industrianazionale. Vi hapurcuna scuoladi musica, data dal Re, onde formare allievi per la sua Regia Cappella.—Servizio sani- io: due medici ordinarj, due straordinarj. Pel servizio chirurgico vi ha il fessorc di chirurgia teorico-pratica nella R. Universita, il quale fa pure la lica dei morbi sifilitici; un altro professore di chirurgia in qualita di chi- go assistente; un cliirurgo assistonte che risiedo nello spedale, c qualtro evi interni per la flebotomia. 174 CAPITOLO DECIMO NOME della OPERA PIA DATA della FONDAZIONE DESTINAZIONE XIV. Venne aperto Come ospizio celtico, e destinato a curare Edificio dell’ ERGASTOLO nel 1858 donne iufette di malattie sitilitiche. deslinato a carcere correzionale delle donne e ad ospizio celtico. 0 S S E R V A Z I O N I Quest’ospizio venne fondato nel 1776, e fu quindi aggregate) al Correziom delle prostitute eretto con R. Brevetto 28 maggio 1856 nell’edifizio che ( serviva d’Ergastolo presso Torino. L’ospizio e diviso in tre classi — femmi di partito condottevi dalla forza — venute volontarie — povere infelici veni SPECCHIO DELLE OPERE PIE 175 NUMERO rendite dei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi 18 5 8 Sotto la direzione della R. Segre- teriadiStatoper gli affari dcll'interno. ART ICOLARITA r farsi curare gratuitamente. Le Suore della Carita hanno la cura d ambo gli bilimenti (Vedi le notizie su questo Correzionale , nel capitolo Instituziohi nitenziarie). Un medico, un chirurgo primario, un chirurgo assistente, ed allro che risiede nella casa fanno il servizio sanitario dello stabilimento. CAP1T0L0 DEC1MO 1/0 NOME della OPERA PIA DATA della FONDAZIONE XV bestinazione 1858 RICOVERO m MENDICITA. Destinato a ricoverare i mendicanti d'ambt sessi e d’ogni eta della citta e provincia di Torifi 0 S S E R V A Z I 0 N I Non yenneaperto che il 10 gennaio 1840 in due case, una propria d’ui societa d’azionisti, che ne cedette 1’uso alia pia Societa, l’altra nel castello ' in0v0 ? proprio della Citta di Torino, la quale lo mise a disposizione della S cieta.—11 yitto e di oncie 18 pane buono e due abbondanti minestre.—Richie dendolo molivi di salute, si da vitto migliore e vino. — Tutti i ricoverati v SPECCHIO DELLE OPERE PIE 177 NUMERO R E N D I T E dei ricoverati net AMMINISTRAZ10NE o soccorsi 18 5 8 498 (4840) Proventodelle sotto- scrizionidei Socii, ed obblazioni private. La somma riscossa in tal modo oltrepassa le lire 200,000, og- gid'i 1° luglio 1840. L’amministrazione del ricovero e affidata a 31 Socii, eletti in congrega generale di tutti i soscrittori. Questi 31 Socii scelgono tra loro sette Ammi- nistratori , formanti una Direzione permanente, la quale, insieme con quattro Amministratori per turno di quindicina, regge tutto l’andamento del ricovero. PAR TICOLARITA ;tono uniforraemente, c dormono soli. — S’introdussero alcum lavorn, special- nente nella casa di Torino. La meta del prodotto del lavoro spetta al ricoverato, die ha pero solo la facolta d’impiegarne un quarto, l’altro quarto \iene custo- lito in fondo di riserlio. — La mendicita sbandita merce di largizioni spon- anee e splendido argomento del progresso della civilta in Torino. *8 178 CAPITOLO DECIMO NOME DATA della della DEST1NAZIONE OPERA PIA FONDAZIONE XVI. 1758 Serve di ricovero a povere zitelle che lavoran — attorno a lanifizj, a manifatture seriche e di co tone, a biancheria e ad ogni sorta d’opere don RITIRO DELLE ROSINE nesche. 0 S S E R V A Z I 0 N I Rosa Govona, povera fanciulla di Mondov'i, ivi fondo quest’instituto n( 1740. Venuta in Torino nel 1755, ebbe incoraggiamento dal Re Carlo Ein manuele hi che approvando l’instituzione di questo ritiro, l’accolse sotto 1 sua special protezione. L’Opera dee mantenersi di tutto col lavoro delle rico SPECCHIO DELLE OPERE PIE 179 NUMERO dei ricoverati 0 soccorsi R E N D I T E nel ■18 3 8 AMMINISTRAZIONE 380 73,000 Amministrato da una Direttrice (1833) primaria scelta tra le Maestre, da un Direttore ecclesiastico e da un Diret- tore negoziante nominate da S. M. A RTICOLARITA rate. Queste se nel primo anno s’adattano al vitto ed al lavoro loro confidato, ssono riraanervi per tutto il tempo di loro vita. Altre case di quest’instituto avansi stabilite nei R. Stati, tntte dipendenti dalla casa centrale di Torino. 180 CAP1TOLO DECIMO NOME della OPERA PIA XVII. REGIO RITIRO DELIA PROVIDENZA DATA della FONDAZIONE Neiprimianni del secolo xvii DEST1NAZIONE Gli esercizj di cristiana pieta, l’ammaestramen in ogni sorta di lavoro, l’econoinia domeslica'j un’acconcia disciplina di leltere, forraano la si stanza dell’educazione che si porge alle giovani i raccolte. OSSEllVAZIONl \ Carlo Eminanuele hi nel 1735 innalzo quest’Opera all’onore di R. Institi con accoglierla sotto la sua protezione, e nel 1748, determinandone i regf SPECCH10 DELLE OPERE PIE J81 NUMERO RENDITE dei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi 18 3 8 130 61,059. 12 La Direzione e coinposta di un Capo e Protettore Cavaliere dell’Ordine Supremo, di una Dama direttrice e di quattro Direttori, due dei quali ecclesiastici. PAR TICOLARITA menti, le assegno cospicue rendite, e le comparti insigni privilegj. - Vi sono pensionarie Regie e particolari, e posti di particolari fondazioni. 182 CAPITOLO DEC1MO NOME DATA della della destinazione OPERA PIA FONDAZIONE XVIII. 1822 Ha per fine di somministrare alle zitelle perico- — lanti un ricovero, nel quale ricevono un’educa- 1 CONSERVA- zione cristiana e sono ammaestrate in ogni sorta di lavori donneschi. TORIO DEL ROSARIO 0 RITIRO DELLE SAPELLINE o S S E li v A Z I 0 N I E II padre Sapelli, Domenicano, fu il fondatore di quest’Opcra, clie l> Augusta nostra Sovrana si degno accogliere sotto la sua special protezione. - La Dire- zione interna dell’opera e affidata alle Terziarie Domenicano. SPECC1II0 DELLE OPERE PIE 183 NUMERO R E N D I T E dei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi 18 3 8 Con Sovrano provvedimento 50 gennajo 1829 vennero nominati cin- que Araministratori a quest’Opera. ? A R TICOLARIT A 184 CAPITOLO DEC1MO NOME della OPERA PIA DATA della FONDAZIONE 1 I DESTINAZIONE XIX. 1550 Vi si ricoverano liglie povere, orbate di padre di madre. Debbono esser natie della citta o d comuni della diocesi di Torino ove non sia orfanc MONASTERO trofio, non minori d’anni 8, ne inaggiori di li TAFT T F. Vi riceyono educazione religiosa ed instruzior POVERE conveniente ne’lavori piu vantaggiosi alle donm ORFANE OSSERFAZION1 E diretto dalle Suorc di S. Giuseppe. Vi sono varj posti di privata fond zione. 8PECCH10 DELLE OPERE PIE 185 NUMERO RENDITE dei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi. 18 3 8 Non fisso, raa in iroporzione delle rendite annuali dell’Opora. 36,133. 48 Eon Sovrana prowisione 51 gen- najo 1852 fu da S. M. approvato un regolamento per questo ritiro, il quale viene ammiuistrato da una Con- gregazione di Direttori e di Diret- trici, presieduta da M. r Arcivescovo. 186 CAP1T0L0 DECliWO NOME della OPERA PIA DATA della FONDAZIONE DESTINAZIONE XX. 1778 REGIO RITIRO DELLE FIGLIE MILITARI Attendono ad esercizj di cristiana pieta ; son aminaestrate in ogni sorta di lavori donnesclii ricevono sufficiente istruzione di lettere. OSSERFJZIONl Nel 17641a Corapagnia del SS. Sudario institui nella sua chiesa una regolai instruzione religiosa per la milizia, e i fratelli ecclesiastici occupavansi i ispecie dell’instruzione delle giovani figlie dei militari: se ne ricoveraror alcune fra le piu bisognose in una casa presa a pigione, finche favorito l’inst SPECCHIO DELLE OPERE PIE 187 NUMERO dei ricoverati o soccorsi KBNDITE nel 18 5 8 70 18,148. 79 Direzione composta di cinque di- stinti personaggi e d’una Dama Di- rettrice, e presieduia dal Primo Presidente della Regia Camera dei Conti. PARTICOLARIT A uto dalla principessa Cristina Enrichetta di Savoja Carignano, venne dal Re ittorio Amedeo hi con R. Patenti del 1779 accolto sotto la sua protezione, e onvenientemente dotato. 188 CAPITOLO DEC1MO M 0 M E della OPERA PIA DATA della FONDAZIONE DEST1NAZIONE XXL 4 776 Ammaestrare i poveri d’ambo i sessi nei dc veri di religione e nolle opere di pieta; insegm loro a scrivere, leggere e conteggiare, far loi OP Ell A apprendere un’ arte o mestiere, sussidiarli nt DELLA sostentamento, procurar loro collocamento ancli MENDIC1TA con dotazioni a poyere figlie, sono i fini che si pro INSTItUITA pone quest’Opera pia. 0 S S E R FA Z I 0 N I Venne instituita dal conte Giuseppe Sau Martino d’Aglie e dal sacerdo Lorenzo Clietto. La Corporazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane (Ignorai telli), stanziata nel convento di S. Pelagia, dirige i fanciulli del sesso mascliili *PECC1I10 DELLE OPERE PIE 189 NUMERO REND1TE dei ricoverati riel AMMINISTRAZIONE o soccorsi 1 8 5 8 56,000 L’amministrazione e composta di un Presidente e di undid Direttori nominati dal Re, i quali si riparti- scono le varie cure ed ispezioni. ART! COLARITA : femmine sono ammaestrate dalle Suore di S. Giuseppe. — Chiamansi Assi- enti dell’Opera pie e zelanti persone chc assistono alle congregazioni dei overelli, facendo loro il catecliisino, mossi da pura carita crisiiana. 190 CAPITOLO DECIMO NOME DATA della della I)ES INAZIONE OPERA PIA FONDAZIONE XXII. SALE D’ASILO OSSIA SCUOLE INFANTILI 1825 Destinate a custodire, nutrire in parte ed ed care i bambini dei poveri dall’eta d’anni due sei. Queste scuole tendono alio scopo d’isolare bambini della plebe dalla corruzione cui sarebbe esposti, d’instruirli e tutelarli sino all’eta in c si puo far presagio di tutta la condotta avvenir e di dare l’esempio e l’occasione di una migli educazione alle madri di famiglia. OSSERFAZIONI 11 marchese Tancredi Falletti di Barolo fu il primo ad aprire un asilo j l’infanzia in Torino nel 1825, e cosi quattro anni prima di quelle dell’Apor — Poco tempo dopo un altro se ne apri nella casa del signor conte Valperga Masino ; e nel 1838 un nuovo se ne instituiva per munificenza Sovrana pre SPECCH10 DELLE OPERE PIE 191 NUMERO dei ricoverati o soccorsi RENDITE nel 18 3 8 AMMINISTRAZIONE 11 nuraero dei Sono private, e vengono dirette dai 'anciulli ricoverati loro fondatori. Una Societa si e re- negli asili si crede di 600 circa. centemente instituitaper promuovere cotesle benefiche instituzioni. PARTICOLARITA e scuderie Ucali. La Societa sovraccennata si formo nel 1839, ed ha per stituto di estendere il beneficio delle Sale d’Asilo a tutti i quartieri della citta. r edi I’opera del cav. Boncompagni suite Scuole Infantili. Torino, 1859. CAPITOLO DECIMO NOME DATA della OPERA PIA della FONDAZIONE DESTINAZIONE XXIII. OPERA PIA DEL RIFUGIO 1822 Serve di ricovero volontario e gratuito a quell donne che, scontata la pena dei loro falli, o form di lasciar la strada del yizio, danno prove di u vero pentimento e dimostrano la risoluzione d perseverare nel bene. 0 SSERVAZIONl , Quanto riflette questa pia instituzione e descritto negli schiarimenti sug Istituti penitenziarii presso Torino, art. 5°. SPECCHIO DELLE OPERE PIE 195 NCMERO R E N D I T E dei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi 18 3 8 70 circa I lavori donneschi. pietose largizioni, e volontarie liraosine sopperiscono alle spese di quesla instituzione. A R T I C 0 L A RITA 194 CAPITOLO DECIMO NOME della OPERA PIA DATA della FON'DAZIONE DESTINAZIONE XXIV. 1(100 Riceve gl’ infedeli d’ogni sella che amano ab bracciare la fede Cattolica, i quali vi sono mante nuti sino a che istrutti nei dogmi della nostr OSPIZIO santa Religione, abjurano gli errori loro e son DEI CATECUMENI battezzati nella Metropolitan. OSSERVAZIONI In quest’Ospizio entro il 12 aprile 1728 Gian-Giacomo Rousseau per rinui ziare al Calvinismo. SPECCHIO DELLE OPERE PIE 19b NUMER.0 RENBITE dei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi 18 3 8 ,865. 87 L’amministrazione si compone di 12 Membri della Confraternita dello Spirito Santo, cui presiede il secondo Presidents della Regia Camera dei Conti PART ICOLAR1TA m CAPITOLO DECIMO NOME DATA della della DESTINAZIONE OPERA PIA FONDAZIONE XXV. 178G Ricevonsi vedove di civil condizione, mediante un tenue corrispettivo ed anche gratuitamente. REGIO CONVITTO DELLE VEDOVE NOB1LI 0 S S E R V A Z I 0 N l E Giace sui colli presso Torino, e ne fu fondatrice S. A. R. Madama Felicita sorella del Re Vittorio Amedeo m. SPECCI110 DELLE OPERE PIE 497 NUMERO R E N D X T E dei ricoverati nel AMM1NISTRAZIONE o soccorsi 4 8 3 8 72,330. 83 L’amministrazione e affidata ad una Dama Direttrice, e ad un Cava- liere Direttore, scelti da S. M. — Nuovi regolamenti yennero dati a quest’Instituto nel 4823 dal Re Carlo Felice. PARTICOLARITA CAPITOLO DECIMO 198 NOME della OPERA PXA XXVI. COMPAGNIA DATA della FONDA7.IONE Incertaladata della fonda- zione, ma antichissima. DEST1NAZIONE Primario scopo delle sue cure e consolare i detenuti ed i condannati coi dolci conforti della Religione, e sollevar la loro condizione, sorami- nistrando loro alimenti ed iudumenti. DELLA MISERI- COUDIA OSSERVAZIONI 1 Questa Compagnia e sotto il titolo di San Giovanni Battista. Con Bolla Pon- tificia del 1581 venue aggregata all’Arciconfraternita della Misericordia di Roma. SPECCIIIO DELLE OPERE PIE 199 NUMERO dei ricoverati o soccorsi R E N D I T E nel 18 3 8 4MM1NISTHAZIONE 52,563. 66 Parecchi Uficiali della Compagnia ne amministrano le sostanze e ne dirigono il reggimento sotto la presi- denza d’rn Governatore. I suoi sta- tuti vennero approvati con Patenti dell’8 aprile 1823 dal Ro Carlo Felice. P A RTICOL A RITA 200 CAPITOLO DECIMO NOME della OPERA PIA XXVII. DATA della FONDAZIONE 1838 DESTINAZIONE R. SCUOLA NORMALE DEI ISORDO-MUTI II nome stesso De indica la destinazione, quelle cioe di fare maestri per l’ammaestramento dei sordo-muti. 0 S S E R V A Z I 0 IS I * 11 celebre abate de !’Epee si rendeva benemerito dell’umanita, procurandi solhevo a quegli infelici die, nati privi dell’udito e della favella, erano con- dannati a yivere quai bruti e di miserando peso all’uinano consorzio. Un Ponci nella Spagna, un Wallis in Inghilterra, un Vanhelmont nell’Alemagna si lan- ciavano pure in quel nuovo sentiero aperto alia carita; ma senza ricorrere ad oltremontane contrade, volgiamo la mente nostra e tutta tributiamo la nostra riconoscenza a quel sommo Padre Assarotti, d’eterna, dolcissima ricordanza. SPECCHIO DELLE OPERE PIE 201 NUMERO dei ricoyerati o soccorsi RESDITE nel 18 58 AMMINISTRAZIONE 12,352. 15 Amministrata da una Direzione presieduta dal suo fondatore l’Ecc. 0 Cav. di Collegno. I suoi regolamenti vennero sanciti con R. Brevetto 19 settembre 1838. 'A R T I C 0 LA R I TJ gli e questi che in Genova e per l’ltalia tutta institui e perfeziono il pietoso mmaestramento de’sordo-muti ». — II prinio a stabilire una di queste scuole i Torino fu il signor Giovan Battista Scagliotti di Varallo prima ancora del 819, anno in cui la Citta stanzio che un allievo povero vi fosse mantenuto a le spese._La direzione della Scuola norniale e affidata al sacerdote Bracco cquese. 26 202 CAPITOLO DECIMO NOME DATA della della OPERA PIA FONDAZIONE XXVIII. 1829. PICCOLA CASA BELLA givina PROVIDENZA DESTINAZIONE Yi si raccoglie senz’eccezione d’ eta, di sesso ( di nazione, qualsiasi infermo vi si presenti, ml preferibilmente quelli che per ragione del Ion morbo sono rifiutati dagli altri. — Yi si ricet- tano ragazze che sotto il nome di Orsoline e di Ge- noveffe yengono informate ai doveri della reli- gione ed ammaestrate nei lavori donneschi; si ospitano teneri fanciulli che vengono ainmaestrati nei rudimenti delle lettere per fame tanti maestri della classe popolare e poyera ; vengono pure istrutti del modo d assistere gl’infermi, di medi- carli e di preparare i rirnedj piu semplici; vi ha una scuola di sordo-muti, un orfanotrofio e due sale d’asilo e di ricovero per l’infanzia. OSSERVAZIONI L Quesl’instituzione marayigliosa che offre in se riunito quanto pub la cristiana carita, la Olantropia e lo spirito di beneficenza a pro dell’afflitta umanita, ehbe origine per opera di un solo. Questo rispettahile ecclesiastico, mosso a pieta dello sgraziato accidente d’una poyera donna straniera che, caduta d’un tratto malata, moriva miseramente menlre era qua e la portata per trovarle ricovero in qualche spedale, determinava di tener alcuni letti in pronto per andar all’incontro di cosi tristi eventi. Ma se poca cosa dapprima, hen tosto mercble cure del suo fondatore e la carita d’ alcune ricche e pietose persone fece di tanti progressi che mal si puo intendere come un ecclesiastico d’ogni altro mezzo sprovvisto, che dello zelo che inspira lareligione e l’amore dell’umanila, abbia potuto attuare e rendere fiorente un cosi vasto stabilimento che rendera sempre cara e yeneranda agli ammalati ed ai poveri la memoriadel benemerito suo fondatore. 11 Re cui nessuna bell’opera sfugge, e di cui egli non sia muni- SPECCHIO DELLE OPERE PIE 20a NUMER.0 RENB1TE dei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi 18 3 8 800 La Providenza Quest’ immenso stabilimento non ha che un solo Direttore, il suo fon¬ datore cav. canonico Cottolengo. • P ARTICOLARITA ico rimuneratore, ricompensava le cure del venerando Sacerdote, decorandolo [eU’ordine de’ SS. Maurizio e Lazzaro (1). (i) Le medaglie d’oro della societd Monthion e Franklin non vengono distri- niite ai soli Francesi , ma bensi con generosita cosmopolita alle persone alta- nente virtuose ed cfficacemente utili di tutti i paesi. Ede hello per noi Piemon- esi lo scorgere come la prirna ad andarne fregiata sia stata una nostra concit- adina, I’illustre fondatrice dell'Jstituto d’Arti e DIestieri di Novara, la contessa 3 ellini-Tornielli; e nell'anno 1836 il benemerito nostro canonico Cottolengo fondatore e sostegno della maravigliosa instituzione di onnigena caritd, intito- ata la Piccola Casa della Divina Providenza sotto gli auspicj di S. Vincenzo le’Paoli) cui fu trasmessa per mano di S. A. R. il duca di Savoja. 204 CAPITOLO DECIMO NOME della OPERA PIA DATA della FONDAZIONE DESTINAZIONE XXIX. 1840 Si da educazione a fanciulle di classe inferiore, insegnando loro il catechismo, il leggere, lo scri- yere, l’aritmetica ed i lavori feraminili per la CASA DELLE SUORE DI S. ANNA PRESSO LACONSOLATA tenue mensile pensione di L. 15. OSSERVAZIONI J Le Suore di S. Anna sono altresi destinate a spargersi per altri paesi. Due scuole sono gia tenute da esse ne’vicini villaggi di Altessano e Santena. L’in¬ stitute delle Suore di S. Anna einteramente pensiero ed opera della marchesa SPECCHIO DELLE OPERE PIE 205 NUMERO dei ricoverati o soccorsi RENDITE nel 18 5 8 AMMINISTRAZIONE Le Suore sono nurnero di 50, Un Direttore ecclesiastico ne inyi- ossonoascendere 0.— Le allieve29, iossonoascendere a 100. gila l’andaraento. A R TICOLARITA lletti di Barolo. Essa lo hacreato, ed ha fatto edificare a sue spesela casa che contiene; essa lo ha dotato e lo sorregge. 206 CAPITOLO DECIMO NOME DATA della OPERA PIA della FONDAZIONE DESTINAZIONE XXX. REGIO STABILIM.* 0 ORTOPEDICO 1825 Deslinato a curare varie storpiature del cor] umano, come sono quelle che sconciano i pie (pieditorti), le gambee le ginocchia (vari e valq e la colonna vertebrale ondc si forma il gobl (scoliosi). OSSERVAZIONI Collocliiamo lo Stabilimento Ortopedico tra le Opere pie, perche la yen randa Compagnia di S. Paolo che ogni cosa sa rivolgere a caritatevoli fn seppe anche far profitto di questo utilissimo Stabilimento in servizio de’pove a tal die de’ 4000 curati a domicilio, 200 lo furono a spese della Compagni senza di che esso dovrebbe aver luogo tra le industrie sanitarie private. II Dott. Borella si travaglio varj anniper inventare, perfezionare eciinenta i suoi apparati, intesi a correggere le sconciature del corpo. Indi, fattili con SPECCH10 DELLE OPERE PIE 207 NUMERO R E N D I T E dei ricoverati nel AMMINISTRAZIONE o soccorsi 18 3 8 60 lo Stabilimento, 1,000 e piu a domicilio, el periodo di Dottore Borella, Institutorc e Di- l’ettore dello Stabilimento. 17 anni. d R T I COLARITA re, n’ebbe belle lodi dalla Reale Accademia di Torino, dall’I. R. Inslituto liano, dai celebri Scarpa, Palletta, Panizza, Cairoli ecc. S. M. gli diede una isione, la facolta di chiamar Regio il suo Stabilimento, coll'obbligo di farsi allievo. Lo stabilimento e in un’ainena villa presso Moncalieri, verso Te- na. E il primo di questo genere che siasi aperto in Italia. Prevale in merito i oltreinontani. Agli apparati del Borella nessuna lode e soverchia. 208 ( ^effe pete CONTE3SUTE NELL’ANTECEDENTE SPECCHIO 1. Spedale maggiore di S. Giovanni Battista e della Citta di Torino.pag. 148 II. Spedale maggiore de’Santi Maurizio e Lazzaro . . » 150 III. Spedale Militare divisionario.. » 152 IV. Opera e Spedale di S. Luigi Gonzaga.. V. Regio Manicomio ... 156 VI. Compagnia di S. Paolo.» 158 VII. Monti di pieta.. 160 VIII. Instituto di beneficenza ed Ufficio pio.» 162 IX. Dispensario Otlalmico.. X. Spedale della Maternita.» 166 XI. Compagnia delle Puerpere.» 168 XII. Regio Albergo di Virtu.■> 170 XIII. Spedale di Carita.» 172 XIV. Edificio dell'Ergastolo.» 174 XV. Ricovero di Mendicita.» 176 XVI. Ritiro delle Rosine.» 178 XVII. Regio Ritiro della Providenza.» 180 XVIII. Conservatorio del Rosario, o Ritiro delle Sapelline . » 182 XIX. Monastero delle povere Orfane.184 XX. Regio Ritiro delle Figlie Militari.» 186 f XXI. Opera della Mendicita instruita.188 XXII. Sale d’asilo, ossia Scuole infantili.» 190 XXIII. Opera pia del Rifugio. >192 XXIV. Ospizio dei Catecumeni.» 194 XXV. Regio Convitto delle Vedove Nobili.. XXVI. Compagnia della Misericordia.* 198 XXVII. Regia Scuola normale dei sordo-muti.• 200 XXVIII. Piccola Casa della Diyina Providenza.• 202 XXIX. Casa delle Suore di S. Anna.» 204 XXX. Regio Stabilimento Ortopedico.» 206 INSTirUZIONI R1CREATIVE Instituzione degua di qualunque [>iu ricca, piii colta e piu popolosa metropoli, e 1’ Accademia Filarmonica di Torino. Essa e ad un tempo medesimo un’utilita ed un trattenimento geniale; una specie di Conservatorio di musica ed un ridotto di musicali concerti. La musica, questa dolce ed innocente rallegratrice degli animi, la quale oltre al serbarsi mai sempre nell’ illustre suo seggio di artebella, e divenuta a’di nostri 210 CAPITOLO UNDECIMO anche un’arte industriale di sommo rilievo per l’immensa quantita di denaro ch’ essa mette in rigiro, da gran pezzo fioriva, specialmente per la parte stromentale, in Piemonte. II famoso Gian Giacomo che si felicemente filosofo sulla musica, s’imparadisava nell’udire i suoni della It. Cappella in Torino. L’orchestra del R. Teatro non conosceva altra emula fnor quella del Teatro di S. Carlo in Napoli. Ed a cui sono ignoti i nomi de’tre grandi violinisti piemontesi dello scorso secolo, Pugnani, Viotti e Giardini? 11 primo, in un viaggio fatto per V Europa, desto l’ammirazione di Caterina n e di Fe¬ derico il Grande. L’ entusiasmo eccitato dal Viotti in Parigi ed in Londra trascende ogni credere anclie per gli odierni spettatori delle maraviglie operate in questo genere dal Paganini. A1 Giardini attribuiscono gl’In- glesi la gloria di aver perfezionato l’arte del suono nella lor patria (1). Parecclii egregj cantanti produsse pure il Piemonte; ma vi mancava una scuola di canto, ed a cio pro wide PAccademia Filarmonica di Torino. Fondavano questa ;I) il Giardini 6 meno de’due altri conosciuto in Piemonte sua patria, perchfi ne visse quasi sempre lonlano. La Penny Cyclopaedia gli consacra un articolo, dal quale trarremo i seguenti brevissimi cenni. Felice Giardini nacque in Torino nel 1716, studio musica in Milano, e in eUt di 17 anni era nell’orchestra dell’opera in Napoli. Giro poi la Germania, e nella capitale della Prussia il suo violino fu chiamato operator di portend. Nel 1750 passo in Ingliilterra, « ove ben presto oltenne ogni situazione di onore e di prn- filto, che un gran violinista possa conseguire nella capitale Britannica ». Voile piu tardi far l’impresario di tealro, e cio lo condusse in rovina. Sfor- tunato nolle sue imprese teatrali per mancanza di aceorgimento e di buona economia, mori poverissimo in Pietroborgo nel 1796. Scrisse anche musica, ed alcune sue composizioni vengono tuttora ammirate dagli amatori della pura melodia. Egb era dotato di vivace immaginativa e di gusto squisito. INSTITUZI0N1 RICREaTIVE 211 Accademia nel 1815 alcuni giovani dilettanti die nel suono e nel canto cercavano unicamente un sollievo alle cure della vita operativa. Da si tenui principj ella crebbe alia presente altezza, perclie incamminata poscia nelle vie del progresso continuo da uomini gravi, tra’quali l’aw. Billotti di lagrimata menioria die per piii anni ne fu il Presidente, e perche suffolta dal favore e dai benefizj de’nostri lie, il cui nome ritorna semprenell’ istoria di tutte le nostre lodevoli instituzioni. « L’ Accademia Filarnaonica, posta sotto laprotezione di S. M., ha per fine di promuovere lo studio della mu- sica coi mezzi piii acconci, e particolarmente conEserci- tazioni e con Veglie si private die d’invito, e coll’iri- segnamento gratuito della musica » (1). E composta di Socj cffetlivi e di Socj aggregati. Questi ultimi si dividono in Accademici d’onore,—Aggregati residenti, — Accademici emeriti. Gli Aggregati residenti non possono eccedere i 40; indeterminato e il numero degli altri. I Socj etTettivi, il cui numero non puo tra- valicare i 150, formano la parte vitale e pagante dell’ Accademia. Essi eleggonsi fra loro a voci segrete. Pre- sentemente sono 1*25. Paganolire 130 di buon ingresso, e lire 150 di annua retribuzione. Il Re ha assegnato a quest’Accademia la sornrna annua di lire 3,000. La Scuola gratuita di canto e governata da savj rego- lamenti che troppo allungheremmo a riferire (2). Il corso (1) Statuto di essa, 1839.—Qiiesto statuto 6 un modello nel suo genere. (2) Ne citeremo soltanto il secondo articolo ch’6 dei pin fondnmentali. — 8 Sono ammessi alia Scuola del Canto i giovani d’ ambo i sessi, d’eth non maggiore di anni 20, nati da onesti genitori, e di condotta irreprensibile, i quali abbiano avuto il vajuolo o siano stati vaccinati , sappiano leggere c acrivere, abbiano mezzi di onorata sussistenza, siano dotati di voce formata, e diano segni di buona riuscita nel canton. 212 CAPITOLO UNDECIMO dello studio e di sei anni, diviso in egual numero di classi. Direttore di questa scuola e presentemcnte il cele- bre maestro Coccia; egli soprantende a’ professori e maestri. La Commissione Filarmonica veglia, in com- pagnia del Direttore, al buon andamento della Scuola. Si fanno esami mensili, trimestrali ed annui: negli an- nui si distribuiranno premj, ossiano medaglie d’onore in vario metallo,a norma del merito. Una bella partico- larita di questa Scuola e la vigilanza che sulla classe delle fanciulle eserciscono le Direttrici. Queste Diret- trici sono gentili e benefattive signore, scelte dal Con- siglio tra le mogli cle’Socj effettivi. L’assidua loro pre- senza e le amorevoli loro cure non solo mantengono nella classe delle fanciulle la piii illibata decenza, ma temperano pure queste giovinette all’ urbanita de’co- stumi, cosa di grandissimo momento per allieve che appartenendo spesso a famiglie del popol minuto, ab- bisognano eziandio cl’ imparare t|uelle eleganti forme del viver sociale che il Teatro, a cui voglion dedicarsi, oggigiorno richiede. — Parecchi cantanti, applauditi sui teatri europei, gia sono uscitida questa Scuola, la quale governata ora per quanto si riferisce a musica, meglio che per lo innanzi, si mostra promettitrice di sempre migliori successi, ed annovera allieve che gia c’in- ducono a presagirne le teatrali corone. La Scuola di canto e la parte piii utile dell’Accade- mia Filarmonica, ma non n’e la sola utile: impercioc- che le Esercitazioni e le Veglie giovano a mantenere nella citta l’amore della musica ed il buongusto in que¬ sta nobilissima arte. Ne dee trasandarsi, anclie dal lato dell’utihta, il lustro che recano a Torino le Veglie d’invito dell’Accademia. Ognuno che abbia sentimento I VST IT U Z101ST RICRK A TIV E 215 d’Economia Politica cio intende abbastanza. Ma non dob- biamotacere die queste Veglie, sempre belle e piacevoli, riescono talvolta magnifiche in maniera die lo straniero suol restarne maravigliato. A crescerne la splendidezza poi torna assaissimo la sontuosita del palazzo Accade- mico. Perocche l’Accademia, applicando felicemcnte le massime dell’associazione, dell’ imprestito e dell’estin- zione , compero nel 1858 per suo servigio il palazzo del Borgo, edificato e decorato a guisa di principesca dimora (1). Ne contenta a cio, voile ancora ediQcare di cima in fondo una nuova sala de’Concert!, la quale per ampiezza e per ornamento terra bel luogo tra le piu belle d’ltalia. L’esercizio del tiro a segno coll’archibugio o colla carabina rigata e il prediletto passatempo de’ popoli abitanti le Alpi. Dalle valli che mandano le loro acque al Danubio lino a quelle che le versano nel Reno e nel Rodano, il viaggiatore ode l’eco de’monti ripetere il suono de’colpi con cui si tira al segno nelle citt'a e ne’ villaggi dell’ opposta alpina pendice. Quest’ esercizio vi e spesso l’unico divertimento pubblico. 11 vincitore va lieto e baldo del riportato premio, ed il bersaglio pertugiato da palle , del quale egli ha colpito il bel mezzo, si conserva nelle famiglie quasi coll’orgoglio con che gli antichi Greci conservavano la corona di silvestre ulivo guadagnata negli Olimpici ludi. Molte (I) Si crearono per I’acquisto e per gli opportuni racconciarnenti 200 a ziom di 2,250 lire caduna. Esse fruttano il 4 per 0|0 all’anno sino alia loro estra- zione a sorte, e quindi un annuo e perpetuo canone del 5 per 0|0, da prin- cipiare poi che saranno estinte tutle le 200 azioni. Si assegno il I|2 per 0|0 per fondo annuo di estinzione. Per tal guisa le 450,000 lire che ahhisogna- rano, furono trovate in pochi giorni. 214 CAPITOLO UNDECIMO curiose singolarita, come awiene in Ciamberi, accom- pagnano ivi quel giuoco, e il viaggiatore che le esa- mina e sludia, crede di rivivere in secoli di costumi aflatto diver si. I Piemontesi, collocati sotto le Alpi, di cui i loro Principi sono gli armati guardiani, ed amanti per in¬ dole de’militari esercizj, ebbero il tiro a segno mai sempre in amore. In molte nostre citta rurali, in molti nostri viliaggi, il periodo di tempo in cui dura il Giuoco del Tiro, e un periodo di allegrezza e di festivo concorso. Ci aveva altre volte in Torino un Tiro a segno, collo¬ cate nel Borgo della Dora, ma era umile ed oscuro trattenimento (1). Una Societa di elette persone diviso di ringiovanire, rimbellire e rannobilire quest’eserci- zio. Essa congregossi nel 1837, ed ottenne il titolo di Regia. Gli augusti ligliuoli del Re ed il Principe di Sa- voja-Carignano non isdegnarono di fame parte. S. M. ne approvo lo statuto (2). (1) Her ait re volte qui intendiamo dire venti o trent’anni fa. Ch6 del resto il Tiro del pappagallo col re areftibugiere era antica instituzione di Torino , della quale ei toccherh riparlare. (2) Trascriviamo le parole con che principia 1’atto della Regia approva- zione:— « Ravvisando noi nell'esercizio del Tiro al hersaglio un mezzo atto a promuovere viemaggiormente lo spirito d’ttnione fra le persone distinte di questa nostra capitate, e procurare ad un tempo alle medesime un tratte¬ nimento dilettevole non mono che utile, ci siamo percio gih prima d’ ora disposti ad autorizzare lo stahilimento nella citt& nostra di Torino di una Societk del Tiro a segno, e le abbiamo altresi fatto facoltJi di qualificarsi eol titolo di Regia Society , e di festeggiarne pubblicamente in ogni anno l’instituzione. Ora pertanto che per essere compiuto il numero prefisso dei Socii , trovasi detta Society formalmente costituita , ci ha la medesima sup- plicati perchd ci degnassimo di rivestire della Nostra approvazione lo statuto a cui essa £ devenuta. Avendo noi riconosciute le regole contenute in detto INST1TUZI0M RICREATIVE 2l5 Una parte de’giardini attigui al Castello del Valen¬ tino , assegnata dalla muniGcenza Sovrana agli esercizj della R. Societa del Tiro a segno, vide sorgere con singolare rapidita un vago edifizio, idealo a tal fine, ma poi rimasto imperfetto. II cavaliere Felice Romani die con tutta cura ne descriveva il disegno, cosi ter- minava immaginosamente il suo articolo: « Tale e l’e- difizio ideato dal valente sig. Sada, secondato valida- mente dal consiglio dell’ inclita Societa; e tale e il campo preparato per gli esercizj della Societa mede- sima che all’ ingegno di lui lo commise. Quand’ esso venga compiuto in quel modo che fu concepito e in- cominciato, oso ripetere che nessuna citta d’Italia, non che d’oltremonte, possedera un monumento (di tal genere) magnifico ed elegante al pari di questo. E verranno gli stranieri ad ammirarlo, ed applaudiranno al generoso divisamento che gli diede origine, e al no- bile scopo a cui tende. Commenderanno, come noi com- mendiamo, le savie norme onde sifl'atta instituzione e governata, l’utilita unita al diletto, l’emulazione senza invidia, l’esercizio senza pericolo, e tornando nelle loro terre, porteranno seco una dolce ed onorata rimem- branza della magnanimita e gentilezza piemontese. A noi questo istituto sara sempre un oggelto di orgoglio na- zionale. Qui verranno ad istruirsi i giovani, speranza della patria, nell’uso delle armi volute dall’eta nostra come gli antichi si esercitavano alia spada e alia lancia Statuto conformi alle Nostre intenzioni , percio mentre col presente confer- miamo le coneessioni prima d'ora da Noi fatte, come sovra, alia sud- detta Regia Society del Tiro a segno, abbiamo approvato, come approviaroo lo Statuto, che, ecc. ecc. ». <216 CAPITOLO UNDECIMO nelle giostre e nei torneamenti: qui, come allora , i nobili cuori si educheranno al valore ed alia cortesia; qui le indite prove avranno talvolta ricompensa al co- spetto della bellezza; qui le adunanze saranno ralle- grate dal soave sorriso di quell’ amabile porzione dell’ uman genere; « Senza la quale ogni letizia e muta » (1). La R. Societa del Tiro e governata da uno Statuto e da Regolamenti die sono molto elaborati, come per siffatte cose ora in Piemonte e costume. I suoi Socj sono 150 Ordinarj e 50 Annuali, che in queste due classi stanno distinti (2). Gli Ordinarj pagano lire 50 di buon ingresso, ed una retribuzione annua, determinata secondo i bi- sogni, ma che non puo trapassare le lire 80. Gli An¬ nuali non vanno soggetti che alia seconda. Gli esercizj del Tiro durano d’ordinario tre mesi. Oltre a’Socj pren- dono parte al Tiro anche i loro invitati (3). La Societa festeggia ogni anno la ricorrenza della sua instituzione. Ella da pure tratto tratto qualche adu- nanza serale o per dir meglio qualche festa da ballo, a cui conviene il Core delle gentili. La vaghezza del luogo in que’ giardini bagnati dal Po e fronteggiati dai colli, l’illuminazione largamente sparsa tra gli alberi e i fiori, le cortesi accoglienze, il lauto servizio, l’elegante (1) Gazzelta piemontese. (2) Gli Ordinarj debbono essere resident!, almeno a tempo, in Torino, e s’obbligano per cinque anni.Gli Annuali formano una classe speciale riserbata ai soli Uffiziali del presidio. (3) Son da notare in queslo Tiro la fatlura e il collocamento delie feritoje: a imperciocche il cav. Cavalli, ca|iitano d’ artiglieria , le ha ideate e disposte in maniera, con una giudiziosa invenzione tutta sua , che dai colpi male diretti non possa derivare nocumenlo di sorta agli astanti*. INSTHUZIONI RICREATIVE ‘217 ordine e 1'universale letizia fanno di quelle adunanze una ricreazione di cui si serba un dolce ricordo. A piacevole esercitazione e ad incremento della bell’ arte del porgere e instituita I’Accademia Filodramma- tica. Ebbe principio nel 1828. I Socj sono partiti in Effettivi, Onorarj ed Emeriti. Gli Effettivi sono55:essi pagano lire 100 di buon ingresso, e lire 120 di retri- buzione annua. Questa Societa che dalla sua fondazione in poi mai non eesso dal mostrarsi fedele al suo titolo, ond’ ebbe favor dal Governo, e ora in via di segnalato progresso. Essa sta facendo edificare un’elegante e spa- ziosa sala, disposta acconciamente per le sue rappre- sentazioni drammatiche; il maggiore spazio cosi otte- nuto le dara facolta di allargarsi pure nel numero de’ Socj (1). Fra gli Onorarj, il cui elenco presenta i nomi di Al¬ berto Nota, Felice Romani, Silvio Pellico, Angelo Brof- ferio e d’ altri illustri, siede Carlotta Marchionni, alia quale l’Accademia ha decretato un monumento da innal- zarsi nel suo nuovo edilizio. Quest’inarrivabile attrice, quantunque abbia voluto, in eta fiorente ancora, slac- ciarsi il socco e il coturno, nondimeno ha consentito di rendersi utile all’adottiva sua patria, coll’accettare gratuitamente 1’ incarico di Direttrice delle rappresen- tazioni, offertole dall’ Accademia. Quali avauzamenti nell’ arte drammatica non si possono sperare da dilet¬ tanti a cui una Marchionni e liberale de’ suoi consigli e precetti ? (1) A specificar trtcglio, non 6 1 Accademia che faccia cost mire il nuovo Tcatro, ma bcnsi una compagnia di azionisti, tutti accademici. Le aziom sono orilinale all’incirca come quelle della Societh Filarmonica, gi!» da noi indicate. Credesi che la spesa importer^ L. 100,000. H) 218 CAPITOLO UNDECIMO La corsa de’Barberi che corrono il Palio e antica costumanza in Italia. Essa e anzi d’origine italiana, o per dir meglio, e una trasfonnazione italiana, operatasi nel Medio Evo, dei Giuochi Equestri degli antichi. \es- sun divertimento e j)iu popolare di questo in Roma e nelle citta della Toscana. Come a Firenze il giorno del Battista, Vedi correr cavalli al drappo d’oro Tra il popol ch J e diviso in doppia lista ; E vedi che diversi son tra loro Gli studj delle genii, ed uno applaude A Vegliantino, ed altro a Brigliadoro; ecc. Menzini. I cavalli ivi corrono sciolti, senza che alcuno li regga o cavalchi. Ma la corsa all’inglese de’cavalli cavalcati e retti dai fantini, bel ciniento in cui la destrezza e l’ar- dire dell’ uomo non meno che la snellezza e la vigoria del cavallo son poste in opera e in mostra, e una pe- regrinita nelle contrade italiane (1). (I) Non inteniliamo dire che la corsa de’cavalli cavalcati sia nuova in Italia, :1 che sarebhe error grossolano, ma bensi ch’ b nuova od almeno recente I’in- troduzione di queste corse alia maniera inglese, cioe govcrnate colle norme che s’ usano in Inghilterra. Che del resto le corse de’cavalli cavalcati, senza le norme e costumanze inglesi, non erano neppure nuove in Torino. Esse furono introdotte al tempo della dominazione francese, e rinnovate nel 1834. 1 corridori prendevan le mosse sullo stradone di Rivoli, in distanza di un miglio dalla citt&, scorrevano la lunga e diritta via della Dora, che co’ suoi frequentissimi balconi pieni di spettatori, offrivaun seducente spettacolo, e ginn- gevano sulla Piazza Castello ov'era la meta loro, e dove nel 1834 la R. Corte assisteva alio spettacolo sul balcone del Palazzo di Madama riccamentc arredato. Queste corse che riuscivano per molti versi bellissime, avevano con s6 il difetto che I’occhio non poteva seguitare il cavallo in tulta la lunghezza del suo corso. INSTITUZIONI RICREATIVE 219 Nacquero queste corse in Inghilterra per emulazione, per esperimento, e piii che tutto, per cupidigia di gua- dagnare, scommettendo sulla varia velocita de’corridori. I Francesi le trasportarono nel loro paese col provvido fine di stimolare, merce de’ premj, il miglioramento delle loro razze. In Milano si tento d’ introdurle: ma la prova, fattane una o due volte, non mise radice (1). In Torino, dopo una felice sperienza che sen fece nel 1834, le stabili nel 1833 una Societa d’Ippofili, la quale prese il nome di Societa Piemontese delle Corse: d’ allora in poi si rinnovarono ogni anno nel maggio queste corse all’ inglese. S. M. si degno di concederle i suoi auspicj, e la Societa nel 1840 si ricostitui du- ratura per altri dieci anni. Oltre a’premj suoi proprj, essa distribuisce, per Sovrana concessione, i premj Reali, instituiti da S. M. pei cavalli indigeni. Questa e la parte direttamente utile delle corse Torinesi, come quella che tende a far migliorare le razze de’ cavalli del paese. La corsa de’ cavalli stranieri riesce di van- taggio per l’emulazione e per l’annua introduzione che ^1) Ci cade sotto gli occhi in questo punto il disegno della Biparata dei Barberi, lal quale si vede in wt quadra in legno anlichissimo appresso il sig. Pilli , in Firenze, pubblicato dal Land. 1 ragazzini che sono sui Barberi, vi si veggono acconciati e col casehelto in capo aftatlo al modo de'presenti fan- tini all’inglese, e quella corsa, composta di venti e piu corsieri, somiglia assai alle corse di Epsom, rappresentate nelle stampe moderne. Il Lanu poi c’in- segna che le corse de’ cavalli in spcltaeolo si fecero prima col cavaliere , e poi senza. E si raccoglie anche da Goto Dati che la corsa de’ Barberi al palio fu prima di corsieri cavaleati, poi di corsieri seiolli. Il Lami aggiunge che al suo tempo si vedevano lultavia i ritralli de’ corridori pin famosi per i trinnfi nelle case de’gentiluomini iiorentini, « in quelle di campagna spe- cialmente , e fino all’ingresso del Palazzo reale ». — Tullo cio ci fa quasi so- spettare che gl’lnglesi ricavassero l’uso delle lor corse dagli antichi Fiorentini. Aggiungi le mosse pre*c ai tocchi della campana nelle une c nelle altre. 220 CAPITOLO UNDECIMO conduce di buoni e scelti cavalli di pien sangue, i quali servono alia riproduzione dopo le corse. Altri suoi meriti sono il dilelto che arreca a’ cittadini e la frequenza dei forestieri che attrae in citta. Aggiungi il moto, la vita e lospendio che sempre inducono i popolosi spettacoli, ed e ben noto come i trattenimenti pubblici di gran eoncorso facciano, merce del reciproco accostamento, raggentilire la convivenza sociale. Le corse Torinesi si fanno in sulla vastissima piazza d’arme, cletta di S. Seconclo. Unlungo ordine di palchi appostatamente eretti e ben arredati, ed un doppio giro di sbarre trasformano allora quella piazza in un Ippodromo di forma ovale. Lepiii leggiadre e ragguar- devoli clonne della cilia seggono in que’ palchi eel ag- giungono alia festa 1’ incantevole loro ornamento. Le onde del popolo speltatore si agitano sotto gli alberi de’viali vicini, o nel mezzo del vasto recinto. I balconi, le finestre e persino i tetti delle case propinque sono ingombri di riguarclatori. Le corse si prolungano d’ordi- nario tie giorni.S.M. collaR.Famiglia suoleonorarledella sua presenza ne’due primi giorni. Fatte nella stagione in cui la natura piii ride, e governate con singolar ordine e colla piii garbata decenza, le corse Torinesi appre- sentano un grandioso e gioconclo spettacolo. La Societa e composta di 55 azioni, portanti V ob- bligo di pagare lire 200 all’anno. Ogni Socio puo avere piii azioni, nondimeno ora i Socj sono pure 55. Ad ogni Socio compete la facolta di far correre altrettanti cavalli quante sono le azioni di cui e titolare (1). Quelle re- tribuzioni annue, ammontate insieme, formano la somma (1) Slntuto della Societa Picmontese della Corsa de’cavalli. Torino, 1840. 1NSTITUZI0N1 RICREATIVE di lire 11,000, delle quali una parte, non distribuita in premj, vien tenuta in serbo per sovvenire i fantini, a’ quali nel correre succedesse qualche sinistro. L’ elenco de’Socj si onora de’nomi de’Principi Reali e del Principe di Savoja-Carignano. Le corse Torinesi videro presentarsi nelP arena molti cavalli de’piii veloci dell’Inghilterra. 11 grido in cui gia sono salite, vi trae corridori da stranieri paesi. Ed e di conforto il veclervi i cavalli della R. Mandria pareg- giarvi quasi i migliori britannici per le belle lor forme. La velocita de’ corsieri parvc aumentarsi progressiva- mente in queste Corse. Imperciocche da prima si anno- veravano tra i piii celeri corridori incligeni i cavalli che qui scorrevano la distanza di 2466 metri, ossia un miglio di Piemonte in 3 minuti e 35 o 40 secondi, e tra gli inglesi quelli che la scorrevano in 3 minuti, 12 secondi; ed ora sie venuto adottenere, nello scorrerela stessa distanza, la velocita di 3 min. 22 sec. per gl’indigeni, e di 2. 58. 4|5 per gl’inglesi (1). (I) Se a taluno paresse tutlora che queste corse fossero un sempliee trat- tenimento inventato da giovani dilettanti di cavalli, egli muterJi forse opinions leggendo il seguentc brano. « Il giovine Huzard crede di scorgere nelle corse di cavalli che praticansi in Inghilterra, ia cagione principale del miglioramento delle antiche razze di cavalli di quel paese e della formazione della nuova razza inglese in tutte le sue sotto-varieti , e i cui cavalli sono atti ad ogni uso. Egli sostenne quindi che le corse sono il mezzo di mantenere questo miglioramento e d'impedirgli di retrocedere ; che i cavalli da corsa non sono una razza par- ticolare, ma soltanto i migliori della razza inglese; che non vi 6 fondato mo- tivo di credere che non si possano ottenere gli stessi risultamenti anche altrove dalle stesse cause e dalle stesse inslituzioni; che dopo i deposit! di rmnova- inento per la cavalleria, ed i mercati dei cavalli, l'instituzione delle corse dei cavalli 6 quella che dee indurre i coltivatori ad occuparsi dell’allevamento di questi animali ». Supplim. at Diz. unit’, tecnolog. Specchio delle c< MV GIORNI DELLE CORSE DETERMINAZIONE DELLE CORSE SPAZIO DA PERCORRERE NUMER DEI CAVj CHE CORS 47 1. ° Una corsa di tre giri al ' solo trolto, di cavalli d’ogni specie e paese. 2. ° Corsa di soli cavalli indi— maggio | melri 5699 7 geni pel conseguimento del premio Reale, di due giri. o.° Corsa di cavalli di qualsi- voglia paese, esclusi i pien- sangue . l.° Corsa di cavalli distinti ' i » 2466 6 18 » [ » id. 2 indigeni pel premio della coppa d’argento del valore di 600 lire. 2.° Corsa di cavalli d’ 02 [ni [ » id. 5 specie, compresi i pien- sangue. [ » id. 7 0RINES1 NEL 1840 223 NOME DEI CAVALLI VINCITORI E TEMPO DA ESSI SPESO iEL PERCORRERE LA CARRIERA PREMIO VINTO OSSERVAZIOM Rrillanl Silver 8 . 8 . 2/o 1/5 1000 500 Corsa introdotta per ia prima volta in quest’ anno Emilius Maddelina Filira Rufus Vliss Helene Emilius Filira 5. 22. 1/5 3 . 22 . 4/5 3. 25. 4/5 1200 500 500 5. 14. 5/5 1700 5. 15. 600 una coppa una sella Per disposizione So- vrana, i cavalli appar- nenli alia R. Mandria non corrono che a solo fine d’emulazione e di onore: vincendo , essi non acquislano che la bandiera , ed il premio passaal cavallo arrivato dopo. Reviver Rufus 2. 58. 4/5 5. 5. 1/5 5500 1000 PARTE SECOND A * io CAPITOLO XII MONARCHIA, ESERCITO Pcco alcuni cenni sopra la Storia della R. Casa (1). In sul levarsi dell’undecimo secolo, dentro i inonti della Savoja che toccan l’ltalia, apparisce una nuova stirpe di prin- eipi, i quali subitamente prendon nell’istoria un riguardevole seggio. Osiach’essi discendano dai red’Italia di sangue italiano (1) Quesli cenm storici furono da noi gik post! altrove e qui si rq>ongoii« solo alquanto ritoccati. Lo stesso dobbiamo dire di qualche allro branc *li quest' opera. CAPITOLO DUODECIMO ’228 (da Adalberts) 1°), come potenli indizj ci traggono a credere, o da principesca oltremontana schiatta derivino, come altri as- seriscono, Jjen della nobilissima loro origine chiara fede a noi rende il veder Umberto, primo di essi da aulentici documenti attestato, potente alia corte di Borgogna, difenditore di un’in- sidiata reina, e valoroso condottiere delle armi di un impera- tore magnanimo, il quale o gli conferma o gli concede o gli accresce il dominio sopra una bella parte della Savoja sino alle rive del Rodano e del lago ond’egli esce (1). Ne scorre guari di tempo che Oddone, figliuolo di Umberto, sposa Adelaide di Susa, principessa di gran fama in quel secolo, flglia ed erede del potente e dovizioso marchese Man- fredo ii, ed acquista con tali nozze la contea di Torino e la marca d’ltalia, die dal Canavese si estende sino all’occidentale Liguria. Ed ecco per tal guisa prima del lObO tutte o quasi lutte le Alpi die difendono ITtalia dalla Francia e le piu felici lor valli venire in potesla de’principi di Casa Savoja. Ma il ricco ereditaggio di Adelaide invoglia la cupidigia di potenti competitors La forza, la scaltrezza, le concessioni imperiali tolgono ai veri eredi di Adelaide gran parte della successione materna, e I’infesto Barbarossa, regnando Um¬ berto in, ne infievolisce stranamente l’autorita, dalla sog- gezione de’ conti di Savoja tirando alia dipendenza immediata dell’inipero i vescovi ed i piu illustri baroni da questa e da quella parte dell’Alpi (2). (1) Credesi che Umberto i morisse net 1048. Seccndo il Cibrario, ces- tano le memorie di lui nel 1042. Trovasi intitolato Conte di Savoja, di Mo- riana, di Nyon, di Belley, di Salmorenc e d’Aosta. Se ne hanno le prime notizie nel 1003.—AH ’Istoria della monarchia di Savoja del ridetto cav. Luigi Cibrario, la quale ora si sta pubblicando, noi rimandiamo il lettore bramoso di piu Iarghe notizie. (2) Da Umberto i a Umberto in, le Tavole genealogiche mettono Amedeo i. Oddone.— « Era morto nel dl della TrinitA del 1060*. MONARCHIA, ESERCITO 229 Ma Tommaso i blandisce Federigo n, ne ottiene titolo di Vicario imperiale, e con le arnii, l’accorgimento e la virtu fa risorgere la grandezza della sua casa. Amedeo iv continua 1’opera di Tommaso, e sa tenersi in amista col Pontefice e coll’lmperatore, mentre piu viva s’agita la discordia fra loro. Tuttavia il secolo e quello de’Comuni lombardi, all’esempio de’quali s’accostano le citta del Piemonte. Ed e il secolo della grandezza de’marchesi di Monferrato, gia alzatisi a celebritain Oriente non men che in Italia. E fmalmente la destra de’Pon- lefici pone la corona di Sicilia sopra la fronte degli Angioini, conti di Provenza e vicini al Piemonte, ove all’improvviso essi allargano il loro dominio. Bonifazio soggiace a questa triplice lega. Pietro e Filippo i attendono a combattere di la dalle Alpi, ed acquistano gran parte dell’Elvezia romana. Amedeo v sconfigge i suoi nemici oltre monte, e braccio e mente di Ar- rigo di Lucimborgo nell’ armata peregrinazione di quest" Im- peratore in Italia, e ne ottiene larghe donazioni. Edoardo, liberale e guerriero, vien tradito dalla vittoria, ed Aimone 1060 Pietro ed Amedeo n.— « Regnarono congiuntamente sotto ia tutela della madre. Il solo Pietro fu investito del marchesato. Questi morl nel 1078 senza ma- schi. Amedeo non era piu vivo nel 1080 b. 1093 Umberto il. —« Al tempo d’ Umberto u l'eredit^ di Ade¬ laide 6 tolta in gran parte alia Casa di Savoja da Bonifacio marchese di Savona, detto comu- nemente del Vasto, che era genero del mar¬ chese Pietro, e che per le ragioni della moglie occupo quasi tutto il Piemonte meridionale. Quindi si formarono i marchesati di Saluzzo, di Busca, di Ceva e di Clavesana*. 1103 Amedeo in. 1148 Umberto in. —Mori nel 1188. 230 CAP1TOLO DUODECIMO che gli succede, con le arti della pace e le buone instituzioni risana le ferite de’popoli (1). Le sorti della Savoja e del Piemonte cadono allor nelle mani dell’eroe del secolo decimoquarlo, il Conte Verde, che rassoda per sempre l’autorita della sua stirpe in Italia, porta le armi, capitano della lega, sino agli Appennini toscani, passa il Bosforo, e trae V imperatore di Costantinopoli dalle mani de’Bulgari, ricompone in pace Genova e Venezia, che da luoghi anni con fiera guerra si slraziano, da fine ai litigj col Delfinato, trasportato nei primogeniti di Francia, merce di utile permutazione di dominii, e fa ammirare l’Orientee l’Oc- cidente col suo senno e col suo intrepido ardire (2). Al Conte Rosso, principe di cavalleresca eccellenza, Nizza e Ventimiglia spontanee si donano, si chele spiagge del Medi- terraneo veggono sventolare il vessillo in cui la croce di Savoja campeggia. Finalmente Amedeo vin di nuovo unisce alia co¬ rona i paesi gia conceduti in feudo alia linea di Acaja, acquista la (1) 1188 Tommaso. 1232 Amedeo iv. 1253 Bonifacio. — « RcgnO di nome sotto la Hilda di Tommaso u di Savoja, conte di Fiandra, suo zio ». 1203 Pielro. Figliuolo di Tommaso i; dovrebbe cbiamarsi I’ieiro u. 1268 Filippo i. Fralello di Pietro. 1285 Amedeo v. « Amedeo era (igliuolo di Tommaso conte di Fiandra. Al suo tempo si stabilirono le linee di Acaja e di Valid; 1’ una da Ludovico fralello, I’altra da Fifippo mpote di questo Principe, e figliuolo di Tommaso m ». 1323 Edoardo. 1329 Aimone. « Aitnone, fralello d'Edoardo, succedelle secondo for* dine stabilito da Amedeo v di primogenitura e di rappresentazione all’infinito, con osclusione delle fem¬ inine finchg durano i masclii*. (2) 1343 Amedeo vi, detto il Conte Verde. 1383 Amedeo vn, detto il Conte Rosso. 1391 Amedeo Vm. — Mori nel 1451. 1440 Ludovico. MONARCHIA, ESERCITO 231 contea di Ginevra merce di antichi diritti e di compra op- portuna, conseguisce Vercelli in premio del deporre le armi, merita il titolo di Salomone della sua eta per Ie sapienti sue leggi, vien creato Duca di Savoja dall’iraperator Sigisrnondo, e assunto per le sue virtu alia tiara, che pietosamente poi rinuncia per pacificare la Chiesa, e lascia al duca Ludovico, suo successore, una mano di Stati, che dal lago di Neufchatel e da tutte le rive di quel di Ginevra corrono lino alle fonti della Sesia, ed ai mari della Provenza. Di tal maniera i Conti di Savoja, giostrando per quattro secoli contra potenti ed irrequieti vicini, e rintuzzando a poco a poco l’aulorita e l’orgoglio dei prelati e dei baroni chiusi nel recinto de’loro Stati, giunsero a fondare un picciol reame, che grandissimo e formidahile poteva divenire ad un tratto, se Ludovico, secondo duca, avesse saputo con la pronlezza e prodezza di un Amedeo il Verde occupare l’eredita de’Vi- sconti, che i Milanesi, avversi a Francesco Sforza, di pro¬ pria elezione gli offrivano. Ma qui cominciano i lugubri tempi. Una crudele infermita rapisce ai popoli il frutto delle sante virtu di Amedeo ix, e da principio alle reggenze, funestissime alio Stato, benche affidate a principesse di grand’animo. Cost scorrono i regni di Filiberlo i e di Carlo n , troppo brevemente tramezzati dal la gloria di Carlo il Guerriero, astro che tramonta quasi al suo nascere. Filippo n appena tocca il trono, che nella tomba precipita, e la morte, che in meno di sette lustri hagia mietuto sei Duchi di Savoja, recide anche nelprimosuofiorire la vitadi Filiberto n, principe di svegliato intelletto, il quale, sposata Margherita d’Austria, cerca nelTamista dell’Impero un contrappeso alia preponderanza della Francia, divenuta ridot- tevole a queste contrade per la eonquista del Milanese (1). (1) 1465 Amedeo ix. 1472 Filiberto i. 1482 Carlo i. 1490 Carlo n,chiamato semprc nelle nostro storie Carlo Gio. Amedeo. 232 CAPITOLO DUODECIMO A tanti Sovrani si disventuratamente in un mezzo secolo mancati di vita, succede un principe che, per altrettanto spazio di tempo, sostiene con destra mal ferma lo scettro. Agi¬ tato e quasi assorto dall’onde nelle procelle, che flagellano I’Europa per le contese di Francesco i e di Carlo v, Carlo hi diSavoja finisce una vita logorata dal dolore di scorgere quasi interi i suoi dominii misera preda degl’ insolenti nemici e degli amici sleali. Adorno di tutte le virtu pacifiche, privo delle guerriere, Carlo hi porta nella tomba la rovina dello Stato, senza che incolpar si possa la sua memoria, giustifi- cata dal soprannome di Buono datogli da’suoi sudditi, che mai non cessano dal porgergli prove d’amore. L’ultimo giorno della grandezza della Casa di Savoja par giunto. Quesl’antica e celeberrima stirpe e in procinto di re¬ star cancellata dal novero delle famiglie regnanti. Ma Iddio suscita un eroe a ristorarne e magnificarne la gloria. Chi non rammenta a queslo passo il duca Emmanuel Filiberto, l’immortale guerriero, che, contento degli splendidi allori onde s’e coronato ne’campi stranieri, preferisce ad essi in patria il mite olivo della pace per ritornare in fiore i suoi popoli? (1) 1496 Filippo n. 1497 Filiberto u. 1504 Carlo in. (I) 1553 Emmanuele Filiberto. 1580 Carlo Emmanuele i. 1630 Vittorio Amedeo i. 1637 Francesco Giacinto. 1638 Carlo Emmanuele n. 1675 Vittorio Amedeo n. — Rinunzii il trono del 1730, mori nel 1732. 1730 Carlo Emmanuele m. 1773 Vittorio Amedeo in. 1796 Carlo Emmanuele iv. — Rinunzio il trono nel 1802, mori nel 1819. 1802 Vittorio Emmanuele.—Rinunzio il trono nel 1821, mori nel 1824. 1821 Carlo Felice. 1831 Carlo Alberto. —Queste date e le osservazioni che le accompa- gnano, sono tratte dalla Genealogia della B. Casa di Savoja, emen- data secondo le scoperle fatle dal cav. Luigi Cibrario. MONARCHIA, ESERCITo 233 Risuona nuovaraente e per lunghi anni la bellica tromba, perche Carlo Emmanuele i vuol ricuperare Ginevra, ed aver parte nelle spoglie della Francia mentre al quarto Arrigo vien conteso il diadema, e rivendicare le ragioni della sua Casa sppra il Saluzzese ed il Monferrato. Paragonato ad Ales¬ sandro il Macedone dagli scrittori contemporanei, questo prin- cipe non lascia intentata alcuna via d’ingrandire i suoi Stati a tal che piu non abbiano a pavenlare lo sforzo e 1’ ambizione de’potentati vicini. L’altero Spagnuolo mira a ridurre in ser- vaggio l’ltalia. Carlo Emmanuele ardisce di star solo a fronte del monarca che regna sulle Spagne, sul Portogallo, sulle Fian- dre, su Milano, sulle due Sicilie, sull’Indie, e con maraviglia dell’Europa esce glorioso e non perdente dalla disuguale ten- zone. Ma il Richelieu, cui Pietro il Grande invidio piu tardi l’arte del regnare, prende a governare quasi con supremo arbitrio la Francia. Indebolito dalle sue stesse vittorie, so- praflatto dalla copia delle schiere francesi, tradito da’suoi collegati, ma sempre confidente ne’suoi popoli e sempre ma- gnanimo, Carlo Emmanuele chiudeisuoi giorni coll’amarezza di abbandonare il suo paese quasi tutto in mano alia Francia. Della fama di Carlo Emmanuele i sono piene le istorie del secolo decimosettimo. Ed esse levano pure a cielo il valore e la prudenza di Vittorio Amedeo i che vinse a Mombaldone ed a Tornavento, e diede la pace a queste contrade da tanli stranieri eserciti conculcate ed oppresse. Magli convenne ri- lasciare Pinerolo alia Francia, e ben gliene increbbe, tuttoche il Papa e Venezia si allegrassero che aperta rimanesse questa porta dell’Italia ai Francesi, onde all’uopo trarne soccorso contra 1’ambizione spagnuola. « Una pensione della minorita de’regnanti sono i disordini». F questo detto del savio ben si verified nel regno seguenle, aucorche Cristina di Francia con virile fermezza salvasse gli Stati a Carlo Emmanuele it suo figlio, cui intieri li restitui all’uscir questi dall’eta pupillare. Prosperarono, s’abbellirono, s’ingentilirono la Savoja e il CAPITOLO DUODECIMO Piemonte nel regno di Carlo Emmanucie n e nella minorita del suo successore. La Francia esercitava, egli e vero, sopra questi Stati, non per diritto, ma per falto, quasi un supremo dominio. Ma la dipendenza era velata da speciose ragioni di protezione, di amicizia, di parentela; ne passava i termini oltre i quali riceve offesa l’onore di un’indipendente Corona. Luigi xiv, arbitro ormai dell’Europa, aggravo la mano e mostro il giogo a Vittorio Amedeo n. II generoso Duea si strinse in lega coi nemici del predominante Monarca, e bal- danzosamente corse alle armi. II suo popolo si mostro degno di un tanto principe. Ne le sconfitte ricevule a bel primo, ne il numero degli eserciti francesi, ne la fama de’lor capitani, ne le sventure d’ogni maniera sbigottiscono punto il Duca, o fanno invilir la nazione. Non rimane ormai piu a Vittorio Amedeo che la sua capitale, e quesla pure cinta di stretlissimo assedio, e Luigi xiv ad ogni patio vuol che s’espugni. Eugenio di Savoja cala dalle Alpi e conduce un esercito imperiale in soccorso del Duca suo cugino. I due principi assaltano i Fran¬ cesi dentro i lor valli, e la liberazione di Torino diventa uno de’piu gloriosi fatti della lunga e terribil guerra detta della Successione di Spagna. La pace rasserena alfine le travagliate nazioni, e Vittorio Amedeo, gratissimo per la sua coslanza nella lega alia Reina d’lnghilterra, che lo dichiara il suo miglior alleato, ottiene la Sicilia, e si cinge le chiome della corona regale. Mai sostenuto poscia dalle potenze marittime, egli e co- stretlo a permutare la ricca e colta Sicilia colla Sardegna. Ma ne’suoi Stati di terraferma, gia da lui accresciutied afforti- ficati, egli fa fiorire le scienze, lelettere, le arti, 1’agricoUura, l’industria, il commercio, e pone tutte le fondamenta della pubblica felieita. Sopra le quali il suo figliuolo e successore Carlo Emmanuele hi , vincitore a Guastalla egli stesso, ed al colle dcH’Assietta co’suoi capitani, innalza poi il solido e splendido edifizio della Monarchia Piemontese che tanti M0NARC1IIA ? ESERCJTO 255 lodatori ebbe nel secolo decimottavo, tra’quali basti per tutti annoverare il gran Federico di Prussia. Gli succede Vittorio Amedeo m, che regna per quattrolustri in profoodissima pace, indi e tratto a romper guerra alia Fran- cia, divampante per rivoluzione. Serbano le milizie piemonlesi in quella fiera guerra F antica lor nominanza: ma 1’uomo de’Fati viene a capitanare 1’esercito francese, ed in sugli Ap- pennini liguri principia la serie delle sue viltorie, che tanta parte d’Europa gli doveano poi soggiogare. II trattato di Che- rasco, seguito dalla pace di Parigi (4796), salva a Vittorio Amedeo hi la miglior parte de’suoi Slati continentali d’ltalia. Ma tutti questi vengono brutalmente rapiti al suo successore Carlo Emmanuele iv(1798), il quale, riparatosi nel suo reame di Sardegna, protesta contra la violenza iniquamente fattagli dal Diretlorio francese. Il Direttorio cede poscia il luogo al Con- solato, il Consolato all’Imperio, e finalmente il maraviglioso Imperio precipita, e Vittorio Emmanuele i ritorna nel Pie¬ monte natio (1814), ove qual padre e qual re viene accolto da’popoli fesleggianti dell’aver ricuperato i naturali lor Principi, il Dome italiano, e I'indipendenza come nazione. Il trattato di Vienna (1814), poi quel di Parigi (1815), restituiscono a questo Sovrano tutti gli antichi Stati della sua Casa, ai quali aggiun- gono tutto l’antico Stato di Genova. Sul trono, da cui Vittorio Emmanuele dismonta (1821) per non fallir la fede di accordi solenni, ascende Carlo Felice. Se ad un antico Demetrio il tristo soprannome di sovvertitor di citta fu gia dato, quello giocondissimo di abbellitore di citta egregiamente s’attaglie- rebbe a Carlo Felice. Lui regnante, Torino s’accrebbe mara- vigliosamente, e rifiori per vaghezza; Genova vide sorgere il marmoreo teatro ed aprirsi 1’ elegante strada che amen- due portano il nome dell’ottimo Principe, ed ogni minor citta del Piemonte , della Liguria, della Savoja adornossi piu o meno in proporzione, od enlro almeno nella via degli ador- namenti e de’ miglioramenti, continuata a correr di poi con ardore sempre crescente. 236 CAP1T0L0 DUODECIMO Insieme con Carlo Felice manco la linea di Casa Savoja discendenle dal duca Vittorio Amedeo i, secondogenito del duca Carlo Emmanuele i, e venne al trono la linea di Savoja Carignano, discendente dal principe Tommaso, celebre capi- tano, quartogenito del ridelto Carlo Emmanuele i, cognominato il Grande. Ogni pagina di quest’opera ricorda le instituzioni ed i fasti di Carlo Alberto gloriosamente regnante. Gli Ordini cavalleresclii sono i seguenti : 1. ° Ordine supremo dell’Annunziata (1). 2. ° Ordine militare de’ Ss. Maurizio e Lazzaro (2). (1) « Quest’ordine, detto da prima semplicemente ordine del CoWare, venne instituito da Amedeo Vi, cognominato il Conte Verde: ignorasi precisamente in qual anno, ma probabilmente tra il 1360 e il 1363. I piu antichi statuti scritti che ne siano rimasti, sono del duca Amedeo Viii. Carlo in promulgo nel 1513 altri statuti, pei quali 1’Ordine venne piu specialmente consecrato al mistero dell' Annunziazione; Emmanuel Filiberto li riordin5 nel 1577. ll Re 6 capo e sovrano dell’ ordine. La chiesa della Certosa di Pietra Castello fu cappella dell’ordine sino al 1607, in cui venne a ci6 destinata la chiesa del Convento degli eremiti Camaldolesi sulla montagna di Torino; ora il mona- stero dei Camaldolesi non & piu, e i Cavalieri dell’Ordine Supremo possono aver sepoltura nella R. Certosa di Collegno. A tenore degli statuti di Carlo in , riordinati da Emmanuel Filiberto, i Cavalieri sono venti, oltre a cinque Uf- fiziali dell’Ordine, che sono il Cancelliere, il Segretario, il Tesoriere, ed il Re d’armi od Araldo. Nel numero dei venti pero non dee comprendersi n6 il Sovrano capo dell’Ordine, nA il figliuol suo primogenito. Per gli stranieri il numero 6 indeterminato ». Estratto dal It. Calendario generate de' RE, SS. (2) « L’Ordine di S. Maurizio venne creato dal duca Amedeo viii verso il 1434, e quindi riunito all’ antico Ordine ospitaliere di S. Lazzaro nel 1572. Vittorio Emmanuele, addi 26 dicembre 1816, promulgo ordinatamente in un solo corpo le leggi e gli statuti di questa religiosa milizia, ed il Re Carlo Alberto addi 9 dicembre 1831 le diede un nuovo ordinamento. Per esso l’Ordine si divide in tre classi, che sono : Cavalieri di grazia o di giustizia, il numero de’ quali 6 indeterminato; Commendatori che non possono essere piA di 50, e Cavalieri gran Croce che non possono oltrepassare il numero di 30, non compresi pero i Principi, i Cavalieri dell’ Ordine supremo dell’Annunziata, ed i personaggi stranieri. L’estensione de’R. Stati per quanto riguarda I’Ordine 6 divisa in nove provincie*. Idem. MONARCHIA, ESERCITO 237 3. ° Real Online militare di Savoja (1). 4. ° Real Ordine civile di Savoja (2). Evvi inoltre la medaglia del valor militare (3), e la medaglia de’50 anni di militare servizio(4). (1) «Instituito dal Re Vittorio Emmanuele il 14 agosto 1815, e destinato ai militari che si sono distinti in battaglia od in altro fatto di guerra con qualche azione valorosa, prudente, segnalata e tale che poteva ommettersi senza mancar al dovere ed all’onore. ll Re ne e Gran Mastro e quattro sono le classi dei decoratij Cavalieri Gran Croce, Commendatori, Cavalieri, Militi ». Idem. (2) oCreato dal Re Carlo Alberto con R. patenti II dicembre 1831. Non \i ha in quest’Ordine altra classe fuori quella dei Cavalieri, i quali debljono essere nazionali od avere acquistato nei R. Stati ragioni per esservi inscritti. Si concede: 1° ai primarj Impiegati del Governo che abbiano eseguito qualche atto od opera d'alta amministrazione; 2o agli Scienziati, Letterati ed Ammini- •stratori che avranno composta e pubblicata code stampe qualche opera impor- tante; 3° agli Ingegneri, Architetti ed Artisti che siansi resi celebri con lavori di distinto merito; 4° agli Autori e Pubblicatori di qualche scoperta di gran conto e vantaggio, ed a coloro che avranno dato alle scoperte da altri fatte tale perfezionamento, che per la sua utility si accosti al merito della primi- tiva inveuzione ; 5° ai Professori di scienze o lettere, ed ai Direttori d’uno de’ R. stabilimenti d’educazione, i quali, chiari per dottrina, ed avendo pub- blicato qualche utile scrittura, abbiansi procacciata col loro magistero o governo della gioventii gloriosa fama. Sono attribuite all’ Ordine civile di Savoja 40 pensioni ». Idem. (3) «Con R. patenti 26 marzo 1833 venne instituito questo distintivo d’onore consistente in una medaglia in Oro od in argento, colla quale, a seconds dei casi, si premiano le azioni di segnalato valore che avvengono nelle R. Arinate, qualunque sia il grado del militare ». Idem. (4) « S. M. volendo far conoscere in qual pregio le piaccia tenere gli an¬ tichi militari del suo Reale Esercito, venne in pensiero di segnalare con ispeciale distinzione coloro tra essi che contano 50 anni di servizio; eppero si e degnata instituire con lettere patenti del 19 di luglio 1839 una meda¬ glia , la quale, coniata a bella posta, ed appesa ad un nastro verde, porta dall’iina parte I’effigie di S. Maurizio, protettore delle armi Piemontesi, e •tali'altra il nonie del benemerilo militare cui vien essa conceduta ». N. C. 238 CAPITOLO DUODECIMO La Corte Sabauda fu in ogni tempo rinomata per magnificenza e per dignita. II suo splendore riverbera sulla citta ehe n’e la sede. La monarchia piemontese b composta degli Stati di Terraferma e dell’isola di Sardegna. La popolazione degli Stati di terraferma (Savoja, Piemonte, Nizza, Genove- sato) somma (Censimento del 1838) a . . 4,12.5,735 Quella della Sardegna (idem) a. 524,635 Totale 4,650,570 Tutti gli Stati di terraferma sono partiti in otto di- visioni militari, Savoja, Torino, Cuneo, Alessandria, Novara, Aosta, Nizza, Genova. Ogni divisione ha un Governatore ed e partita in provincie, ed ogni provincia e partita in comuni. « S. M. il Re fa l’ordinaria sua dimora in Torino, ed in To¬ rino sono per natural conseguenza istituiti i principali uffizj, per via dei quali egli esercita la suprema podesta che assoluta ed intera gli appartiene. « Sei sono lc Regie Scgreterie o, come si chiamano, i Mi- nisterj; vale a dire la Regia Segrcteria di Stato per gli affari esteri; la Regia Segreleria di Stalo per gli affari interni; il Dicastero di S. E. il Guarda-Sigilli; la Regia Segreteria di Stato per gli affari di Sardegna; la Regia Segreteria di guerra e di marina, e la Segreteria delle Regie Finanze. Ognuna di esse ha un capo che porta il litolo di Primo Segretario, un solto-capo col tilolo di Primo Lftiziale, e un numero di Segre- tarj, di Solto-Segretarj, d’Applicati, di Volontarj e di Serit- turali, proporzionato alia quantita del lavoro che Ie tocca di spedire. « Il Consiglio di Stalo e diviso in tre Sezioni, la Sezione MONARCHIA, ESERCITO 239 dell’interno; la Sezione di giustizia, di grazia e d’affari eccle- siaslici, e la Sezione di finanze. II Re ne e il Presidente, ma nelle tornate ordinarie si fa surrogare da uu Vice-Presidenle annuale. Ogni Sezione poi ha il suo proprio Presidente ed un numero determinate di Consiglieri. La denoininazione di ciascuna di esse manifesla quale sia il genere di bisogne, nell’esame delle quali dee occuparsi rispettivamente ». Prima di Emmanuele Filiberto l’esercito di Savoja era feudale: cioe il Principe chiamava alle armi i grandi vassalli, i quali ripetevano il cenno ai geniiluomini di- pendenli da loro. Quest! e quelli salivano armati a ca- vallo, e si schieravano sotto la cornetta, ossia insegna del Maresciallo di Savoja. Ne’casi di pericolo una seconda chiamata convocava il retro-bando, e tutti gli uomini atti alle arme accorrevano sotto i cavalieri banderesi in ajuto della patria. Lo stesso avveniva, ma con qualche diversity nelle forme, in Piemonte, ove i capi prendevan nome di Condottieri della Nobilta. La poca pena con die Svizzeri eFrancesi avean oc- cupato gli Stati di Carlo hi, e l’universale mutamento degli ordini guerresclii in Europa mossero Emmanuele Filiberto a dismettere il sistema militare dei suoi mag- giori, ed a create una milizia stanziale, conforme al tempo ed acconcia a francheggiare il paese. Egli dispenso i feudatarj dalle antiche obbligazioni militari, merce di un certo tributo di denari in compenso. Stabili una cavalleria permanente, e creo la fanteria, uerbo degli eserciti antichi, e tornata in grande onore uel secolo decimosesto per le belle prove fatte dai fanti Svizzeri e Spagnuoli. Antonio di Levo, Piacentino, profondo nella tattica, ajuto le riforme militari di 240 CAPITOLO DUODECIMO Emmanuel Filiberto: egli si proponeva 1’ ordinanza dei Greci a modello. II Duca institui quella forma di mi- lizie nazionali ehe allora si chiamarono Ordinanze e dappoi Battaglioni provinciali, die con la terza parte del solito stipendio se ne stavano alle loro case in tempo di pace, salvoche a certi giorni dell’anno destinati alia rassegna militare; poi in occasione di guerra servivano come gli altri soldati. Sceglievansi da ogni terra a misura della popolazione. Egli fortified varie citta oltre la sua eapitale, fece gittar cannoni, edified polveriere e fab- briclie d’arme da tiro e da taglio, ed innalzo dalle fon- damenta 1’amministrazione economica dell’esercito. Le vicende de’ tempi e la brama di amplificare il dominio trassero in continue guerre il suo figliuolo Carlo Emmanuele i, il quale s’acquisto in esse si gran nome di capitano, ehe Arrigo iv lo metteva del pari con Mau- rizio di Nassau, e che Giacomo i, re d’Ingliilterra, gli mandava una ricca spacla, come a quello di tutti i So- vrani che sapeva meglio adoperarla. Sotto di lui la nazione divenne tutta militare; e ad un ambasciatore straniero che gli chiedea quanti uomini potesse armare, egli con verita rispondea: — « Quanti sudditi, tanti soldati ». Vittorio Amedeo i, benche bramosissimo della pace, fu tuttavia costretto a combattere, prima unito cogli Spagnuoli contro a’Francesi, poi come generalissimo de’Francesi contro clegli Spagnuoli, e si mostro guer- riero degno del padre. I)opo la sua morte (1637), segui la guerra civile, di cui abbiamo altrove discorso. Essa fini nel 1648, e la guerra generale, che da ottant’anni guastava V Italia, chetossi poscia colla pace de’Pirenei (1639). Carlo Em- MONARCHIA, ESERCITO 241 manuele n, dal tempo che, uscito di minor eta, prese leredini del governo(1648) sino alia sua morte (1675), non ebbe da travagliarsi nell’ armi. Ma, consapevole questo Duca essere la sua una militar Monarchia, nella quale il Principe debbe egli stesso reggere l’uffizio di comandante supremo, attese a rinnovare le instituzioni guerresche, molto scadute ne’tempestosi tempi trascorsi. Egli restauro l’ordine e la disciplina nell’esercito; rior- diuo la milizia reale ossia de’ coscritti fondata da Em- manuele Filiberto. Institu'i eorpi di riserva, creo i primi reggimenti stanziali di fanteria, che presero il nome di Savoja, di Monferrato, di Piemonte, di Saluzzo, ed i reggimenti delle Guardie, non che un reggimento di Co- razzieri e gente d’arme a cavallo. Accrebbe Fartiglieria, e gli artiglieri, ai quali diede buoni staluti. Provvide acciocche fossero bene amministrati gli affari militari, e riparo le fortificazioni di Vercelli, di Nizza e d’altre piazze d’armi. Regno dopo lui Vittorio Amedeo n, del quale ab- biamo gia detto le imprese. Egli fece nuovi statuti per la milizia; i soldati lo amavano come un padre. Carlo Emmanuele hi diede splendido principio alle sue militari fazioni colla vittoria di Guastalla (1734), ch’egli, unitoai Francesi, riporto sopra i Tedeschi. Piu tardi, antiveggendo qual nuovo incendio di guerra de- sterebbe in Europa la morte dell’imperatore Carlo vi, applicossi a provvedere quant’era d’uopo per entrar nella tenzone con un esercito ben disciplinato, e fornitissimo d’artiglieria e d’ogni altra cosa da guerreggiare. Mori Carlo vi nel 1741, e la pace generate fu rotta. Carlo Emmanuele hi nel 1743 si fece il confederate e l’intre- pido difensore dell’augusta Maria Teresa, alia quale tanti n 242 CAPITOLO DUODECIMO arabiziosi potentati bramavano rapire i dominj, e le coq- servo i suoi Stati ereditarj d’ltalia. Fierissima guerra fu quella, e duro sei anni, ed in essa il Re ottenne nomi- nanza di gran capitano. Tra le fazioni che la segnala- rono in Piemonte e suprema il combattimento del Colle dell’Assietta, d’onde i Piemontesi ributtarono un fio- 1 itissimo esercito francese (1). (I) Nel 1747, il cavaliere di Bellislc, fratello del maresciailodi questo nome, ebbe il carico di tentare con cinquanta battaglioni francesi il passaggio dal Delfinato in Piemonte. La valle, per la quale scorre la Dora che scende dal Monginevro, 6 difesa prima di giungere a Susa dal forte di Exilles, piantato sopra un’ardua rape, f munitissimo dalla natura e dall’arte. L’altra valle per cui scende il Chisone e mette a Pinerolo , ha in sua difesa il forte di Fenestrelle. La giogaja dei monti che sorge tra queste due valli, benchA d’arduo e duro accesso, fu la trascelta dal Bellisle per effettuare il suo passaggio, scansando quei due formi- dabili forti. Egli sperava che i Piemontesi non avrebbero difeso questo insolito varco, o non gli avrebbero opposto che ostacoli agevoli a superare. Ma Carlo Emmanuele, avvertito de’disegni del nemico, avea fatto costruire un campo trincierato nella sommiUi alquanto piana del giogo detto il Colle dell’Assietta, punto intermedio e signoreggiante il varco divisato dall’inimico. Il conte di Bricherasco con quattordici battaglioni ne vegliava a difesa. II cavalier di Bellisle giunse il 12 di luglio 1747 a Brianzone, il di 14 valico il Monginevro e porto il suo campo a Cesana, spingendo fino ad Oulx la vanguardia. Il Colle dell’Assietta 6 posto disua natura fortissimo. I Piemontesi non s’erano muniti che d’un para|)Clto murato a secco. Ma confidandosi nel vantaggio del loro aocampamenlo, aspettavano impazientemente il nemico. I Francesi, asse- rurati dal loro numero, si promcttevano un’ infallibil vittoria. La mattina del 19 luglio essi mossero audacemenle alia ptigna, protetti dal fuoco di nove cannoni, collocati di fronte alia linea piemontese. Otto battaglioni stavano alle riscosse per sostenere I’assalto, o proteggere la ritirata. Una colonna sail verso il Colle di Serano, pel vallone che giace tra le alture della Pourridre e quelle dell’Assictta. Un'altra scese nel bosco, di contro ai Irincieramenti , ed una terza tenne la cresta de’monti per attaccare il ccntro. Queste due colonne sostarono a tiro de’Piemontesi, per dar tempo di arrivare alia prima che dovea fareun lungoe malagevole cammino. Alle ore quattrodopo mezzogiorno > attaccA la mischia. Gli assalilori quattro volte fecero maraviglie di ardire, MONARCHIA, ESERCITO 243 Dopo la pace (1748) egli tutto applicossi a promuo- vere il buon essere de’suoi popoli, ma non ne trascuro e si gittarono contro i ripari de’Piemontesi, ma bersagliati dal terribile fuoco di fronte e di fianco de’difensori , ed infestati dai grandi sassi che quest! faceano rotolar sopra loro giu per lo scosceso pendio, quattro volte furono ributtati con molta strage, ne percio veniva meno in loro il coraggio. Sereno in mezzo ai pericoli, il cavaliere di Bellisle noto che a destra dei trinciera- menti eravi uno spazio di terreno non fortificato e mal custodito. Egli mando a quella volta una schiera de’suoi che s’ impossessaron del posto, e colse quest’opportunitk per rinnovare da ogni banda l’assalto. Si vide allora quanto possano il disprezzo della morte, l’amor della gloria. Intere linee d’Ufficiali formavano la fronte delle colonne francesi, ed i soldati giunti, inerpicandosi su per l’erta, al pie del parapetto, ne smuovevano le fondamenta e cercavano di disfarlo sin colie mani. I Piemontesi, per far meglio testa agli assalitori, erano saliti ritti in pi6 sul parapetto, ove combattendo alio scoperto con inenarrabile audacia affrontavano la grandine delle palle nemiche, e non usando che le bajonette e le sciabole liaccavano 1’ impeto francese, e ne spegnevano nel sangue la furia. Mai non erasi veduta scena di tanto aceanimento ed ardore. ll signor di Bellisle dava I’esempio d’imperterrita bravura egli stesso. Anzi per rinfiammare con una temeraria prova i suoi soldati ne’quali l’aspetto di tanti morti e moribondi loro compagni cominciava a far illanguidire la virtu, s’avventd egli stesso a piantare una bandiera sul parapetto. Ma in quell’atto un colpo di sasso gli ruppe il braccio destro. Non si ritrasse egli con tutto cio dal luogo, e forse era in procinto di riuscir nel suo intento. Ma una palla di fucile gli trapassd il petto, e morto egli cadde al pie del riparo, d’ondei granatieri di Navarra il ritolsero. La sua morte, per la quale ebbe lode piu d’animoso soldato che di prudente Capitano, rallento l'ardor degli assalitori, ma non gli fe’cessar dall’assalto. ll eonte di Villemur piglio il comando de’Francesi, e gli Uffiziali vollero vendicare il loro Duee estinto. Una colonna era frattanto giunta contro i trincieramenti del Colie di Serano, posto che domina il Colle dell’Assietta, e che ne avrebbe oondotto la resa. Qua e Ik riarse il furor del combattere. ll conte di Bricherasco, veduto assalire il Colle di Serano, vi accorse egli stesso in ajuto de suoi. L as- salto era terribile; onde il Conte che temeva di non poter piu sostenere lo sforzo de’ncmici, mandd ordine al conte di San Sebastiano di abbandonare il Colle deH’Assietta, e di venirlo a raggiungere con tutte le sue genti. Ma questo Uffiziale non obbedi, ed i due posti furono salvati. Perocchfi final- mente i Francesi, sfinitidalla fatica, percossi d’ogni parte e scemati di numcro, *244 CAPITOLO DUODECIMO la difesa. La linea delle fortezze intese a vietare il passo delle Alpi ai Francesi fu da lui riparata, aumentata e ridotta quasi ad inespugnabile. Egli fondo in Torino la migliore per avventura delle scuole di artiglieria che fossero allora in Europa (1). Vittorio Amedeo m voile, nel seno della piii profonda pace, rinnovare gli ordini militari del suo esercito sopra un sistema che non riusci avventurato. Le gloriose prove fatte dalle schiere Piemoutesi nella guerra Francese fu- rono unicamente dovute al loro innate valore. Dopo la ristorazione (1814), 1’esercito Piemontese venne rinnovato in sulla foggia degli altri eserciti eu- indietreggiarono e si poscro disordinatamente in ritratta. II conte di Villemur raccolse le sue genti a Cesana, cl’onde raccomandati i feriti alia generosity dei vincitori, ripasso il Monginevro. I Francesi perdettero in quella giomatae nel ritirarsi piu di seimila uomini, tra’quali due Generali, cinquanta Brigadieri, nove Colonnelli, e quattrocento Uffiziali, non che tutta la loro artiglieria, e gran parte delle robe loro depre¬ date dai montanari sdegnati ed in armi. Ouesta disfatta, incuitanti valorosi perirono, coperse di gramaglie la Francia; non eravi tra la nobiltA quasi una fainiglia che non avesse a piangere od un padre od un figlio o un fratello; cotanto il Corpo degli Uffiziali avea faito prova di valore e di ostinazione nell’assalto. I Piemontesi pigliarono cura de’feriti nemici cosl come de’proprii loro; essi rimandarono a Brianzone il corpo del cavalier di Bellisle ch’era stato ri- chiesto, ed a Torino I’artiglieria e le bandiere vinte in quella gloriosa giornata. La vittoria del Colle dell'Assietta reco a Carlo Emmanuele 1’ inestimabil vantaggio di poter ripigliarc la guerra ofiendevole, in cambio di aversi a di- fendere nel cuor del Piemonte contra un potente esercito nemico. Ma anche questa volta, come gik tante altre, i successi della guerra in Fiandra deter- minarono le sorti della guerra d’ltalia. L esercito francese espugno Maestricht; gli Olandesi ne impaurirono; Maria Teresa dubito di perdere il Brabante. La pace generale si conchiuse in Aquis- grana il dl 18 di ottobre 1748. (I) Vedi I ’Histoire militaire du Piemont , par le comte Alexandre de Saluces, Turin, 1818, 6 vol. in- 8.° MONARCHIA, ESERC1TO £45 ropei, e principalmente del Prussiano. Vi s’introdusse il comando dell’armi in italiano, che prima era in fran- cese. II Dizionario militare di Giuseppe Grassi e il sus- seguente Dizionario delV Artiglieria, compilati e pubbli- cati in Torino, corredarono il Dizionario generate della lingua di buone voci militari italiane. Ma il riordinamento dell’esercito Piemontese e spe- cialmente opera del Re Carlo Alberto, che in ogni sua parte lo ricompose e rinvigori. Ad agguerrirlo ed a tenerlo in bella mostra ed in buon ordine, S. M. introdusse le rassegne settimanali sulla Piazza d’arme, ed il campo, ordinariamente annuo, per le grandi evo- luzioni militari sugl’infecondi piani, detti la Vauda di S. Morizio. La frequente presenza del Revi commove d’elettrico ardore i soldati. Ora ci conviene rallargarci per dar notizia delle Armi dotte, il cui seggio principale e in Torino. a Dappoi che l’arte della guerra e divenula una scienza profonda, che si sviluppa sopra una cerchia proporzionataagli eserciti sommamente ingrossati ai giorni noslri, la necessita di formare un Corpo speciale capace delle piu alte cognizioni geodetiche, e proprio a servire di centro comune alle diverse Armi, si fece imperiosamentesentire, e lacreazione dello Slalo Maggiore Generate, incaricato di svariati doveri e di infinite attribuzioni, ne fu il risultaniento. « Verso la meta dello scorso secologia formavasiin Piemonte un Corpo dTngegneri Topografi dipendenti dal QuartierMaslro (ienerale dell’Esercito, colla sola e speciale incumbenza di le- vare i piani e far le carte per Tuso dell’Armata, mentre per tutti gli allri rami di servizio militare venivano aggregati al Quartier Generale Lffiziali di lulte le Armi, i quali, cessato il bisogno, rientravano ai Corpi loro. 246 CAPITOLO DUODECIMO «Nel 1814 ordinavasi il Corpo di Stato Maggiore Generate permanente, composto di un numero d’Uffiziali di ogni grado, a cui fa subordinate il Corpo della Topografia Reale, diviso in sezioni di Ingegneri Topografi di varie classi. Questo primo ordinamento soggiacque poi nel 1816 ad unariforma generale, merce della quale i due Corpi furono riunili sotto lo stesso titolo di Stato Maggiore Generale e vennero determinate le sue funzioni sia in tempo di pace, sia in tempo di guerra. Non fu che nel 1851 che ricevette il titolo di Corpo Reale, ed una nuova forma atta a riempiere lo scopo della sua instituzione, ed a prestare gP important servigj che secondo questa si ri- chiedono. « Questo Real Corpo si compone in tempo di pace di Uffiziali dei diversi gradi, di Disegnatori Topografi, di Incisori, ed altresi di Furieri addetti all’Uffizio particolare del Capo del Corpo ; il suo personale eaumentato nel caso di guerra a norma dei bisogni. «Gli Uffiziali subalterni vengono scelti tra gli allievi della Regia Militare Accademia destinati per le armi dotte, ed a tale effetto essi impiegano due anni nello studio delle teorie speciali a cadun Corpo, e quantunque gia ammessi a far parte dello Stato Maggiore Generale, continuano alia scuola complementale dell’Accademia la pratica delle materie che il servizio loro piu spezialmente richiede. « Siffatta maniera di mantenere a numero lo Stato Maggiore Generale non esclude per altro gli Uffiziali degli altri Corpi dotti dall’esservi ammessi, come pure quelli delle Armi comuni, purche facciano prova della necessaria abilita. « Neilavori in campagna chesorio annualmentedeterminati, sieno trigonometrici o topografici, per levare il paese o fame la ricognizione, s’impiegano sempre i giovani Uffiziali diretti dagli anziani, a fin di render loro familiare questa parte del servizio, che contribuisce ad abituar Tocchio nel giudicare delle distanze, alia cognizione delle forme fisiche del ter- reno, all’apprezzamento del suo valore strategico, e giova a MONARCHIA , ESERCITO 247 saper usare con facilita i piani e le carte in tulte le esigenze della guerra. « Le principals attribuzioni degli Uffiziali del Real Corpo di Stato Maggior Generale in tempo di guerra si aggirano intorno alle ricognizioni del nemico, a fin di esplorarne la forza, la composizione, le disposizioni e le mosse ; alia scelta dei punti da fortificarsi piu o meno fermamente; all’apertura di strade nuove, alio stabilimento de’ponli ed altre maniere di transit)’, alia scelta de’quartieri dell’esercito, sia a campo, sia ad alloggia- mento, sia asereno; al migliormododiguardarsi ne’quarlieri, nelle posizioni e nelle mosse. Gli Uffiziali anzidetti attendono eziandio in tempo di guerra a levare il paese, e disegnare i piani per I’uso dell’armata; porgono le norme pel governo delle cose annonarie, e vegliano l’osservazione degli ordini sopra le cose medesime, la disciplina, il reggimento sanitario : regolano la spartizione de’conlributi, il servizio delle guide, delle salvaguardie edegli esploratori; la condoltade’prigionieri e disertori, de’ parlamentarj; somministrano le norme pei trattati e gli accordi da tenersi occorrendo col nemico ; compi- lano il diario di ogni qualunque operazione si eseguisca dall’ esercito; spediscono parimenle gli atli di cancelleria, passa- porti, salvaguardie, salvocondotti ecc., e tengono aperti ed ordinati i registri ed il carteggio perle varie parti del servizio sia militare, sia di amministrazione, dipendenti dal Quartier Generale; provvedono ancora per laspedita e facile eomunica- zione delle varie parti dell’Armata tra di loro, e di ognuna col Capo. « In tempo di pace vengono piu spezialmente destinati a perlustrare e riconoscere con somma diligenza ogni parte del Regno; a levare sul terreno e disegnare la figura de’luoghi pin notevoli per riguardi militari; a raccoglierele notizieslatistiche conferenti alio scopo di rendere piu frultuose le operazioni ora dette; a raccogliere le notizie storiche di guerra ; compilare le istruzioni pel miglior governo ed impiego delle truppe ; trarre da’libri sia nostrali sia esteri cio che pub esser utile al Regio 248 CAPITOLO DUODECIMO militare servizio; in fine a dirigere gli uffizj diversi edi lavori di topografia e d’incisione che vi si eseguiscono. « Nei campi d’instruzione poi gli Uffiziali di Slato Maggiore mettono in pratica verso le truppe tutti i doveri tra quelli dianzi accennati che sieno adattati al caso ; e nelle simulate fazioni contribuiscono coll’assistenza loro all’impiego delle varie armi, secondo il terreno e le instituzioni tattiche. «II servizio del Real Corpo di Stato Maggiore Generale cosi in tempo di pace come di guerra essendo di armi e di uffizj, quello d’armi, avuto riguardo allecose che nel Corpo medesimo sono relative al servizio delle Armi diverse, si distingue in tre direzioni, cioe di Fanteriae Cavalleria, di Artiglieria ed Inge- gneri, e di Stato Maggiore Generale. II servizio d’uffizj e del pari distinto in tre direzioni, la l. a Uffizio particolare del Quartier Mastro Generale, Archivi e Biblioteca ; la 2. a Uffizio Topografico ed Incisione; la 5. a Uffizio Generale. « Gli Uffiziali addetti agli Uffizj ed alle varie direzioni vi sono deslinati dal Comandante Generale del Corpo. « A voler far conoscere quanta sia la parte presa da questo Corpo nei lavori geodetici e topografici, daremo una succinta enumerazione analitica dei principali tra essi cui attese recan- doli a buon termine in un breve periodo di tempo. « Nel 1821 intraprendeva sul territorio degli Stati di S. M. in terraferma la continuazione della misura dell’Arco del pa- rallelo medio, compreso tra la Torre di Cordouan presso Bor¬ deaux e quella di Fiume: la quale misura essendo stata ul¬ timata in Francia sin presso il Rodano, e verso l’ltalia sino al Ticino, restava in parte interrotta, dovendosi ancora superare il masso delle Alpi. Lo scopo di questa grande operazione era di far conoscere nel senso dei paralleli all’equatore la vera figura della Terra, e si puo francamenle asserire che nessuna operazione geodelica ed astronomica erasi fatta in altri tempi col concorso di tanti elementi favorevoli per conseguire colla massima precisione il divisato fine. Fra tali mezzi debbesi annoverare lafacolta illimitatadi spendere lasomma necessaria. MONARCUIA, ESERCITO U9 il poter adoperare stromenti perfezionati dalle prime officine tedesche, francesi ed inglesi; Taver potuto stabilire al Mon- eenisio e sul Monte Colombier due Osservatorii astronomiei ne’quali altendevano indefessi alle delicate loro osservazioni i celebri astronomi di Torino e di Brera associati aquella gran¬ de operazione. « In essa rifulse l’efficacia dei segnali istantanei per deter- minare le dilTcrenze di longitudine; e la condizione dei trian- goli in tutta la Catena non diede angoli inferiori a 57 gradi, i quali furono delerminati da una media non minore di 60 ripe- tizioni fattc in circoslanze atmosferichc le piu favorevoli. Colle distanze zenitali si determinarono le differenze di altezza di ogni stazione paragonate eol livello dell’Oceano, e si ebbero per tal modo le tre ordinate di tutti gli apici dei triangoli Non si omisero ad un tempo le osservazioni barometriche a fin di ottcnere le medesirne altezze che, fatte con somma cura, diedero risultamenti soddisfacentissimi, e pressocbe uguali ai prim i. « Siccome era stalo inteso, gli Uffiziali dello Stato Maggiore Austriaco fccero essi pure l’intera operazione geodetica nella guisa stessa che fa eseguita dagli Uffiziali Sardi, e solamente la media dei due risultamenti si tenne come definitiva. Con- temporaneamente fu verificata la misura tanto geodetica quanto astrouomica dell’Arco del meridiano falta nello scorso secolo dal P. Beccaria. « L’esito di tulle queste operazioni corredato dai relativi elementi si pubblico a Milano nel 1825 in due volumi in-4.° con un allante. « Non cosi tosto terminals la misura dell’Arco del parallelo, si diede principio ad una triangolazione di l.° e di 2.°ordine, (die doveva coprirecon una rete generate l’interasuperficie dei R. Stati sul continente, all’oggetto di coordinare una quantita di materiali topografici cbe gia si erano raccolti per formare una carta al 50 millesimo divisa in 90 fogli. Questi dementi vennero assoggettati alia projezione di Flamsteed modificata, *ii 250 CAPITOLO DUODECIMO pigliando per centro di sviluppo il meridiano ed il parallelo dell’Osservatorio Reale di Torino, che per una fortuita com- binazione divide lo Stalo in quattro regioni pressoche di eguale estensione. «I lati della triangolazioue per la roisura dell’Arco di paral¬ lelo servirono di base ad un tempo e di verificazione alio diverse catene di triangoli come sopra formati, il cui in- siemecompone l’irnporlante operazione ora accennata, erecata quasial suo termine colie medesime cure e coimezzi impiegali nella precedente misura. «I registri degli dementi tulti e dei calcoli relativi a tale importanle operazione si conservano dal Real Corpoper esser a suo tempo pubblicati. Moltissime altezze di punti cospicui ed essenziali vi furono del pari detcrminati col mezzo delle osservazioni barometricbe, mediante la corrispondenza esatta di quelle che si fanno al tempo medesimo colla maggiore accuratezza e regolarila nelle sale dell’Uffizio Topografico. « Triangolazioni minori appoggiale ai triangoli di l.° e 2.° ordine dianzi accennali somministrarono successivamente una quantita sufficiente di punti per levare la pianta topografica ed il paese al 10 millesimo in varie parti dello Stato, lavoro questo che si continua tuttavia lungola zona della frontiera col metodo rigoroso delle sezioni orizzontali, a fin di oltenere colla massima esattezza le forme del terreno. « La sopra menlovata Carta generale in novantasei fogli fu ridotta in sei, alia proporzionedel 250 millesimo, ed e appunto questa riduzione che si sta incidendo dalla sezionc di Artisli del Real Corpo di Stato Maggiore Generale, unilamentead un settimo foglio d'unione. Il primo suo foglio sara tra breve spazio puhblicato. « Finalmente non e guari che s’intraprese un’opera di vasta mole, la quale potra riescire di somma ulilita solto 1’aspetto mililare e topografico ; essa avra per titolo : Dell’anlica e mo- derna condizione fisica , politico, c mililare dell’Alta Italia, e sara divisa in cinque parti, delle quali due sono descrittive, due storiche, ed unagrafica. MONARCHIA , ESERC1TO 25 i « La compilazione delle due prime parti sara quanto prima ultimata, e con essa le relative tavole, la cui incisione progre- disce, ed un primo volume potra fra breve essere fatto di pub- blica ragione » (1). Nell’ Arsenale si contengono o da esso dipendono tulti gli stabilimenti necessarj alia fabbricazione del materiale di gaerraed all’istruzione degli Artiglieri (2). Gli stabilimenti contenuti sono i seguenti: LABORATORIO CHIB1ICO-METALLURGICO « In questo Laboratorio si procede all’ analisi di tulte le materie riflettenli 1’ Artiglieria, come nilri, zolfi, ferro, piombo, stagno, rame ecc., ed ivi si collaudano. A simili operazioni si sottopongono pure tulte le materie minerali cho gli vengono fatte poi'gere dall’Azienda Economica dell’ In- terno, ed a quella si rende ragione de’risultati. « II cavaliere Nicolis di Robilant che di questo stabilimento fu nel 1757 il fondatore, ed il cavaliere Napione che ne fu verso il fine del secolo scorso l’ultimo direttore, riunivano ad una tal carica quella d’Ispettore Generale delle Miniere dello Slato. Uffiziali superiori entrambi della milizia d’Artiglieria, lasciarono sulle Miniere scrilti che li portarono a rinomanza di dolli. <( Il Laboratorio e fornito a dovizia di tutto quanto puo oc- correre per farvi un corso regolare di studj nella chimica e mineralogia; quindi in esso si trovano forni d’ ogni specie, utensili d’ogni maniera e le macchine necessarie, fra le quali merita particolar menzione una bilancia del rinomato mae- chinista piemontese Mattei, sensibile a cinque decimillesimi (1) N. C. (2) A pag. 63, ove dice lanterne di tela cerata, aggiungi coperte. A pag. 116, pure aggiungi the nel palazzo dell’Accademia trovasi anche il Musto di Storia naturale. CAP1T0L0 DUODECIMO 252 d’ un gramma; vi si conserva pure una collezione di 2,505 minerali del Regno, stali ivi analizzati. GABINETTO MINERALOGICO « Si trova in questo Gabinetto una collezione orittogno- stica di 1,100 campioni di minerali per lo studio della mi- neralogia, classificati secondo il sistema del sig. Beudaut. « La compita collezione dei modelli di cristallizzazione del sig. Hauy. « La collezione statistica geognostica del ducato di Genova. GABINETTO DI FISICA « Fu instituito nell’anno 181 ^ per l’istruzione dei Cadetti allievi d’Artiglieria, i quali prima dell’erezione della Regia Accademia militare venivano ammaeslrati nei varj studj che alia scienza dell’Artiglieria e delPIngegnere s’appartengono, nelle scuole d’Artiglieria e Fortificazione stabilite nell’Arse- nale nel 1759 dal re Carlo Emmanuele m. « Egli si e per tali scuole che il celebre commendatore D’Antoni scriveva que’rinomati trattati di matematica, d’arti- glieria e di fortificazione, i quali, voltati in varie lingue, il fecero salire a si distinla fama presso tutta Europa. aContiene il gabinetto da 600 maccliine circa, inpartepro- veguenti dagli accreditali macchinisti di Parigi Puxy e Du- motier , in parte dai macchinisti di questa capilale Jest e Rrabante. « Meritano di essere parlicolarmente accennate fra quelle fabbricate da questi ultimi la macchina d’Atlnvood, il mo- dello d’una macchina a vapore, le maccliine eleltro-magnetiche, le eleltro-dinamiche ecc., e finalmente quella per misurare la densilii ed elasticila del fluido sviluppato nell’accensione della polverc, invenlata dal commendatore D’Anloni ed eseguita la prima volta dal sullodato macchinista Matlei. MONARCHIA, ESERCITO 253 BIBLIOTECA « Fondata nel 1822 dalla gloriosa memoria del re Carlo Felice nella mira di promuovere sempre piu ed agevolare l’istruzione fra i suoi arliglieri. Mediante Fannuo assegna- inento stabililole, questa Biblioteca, la quale conla oggidi da J;,000 volumi, prosegue ogni anno ad arricchirsi delle piu accredilate opere railitari, dei migliori trattati di matematica, di scienze naturali, d’astronomia, di geografia, d’opere tecno- logiche ecc. FONDERIA DEI CANNONI «Lo stabilimento della Hcgia Fonderia si compone: 1° Della fonderia propriamente delta, 2° Deirofficina dei modellalori, o° Della sala dei modelli, h° Dell’officina dei trapani, 5° Dell’officina dei cescllatori. « Nella fonderia fra le cose di miglior rilievo s’annoverano: 1° Tre forni a riverbero per la fusione del bronzo, uno dei qualihala capacila di 22,000 kilogrammi, I’altrodi 11,000, ed il terzo di 2,000. 2° Due forni a manica, uno da bronzo e I’altro da fer- raccio detlo Cubilol, nei quali si fa uso egualmente del carbone di faggio, e di quello di terra. « Accanto al locale proprio per la fonderia havvi l’ofticina dei modellatori, talmentc spaziosa da permetlere di modellare con agiatczza e nel tempo istesso 10 pezzi del maggior ca- libro, e piu di 20 di quello di campagna, rimanendovi spazio sufficiente per la preparazione delle terre con cui si fanno le forme sopra i modelli di gesso. In questo stesso locale trovasi pure un forno per euocere le anime dei mortaj, ed un fornello a venlo per fondere a crogiuolo, e 1’occorrente per modellare in sabbia piccoli e variati oggetti. « Al semiito dell’officina dei modellatori si trova la sala dei modelli cbe fu stabilila nel 1828. 554 CAPITOL0 DUODECIMO « In questa sala trovasi disposto sopra la scala del!’ i|6. 1° I modelli spiegativi del procedimento da seguirsi per formare le artiglierie; 2° Del modo di sotterrare le forme nelle fosse per rice- vere il metallo fuso ; 5° I modelli dei forni a riverbero, di quelli a manica, dei fornelli avento, ecc.; 4° I modelli delle macchine necessarie alio slabilimento, siccome trapani, torni, ecc.; 5° La collezione dei modelli delle bocche da fuoco in uso negli eserciti di S. M. ; 6° Nella detta sala trovasi anche la serie di tutte le fer- ramenta occorrenti ad armare le forme, non che gli stromenti die si adoperano nel condurre a termine il lavoro delle arti¬ glierie, come altresi quelli per la verificazione delle predctte, dopo che sono terminate, fra i quali si deve fare particolare menzione dell’istromento detto la Scimia , destinato a rilevare 1’interno dei pezzi, ideato, nel tempo, dal nostro ingegnoso macchinista Mattei: tutte queste ferramenta ed islromenti sono di grandezza naturale. « Nell’officina dei trapani, sila in un ramo del fabbricalo alliguo rinviensi: 1° Un trapano grande orizzontale, il quale serve per le grosse artiglierie, di qualsiasi lunghezza, modilicato coin’egli e stato dal fu Colonnello cavaliere Carderina, il primo U1- liziale Superiore a cui sia stata affidata, nel 1818, la di- rezione di questo stabilimento dopo che il sistema di farlo reggere ad economia prevalse su quello di abbandonarlo ad impresarj ; 2° Un trapano per piccoli pezzi; 5° Due torni, uno per le artiglierie, el’allro per i lavori piu minuti ; 4° Due ruole da arrotare. « Lepredette macchine sono mosse dall’acqua median le due MONARCHIA , ESERCITO 255 ruote a cassette, una che da moto al trapauo, e I’altra alle rimanenti macchine. « Nell’officina del cesellalori trovasi: 1° Un tornio per avvitare e bucare i grani; 2° Un tornio da tornire i globi per la prova delle polveri da fuoco ; 3° Una macchina per apparecchiare le arliglierie a rice- vere il grano; 4° Finabnenle una macchina da tornire gli oreccbioni delle bocche da l'uoco. OFFICINE DI COSTRUZIONE « Occupano le officine di Coslruzione ampj e spaziosi ioeah destinati gli uni per gli operaj in ferro, e gli allri per quelli in legno. « AU’uflizio della Direzione delle medesime stanno annessi la Sala dei modelli Ira i quali si dislinguono principalmente quelli Degli Affusti e Carri delFArliglieria piemonlese; Della Barca e Carro da barca dell’Equipaggio da ponli Piemontese, del Capilano cavaliere Cavalli; Di parecchi affusti d’artiglierie straniere, come laFran- cese, l’lnglese, la Russa, la Svedese ecc. Dei Blockhaus oggidi impiegati dai Francesi in Africa. Lo Slahilimenlo litografico il quale serve a fare i disegni del materiale d’artiglieria , ed a supplire alia stampa degli Stati e Carte d’ogni sorta ne- cessarj ai varj uffizj dell’arma. L ’Officina delle macchine nella quale e degna di osservazione una ruota a cassette intieramente di ferro, la quale da moto per mezzo dell’acqua a lutte le macchine impiegate nel lavoro del legno e de’me- lalli. 11 delineamento delle cassette, il quale e diverso da quelli finora in uso, e opera del Capilano cavaliere Cavalli. 256 CAPITOLO DUODECIMO « Le cassette presentano alia circonferenza della ruota una luce assai ristretta; internandosi poi, si allargano in guisa da eapire la massima quantita d’acqua, die conscrvano quasi intieramente fin verso il punto piu basso. « Le maccliine poste in moto dalla ruota sono: Una sega a piu lame, a moto alternato, Una sega circolare, Un tornio da ferraccio, Un trapano verticale, Una macchina da far le viti di mira, Tre torni da ferro, Un tornio da legno, Una macchina per far mastii di madre vite, Un tornio per le aste degli scovoli, Una macchina per le ruote da arrotare. Fucine stabili con ventilatore a lamburo « Un solo ventilatore a tamburo procura l’aria necessaria a piu fucine, a cui furono soppressi i mantici. Fucina ad aria calda con ventilatore a tamburo « La fucina dell’Equipaggio da Ponte e preparata in siffatto modo : « L’aria prodotta dall’arruotarsi della ruota a palette conte- nuta ncl ventilatore a tamburo, quando e giunta dietro il frontone della fucina, e costretta ad aggirarsi enlro una cassa di ferro, esposta all’irradiazione del fuoco, ed ivi scaldarsi prima di giuugere sul fuoco slesso passando pel boccolare. MANIFATTURA d’aRMI «In questo Slabilimenlo si fabbricano tutte le armi porta- til i ehe occorrono alle Regie Truppe di terra e di mare. « Le primarie officine sono neH’Arsenale e nella cosi detta Fucina di Valdocco, distanleun quarto circa di miglio dallacitta. « Oltre i lavori che si escguiscono in queste officine, molte MONARCHIA, ESERCITO 257 parti delle armi si ricavano dai privati stabilimenti degli impresarj. « Nell’Arsenale si ricevono i lavori della Fucina di Valdoeco, consistent principalmente nell’intera confezione delle eanne per le armi da fuoco, non che tutte le parti che si prendono per via d’imprese. « Ognuna di queste parti viene quivi esaminala e disposta a formare l’arma a cui e destinata; dopo di che le armi com- poste e finite entrano nelle altigue sale e vi rimangono sino a che arrivi un ordinc superiore di distrihuirle alle Regie Truppe. « A parte dei suddetti lavori, i quali riguardano esclusiva- mente alia fahhricazione in nuovo, le officine dell’Arsenale hanno ancora un Laboratorio di riparazioni nel quale si ri- mettono in istato di servizio le armi usitate, ed una scuola permanente d’instruzione per ahilitare un dato numero di Allievi militari a coprire lodevolmente il posto di Capi Arma- juoli nei diversi Reggimenli dell’Esercito. « Le materie prime, di cui si fa uso nella Fabbrica d’ Armi, si ricavano tutte dai Regii Stati, ad eccezione dell’acciajo per le lancie della cavalleria, per le molle e la faccia degli ac- ciarini, per le bacchette dei fucili di fanteria, e per le lame delle sciabole di cavalleria le quali si ricevono belle e fatte dall’ Alemagna. « I prodotti della Fabbrica nei tempi di necessita hanno pin d’una voltaoltrepassato le 2o mila armi d’ogni specie all’anno. II prodotto annuo attuale e di circa 8 mila armi nuove, e si riparano le usitate a misura del bisogno. « Oltrele solite armi da guerra, cioe, fucili, moschetti, pi¬ stole, lancie, sciabole ecc., si osservano nelle officine dell’Ar- senale: 1° Una combinazione di spingarde di provata sicurezza, le quali si caricano dal fondo della canna e si sparano senza il minimo incomodo. Queste spingarde hanno una gittata per lo meno eguale a quella di qualsivoglia altra anna di quesla 258 CAPITOLO DUODECIMO specie. Esse si sparano sur un treppiede di ferro di assai semplice struttura quando non si ha alcun punto d’appoggio; trovandosi un punto d’appoggio, il treppiede non e piu neces- sario, e la spingarda puo essere collocata in qualunque sito e sparata in ogni direzione. 2° Una carabinaper Bersaglieri, lavoro ingegnoso combi- nalo dal sig. Comandante di quel Corpo, a cui se ne sono, non ba guari, distribuite 220, che si stanno ora sperimentando. 5° Una progressiva fabbricazione di sperimento di fucili cosi detti a percussione, merce della quale fabbricazione cor- reggendosi di mano in mano i difetti che apparivano ad ogni combinazione, si venne finalrnente a capo di trovarneuno, il quale, esaminato da un’ apposita Commissione, fu giudicato degno d’essere messo in esperimento in alcuni lleggimenli, giacche sembra unire in se le Ire condizioni indispensabili per un’arma da guerra, cioe semplicila di lavoro, sicurezza e facilita al soldalo nell’adoprarlo, ed una tenuissima spesa per eseguirlo. 4° Una sala dove veggonsi uniti i modelli, che lin qui si e potulo raccogliere, dellc armi portatili a selcc ed a per¬ cussione, e delle armi bianche in uso ne’paesi slranieri. « Le sale, enlro cui si conservano le armi fabbricate e ripa- rale, girano quasi per intero il primo piano dell’Arsenale. Vi si ascende per un ampio scalone, il quale melte ad un bellissimo atrio che da adito in dette sale, ed era allra volta ornato di magnified trofei d’armi antiebe e moderne d’ogni maniera, vagamente intrecciate e disposte dai celebri fratelli Galliari. Ogni sala e divisa in tre scompartimenti da due file di pilastri, intorno a ciascun dei quali le armi trovansi col¬ locate su di eleganti castelli in si bella simmetria che meri- tossi in ogni tempo I’altrui ammirazione. «In faccia all’atrio, ed ai due capi delle sale, Ire magni- fiche terrazze servono al disimpegno dei lavori straordinarj che possono occorrere nel servizio, mentre per la loro robusta struttura contribuiscono non poco alia bellezza arcbitettonica dell’Arsenale. MONARCHIA, ESERCITO 259 « Gli Stabilimenti che dipendono dall’Arsenale sono i se- guenti: LABORATORIO De’ BOMBARDIERI « A ponente dell’Arsenale sulla stessa linea del medesimo, verso la spianata della Citladella, sorge il Laboratorio dei Bombardieri, edifizio deslinato alia costruzione delle muni- zioni ed artifizj da guerra e di gioja d’ogni maniera, non che all’istruzione dei Bombardieri e Cannonieri sulla composizione dei medesimi. « La recente invenzione dei razzi da guerra ha fatto intro¬ duce in questo Stabilimento fra le macchine le piu riguar- devoli: 1° Uno strettojo idraulico al quale si e quivi ideatodiap- plicare un meccanismo atlo a misurare la forza della compres- sione; esso serve principalmente a caricarele canne da razzi alia foggia austriaca e a dare alia composizione dei medesimi tutta quella maggior compazione che si puo desiderare. 2° Un trapano inventato ed eseguito nello Stabilimento, ed atto a formare nel centro di detti razzi alia foggia austriaca il vano che vi lascierebbe la spina, ove la massima compa¬ zione che si richiede nella composizione permettesse di non caricarli massicci. 5° Un trapano a compressione il quale serve a bucare i metalli con facilita e precisione; si adopera spezialmente a bucare i fondelli de’razzi da guerra alia foggia inglese. « Si osserva ancora: 4° Uno stampo-pallottole a compressione; esso serve alia formazione delle pallottole di piombo le quali riescono piupe- santi e di una sfericita piu esatta di quelle fuse nolle forme. Questa macchina e stata inventata e si adopera a Berlino. 2° Una macchina per determinare la differenza tra il centro di gravita ed il centro di figura dei projetti, stata in- ventata dal Capitano cavaliere Cavalli, ed eseguita nel Regio Arsenale. 260 CAP1T0L0 DUODECIMO 5° Una ruota idraulica in ferro eseguita nello Stabili- mento per far girare i tornj e Ie pielre da arrotare. 4° Una macchina per fabbricare le cappellozze, stata ese- guita dal macchinista Gioja. REGIA FABBRICA A POLVERI E RAFFINERIA DEI NITRI « Fondata nel secolo xvx nel sobborgo di Dora detto del Pallone, quando pochi o nissuni erano gli edifizj che oggidi lo compongono. Eppero la Regia Fabbrica delle polveri si trovava quasi isolata, ad una distanza tale dalle fortificazioni che tutto alPintorno cingevano la citta, da poterne essere va- lidamente protelta e difesa, e per la poca sua estensione in que’ suoi priniordj non oggetto di serio timore per la sua vicinanzaalla citta medesima. Questa fabbrica, attraversata da un canale derivato dal flume Dora, il quale serve a mettere in moto le diverse sue macchine, non venne prima del 1769 gran fatto attivata. Egli fu solo in quell’anno che abbando- nato il sistema di far eseguire da impresarj la fabbricazione delle polveri, e meglio fissati i principj da seguirsi nella fab¬ bricazione medesima, si slabili di ampliare e ricostrurre l’edi- flzio sui disegni del Colonnello d’Artiglieria Antonio Ouaglia, e di affidarne a lui e ad altri Uffiziali della stessa milizia la direzione. « Sostiluito quindi all’antico un piu ampio, e meglio esposto stendaggio delle polveri all’aria libera, sulla destra del canale della Regia Fabbrica, in terreno appositamente acquistato, eretti in altiguita del medesimo tre vasti magazzini per rice- vervi le polveri ultimate od in corso di fabbricazione, costrutti sette nuovi molini a polvere pei quali venne il loro numero a sommare a venti, non che i due primi forni di cui si sia fatto uso all’oggetto di formare il carbone necessario alia composi- zione della polvere, si poneva mano nel 177o, e si terminava nel 1778 il fabbricato della Regia Raffineria dei nitri. Unito alia fabbrica delle polveri di cui fa parte, ha pero questo un ac- cesso libero ed indipendente, tale da poterne all’uopo venire inlieramenleseparato. Quattro forni pel raffinamento del nilro. MONARCHIA, ESERCITO 261 la depurazione delle schiume, la restrizione delle aoque nitrose, ecc., con tutti i locali necessarj alia serie delle susseguenti operazioni, ampj magazzini di deposito del nilro greggio e raf- finato, una nitriera artificial, vaste tettoje per la custodia delle legna, diversi cortili, formano il complesso di questo spazioso e ben ordinato Stabilimento. « Egli era pero riservato agli anni che seguirono il fausto ritorno dei Reali di Savoja negli aviti loro dominj il vedere introdotti in questo, come negli altri Regj Stabilimenti, tutle quelle ampliazioni e miglioramenti cui i bisogni dello Stato richiedevano, ed i sempre crescenti progressi nelle scienze e nelle arti suggerivano. Quindi dopo di essersi ingrandito il locale su cui un tale Stabilimento giaceva, medianle l’ac- quisto di nuovi terreni, lo si isolava per ogni dove, colla costruzione di opportune cinte, dagli attigui fabbricati, se ne sgombrava cd ampliava l’accesso, si ristaurava con opere in pietra il gran canale, si ergevano le nuove officine dei fale- gnami, fabbri ferraj, barilaj, coloristi ecc., i laboralorj per le composizioni, quelli pei frulloni, staccialori e lisciatori della polvere, si stabiliva la gran stadera pel pesamento dei varj legnami, e si coslruiva finalmente attorno al gran cortile due nuove ale simmetricamente poste, da servire l’una per Pallog- gio dei Capi, Sotto-Capi ed Operaj della compagnia Polveristi addelta alio Stabilimento, e 1’altra per magazzini, depositi e galleria dei modelli. « Ridotti poscia a miglior forma i due forni gia esistenti ad uso di carbonizzare il legno occorrenle alia fabbricazione della polvere, un terzo se ne costruiva nello stesso locale, e quindi altri di nuova foggia atti ad operare la carbonizzazione per via della distillazione. « Si costruiva parimenle una nuova pcsla a polvere in so- stituzione di un’altra stata convertita nelP uso del granare e frullare le polveri, la quale colbaggiunta degli opportuni meccanismi si rendeva alta ai due servizj; si stabiliva unaruota idraulica per il movimento d’una macchina ad uso di esca- yare i gombi delle pcste a polvere, e di un tornio ; tre altre 262 CAPITOLO DUODECIMO ruote idraulicheper sostituire nel movimentodei frulloni, stac- ciatori, lisciatori, ecc., la forza dell’acqua a quella dell’uorao, e finalmente si erigeva un apposito fabbricato ad uso di sec- catojo artificiale dellc polveri, da servire nei tempi umidi e freddi, e da riscaldarsi col mezzo del vapore introdotto in ap- positi tubi di rame. « Ingranditi nellostesso modoilocali altinenli alia Raflineria dei nitri, si ricostruivano con migliore forma le caldaje, e si stabilivano due essiccatoj artificial! pel nitro, due cristallizzatoj per il polverizzamento del medesimo, opere tutte per le quali si vennead inlrodurre nello Stabilimento di cui si trattai mi- gliori procedimenti di fabbricazione oggidi conosciuti. FUCINA DELLE CANNE « Questa Fucina situata ad un quarto dimiglio dalla cilta a settentrione della medesima, nella regione detta di Valdocco, e particolarmente ordinata per la fabbricazione delle canne delle armi portatili da fuoco d’ogni specie, menlre sperimen- tata a costruirvi bajonette e lame da sciabla di fanteria e di artiglieria, non si riesci ad ottenerle alio stesso costo di quelli delle fabbriche di Netro, provincia di Biella. « Divisa dapprima in altrettante imprese quanti sono i pe- riodi della fabbricazione, venne poi questa nel 1825 ristretla ad un solo impresario, ed i prodotti che si ricavano in tal modo dalla fucina, sottoposti ai soliti sperimenti per rico- noscerne la bonta, ascendono annualmente a novemila canne. «I lavori deH’allargare e del portare l’inlerno delle canne al giusto loro calibro, del pulirle, agguagliarne le pareti esterne al tornio ed alia ruola, si eseguiscono con macchine idrauli- che, gli altri si effettuano nei varj laboratorj parte a braccia, e parte con istromenti ed ingegni opportuni » (1). (I) N. C.— Nel cortile dell’Arsenale sorge la statua in bronzo di l'ietro Micca, del quale abbiamo parlato a pag. 43. MONARCHIA, ESERC1TO 265 I disegni delle fabbriche militari son fatti ordinaria- mente dagl’Ingegneri del R. Corpo del Genio militare, a’quali e pure affidata la cura della manutenzione di tutte le fabbriche militari, per quanto s’appartiene all’arte (1). (I) « Primodi essi in Piemonte fu quel Francesco Paciotto d’Urbino, ii quale fece le cittadelle d’Anversa e di Torino. Un Gabriele Busca, un Conte di San Front, un Carlo Morello, Carlo ed Amedeo Conti di Castellamonte, due Bertola, il celebre Conte Pinto, l’lngegnere Guibert, ed il Vittozzi, ad alcuni de’quali si devono i disegni di Piazza S. Carlo, di Piazza Castello, della Venaria Reale, della R. Accademia Militare, del R. Palazzo, del Palazzo vecchio laterale alia Metropolitana, della Chiesa del Monte, insomnia de’piugrandi edifizj di Torino, furono i primi istitutori di quel Corpo, il cui Comandante da principio alia quality di Capo Ingegnere univa quella di Generale d'Artiglieria. In progresso di tempo ebbe il Corpo del Genio un’esistenza affatto di per s b; ed ora sotto il governo d’un Maggior Generale Comandante in Capo si trova diviso in Genio propriamente detto — in Zappatori del Genio — negli Archivj del Genio. Quattro Compagnie, delle quali una di Minatori, eostituiscono i Zappatori del Genio, i cui Tenenti e Sottotenenti sono per lo piu scelti fra i bassi uffiziali piu di- stinti, e i Capitani, e il Maggior Comandante dagli Uffiziali d’ugual grado nel Genio. Sono in ciascuna compagnia alquanti operaj di varie arti,pagati alquanto piu degli altri: ed i soldati son compartiti secondola capacity loro in parec- cbie scuole teoriche e pratiche dove essi Uffiziali sogliono insegnar loro il leg - gere e scrivere, il computo, la geometria , e le scuole della zappa e della mina. Un Maggiore del Corpo dirige gli Archivj , dove stan consegnate le copie di tutte le fabbriche militari che vengono ideate, e la Biblioteca, nella quale per mezzo d’un annuo fondoaccordato dal Governo si raccolgono quei libri che possono essere piu utili agli Uffiziali Ingegneri, che ban diritto di servirscne. Dovrebbero pure essere uniti agli Archivj tutti i modeili delle fortezze dello Stato: i quali sia per angustia di sito, sia per procacciare piu agevole istruzione agli Allievi della R. Accademia Militare, vengono con- servati in una sala di quello Stabilimento. ll Corpo del Genio sotto un Colon- nelio, un Luogotenente Colonnello, e quattro Maggiori con numero corrispon- dente di Capitani e Tenenti, 6 distribuito in tante direzioni quante sono le Divisioni Militari; e ad esse ordinariamente presiede un Uffiziale superiore, il quale ha sotto se un certo numero di Uffiziali subalterni applicati alle varie Sezioni della Direzione. Al Consiglio del Genio, composto di Uffiziali superion e Generali del Corpo , ma dipendenti immediatamente dal Ministero della Guerra, appartiene 1’esame rtu iBotantcfl « L’Ortobotanico, annesso al Regio Castello del Valentino, ha per fondatore Vittorio Amedeo n. Da principio non conteneva che poche piante esotiche ed indigene; fra queste le officinali. Ebbe successivi incrementi; Vittorio Emmanuele ne amplio oltre il doppio la cerchia. Solto gli auspicj di S. M. Carlo Alberto, felieemente regnante, nello spazio che erasi aggiunto si costruirono nuove vasche e canali per 1* inaffiamento, piantaronsi nel cosi delto boschetto, disposti secondo il rae- todo naturale, gli alberi earboscelli, i quali possono vege- tare presso di noi a cielo scoperlo. Nello stesso boschetto, in sito appartato, si distribuirono metodieamente le specie offici¬ nali ed economiche per comodo di coloro che non potendo applicare di proposito alia botanica, bramano conoscere quei vegetabili che piu specialmente servono alia medicina ed alle arli. Il prof. Balbis lascio una copiosa collezione, la quale con¬ teneva moltissime specie, e particolarmente le americane ch’e- gli aveva ricevute dal suo dscepolo e poi amicissimo Bertero. S. 31. ne fece acquisto per arricchirne l’erbario dell’Orto botanico. Vennero aggiume le piante della Sardegna, rac- colte dal prof. 3Ioris; e quelle della Capraja , raccolte dal prof. De-Notaris e dal Lha. « Il numero delle specie cultivate e di circa undicimila, « Vogliono essererauimcntate alcune esotiche rare. Latania chiuensis Iacq. — Phoenix farinifera Roxb. — Thrinax parviflora Sw. —Elate sylvestris L.— Cocos nucifera L. — Caryota urens L, mitislour.— Areca oleracea Iacq.— Cycas circinalis L. — Zamia horrida, lanuginosa, longifolia Iacq. — Colymbea excelsa Spr, quadrifaria Salisb. — Arlocarpus universita’ degli studj 287 incisus L. F. — Ficus macrophylla Desf. — Coccoloba pu« bescens L, macrophylla Desf. — Isopogon anethifolius, tere- thifolius R. Br. — Driandra IongifoliaR.|Br.— Grevillea acan- thifolia Sieb.— Brexia madagascarensis Ker,| spinosa Lindl. — Mangifera indica L. — Ipomoea operculataMart. — Fabiana imbricata R. P. — Epacris impressa Labill, paludosa R. Br. — Curtisia faginea Ait. — Gesneria tuberosa Mart. — Lechenaultia formosa R. Br* — Gustavia augusta L. — Inga Unguis cati W, guadalupensis Desv.— Hovea Celsii Bonpl. — — Guilandina Bonduc L. — Combretum purpureum Vahl. — Francoa appendiculata Cav, — sonchifolia Sp. — Craveva fra- grans Sims. « Le specie dell’erbario son quarantamila e piu. Si aggiu- gne una raccolta di funghi indigeni in numero di trecento e cinquanta gruppi, con molta naturalezza raffigurati in cera. « Si l’erbario chel’orto ricevettero teste dalla munificenza dell’Augusto Regnante novello accrescimento. S. M. yi fece dono delle piante vive, semi e legni recatidal Brasile da S. A. il principe Eugenio di Carignano, non che della collezione delle specie disseccate, semi e frutti per lo studio della carpologia, raccolti dal dottor Casaretto da Genova nel viaggio che intra- prese al seguito dell’A. S. « Sindall’anno 1752 si e intrapreso di far dipiugere i vege- tabili che fiorivano all’orto. Di qui risulto un’iconografia bo- tanica. Essaconta gia cinquemila tavole in-folio, ed e tuttora eontinuata. Conservasi nella Biblioteca della R. Universita. ©nbtnJtto bt iFisica « IIP. Roma dell’Ordine de’Minimi incomincio il Gabinetto di fisica (1721). Il P. Garo dello stesso Ordine , successore a lui, coslrusse egli stesso piu macchine. Carlo Emmanuele hi fece grazioso dono delle macchine che 1’ abate Nollet aveva seco porlate da Parigi quando fu chiamato a dar lezioni di fisica al Duca di Savoja, che fu poi Vittorio Amedeo in. Il P. Beccaria fece copiose aggiunte, specialmente nella parte che 9.88 CAPJTOLO DECIMOQUARTO riguarda all’ elettricita. Vassalli-Eandi invento e perfeziono alcuni strumenti elettrici, specialniente l’elettrometro. Carlo Felice mando il prof. Colto inFrancia ed in Inghilterra a fare acquisto di quelle macchine piu recenti diche mancasseil Ga- binetto; moltissimene vennero aggiunte, particolarmente nella parte che spetta all’ottica. Ewiattiguo ilTeatro chegia serviva alle dimostrazioni anatomiche. Ivi il Professore mette innanzi, eon esperimenti, quanto va insegnando nelle lezioni della scuola. Le pubbliche sperienze si fanno nel giorno feriato di ciascuna settimana. (Dssmmtorio 3lstronomtfO « Verso il principio dell’anno 1820 la liberalita del Re Vittorio Emmanuele aveva procurato i fondi necessarj all’ac- quisto di un circolo meridiano, e di altri preziosi istromenti. Ma il Regio astronomo cavaliere e commendatore Plana con- sideraya che 1’Osservatorio, situato nel palazzo della Reale Ac- cademia delle Scienze, non era guari atto a ricevere di tali strumenti; che la costruttura del medesimo non era solida baslevolmente; che mancava di tetti giranti facili ad essere mossi, e che difettava di fenditure meridiane acconcie ad os- servare gli astri senza limilazione nel verso del meridiano. « Queste considerazioni mossero il Re a comandare, che un nuovo Osservatorio sorgesse sovra una delle quattro torri saldissime, che fiancheggiano il paiazzo del Caslello Reale, che isolato s’innalza in mezzo alia piazza detta del Castello, e ad un tale uopo si e prescelta la torre o angolo dell’edifizio volto a tramontana. « I lavori che occorrevano per recare ad effetto i comandi Sovrani furono diretti dal sullodato Regio astronomo, ed erano condotti'a termine verso la meta dell’anno 1822. « Allora fu che esso Regio astronomo dette opera a collo- care il circolo meridiano fra due colonne di marmo erette nel mezzo della sala, ed a determinare con precisione il luogo in UNIVERSITa’ DEGL1 STUDJ 9-89 cui intendcva che s’innalzasse una mira meridiana verso il sud. Egli era conveniente che questa mira fosse allogala alia maggior lontananza possibile; malacollina, a’piedi della quale e la citta di Torino, circoscrive l’orizzonte nel verso del me- ridiano, e rislringe la lontananza a cui sarebbe potuto allo- garsi una miravisibile col canoccbiale del circolo meridiano. Fu mestieri piegarsi allc circostanze, tanlo piu cbe alia fin dei eonli una lontananza di circa 4,500 melri pan e sufficiente. a Questa mira e collocata sopra un vecchio muro, die serve di cinta ad un giardino nella terra di Cavorello, ed e una eolonna di mattoni con sovra un parallelipipede di marrno, in cui si aperse un foro circolare di 19 cenliinctri di diametro. Questa apertura si protende nel cielo per forma, cbe il di lei centro, facile a valutarsi, constituiscc un punlo di mira distintissimo; e per una lunga serie d’osscrvazioni si e fatlo manifesto che puo tenersi in conto di sensibilmente nulla la dc- \iazione di questa mira dal piano del meridiano. « Dalla parte del nord lc alte montagne delle Alpi nascon- dono 2° 1|4 circa. Verso il sud V interposizione delle Alpi maritlime produce eziandio una circoscrizione; la Stella o: Phoenix e, minuto piu, minuto mono, la piu auslralc che jiossa osservarsi nel medesimo. « Ma degli oggetli tutti che circondano l’orizzonle dell’Os- servatorio, il piu notabile e la cupola di Superga. L’azimulo di questa cupola contain dal sud verso 1’ovest e di 260° oo’ 0 ” 0 . « Verso ponente v’ha un segnale innalzato sulla vetta della montagna di Rocciamelone, di cui l’azimuto e di 107° 18 16 ” 0 . « Se il volarer de’secoli Iraesse seco mutazioni considere- voli nella citta di Torino, queste notizie varranno a delcr- minare il silo preciso occupato di presente dal circolo meri¬ diano. « Bella e la sala del Regio Osservatorio, ed in un fregio che gira attorno alia medesima sono in mcdaglioni raffigurati 13 290 CAPITOLO PECIMOQUARTO Lagrange, Galileo Galilei, Ticho-Brahe, Newton, Kepiero e Domenico Cassini. « Sur una lapide di marmo leggesi la seguenle iscrizionc, della quale e autore il Boucheron: YICTORIYS . EMM AN V EL . REX SPECYLAM . HANG ASTRIS . RITE . OBSERVANDIS ANTIQVAE . TVRRIS . FASTIGIO SYIS . IN . AEDIBVS . EXTRYI . IYSSIT OMNIQ . INSTRVMENTO . LOCYPLETAYIT MYNIFICE . AN . MDCCCXX « Diremo ora de’ prineipali istromenti, che sono ricco cor- redo del Begio Osservatorio. Abbiamo gia fallo speciale men- zione del circolo meridiano, ed in proposito di queslo instru- mento soggiungeremo die e stato lavorato a Monaco di Ba- vicra dal celebrc Reischenbach. Questo circolo che pub volgersi a piacimenlo verso l’oriente, o verso l’oceidenle, e affatto simile a quello che il Bessel ha con molla accuratezza de- scritto nella sesta sezione della collezione delle sue osserva- zioni. Il circolo in discorso ha 5 piedi di diametro, con di- \isione sessagesimale in argento, e quattro nonii che danno i minuli secondi da due in due. L’apertura del canocchiale e di 12 centimetri, ed ha di fuoco un metro e seicento mil- limetri. « Dopo il circolo meridiano merita di essere osservato un pendulo, che da il tempo siderale, il quale pendulo e stato lavorato in Parigi nel 1809 dal Marlin allievo del Berthoud. « Nella sala della specula sono poi altresi due canocchiali del Dollond, inontati parallalicamente, uno dcll’apertura di 65 millimelri e di un metro di luoco; c l’altro dcll’apertura di un decimetro, e di un metro e 50 centimetri di lunghezza locale. « V’c un terzo canocchiale, lavoro del celebre Fraunhofer «li Monaco in Bavicra, cd e montalo sopra un treppiede di UNIVERSITA’ DEGLl STUDJ 291 ottone. L’apertura di questo canocehiale e di 7a millimetri, c la distanza focale c di un metro. « Accenneremo inoltrc un sestante a riflessione di due de- cimetri di diametro, con divisione suH’argento, ed un nonio chc da i minuti secondi da cinque in cinque, opera eseo-uita in Londra dal Tronghton. « E questi sono i principal)' fra gPistromenti die sono nclfa sala. Da quesla salendo al tetto girante all’est, si trova un circolo ripetitore in altczza del diametro di 50 centimetri , con divisione in argenlo, c con quatlro nonii die danno i mi- nuti secondi da quattro in quattro. Questo circolo e lavoro del sovra lodalo Heischenback. « Dal tetto girante all’est passando al tetlo girante all’ovest, vedesi nel medesimo collocate un equaloriale chehaun circolo di declinazione di 62 centimetri di diametro, con divisione neH’argenlo, e due nonii clie danno i minuti secondi da cinque in cinque. II circolo orario ha 45 centimetri di diametro, con divisione in argento die da i minuti primi da uno in uno. « L’amministrazione di questo come deiranlicoOsservatorio, di presente destinalo soltanlo alle osservazioni meteorologichc, spetla alia Regia Accademia delle scicnze, e finiremo con di- chiararc, die pressoche tutte le nolizie date in qucst’articolo sono cavate dal lihro del cavaliere e commendatore Plana, intitolato: Observations astronomiques failcs en 1822, 25. 24 et 25, a l’Observaloire Royal de Turin. Jnlrod. (1). <£irtfUia 25nutlioj « L’Edifizio Idraulico fu decretato da Carlo Emmanuelc m (1765) ; 1’ csecuzione ne fu affidata al prof. Michelolti, il quale ne dicde la descrizione n ell’opera inlitolata Sperimenti idraulici. Dicesi la Parella, perche e presso ad un podere die ha la I nomc, fuori dell’anlica porta Susina a deslra dello slradone (I) Arlicolo giti [mbhlicalo da Lodovico Costa, CAPITOLO DECIMOQUARTO che accenna a Rivoli, alia distanza di un rniglio e mezzo dalla citta. Evvi un’ampia torre con tre piani: si cmpie a piaci- menlo coll’acqua, che per un canale e condotla dalla parte su- periore a cadervi. Due grandi vaschc raccolgono l’acqua dalle luei applicate a’varj piani, ed a misurarla all’uopo. Sonvi inoltre parecchi canali con diverse pendenze e con varie di- rezioni. Non luno-i vi ha una casa che serve d’abitazione al cuslode, e a riporre gli apparati e slruinenti idrometrici. In znaggio ed in giugno vi si fanno pubblici sperimenli. iititsfo M Soolinjtct « II Museo di Storia Naturale venne fondato con gli auspiej di Carlo Enimanuele hi. Ne’suoi primordj non conteneva che le raccolte falte in Oriente da Donali. Poi vennero aggiunti alcuni Musei di privati, fra i quali meritano parlicolare men- zionc il conte di Bellino, il conte Carburi, il commendatore Graneri, il balio di S. Germano. Ma per assai lungo tempo nmase stazionario. Allora prese grandi c rapidi incrementi quando fu diretto da’prof. Borson e Bonelli. Il secondo cbbe la parte zoologica. In qnindici anui, dal 1811 al 1826, si porlo a paro delle piii ricche collezioni d’ Italia. In due grandi sale, in una lunghissima galleria, in allre sale minori veggonsi ora distribuite le varie classi degli animali. I vertebrati, i luolluschi cefalopodi, i zoofiti occupanograndiappropriati scaf- fali. Le conchiglie, vivenli e fossili, sono in cleganti bacheche. I crostacei, gl’insetti ccc. riempiono un grandissimo numero di quadri, allri appesi, allri dritti sulle bacheche. Tale e la poslura che riesce comodissima all’osservatore. a Fra i mammiferi, distinguonsi o per rarilaoper bellezza «li esemplari il Siamang (Pitechus syndactjlus); il Wouwou Hylobates agilis); l’Ouanderou o Macacus Silenus ; il ^ am- ju'ro (Vampirus sanguisuga); la Rossetta (Pteropus edulis); il Galeopiteco (Galeopitechus variegatus); la Mygale Pyrenaica; FOrso mariliimo; il Dasiuro di Mauge; il Tylacinus Harrisii; F Acrobata pvgmaea; il Kangouro (Macropus labiatus); il Worn- UNIVERSITA’ DEGLt STUDJ *293 bat (Phascolomys Wombat); l’flydrochaerus capibara; POry- cterus maritimus; l’Acheus Ai dal collarc nero; l’Orycteroptas capensis; il Tamanoir (Myrmecophaga jubata); i! Pangolin©- (Manis macroura ) ; il Fatagino (Manis africana) ; i’Echidna ; l’Ornitorinco; il Tapiro Americano: l’lppopolamo; la Giraffe; la Zebra; un Ibrido di Zebra con Asino; il Quagga; il Bisonle col suo scbeletro; il Mosco di Giava ; il Tragelafo, lo Stam*- becco, ecc. « La classe dcgli uccelli vince per numero di specie ogniallra- de’vertebrali. Vi si veggono: il Carrama; il Condor; il Sarco- rampbus papa; una bella serie d’individui dell’Aquila sarda; il nuovo Falcone di Eleonora; il Buceros galealus ; 1’ Ara?- punga carunculata; la Phytotoma rara; il Zampilops anhelus* Licht. (Agrilorbinus sillaceus, Bonap.); il Lira; il Promerops superbus; il Philcdon cincinnatus; la Colomba coronata; iiTra<- gopan (Phasianus satyrus, Temm.); l’Argo; ilNandu; l’Emeu; 1’Emou; il Iabira del Senegal (Mycleria Senegalensis, Lalii); il Marabou; il Cancroma; il Cigno nero; l’Alca impennis; TApte- nodites Palagonica, ecc. « Gli uccelli indigeni trovansi quasi tulti rapprescnlati da numerose c scelte coppie di mascbi e feminine, d’ognieta e slagione. « Men ricca e la classe de’retlili, perche si hanno difficlt mente dal commercio. ISon mancano lultavia bellissime testug- gini: la Cbelonia imbricata; la Matamata (Cbelys limbriatus}; la Trionix ferox; un Coccodrillo lungo metri 5, 2[5; pareceM Caimani; un grossissimo Souroucou (Lacbesis rhombeala); i due Crotali; la Ceraste; la Sirena intermedia, ecc. Fannopot bellissima mostra di se 1c specie della Sardegna raccolle did prof. Gene e da lui illustrate ne’volumi della Regia Aceade- mia delle scienzc. « La classe de’pesci contiene magnifici esemplari dipiu spe*- cie rare: la Cephaloptera Giornac ; il Trachypterus crislatus.,* il Lopbotes Cepedianus; il Bogmarus Islandicus; 1’Alepoce*- phalus rostratus; l’Astrodemus elcgans, ecc. CAPITOLO DECIMOQUARTO ^94 « Le collezioni degl’ inverlebrati c specialmente de’testacei sono eopiosissime. « La raccolta conchiologica si compone delie specie viventi, e delle specie che trovansi fossili ne’terreni terziarj dell’Italia e principalmente del Piemonte. Tra le viventi c notevole una valva di Avieula margarilifera, dalla quale spiccasi una perla maravigliosa si pel volume e si per la forma: dono di S. M. il He Carlo Alberto. « Fra le fossili trovansi tulle quelle del Brocclii, oltre a pa- recchie , proprie dell’Astigiano e della collina di Torino, non eonosciulc da quel Naluralista. La raccolta enlomologica pre¬ sen ta la famiglia de’Brachelitri, e quella degli Icheumonidi, ordinate e nominate dal prof. Gravcnborst di Breslavia. II dolt. Ericlison di Berlino olferse recenlemente in dono una numerosa serie di Brachelitri. II prof. Gene raccolse gl’insetti della Sardegna: ascendono a piu di scimila specie. « II Museo zoologico possiede una Bella serie di scheletri, tra i quali dislinguonsi quelli degli animali seguenti: Bisonte, Giraffa, Tapiro Americano, Capibara, Ai', Kangouro, Slruzzo, Casoar: di altre specie, comediBalena Mysticetuse di Physeler orthodon, sonvi tescbi ed ossa. « Da ultimo e da ricordare lo schelclro fossilc d’ un cetacco intermedio a’ Dugonghi e a’ Lamanlini, illustralo dal D. Bruno nssistenle alia cattcdra di Zoolo 2 ,ia. \ . vol. i, serie ix de’volumi della Regia Accademia delle Scienze. II signor Cnffer, chiamato da S. M. a far raccoltc zoologiche nel viaggio di S. A. il Principe di Carignano in America, soddisfecc all’onorifico suo mandalo. S. A. fcce acquisto di moltissimi c bellissimi oggelli, i quali oiTerse a S. M. e S. M. ne fecc dono al Museo (i). (I) il baronc Peiroleri possiede una ricca ed importante raccolta entomo- togica, che contienc circa 0,000 specie di Coleopteri, e 1,500 specie di Lepi- dopteri europei, fra’ (juali si raccliiudnno le specie pin rare del paese. Questa accolta e il frutto di molli anni di futica e di viaggi del dotlo suo possessore. universita’ degli studj 29S illuscci tu illineralog'tit « II prof. Borson incomincio il Musco di Mineralogia e colic sue indefesse cure pole recarlo al punto di non aver che invi- diare a’piu reputati d’ Europa. La parte geologica venne fon- dala dal prof. Sismonda, il quale sla altendendo a formareuna raccolla de’varii lerreni degli Stati di terraferma di S. M. « Per potcr far confront! delle rocce di varie contrade il prof. Sismonda si adopero nc’suoi viaggi all’eslero di procacciarsene onde fame una collezione. N’ebbe dall’Inghilterra e dal prof. Goldfuss: preziosi donativi furono falti al Musco: l’Amminislra- zionedel Giardino delle piante in Parigi dono le rocce principal! del terreno cretaceo sino all’alluvionale comprensivamente dei dinlorni di quclla capitale. Monsignor De Medici Spada Romano arriechi in piu volte il Museo de’minerali piu considerevoli del Lazio. Maravigna mando dalla Sicilia le produzioni piu ragguardevoli di que’monti vulcanici. L’ Instituto imperiale di Pietroburgo trasmise molti minerali de’monti Orali, lutli rari, ne facili a rinvenirsi nel coinmercio. « Merita di essere osservata la collezione geologica della Sardegna, opera e dono del cavaliere Alberto della Mar¬ mora, Generalc nelle Regie armate, e membro della Regia Accademia delle Scienze. S. M., nel reccnte viaggio in Ame¬ rica intrapreso da S. A. il Principe di Carignano, voile che Scienziati fossero al suo seguilo onde raccogliessero le produ¬ zioni del Nuovo Mondo. 11 sig. Casarello ebbe il mandato per le cose spettanli a mineralogia. Soddisfece alia sua missione, e S. M. si degno di fame grazioso dono al Museo. « La collezione mincralogica occupa due grandi sale: gliog- getti, secondo la varia mole, o sono riposti in iscaffali, ovvero in lavole o cassetline orizzonlali con custodie di vetro. La classificazionc e tuttora quclla del Brongniart. I progressi della scienza addomandano una classificazionc piu filosofica; e gia si attenderebbe a questa bisogna se non si fosse pensato ad un 296 CAHTOLO DECIMOQUARTO eambiamenlo degli scaffali, onde avere un maggiore spazio per la esposizione di moltissimi oggetti die serbansi chiusi in casse (1). iitusfo hi Thuicljita’ « Da oltreun mezzo secolo esiste il Museo di antichila egizie, creche, etrusche e romane. Fra le varie elassi in cui sono divisi i monumenti, quella delle monete occupa il primo luogo. Havvene molte assai rare in tutti i metalli: la somma totalc e in circa di quindicimila. Meritano speciale considerazione, dei > 001 ! di Eoitto trcnlasei: una di Atene in oro: molte dei re di Siria in argento: pareccbie degli Arsacidi e Sassanidi in ar- cento: alcunc Daricbc di Persia in oro ed aro-enlo: dei Lamdi -alcune in oro, molte in argento, dugento circa in rame: delle Alessandrine sotlo gl’ imperatori romani, in argento, in rame, in metallo misto, da Augusto a Claro. « Piccola e la raccolta di statue, busli e teste in marmo: \ i si veggono: un Cupido dormente adagiato su d’una pelle di leone: una testa di Antinoo ingbirlandata di pampini a foggia di Baccante. Una testa di Ciclope. « Segue il Musaico che fu trovato a Stampace nell’isola di Sardegna l’anno 1766. E diviso in piu pezzi, i quali da prima erano uniti insieme, e raffigurava Orfeo con berretto frigio in tesla neiratto di sonar la lira circondato da varj animali. « Nella serie delle statuette in bronzo, etrusebe, greche, ro¬ mane, sarde, primeggia una Pallade, scoperta nel 1828 nell’al- vco del torrente Versa in quel di Stradella, e da quel Corpo civico donata al Museo. Di squisito lavoro e pure un Fauno mutilo trovato nel passato secolo nel sito dell’anticacitta d’ln- dustria: donde similmente provengono una patera d’argento, (I) ll sig. Luigi Bellardi ha una copiosa raccolta di Zoofiti, Echinidi, Cir¬ ri pedi, Annelidi e Testacei fossili di varie parti d’Europa, il numcro de’qnali ascende a circa 2,500 specie, oltre ad altra raccolta di 020 specie di testacei or viventi, terrestri e duviatili. . universita’ degli studj 297 un tripode di bronzo, una tavola dello slesso metallo, con iscrizione: due frammenti d’un’ allra tavola pur di bronzo con iscrizione romana. Evvi un’altra patera antichissima su cui ve- desi effigiala in rilievo una battaglia di Ercole e Teseo colie Araazzoni. Essa fu trovata da un pescatore nell’alveo del Po. Ve ne sono altre state discoperte in Savoja. Sonvcne molte di bronzo: alcune inargentate. I vasi delFuno c dell’altro me- tallo sornmano a meglio di sessanla. « Fra gli altri oggelti di rame evvi un diploma dell’impera- tore Adriano: una testa di Medusa con anse e dentro vuota, forse ad uso di profumiere: un fulmine dorato: un’aquila tro- vala nella cilta di Anzio: scssanta c piu animaletti di varie specie; slrumenti, utensili, ornainenti, oltre a trecento cin- quanta. La famosa Tavola Isiaca fu trasportata nel Museo Egizio. « Dei vasi fillili, gli assai appartengono agli Elruscbi. Mol- lissimi l’urono trovati nel sito dell’anlica citta di Pollenzo cd in altri luoghi del Piemonte. A’ inonumenti anticbi si aggiunsero piu oggetti di arte moderna: fra i quali attraggono particolar- menle lo sguardo due be’ gruppi in avorio, rappresentanti il giudizio di Salomone e il sagrifizio di Abramo. Sono lavori del passato secolo. iltusfo <£31210 « La munificenza del re Carlo Felice nel 1825 fece acquisto di moltissimi monumenti egizii dal cavaliere Drovetli pie- montese, in allora Console della Francia presso il vicere dell’Egitto. Ne nacque cosi un Museo che fu intitolato Egizio. Veggonsi le statue degli antichi Faraoni: molte colossali, lutte d’un pezzo, in granilo non maccbiato, in granito roece, in basalto verde e nero; in pietra calcare, in arenaria. Tre statue rappresentano Ramesse — Sesostri. Un’altra rappresenta un re, che, secondo Champollion giuniore il qual venue di Parigi a studiare il nostro Museo Egizio, sarebbe Osimandia. Yi ha *13 298 CAPITOLO DECIMOQUARTO mollissime statue relative a Dei, Dee, animali saeri, emblemi mitici. Altre rapp resen tanti persone private d’ogni eta, sesso e condizione. Varia ne e la grandezza dal colosso all’idoletto. Poco mono di dugcnto sono i quadri inlagliati o dipinti, in cui si veggono piu persone in atto di offer-ire cibi, bevande, iiori, fruiti, a uomo o donna. Dal che si deduce che erano de- slinati a serbarc. la memoria d'illustri o eari irapassati. Venti di quesli quadri sono dipinti in legno, c la vivezza de’colori e come di lavoro recente. « 1! piii prezioso c per mela: 1‘allra mcla e nel 3Iuseo Vati- cano. Rappresenta Sesonchi capo della dinastia xxii, che re¬ gno nel decimo secolo prima di C. Questo Museo ha inoltrc una ricca serie di oggetti che servivano al culto: due altari di granito ncro: lavole di oblazione, di libazione, in granito, in pietra calcarc ed arenaria; vasi saeri di ogni genere e di varia materia: profumicri di pietra o di terra cotta: pani, uva, grano, frutta sepolcrali. Lo scarabeo era un simbolo veneratissimo presso gli Egizii. Havvene oltre duemila. Due sono le classi: de’ funerarii, d’ incerto uso, forse a moneta. I funerarii trovansi sul petto delle mummie. Analoghi agliscara- l»ei sono gliamuleti, dc’quali se ne trovano parecchie centinaja. Havvi molte cassette in legno di varia forma, trovale ne’sepolcri, contenenti idoletti,con iscrizioni, tiloli, nomi, leggende gero- glifrche. Fra i sarcofagi di legno sono degni di speciale atten- zione uno duplice d’ un jcrogrammala che Osse sotto i primi re della dinastia xvm: e uno che apparlienc all’epoca romana nell’imperiato di Adriano. Oltre a’sarcofagi di mummie umane sonvi mollissime casse contenenti cadaveri di diversi animali, come gatti, ihi, sparvieri, pesci, reltili. Molte mummie di shacal, gatti, due di cinocefali, tre di coccodrilli, due di to- relli con in fronte il segno diacrilico dell’Api. Veggonsi fuori delle casse. Tanto i cadaveri, quanto i loro inviluppi di tela, di cotone, di legno, sono ben conservati. « Moltissimi sono i rololi o volumi di papiro: dugento e meglio interi: e un maggior numero di frammenti. Sono di tre UNIVERSITA’ DEGL1 STUDJ 299 epoche: qilando 1’Egitto ubbidiva alia Persia; sotto i Tolomei; solto Roma. Sonvialtri scrilti su tela, su pergamena, su legno, su pietra calcare, su terra cotta. Quanto alle scritture, divi- donsi in geroglifici, geratici, dcmotici: quanto alia lingua, in egizii, greci, copli: quanto all’ uso, in riluali funebri, pura- menlereligiosi, slorici, civili. Principalissimi sono i frammenti d'una tavola cronologica contenente un lungbissimo regislro di re antichi coll’indicazione della durata del loro regno. Fi- nalmente veggonsi varj oggetli d’uso puramente civile: tele di lino, di colone, panni, calzari di cuojo, di marrocchino ed intrecciati di foglie. di palma: vasi di rame, di alabastro, di terra cotta, strumenti ed utensili di varie arli. « 11 Museo Egizio fu argomento di dotte indagini del prelo- dato Champollion, troppo presto rapito alle scicnze, c del nostro prof. cav. Peyron. Esso venne associato al Museo di antiehita, eppercio si intitola Museo d’Antichila ed Egizio. (Oratorio « Nelle domeniehe ed altre feste vi sono le congregazioni neirOratorio. Vi ba quadri, di cui tre sono copiati da’musaici della Basilica di S. Pietro in Vaticano. Sebbene sia assai spa- zioso, non e tuttavia sufficiente a capire tutta la scolaresca. Quindi due sono le congregazioni: una per la facolta legale, l’altra per le altre, tranne la teologica, perocclie i chierici sono addetti alle rispettive parrocchieo ad altre chiese. Gli studenti di fdosofia hanno le loro congregazioni nel palazzo dell’Acca- demia Albertina. « AH’Oratorio sopravvegliano dueDirettori e due Cappellani. I primi spiegano dal pulpito la parola di Dio. «Intervengono pure ilRettore, alcuni Professori per turno, e i Prefetti. JJrcfetti « Quallro Sacerdoticol titolo di Prefetti sopravvegliano alia eondotta morale degli Studenti. Assegnano la pensione, fanno 300 CAPITOLO DECIMOQUARTO visite nelle case, assistono alle congregazioni. II loro assenlr- mento e neccssario per poter presentarsi agli esami. JJfnstoitt « Gli alunni, che noil sono di Torino, debbono presentarsi ad un Prefetto, il quale loro assegna la casa dove ciascun di loro debbe andar in pensione. Ne pud mutarla senza il consenso del medesimo. « I pcnsionanti sono approvati dal Magistrato della Riforma. Scuole uitioersttartc scconttarie « S. M. Carlo Alberto decretd scuole universitarie seconda- rie, dove si fanno i due primi anni di corso o legale, o me- dico-chirurgico. «In Ciamberi vi ha quallro cattedre di Icggi, e quattro di medicina e chirurgia. «In Asti cinque cattedre di leggi. «In Mondovi tre cattedre di medicina e cbirurgia. «In Nizza al mare due cattedre di leggi: quattro di medicina e chirurgia. «In Novara tre cattedre di leggi. «In Saluzzo due cattedre di leggi. «In Vercelli tre cattedre di medicina. Scufflu uctmttam * « Vittorio Amedeo hi mando alunni a Parigi ad udire lelc- zioni del celebre veterinario Bourgelat: fra quelli eravi Bru- gnone. Fondo poscia una scuola veterinaria in Chivasso, e * Quantunque si questa che Ie Jue susseguenti instiluzioni siano fuori della University ed affatto indipendenli da essa, tuttavia abhiam giudicato che quest® fra il luogo piu acconcio per classificarlc e descriverle. UN1VERSITA’ DEGL1 STUDJ 301 Brugnone ne fu Bireltore. Essa durante la guerra fu chiusa. Nel 1802, venne rislabilita nel Regio Castello del Valentino. Vittorio Emmanuele nel 4818 di molto 1’accrebbe, e la tras- porto alia Venaria Reale. Da alcuni anni e in Fossano. Prima faceva parte deH’Universita. Ora e dependente dal Ministero di Guerra. Tre sono i Professori: uno insegna l’anatomia com- parata e i precetli generali di medicina legale; un altro gli elemenli di botanica e di chimica, la materia medica; il terzo la lisiologia, la patologia, l’igiene, le operazioni e la leoria della ferratura. « Uno spedale somministra agli Alunni i mezzi d’acquistare la pralica. « II corso e di quattro anni. (Srtbittfttu mincrulogtco Ml’3Utfn&a jgcitmdf itll’ 3nterno « Nell’edifizio, cbe gia fu monastero delle Monache Carme- litane, situato sulla piazza di S. Carlo, venne formata, son pochi anni, per cura dell’Azienda generale dell’Interno una raccolta mineralogica degli Stati di S. M.,Ia quale si va lut- lodi aumentando per le ricerche geognostiche e mineralogiche deglTngegneri delle miniere, e de’naturalisli. « Cinque sono le sale: i minerali sono divisi per provincie, e queste suddivise ne’loro rispettivi comuni. Siffatla distri— buzione, se non e scientifica, e pero diretta al suo scopo, cbe e di far conoscere le sostanze a coloro cbe piu ne abbisognano. Tre sono le categorie in ciascuna divisione. Nella prima con- lengonsi i metalli, le terre, i combuslibili fossili, le rocce piu importanti alia mineralogia; nella seconda i marmi, i por- fidi, i graniti, le brecce e simili; nella lerzale rocce di costru- zione, come gneiss, graniti, schisti, arenarie, rocce calcaree: su ciascun oggetto evvi un numero ed il nome della provincia e del cornu ne. Questo numero e questo nome corrispondono ad un cartellino appiccato al saggio od oggetto dove se ne da una breve storia e descrizione. 502 CAPITOLO DECIMOQUARTO « A quesla raccolla generale sono annesse alcune speciali, mineralogiche — geognostiche. Mineralogiche. 1° Miniere di cobalto di Usseglio (Torino): di ferro ossidulato di Travcr- sella (Ivrea): di rame solfurato di Ossemond (Aosta): di piombo solfurato argentifcro di Vinadio (Cuneo): di Pcsey e Mocil (Tarantasia), ecc. ecc. 2° Crislalli di felspato de’graniti di Ba- veno. 5° Crislalli di ferro solfurato, di ferro spaiieo, di ferro ossidulato, di calce carbonata, di quarzo. Quesli cristalli trovansi associali al ferro ossidulato di Traversella di cui si e falto parola. 4° Saggi geologici del Monte Bianco, del Monte Pesey. « Trovasi inoltreun modello in grande dell’opificio in cui si acciacca e si lava il niinerale di galena di una delle B. mi¬ niere della Savoja, ed un altro del monte in clic giace la miniera di Pesey cogli opificj adjacenli. « Merita attenzione una raccolta qui csistente di lutti i legni degli alberi e de’principali arbusli die crescono negli Stati di terraferma di S. M. Ciascun campione ha forma di libro: una delle facce e lcvistala e verniciata: l’altra soltanto lisciata colla pialla. II dosso e d’ un pezzo di corteccia dello slesso albero: un cartellino da il nome italiano e latino. « In una delle camere superiori trovasi una raccolta quasi compita delle conchiglie fossili de’terreui terziarj, mediani e superiori della collina di Torino, deirAsligiano, del Tortonese, ecc., dislribuita secondo i piu recenli sislemi. a La descritta collezionc fu illustrala da Vincenzo Barelli, membro del Consiglio delle Miniere, capo di divisionc presso 1‘Azienda generale dell Intcrno, Direllore del Gabinelto mine- ralogico. iDarctno « Vittorio Emmanuele, di felice ricordanza, fondol'Instituto vaccinico (1819). Evvi nella capilale una Giunta superiore, presicduta dal primo Segretario di Stato per 1’Interno. In ogni uniyeksita’ degli studj 303 cilia, borgo, capo-luogo di provincia vi ha una Giunta. Presso ia Giunta superiore cvvi un dircltore generale: presso la Giunta provinciale di Torino, Ciamberi, Genova e Nizza a! mare, un Conservatore eel un Viee-Conservalore. Presso Ie Giunte delle allre provincic, un Commessario. « II Direttore generale c relatore presso la Giunta superiore. II Conservatore di Torino, Segretario della Direzione gene¬ rale einsieme della Giunta per la Provincia di Torino. Gli altri Conservatori e i Commessarj sono Segrelarj delle loro Giunte rispettive. « Lc Giunte provincial! corrispondono colla Direzione ge¬ nerale e eon i Sindaci de’ comuni della propria provincia. « I Conservatori e i Commessarj sono obbligati a vaccinare gratuitamente ne’rispettivi ufficj. Quando mancano del vac- cino vivo, ne inoltrano domanda al Direttore generale; rac- colgono poi vaccino in tubi, e ne fanno spedizione a’Sindaci, sulla domanda cbe ad essi fanno i Medici e Chirurghi. « I Medici c Chirurghi chc godono di stipend)’ comunali sono obbligati a vaccinar gratuitamente gl’indigenli. « Gli aspiranti alle scuole, ed agl’instituti di pubblica be- neficenza debbono riporlare un certificato di vaccina o di va- juolo (I) ». (I) Prof cac. Lorenzo Martini. CAP1T0L0 XV ACCABEMIE, GALLERIE, SCUOLE ED AJUTI PER LE BELLE ARTI, GIUNTE SCIENTLEICHE A del i SI ottobre 18SS la R. Accademia delle Science eelebro la ricorrenza del cinquantesimo anno della sua fondazione. Onorata era radunanza dalla presenza del Re, accompagnato da’Principi Reali. II conte Prospero Ralbo clie la presiedeva, lesse un discorso in cui erano queste parole:— «Nonalle sole dottrine professate nella Universita, ma ben anzi del pari, o piu forse, agli studj degli artiglieri e dovula la prima instituzione di quest’Accademia. Un giovane uffiziale, il cavaliere poi conte di Saluzzo; un altro giovane, gia conmaraviglioso esempio professore in quelle scuole, il Lagrangia; un ACCADEMIE E GALLERIE 30 p i giovane dottor di medicina , il Cigna, furono ardita- mente i primi fondatori. Bentosto vi si aggiunse un altro medico, l’Allioni; ed nn altro artigliere, il Fon- cenex; piii tardi il Morozzo, anch’egli allievo delle scuole gia dette. A’ lor lavori, alle loro scoperte si fece su- bito plauso da Lutta Europa. I piii famosi matemalici e lisici vollero farsi compagni a que’nostri, anzi pren- derli a giudici de’lor trovati. Su quel principio gli ajuti necessarj venivano solo dal Saluzzo. Poi si aggiunse la protezione del Duca di Savoja, e v’ ebbe parte il mar- chese Wicardel di Fleury, slato maestro di quel prin- cipe, dotlissimo personaggio, di casato savojardo, ma cresciutoin Inghilterra, ed in qualche parte addottrinato da Newton e da Locke, il primo de’quali gli fece onor grande, citando espressamente la teslimonianza di lui nella famosa controversia con Leibnitz. Pel favore del Duca di Savoja fu dato il titolo di Beale alia Societa privata. Finalmente nel 1785 fu decretata la pubbliea fondazionedeH’Accademia. Fra i nuovi accademici erano di professione militari, oltre i gia mentovati, due vec- clii venerandi, il Dantoni ed il llobilante, e due gio- vani di grande ingegno, il Debutet ed il Napione. De’ vi- venti notissimi, sono tre nella classe di scienze fisielie, quattro in quella delle filosoticlie e tilologiche. « Questi brevi cenni della nostra Storia non mi son paruti lontani dal mio proposito nella celebrita di questa radunanza dopo compiuto il mezzo sccolo dalla Reale fondazione. Degli accademici nominati a quel tempo, nazionali o stranieri, die fra tutti erano in numero di sessanta, io resto solo e logoro dagli anni, ma rinvi- gorito quest’oggi per la letizia di tanta ventura quanta e quella di esser ancor testimonio di si bel giorno, e 306 CAPITOLO DECIMOQUINTO qui trovarmi c di qua parlare davanti al nostro Re ». Poclii anni dopo (1836) egli mancava a’vivi, lasciando una memoria venerata e compianta, e lo precedevano o seguitavano nella toraba il gran chimico Giobert, l’il- lustre matemalico Bidone, l’immaginosa poelessa Dio- data Saluzzo, il Provana, il Lascaris di Ventimiglia, il Bessone, il Vagnone, POmodei, il Re, il Barucchi, il Falletli di Barolo, il Boucberon, il Somis. Cosi in meno di sette anni la morte mieteva pin del quarto dell’Acca- demia, clie con nuove elezioni procacciava di riempiere le lacune in essa aperte dalla falce letale. L’Accadcmia e divisa in due classi, l’una per le scienze matematiche e le fisiche; l’altra per le morali, le storiche e le tilologiche. Essa, quando e a numero, lia 40 Accademici residenti, 20 per classe. Ha un Pre- sidente, un Vice-presidente ed un Tesoriere. Ciascuna delle classi poi ha un Direttore e un Segretario. I qua- ranta debbono essere tutti residenti in Torino. Ciascuna classe puo avere dieci altri accademici nazionali resi¬ denti allrove, o nello Stato o fuori. Sono addelte all’ Accademia 24 pensioni di 600 lire annue, le quali S. M. suol coucedere agli Accademici residenti per ordine d’anzianita. Ciascuna classe propone a vicenda annual- mente un quesito col premio di lire 600. Aggiungi 20 Accademici esteri (10 per classe), tra’ quali si lcggono i piii bci nomi d’Europa. 11 numero de’Corrispondenti e illimitato. Il primo volume degli atti dell’Accademia comparve nel 1739 col titolo di Miscellanee di filosofia e di ma- tematiche, e lcvb tosto singolar grido in Europa (1). (1) Miscellaneaphilosophico-malhemalica Societatispricatde Taurinensis, 1759. ACCADEMIE E GALLEIUE 397 Quattro altri volumi furono pubblicati con quel titolo dal 1759 al 1773; ma nel secondo volume la Societa gia s’ addimandava Reale (1). Le Memorie della it. Ac- cademia delle Scienze di Torino , che questo e il pre¬ sente titolo de’suoi atti, sommano per la priina serie al numero di 40 volumi. Un volume della 2. a serie, in- titolata a S. M. il re Carlo Alberto, e uscito in luce nel 1839. La sala deU’adunanze accadcmicbe s’adorna de’busti de'tre fondatori Saluzzo, Lagrangia e Cigna ; e de’busti del Denina, Vernazza e del Gerdil, oltre quello del Re fondatorc (Vittorio Amedeo m). Possiede l’Aecademia un ricchissimo medagliere, ge- neroso dono (1835) del presente suo socio Filippo Lavy, il quale con multi anni di studiosa fatica e con gran dispendio lo aveva raccoito. N’e gia alia stampa il primo volume contenentc la serie greca (2). (0 Melanges de philosophic et dc malhemalique de la Socictc Boy-ale de Turin, 1761. (2) Masco Numismatico apparlenente alia B. Accademia delle Scienze di Torino. Parle I ina Descrizione delle medaglie greche. Torino Stamp. B. 1839, in- 4°, p. 447, a cui tengono clietro Ie tavole d'incisioni, rappresentanti i monogrammi, le leggende e le medaglie. Il secondo volume contend le medaglie romane ed 6 gi£ sotlo a’ Lorclii. Anche questa edizione vien fatta fare a sue spese dal donatore del Medagliere, clie n’ 6 pure Direttore. Noi riportiamo il seguente brano della Prefazione che purge conlezza della preziosa raccolta : « ll Museo Numismatico Lavy della Reale Aceadcmia delle Scienze si compone di medaglie e monete antiche e moderne, le quali sono divise in tre classi: la priina comprende le Greche, la seconda le Laline, e la terza le moderne. Essendovi principalmente nelle medaglie Greche molte medite, desideroso il Direttore del suddetto Museo che lanto tesoro non rimanesse pin lungamente ignolo e fosse fatto di pubblica ragione, onde recare qualche incremento alia 30S CAPITOLO DECIMOQUINTO Non contento di questo principesco dono, il liberale Accademico regalava ancora, nel prescnte anno, all’Ac- cademia diciotto bnsli in marmo, rappresentanti illuslri Homani, copiati dall’antico e fatti fare a sue spese dallo scultore Bogliani. Essi fregiano in giro la gran Saia delle adunanze pubbliclie; ove pure e la stalua seduta del conte Balbo , in gesso , regalata all’ Accademia dagli eredi dello scultore Spaila. Ha inoltre l’Accademia una scelta ecopiosabiblioteca, ricca degli Atti delle principali Societa scientifiche dei due emisferj. Rarissimo ornamento di questa biblioteca e la raccolta di opere stampate o manoscritte, fatta dal conte Carlo Vidua ne’ suoi viaggi transatlantic^ e do- nala all’Accademia dal padre clell’infaticabile viaggia- tore, il quale in Amboina, la maggior isola delle Mo- lucclie, immaturamente calo nel sepolcro. seienza ed utility allc belle arli, incaricommi della compilazione del presente catalogo. « il suddetto Direttbre dovette necessariamente, ]>er giungere a formare questa collezione, procurarsi la corrispondenza de’ piii dislinti Numismatici d’Europa per procacciarsi le medaglie che in questo paese non si rinvengono. In oltre transfuse nel suo Medagliere quasi tulte le raccolte di qualche fama sparse nel Piemonte, ed in ispecie quella dell’abate Pullini, dell"abate Incisa, del teologo Cagna, del conte Filippi Console generale Sardo a Costantinopoli, del eavaliere Drovetti gik Console in Egitto, del cavalier Truqui Console gene- rale attualmenle a Tunisi, non clie (ante altre di minor rinomanza; alquante medaglie Sicule gli furono gcntilmente inviate dal eavaliere S. Quintino ne’ stioi viaggi a Napoli; tulte le medaglie Greco-Egizie e parecchie altre della collezione del Signor Allier de llauteroche le acquistava dal eavaliere Millingen celebre antiquario, e moltissime delle pin x’are dal signor Rollin primo ne- goziante di medaglie a Parigi; con I’ajuto di questi ed altri illuslri perso- naggi cbe graziosamente glienc fecero dono, pervenne a mettcre insieme la presenle raccolta numismatiea ora appnrtenente alia Reale Accademia delle Scienze». ACCADEMIE E GALLER1E 309 Essa conlienc 133 volumi di cose Messicaoe -778 -Anglo-Americane -70 -delle isole Filippino -100 -Cliinesi -48 -Indiane -32 -Arabe, Siriache, ecc Nel rimirar que’volumi stampati a Messico, a Cincin¬ nati, a Manilla, a Canton, a Batavia, a Calcutta, a Singapore, ecc. ecc., il sentimento dell’universale dif- fusione del sapere, recata per mezzo della stampa, oc- cupa 1’ animo soavemente, e si comprende con quanta giustizia le citta lungo il Reno gareggin ora nel tribu- tare all’inventore di quest’arte maravigliosa onori quasi uguali a quelli die ad Ercole Musagete rendevan gli anticlii (1). Appresso all’ Accademia e la Sala cVArtl e Mestieri , ehe contiene saggi di opere c lavori d’industria, mo- delli, disegni, litografie, ecc. ecc. Presidente dell’Accademia e S. E. il conte Alessandro Saluzzo, chiamato ora a presiedere ii secondo Congresso annuo de’ Dotli Italiani. — Nel 1785 venne instituita la Societa Agraria, die nel 1788 ebbe il titolo di Reale. E composta di 30 mernbri ordinarj, edi un numero indeterminato di Cor- rispondenti o membri liberi. Tra i primi si eleggono i suoi uliziali, die sono:—un Direttore, un Vice-Diret- tore, un Segretario, un Vice-Segretario, un 'J'esoriere, e un Direttore dell’Orto specimen tale. Queste cariche (1) ll marchcse Tancrecli Falletli
  • esa da 30 a 40 rubbi, c sopporta un carico di rubbi 150 ed anche pid ». CAPITOLO DECIMOSESTO die il frumenlo; e d’altro canlo il grano turco del Piemonte, superiore forse a quello di tutti gli altri paesi, forma il principale alimento dei nostri contadini. « Un articolo importantissimo dell* agrieoltura, intorno al quale havvi grave difetto appo di noi, si e quello dei concimi, dei quali i nostri villici non si prendono veruna cura. I muc- elij di letame si lasciano esposti al sole, ai venti, alia pioggia, v non si annafflano mai. « Lamentasi con ragione la scarsita d’uccelli selvatiei, per eui caterve d’insetti infestano pur troppo spesso la nostra campagna. Ne meno funeste rieseono soventi le brine, Pin— tempestivo freddo e pur anche talvolta il gelo cb.e a prima- \era inoltrata sopraggiunge. Di rado piove in estate, e spesso i temporali che in tale slagione accadono, ci arrecano rovi- nosa grandine. Nella primavera poi e nell’autunno sogliono eadere lunghe e dirotle pioggiechc impediscono o danneggiano grandemente le seminagioni » (1). Industria sericci e suo commcrcio La seta e il principalissimo capo dell’ esportazionc del Piemonte; essa e la merce, colla cui vendita il Pie¬ monte paga a un di presso la compera degl’innumere- voli capi della sua importazione. La produzione della seta da vita alie ire ramiGeazioni dell’ industria, agricola, manifattrice e commerciale. Torino poi e il centro di quasi tutto il movimento della seta piemontese. Laonde ci corre l’obbligo di rappresentare, almeno brevemente, la ricolta, il lavoro e lo smercio di questo prezioso ele- mento di prosperity per le nostre contrade. I gel si allignano e prosperano maravigliosamente in Pie¬ monte. L’ampia lor mole, le frondeggianti lor chiomc e la (l) Dolt. Bert old , Vice-Scgrelario della It. Societa agraria. AGRICOLTURA, MANIFATTURE, COMMERCIO 5 ol robusta vecchiezza in cui essi vengono quasi senza coltura, fanno I’ammirazione non solo degli oltrcmontani ma anclie dei noslri vicini Lombardi. Non e percid cbe non s’abbia a bramarne, in generale, una piu illuininata coltivazione ed una pianlagionc piu copiosa. Gl’insetti cbe yivono delle foglie del gelso e fanno, prinia di trasformarsi in crisalidi, i bozzoli da cui si Irae la sela, chiamansi bigatti appo noi, e cochetli i lor bozzoli (1). L’e- ducazione dei bigatti in Piemonte e alfalto colonica, cioe aftidata in piccole partite ai contadini. II padrone del podere somministra, per l’ordinario, la semenle dei bachi e la foglia: il contadino vi adopera le sue cure e fa le spese, ovc ne oc- corrono per aver chi lo assista nella cura di allevar i bachi e sfrondare i "clsi: il danaro cbe si ricava dalla vendita de’boz- o zoli si sparlisce per giusta meta tra il padrone ed il contadino. I contadini proprielarj gli allevano per proprio conlo; il numero di essi in Piemonte e grandissimo, il die, per nostro avviso, e la piu felicc ventura di questi paesi, e forma la piu bella lode dell antico reggimento de’nostri Principi. Varie ragioni particolari al Piemonte, c troppo lunghe ad esporsi, vi hanno impedito o falto cader tosto 1’introduzione delle grandi bigattiere dominicali, delte Dandoliere dal nome dell’ illustre Vincenzo Dandolo, i cui lavori sull’ cducazione (I) Filugello, baco da seta e bigatto sono voci egualmente italiane; il boz- zolo o cockeito, ossia « quel gomitolo ovato dove si rinebiude il baco filugello facendo la seta, » cbiamasi galetta in Lombardia e nelle nostre provincie ad essa propinque. Cochetto , cocat, d un vezzeggiativo del francesc cocon. — « Egb 6 da credersi cbe per le cure del duca Emmanuele Filiberto, il quale fece venire dal Milanese 17,000 piante di gelsi, prendesse origine in Piemonte farte di allevare i filugelli e di trarne la seta, giacche non molti anni dopo, cio6 in sul finire del 16° secolo, la pubblica podeslh comincid ad ingerirsi nelle operazioni della seta, proibendone alcune, o comandandone altre, se- condo che pareva conveniente e vantaggioso ai filandaj, ai compratori, ai se- tajuoli, ed in generale al commercio di questa ricca derrala ».— Car. Giacin. Carena, Osset vazioni ed esperienze intorno alia parte meccanica della trattura. della seta in Piemonte. 332 CAPITOLO DECIMOSESTO de’bachi da seta quintuplicarono il prodotto de’bozzoli nella Lombardia, « Questegrandi bigattiere, diceva egli stesso negli ultimi giorni della sua vita alio scrittore di quest’articolo, non debbono considerarsi checome modelli intesia diffondere i buo- ni metodi tra i contadini: quando questi metodi siano diffusi, e sia vinta la nalia ostinazione de’ villici a ritenere i metodi viziosi, solo perche sono antichi, conviene abbandonarle e rilornare aU’educazione colonica che di tutte e la piu vantage giosa e la piii fdantropica ». II non essersi potulo operare questa transizione in Piemonte ha contribuito assai a man- tenervi difettuoso l’allevamento de’filugelli. I nostri contadini li fan nascer male, ii lengono, in generale, troppo fitti, igno- rando che ad ogni muta o dormita de' bachi bisognerebbe quadruplicarc lo spazio a loro assegnato; non hanno slanze edificate od apparecchiale espressamente ad allevarli; non adoperano lermometri; non conoscono nemmeno gli sfialatoj, le fiammate per rinnovare 1’aria ed i vcnlilatori si necessary ne’giorni d’afa. Ne basla ancora: essi non si dubitano nep- pure che il gran caldo e la mancanza d’aria rinnovala la quale spazzi e disperga gli effluvj de’bachi, sono le piu potenti ra- gioni delle micidiali malattie di questi preziosi insetli, Attalche una o due giornate di gravezza d’aria e di soverchio caldo, come spesso ne avvengono nel giugno, bastano a rapire gran parte della ricolta, specialmente ne’ piani; ed il villico lapino si batlc 1’anca, ed altribuisce il suo danno allc piu slrane ra- gioni senza pur avverlirc quella ch’ e la reale, ed alia quale non ha opposto rimedio veruno. E queslo un doloroso vero che dovevamo disvelare; ma chi da cio argomentasse ignorarsi in Piemonte la scienza di educare i fdugelli, s’ingannerebbe a partito. I soli membri della R. Societa Agraria quanti dotti scrilti non hanno dato in luce su quest’argomento ? L’igno- ranza e ne’contadini, e a dissiparla ci vorrebbero istruzioni popolari sparse largamente, anzi recate a domicilio come s’adopera nelle provincie francesi; ci vorrebbero possenti im- pulsi ed energici sforzi. La ricolta de’bozzoli in Piemonte pub AGRICOLTURA, MANIFATTURE, CGMMERCIO 333 essere duplicala, e Iriplicata: l’esempio del cay. Audiffredi in Cuneo n’e la prova piu certa (1). Nondimeno la raccolta de’bozzoli in Piemonte, nolle annate di mezzano pi*odotto, ascende, secondo i migliori computi, a circa 1,250,000 rubbi ( 1,150,000 minagrammi o mi di prcsso ) i quali, valutali a L. 55 il rubbo, che sembra es¬ sere, tutto compreso, la media de’ 10 ultimi anni, producono '»2,750,000 lire (2). Quest’egregia somina di denaro, ch’e tutta il prodotto dell’in- dustria agricola, si sparge immediatamentc nelle mani dcgli agricpltori, perche, tranne cccezioni di nessun conlo, i bozzoli Ira noi si vendono a danaro sonante, o sia che ne succeda la vendita sui pubblici mercati, o sia che qucsta si faccia per eontrattazioni private (5). Appena uscili dalla mano del produtlorc, entrano i bozzoli nella sferadell’industria manifattrice, della quale scorrono suc- cessivainente tre gradi, che sono 1° la trattura della seta ; 2° il setificio ossia la riduzione della seta in organzino, delto toscanamente orsojo, ch’e la seta che serve ad ordire, od in trama, ch’e la seta che serve a tessere; 5° la fabbricazione delle stoffe di seta. Questi gradi verremo rapidamcnte accen- nando. Il bozzolo contiene 1’ insetto nello stato di crisalide. Se s’indugia ollre il termine di quindici giorni, ed anche rneno, (1) Alcuni autori crcdono che possa essere anche quadruplicata. Vedi Della ht’cra eslrcizione della seta greggia. Torino , 1831. (2) Diciamo secondo i migliori computi, perche la cifra di 1,250,000 ruhbi di bozzoli C l’adottata da’piii rccenti scrittori nostrali di cose seriche. Del rima- nente essa 6 conghietturalc e non ha nulla cl’autentico, e lo stesso ripetasi de’ calcoli che ne derivano. (3) I grandi mercati di bozzoli non sono, per quanto ci ricorda, fuor che in Viemonte. Ma senza duljbio qucMi di Chieri, di Carmagnola, di Alessandria e di Vercelli , che sono i maggiori, meritano gli sguardi dcllo slraniero. Quat- tro o cinque, e talora sino a dieci o dodicimila rubbi di questa preziosa merce, in poche ore apportata, esposta, mercanteggiata, venduta, per essere tostamente pagata in oro lampante, formano uno spettacolo d’insolilo aspetto. 334 CAPITOLO DECIMOSESTO l’inselto, trapassato alia sua terza metamorfosi, lacera il boz- zolo c n’esce nello stato di farfalla. Dal bozzolo traforato piu non si puo trarre la seta, bcnche serva ad altre industrie di seeond’ordine. Le filature appresentano allora una scena d’indicibile ope- rosita. Da un lato si apportano le partite de’ bozzoli, da un altro si pesano, da un altro si eollocano; quindi se ne fa uua primissima cernita, quindi si recano alia stufa, ove vengono sottoposli ad un calore che basti a soffocare la crisalide dentro il serico inyolucro ch’e il temporaneo suo ricetto in quell’ inerle stato, e che ne diviene la tomba. Salvati col soffoca- mento dellc crisalidi i bozzoli dal pericolo della forata, ripas- sano essi a varie piu diligenli cernite; e successivamente a mano a mano son dati a blare. Questo lavoro si fa da operaje, dette trattore in Toscana, e da noi filatrici, le quali assise al fornelletto, tenendoi bozzoli immersi ncll’acqua quasi bollenle, n’estraggono a due fili o capi la seta (1). Il qual lavorio, per riuscire perfelto, richiede destrezza, intelligenza, somma at- tenzioue e Iungo esercizio. Esso imparasi con un garzonato di piu anni, c i suoi buoni metodi si trasmettono, a cost dire, per successione. Le ragazze che fan girar l’aspo ed ajutano la filalrice in piu bisogne, divengono coll’andar del tempo, fi¬ latrici a lor volta. Le filatrici piemontesi, cost educate, appar- tengono alle fdature dette diordinc, cioe tenute da’piu reputati negozianti, e sono piullosto invidiale che emulate allrove, non esclusi i pacsi che producono selc migliori (2). (1) In Piemonte per consuetudine e per legge si fila a due capi solamenle. I due fili sono f'ormali con un prefisso numero di have: dal quale si deduce la quality superiore od inferiore della seta, usandosi dire, p. e., « egli fila di 4 in 5,» ecc. (2) La seta, dicono alcuni, si trac e non si fila, perche il filugello, facendo d bozzolo, 1’ha gift filala. E questft una sofisticheria. La seta nel bozzolo non mostra apparente il suo filo, e il filo che va sull’aspo 6 composto delle have o vogliam dire de’bandoli di piu bozzoli; dal cui numero minoreo niaggiore dipende appunto in senso inverso la minore o maggior linczza della seta. Se futto cio non 6 filare, non sappiam veramentc che siasi. Ad ogni modo, in AGRICOLTURA, MANIFATTURE , COMMERCIO 335 Le filature ascendono in Piemonte al numero di circa 600, contenenti tra tutte 20,000 e piu fornelletti (1). E dalla quan¬ tity di bozzoli sopraindicala si ricava all’incirca libbre (diPie¬ monte) 2,500,000 di seta greggia, distinta co’nomi di primo e di secondo filo, oltre a molti altri prodotti di minor conlo, de’quali riparleremo. La Irattura della seta porge lavoro a 50 o 60 mila individui, di cui la massima parte, vale a dire le filatrici, le giratrici e le ccrnitrici, sono donne e fanciulle della classe agricola, le quali diventano per tal guisa temporancamcnte manifattrici (2). La spesa di essa traltura importa ai filanti un’ esposizionc di da- naro che si compula salire da 6 a 7 milioni di lire. II qual capitate ripassa presso cbe intero nella sfera dell’agricoltura, poiche si compone: d° delle giornalicre mercedi date a que’50 o 60 mila individui; 2° del combuslibilc vegetale adoperato, il quale di sua natura e prodotlo agricola: il rimanentc va Piemonte e in Lombardia, la voce filare 6 talnienle applicata all’industria se- rica, che, delta assolutamente , significa seta. Gli edilicj ad uso di tear seta si chiamano filature in Piemonte, filande in Lombardia. Filatojo 6 l’edifizio dove si torce e s’appaja la seta; fdato chiamasi la seta torta per fame orsojo. E cio ci basli aver tocco, onde sappiano i lettori che non senza consiglio nsiamo spesso in questo capitolo i termini tecnici dell’industria scrica adope- rati in Piemonte. (1) Per fornelletto, termine dell'arle, s’intende il focolare ch’6 soLto la caldaja di rame ch’ » J> P » ! P P » L.2,070,00 J) Essendo imposta a valore, non risulta del peso .... 1,230 00 t, 00 ® 430,00 L. 495,00 216 00 4,03 quint. 4,76 quint.2,83 quint. 49,66 48 00ilchil. 94,568 00 9,25 4 45, '09 » 94,37 » 418,95 40 00 » 475,800 00 > » 05 » » 12 » » 09 3000 00 » 27,000 00 • 35 » 03 » » 14 » 42 422 00 » 4,464 00 • L. 39,617,097 52 15 346 CAPITOLO DECIMOSESTO Da questo Specchio risulta che l’esportazione de’prodott serici fa entrare, Tun anno sull’altro, circa 40 milioni di lirt in paese, non computando cio che s’appartiene al contrabbando che nessuno Stato, in nessun tempo e con nessun rigore d legge, ha mai poluto svellere dalle sue provincie limitrofe ogn volla che l’allettativo del guadagno puo tentar I’avarizia a dis- fidare i pericoli (1). Quanto al consumo interno, dicono che si possa computarc al sesto od al setlimo della totale ricolta. Condizione ossia Stagionalura delle sele — Camera di A20, finita nei 1835 Biblioteca popolare, in- POMBA 108 1,000 103,000 icr » 1,080,000 » 16 0 piccolo .... NB. Qnesta e le set;. » 100 10,000 1,000,000 J) 50 500,000 » ebbero principio nel 1829 Allra, idem . . . . ft 50 2,000 100,000 » 50 50,000 )> A lira, idem . . . . Biblioteca storica ecc., in » 10 4,000 40,000 » 50 20,000 )) 16.° piccolo . . . . Raccolta di Viaggi, in- Ghiringiiello 100 4,000 400,000 » 50 200,000 » 16° piccolo . Bibliotecateatrale, in-I6° Alliana 100 3,000 300,000 » 50 150,000 » piccolo. Bibliotheque Framjaise, CiiiHio e Mina 100 2,000 200,000 » 50 100,000 » in-16° picc . Biblioteca piacevole, in- Retcend 100 2,000 200,000 » 50 100,000 )) 16° grande . . . . Cassone e c. 100 1,000 100,000 )) 50 50,000 )) Biblioteca econoniica di Marzorati e operedi ReIigione,in-l2° ll Costume antico e mo- Vercellotti 120 3,000 360,000 » 50 180,000 » demo, in-8° . . . Vita di Napoleone di \V. Fontana 104 3,000 312,000 i 50 468,000 J) Scott, in-16° piccolo L’Italia descritla e di- Vaccarino 28 2,000 56,000 » 50 28,000 )) pinta , in-4° , con 330 stampe in acciajo . . TOMBA 176 4,000 704,000 » 50 352,000 0 Storia universale di Ce- sare Cantu .... I) 219 3,000 657,000 » 50 328,500 It La stessa in-16° » 2 2,500 5,000 2 65 13,250 )) Balbi, Compendio di Geo- grafia in-8° . . . . NB. Se ne sla pubbli- carido wia nuova ediz. conaggiunte dell’auiore 1> 2 2,000 4,000 15 » 60,000 ft Vita di Napoleone con 500 intagli, opera in corso. Teatro universale , gior- Fontana 100 15,000 1,500,000 » 30 450,000 » nale pittoresco, princi- piato nel 1834, opera in corso. magnagui 7 10,00 0 70,000 6 420,000 » 6,116,000 4,549,750 Sconlo librario computato ad I|3 1,516,583 33 Rimane L. 3,033,166 6? CAP. DECIMOSESTO-AGRICOLTURA, ECC. 355 Avverta il lettore che tra le edizioni qui mentovale, alcune sono cose per molli lati meschine. 31a i libri migliori non sono sempre quelli che il meglio si vendano, e noi qui abbiatno voluto unicamente considerare il prodolto commerciale. Ag- giungeremo soltanlo che tra le opere piu eminenti in materia scientifica, pubblicate in Torino nel presente decennio, ten- gono il primo luogo la Thcorie de la Lune del cav. commend. Plana, e la Fisica de' carpi ponderabili del cav. Amedeo Avo- gadro, impresse dalla Stamperia Reale, e, tra le piu splendide anche per esecuzione tipografica, la gia ricordata R. Galleria, impressa da Cbirio e 3Iina. L’olio, il riso e la canapa sono, dopo la seta, i piu princi¬ pal! capi dell’esportazione dai RR. Stati. 31a la produzione e il commercio dell’olio appartengono alia Liguria marittima; il riso e spettanza del Vercellese e delle provincie Lombar- do-Piemontesi; la canapa forte e prodotto del Piemonte, ma sen conduce il traffico principalmente nelle provincie che la producono, e Carmagnola n’e il centro. Tuttavia del riso si fa molto negozio in Torino, specialmente per Francia. I rosolj, 1 cioccolato e i confetti di Torino, produzioni pregiate per ogni dove, entrano pure nell’elenco delle esporlazioni. Le importazioni sono infinite. I ridelti capi, a’quali si pos- sono aggiungere le bestie bovine, e per qualche provincia i vini e gli spiriti, formano quasi il tulto della nostra esporla- zione. L’industria, piu o mono operosa, piu o meno perfezio- nata, non giunge, generalmente parlando, fra noise non sc a ristrignere l’importazione. Questa consiste in merci e derrate transatlantiche, inglcsi, francesi, belgiche, tedesche, d’altre parti d’ Italia, ed il lettore sen pub ordire da se stesso il catalogo. Noi chiuderemo queslo capitolo gia troppo lungo, benclie troppo difettivo ancora, colie parole gia da noi altrove inserite : — V industria piemontese e in 556 CAP. DECIMOSESTO-AGRICOLTURA , ECC. prosperevole stato, ed ogni dl si veggono sorgere nuove officine, e la famosa sentenza Virtus mita fortior, appli- cata alle imprese industriali, vien radicandosi e por- tando i suoi frutti. Nondimeno il Piemonte, in generate, paga tuttora soverehio tribute all’industria straniera. CAPITOLO XVII INSTITUZIONI PENITENZIARIE PRESSO TORINO La scienza penitenziaria, ossia I’arte di applicar ic pene sentenziate dalla legge in inaniera die il castigo de’rei serva alPemendazione di essi, dope aver percorso lo stadio delle teoriche astratte e quello di stato di sistenia, e ormai giunta al terzo suo stadio, quello di evidenza pratica. Ida se i principj generali di questa scienza, in quanto essi ne determinano il vero scopo, sono consentiti da tutti i migliori, non cosi interviene delle norme per metterli in atto. Qui incominciano Ic opinioni divergenti, qui e il luogo delle mosse nell’ar- ringo de’varj sistenii. A dare un’idea della varieta di 358 CAPITOLO DECIMOSETTIMO quesli sistemi, basti dire die quello del segregamento continuo o temporaneo de’ditenuti si divide in Europeo e in Americano, e V Americano si suddivide ancora in Aubnrniano, in Pensilvano e in Yirginiano. Nondimeno l’urto stesso di queste contrarie opinioni ha fatto emer- gere piii evidente la necessita di una riforma delle carceri « fondata soil’ impedimento delle relazioni cor- ruttrici, sull’obbligo del lavoro e sul concorso dell’edu- cazione religiosa e civile. II Re Carlo Alberto e il principe italiano che primo ordinava ne’ proprj Stati quell’utile riforma » (1). Cio premesso, tornera grato il leggere cib die sopra le instituzioni penitenziarie di Torino ha scritto, in ser- vigio della nostra opera, un autore gia cliiaro per egregj dettati intorno a si grave materia. Sifdicomio e Correzionale delle prostitute detto I’Ergastolo « Ad un miglio ad austro di Torino e quasi presso alia Regia strada di Nizza evvi un vasto edificio che ha la forma di un IT, fatto costrurre nel 1776 dai Padri della Missione per uso d’esercizj spirituali, e d’indi a poco, acquislato dal Rcgio Governo per fame un ritiro de’giovani vagabondi edoziosi, poscia durante la dominazione Francese mutato in deposito di Mendicila,e finalmente al ritorno dei Reali di Savoja resti- tuilo a ritiro dei giovinotti vagabondi e delinquenti. « Quest’ampio fabbricato che non ostante la sua regolare distribuzione architettonica non poteva permettere 1’ introdu- zione di quelle discipline che possono esercitare un imperio (l) Della condizione athiale delle carceri e dei mezzi di migliorarle, Trat- tato del contc Ilarione Petitti di Borelo. Torino, Pomba, 1840. — Leltere patenti di S. M. del 9 febbrajo 1839. IiYSTITUZIONI PENITENZIA1V1E 359 sull’animo da produrre compunzioae e ravvedimento, voile il Re regnante nelle sue provvidc mire per la riforma delle car- ceri, che fosse ridotto meta ad Ospizio delle sifilitiche, a cui l’ampiezza delle sue sale bcu si prestava, e pelPaltra meta a Correzionale delle donne di mala vita , le quali, non essendo condannate, dovevansi assoggettare a discipline pin miti di quelle necessarie al buon governo di una carcere di colpevoli. « Diedesi opera ai convenienti ristauri e adattamenti giusta i disegni del sig. cavaliere Pernigotti Ispettore di l a classe del Genio Chile; collocando nel centro dell’edifizio la cap- pella con varie tribune, accio vi potessero assistcre separata- mente le diverse classi di detenute e di ricoverale. <( Terminali i lavori, si apri in agoslo 1838 lo stabilimento, e si soppresse ad un tempo 1’ Ospizio celtico ch’era nel caseg- giato detto del Martinetto fuori Porta Susa, in una condi- zione insalubre, angusla, quanto era il locale informe e mal sicuro, ed il reclusorio delle donne di mala vita eretlo nella Generala, edifizio distante un miglio dalP Ergastolo, vetusto, sdruscilo e di catliva e malsana distribuzione. « Adottandosi quella massima essenziale che le carceri ed i ricoveri femminili debbono esscre governati e custoditi da donne, convinli che ogni riforma radicale deve fondarsi sulla Religione, la direzione di questo doppio Stabilimento fu data ad otto Suore della Carita sotto la prolezione di S. Vincenzo de’Paoli, detle le Suore bigie; le quali hanno sotto di loro per la eustodia del Correzionale sei guarcliane, eper Passistenza dell’ Ospizio quattro infermiere. Esse tutle banno alloggio nell’inlerno del fabbricato, ove uno speciale e ben adatto ap- partamento fu assegnalo alle Suore. « Siccome poi la eustodia esterna, la direzione, Pammini- strazione, il servizio religioso, sanitario e Pesercizio delle ma- nifatture esicreva fossero affidate ad uomini, cosi in un casetr- giato a parte e indipendente dal Correzionale e dal Sifdicomio, si deslinarono gli alloggi del Direttore, del Vice-Direttore, del Cappellano, del Vice-Cappellano, del Cbirurgo assistente, 360 CAP1TOLO DECIMOSETTIMO del custode, del carrelticre e dell’ inserviente, non ehe gli uffizj, la sala del Medico, del Chirurgo maggiore e del Chi- rurgo che si recano ogni di da Torino all’Ergastolo; la far- macia, la scuderia, la rimessa e gli alloggi delle Maestre dei lavori. « II Correzionale, capace di 500 detenute, e disposto in niodo che negli ampj sotterranei vi sono i telaj da tela e gli arcolaj; al pian terreno i telaj da panno, i telaj alia Jacquart per tappeti, l’orsojo, 1’officina delle sarte, ed un dormitorio. Al piano superiore altri dormitoj per la prima e per la sc- conda classe e l’infermeria, e nel sotto-tetto di tutto l’edi- fizio si costrnssero 86 celle per la scgregazione notturna a cui e astretta la lerza classe; avendo cosi il Regie Governo vo- lnlo accertarsi colla sperienza delT utilita del sistema proposto prima di adottarlo per tuttele carceri, ed i risultamenli furono soddisfacentissimi. « Le detenute hanno cortili e tribune distintc per ognuna delle tre classi. Vi sono eziandio alcune camere grandi per dissolute da tenersi per ispeciali riguardi appartate affatto dalle altre. « Un’ utile occupazione venne pur data colla lavanderia a vapore giusta la teoria del Curadeau. Oltre il bucato del Cor¬ rezionale e deirOspizio qui si fara parimenti il bucato del Correzionale de’giovani che e per aprirsi alia Generala. « Il Sifilicomio, l’unico Spedale speciale che siavi ne’Regj Dominj per questo morbo, e capace d’accogliere quasi 200 in- ferme, e si compone di tre ampie sale al pian terreno, di una tri¬ buna, di un espurgatorio e del parlatorio. Al primo piano vi e un’altra tribunae quattrosale, cosicche le infermepossonoesser distribuite in classi secondo la gravila dell’infezione; lasciando una sala per quelle della Clinica medica, ed un’altra per le scabbiose. Un gabinetto ben illuminato serve alia visita, ed un edifizio attiguo, slato appositamente costrutto, ha due sale per bagni. < Si sono pure qtti deslinate alcune camere, affatto separate, 1NSTITUZI0NI PENITENZIARIE 361 con tribune, bagno e corlile distinto, per quelle infelici che contrassero la malaltia senza loro colpa; esse sono curate gra- tuitamente, ne possono esser vedute dalle altre inferme donne di mala vita; quest’ultime sono divise in due classi, cioe se- condoche vennero all’Ospizio o spontanee o vi furono tradotle dalla forza. « Una sola essendo la Direzione di questo doppio Stabili- mento, una sola e la cucina che fu posta ne’ sotterranei, e nel cenlro delfed-ifizio, onde potere con uguale facilita servire al Sifilicomio ed al Correzionale. « Cio che vi e di parlicolare e l’apparecchio per riscaldare questo fabbricato. Qui fu falta, sotto la direzione dell’arcbitetto Giovanni Piolti, laprima applicazione in Italia ad abitazioni del termosifone ideato da Bonnemain in Francia, migliorato da Perkins e Treglod in Inghilterra, e nel 1856 gia stato ado- perato pegli stanzoni da fiori dai sigg. Tbelluson a Firenze e Burdin Maggiore e Compagni in Torino.—11 termosifone dell’Ospizio ha uno sviluppo di tubi di ben 642 metri percor- renti 50 locali tra grandi e piccioli, che addizionati insieme olfrono una superficie di 4,750 metri quadrati; per esso si ha una media nei locali non abitati di 10 gradi di Reaumur. Una sola caldaja serve aH’apparecchio, la cui capacita e di litri 810; ne’tubi l’acqua condultrice del calorico sommaa 5,227. — 11 consume del combustibile ne’ massimi freddi e di rubbi 40 di Piemonte al giorno; ne’freddi comuni, di soli rubbi 25. « L’apparecchio del Correzionale e minore; scaldando sol- tan to i laboratoj, le infermerie e le tribune, ha uno sviluppo di ,528 metri, e riscalda locali la cui superficie in metri quadrati e di 871. L’acqua nella caldaja e di litri 415; nei tubi, di litri 1,649; esige un consumo di 16 rubbi di legna ne’freddi intensi e di rubbi 11 ne’comuni. 16 562 CAPITOLO DECIMOSETTIMO Correzionale dc giovani discoli dctto La Generala « Sgombrato nel 1858 questo mal costrutto caseggiato che sorge a libeccio da Torino, da cni dista di due miglia lungo lo stradale di Stupinigi, per essere state rinchiuse all’Ergastolo le donne di mala vita, il Governo voile trarne partito col ri- durlo a Correzionale de’giovani discoli. « La lontananza della citta, le terre ubertose che lo cir- condano e l’ampio recinlo che vi e annesso indussero il Regio Governo, a volere, con nuovo esetnpio in Italia, erigerlo in carcere agricolo. Gravi condizioni sociali consigliarono una tale eletla, giacche conviene di sccmare il numero di quei giovinastri che vivono sulle piazze c nellc strade delle popolose citta e di cui si alimentano le carceri ; conviene, per rigenerar gli uomini, richiamarli alia natura da cui il soggiorno ne'.le citta allontana; nella vita de’campi nessuna professione e vile od abbietta; il lavoro a cielo aperto invi- gorisce la persona e leva la menle a Dio; men costoso e il vitto; per ogni eta, per ogni forza evvi l’opportuno lavoro; mcntre nelle manifatture 1’uomo vegeta come le piantechiuse negli stanzoni; e una macchina inchiodata surun sedile; gl’in- centivi ai vizj in quelle agglomerazioni d’eta e di sessi diversi aono maggiori; le peripczie molte, anche negli anni di abbon- danza; la Rcligione trascurata. — Siffatle considerazioni deter- minarono 1’ instituzione speciale di questo carcere, ed i recenti ottimi risultati avutisi del Riformatorio di Parkhurst in In- ghilterra, della Colonia di Mettravin Francia, del Farm-School di Boston hanno confermato la saviezza di tale partito. « Sui disegni del signor architetto Giovanni Piolti furono principiati ed ora si stannoconlinuando i lavori di adattamento, o direm meglio rinnovamento, giacche dell’antico fabbricato piu non si conservano fuorche le mura perimetrali. « L’edifizio e di forma longitudinale, avcnte al centro due INSTITUZIONI PENITENZIARIE 363 avancorpi; non computando un nuovo caseggiato prospicienle alio stradale di Stupinigi destinato per la Direzione, gP Impie- gati e gl’inservienti. « II Governo avendo adottato il sislema della segregazione notturna, il solo d’ altronde possibile col lavoro del campo, si disposero nelle due braccia 500 celle collocate al primo e se- condo piano; la cui altezzaelarghezzae assai maggioredi quella dei penitenziarj di Auburn e di Ginevra, Il pian terreno ed i sotterranei che sono asciuttissimi, sono disposlia laboratoj non maggiori di 50 operaj caduno, secondo la proposta dei signori Lucas e Aubanel, ed evvi inollre il refetlorio ed un magazzino. Tulte queste celle, laboratoj e locali potranno in- speltarsi occultamente dal Direltore per mezzo di un cuniculo fornito di spiragli coverti da tela melallica. Nel ccnlro evvi un’ampia sala che dalla cucina mette all’osservatorio il quale corona Pedifizio. « Nell’avancorpo ad austro sonovi ne’sotterranei otto celle di punizion disciplinare brevissime: tulli i mezzi per renderle salubrij ed impedire ogni comunicazione saranno praticati. Al pian terreno due laboratoj da soli 24 operaj pella classe degli indisciplinati, superiormente P infermeria medica, al secondo piano P infermeria chirurgica , ed all’ultimo piano dodici celle pel confine duraturo tanto di giorno come di notte, onde rinchiudervi i nuovi arrivati e quell i che sono pertinaci nel mal fare. Il modo con cui si costruiscono impedira ogni comunicazione tra i delenuti nelle celle vicine. « L’avancorpo a notte ha nel sotterranco la cucina; poscia la cappella che corrisponde al 1° c 2° piano dell’edifizio; ogni detenuto vi ha uno stallo ; e quelli in confine continuo, i loro stalli chiusi e fuori dello sguardo degli altri. — Superiormente alia cappella vi e la scuola ove per classi saranno ammaestrati nel leggere, scrivere e conteggiare, negli elemenli dell’agraria e della geometria. Due camerette presso alia scuola sono de- atinate Puna per Pocculta dimora del Direttore nell’interno del 364 CAP1T0L0 DECIMOSETTIMO Correzionale, l’altra per biblioteca ad uso de’giovani, e per istudio del Maestro. « Siccome l’instiluto e per indirizzare i detenuti alia coltiva- zione delle terre, l’ampio recinto annesso sara per ora distri— bubo ad orlo, fino a che l’esperienza di alcuni anni abbia mostralo in qual modo debbasi estenderne il recinto. Le arti poi che si attiveranno saranno tutte complementarie della islruzione agricola, cioe de’panieraj, carpentieri, bastaj , cor- daj, bottaj, fabbricanti d’aratri, erpici, vanghe, zappe : cosi ii Correzionale sara ad un tempo agricolo ed industrial; i giovani si avvicenderanno ne’ lavori, eccetlo quelli che indi— sposti della persona non potrebbero destinarsi a lavorar la terra, o quelli a cui l’essere i parenti abitanti nelle citta, ed intenzionati di riceverli dopo scontata la pena, rendesse utile il dare loro a prefercnza un’arte che la professione di contadino. « La determinazione del Regio Governo, e le basi su cui e per fondare questo nuovo instituto, oltennero la piena appro- vazione di piu pubblicisti, fra cui quella dell’egregio cava- liere Carlo Lucas Ispettore delle Carceri di Francia che la propose all’ imitazione di quel reame. « Questo Correzionale sara l’edifizio il primo ultimato dei di- \ersi, dicuiilRe colle sue ossequiate Lcttere Patenti del 9 feb- brajo 1859 ordinbl’erezionepcrriforinare il sistemapenilenzia- rio. Voile il Rechelariforma principiasseapro de’giovani, come quelli che sono presunti averacorrere ancoraun lungostadiodi vita e die non possono essere del tutto irremediabilmente per- vertiti. — A giorni avranno principio i lavori del Carcere cen- trale d’Alessandria, della capacita di 500 detenuti, giusta il progetto del sig. architetto e ingegnere Pietro Bosso; un altro d’ uguale capacita, e sui disegni dello stesso e per erigersi in Oneglia. Un terzo finalmente e a destinarsi. Tutti saranno giusta il sistcma della segregation notturna e della vita in co- raune al giorno, astretti a continuo lavoro ed al silenzio. — Finalmente per poter adattare secondo tal sistema il Carcere centrale per le donne in Pallanza, si erge in quella citta una INSTITUZIONI PENITENZ1ARIE 365 nuova carcere per gli inquisiti della capacita di 50 indivldui, giusta il principio dell’ isolamento continuo de’ reclusi. In questo raodo il Re Carlo Alberto primo fra tulti i Sovrani dell’Europa, manda ad effetto una riforma da cui deve dcri- vare aliasocietaun vero beneflzio, quello d’impedirela maggior contaminazione de’carcerati, di tentarne il ravvedimento e cost diminuire il numero ognor crescenle dei rccidivi. Opera pia del Rifugio « Complement di un ben inteso sistemapenitenziario sono le Societa di patrocinio e gli asili volontarj per gli scarcerali, massimamente per le donne che si diedero al mal costume, ed i ricoveri per la tenera prole di quelli cbe sono in carcere. « Le prime sono ancora un desiderio per noi, non potendo preceder la riforma delle Carceri; raa quanto ai secondi it desiderio fu mandatoad effetto sino dalPanno 4822 dall’egregia euobif Donna la Marchesa Falletli di Barolo nata Colbert, colta quale la Sovrana Munificenza fu sollecita di largainente con- correre. — Il Pio Rifugio, che cosi ha norae, e posto nelle circostanze del sobborgo di Dora, regione di Valdocco, ed e composto di tre caseggiati che se non offrono un’ eurilmia ar- chitettonica, presenlano quella ben piu imporlante di armonia religiosa. « Un caseggiato eslerno serve d’alloggio a due Cappellani, al porlinajo, al collettore ed al giardiniere, che tulti e tre hanno moglie; quindi per una via fiancheggiata di ffori e di verzura si ha accesso al Rifugio, sulla cui porta d’ ingresso evviuna bella statua della Beat. ma Vergine, per significare che 1’Opera e posta sotto il presidio della Santa Genitrice di Dio. « Dirigonoil Rifugio quindici Suore di S. Giuseppe, e le ri- coverate,il cui numero puoascendere a hen settanta, sonozitelle che uscite dal carcere, o state in preda al mal costume, tocehe da rimorso vogliono condurre una vita di eompunzione e di 366 CAP. DECIJIOSETTIMO — INSTITUZIONI PENIT. ravvedimenlo; esse sono impiegate in lavori donneschi c massirae nei tessuti, che portarono a tal grado di bonta da essere rimeritati nell’ultima esposizione de’prodolti d’ iudustria de’Regj Stali con onorevole medaglia. « Saviamente poi la Iodata Marchesa si fece, a tutte sue spese, ad assicurare a quelle delle ricoverate che ne senlissero salda vocazione, il mezzo di consacrare a Dio il rimanente della loro vita, instiluendo in attiguita imraediata del Rifugio un Mo- naslero. Questo Monastero, poslo sotto l’invocazione diS. Maria Maddalena, conla oggi 20 Monache, ma tcrminali nell’anno i lavori d’ingrandimento sara capace di 50 Religiose. « Ad esse Monache la Marchesa diede la pietosa missione di custodire e indirizzare alia virtu, alia piela ed al lavoro oltre a 40 fanciullette, i cui parenti sono in carcere; e terminato il Monastero potranno sommare a seltanta. —Benedettac salutare inslituzione, giacche per codeste innocenti e misere creature a cui i gcnitori non possono fornire il vitto, niun altro mezzo rimane se non quello d’andar raminghe e ahbandonate preco- cemente incontro al vizio ed al delitto per aver pane » (1). (0 Cav. Giovcnale Vegezzi-Iiuscalla. CAPITOLO XVIII TEATRI, TRATTENDIENTI, FESTE, LSI E COSTUMI, RIALETTO, PREZZI E FOGGE DEL YIVERE, GIORNALI Llicreative abbiamo appellato le instituzioni in cui il fecondo principio dell’associazione e messo in opera per produrrc ii diletto, non iscompagnato dall’utilita generate, e quelle abbiamo descrilto. Ma non tutte le ricreazioni di una citta popolosa appartengono a quel* l’ordine, onde anche delle altre ci convien ragionare. Vengono a bel primo i teatri, de’ quali parlera meglio il seguente 568 SPECCHIO DEI TEATRI DI TORINO KOMI N° deglispettatori di cui sono capaci Teatro Regio 2500 Carionano. loOO D’Angennes 1100 Sutera . . 700 Teat, diurno 1800 Circo Sales da S. Rocco, da S. Marti- 2600 niano, dal Monte di pieta o _o o> cs s ~ 3 Z ‘a; rj 152 89 52 Opera seria con due balli, uno tragico, l’altro comico. Non e aperto fuorche nel carnovale, trannequalche straordinaria fe- sla della R. Corle. —\ i sopran tende il Gran Ciamberlano. Opera seria o bulla . . . Commedia . /E aperto nelle sta- gioni di primavera, estate ed autunno. Nel carnovale per le feste di hallo. D’ordinario, almeno al pre¬ sente, quando v’e musica al Ca- rignano, v’e prosa al D’Angen- nes, e viceversa. D’ invert sempre prosa , e vi recita la Compagnia Reale, largamente dotala. Pel solilo, prosa alTautunno, opera buffa nel carnovale. Nella state , prosa e talora musica; nelle altre stagioni, spettacoli equestri. Spettacoli equestri e talvolta prosa. / Teatri minori , per fanlocci \ (.Marionette c Burattini). Nel- j l’ ultimo reeita tratto tratto ^qualclie compagnia. TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI 369 Tra le feste di Corte, date nel R. Teatro, rimarra per lungo tempo viva nella memoria de’ Torinesi la Giostra del 1859 (1). (I) « II re Carlo Alberto, Signor nostro, fra gli altri modi con cui festeg- gi6 il passaggio in questa Metropoli di S. A. I. R. Alessandro, Gran-Duca, Principe ereditario di Russia, ordino per la sera del 21 di febbraio (1839) una giostra nel Regio Teatro. o La platea nel Regio Teatro era stata convertita in arena cinta da uno steccato, entro al quale dovevano i Cavalieri a cio deputati compiere gli eser- cizj di giostra e di cavallerizza a ciascuno assegnati. Attorno ai cinque or- dini de’palcbi ed alia superior galleria giravano altrettante file di candelabri a tre braccia con accesi doppieri; in mezzo alia sala brillava la gran In- miera di cristallo. « In quel vivissimo splendor di luce, emulo della diurn a, vedeasi ogni palco affollato di spettatori; nfi mai comparvero in piu magnifica pompa e la beltk di cui fu larga natura alle gentili nostre concittadine, ed i ricchi abiti, e le care gioje con cui cosi bene conoscono 1’ arte d’ avvantaggiarla. « Due brevi salite semicircolari guidavano al palco scenico, trasformato per cura degli egregi cavalieri Pelagio Palagi ed Ernesto Melano, in una seconda sala ornata all'intorno di colonne d’ordine corinzio, alternate da statue e fe- stoni ; con una ricca ghirlanda nel fregio sostenuta da borcbie di metallo. o Levavansi all’intorno varj ordini di panche a foggia di anfiteatro, dove sedevano gli Ufiziali dei Reali eserciti, ed una eletta schiera di persone dei due sessi che non avevano potulo capire nci palchi. c Pendeva dal solTillo una prodigiosa quantity di lustri di cristallo, e la luce che riflettevano, mista ai colori dell’iride, rispondeva degnamente alia lu- minaria da noi gik descritta. it Ai due lati estremi dell’anfiteatro erano disposte due compagnie di mu- sici dei reggimenti cbe formano di presenle la guarnigione della capitale. a In mezzo ergevasi una fontana di marmo bianco sostenuta da delfini. L’acqua zampillava a breve altezza dal mezzo di una conca, e riversavasi in una sola mappa a foggia d’ ombrella in una vasca inferiore. Altri zampilli uscivano dal capo dei delfini. E non c a dire qual riposo fosse per gli occlii e per la mente de’riguardanti quell' immagine di beta frescura, infra tanta calca di spettatori, fra cosl prodigiosa quantity di lumi. o Alle otto cd un quarto comparvero nel maggior palco Reale le Loro Maestti accompagnate dall’eccelso Ospite, e dai Duchi di Savoja e di Genova. « Ebbe allora cominciamento la festa. Componevasi la medesima di varii esercizj di giostra, quali sono la corsa del dardo, dell’anello e dellp teste; e *IG 370 CAPITOLO DEC1MOTTAVO La ginnastica ossia 1’ arte clegli esercizj del corpo, trovata a principio per accrescere le forze ne’ militari servigj, raccomandata ad uso igienico da Ippocrate e da Galeno, e recata in Grecia e in Roma a’ supremi onori negli spettacoli patrj e religiosi, non sussiste guari d alcune figure di quadriglia atte a provare l’eccellenza di chi le eseguiva nel risolvere i piu difficili problemi dell’arte d’equitazione, e la somma pe- lizia di chi soprantendeva all’ ordinamento di cosl nobili esercizj. « Erano i Cavalieri della giostra, sotto al comando del marchese Cordero di Pamparato Luogotenenle-Colonnello, divisi in tre quadriglie; I’Inglese, la Francese, e l’ltaliana. Le due prime eseguirono le corse del dardo e delle teste. La terza aggiunse a quelle due corse la corsa dell’anello. Oltre a cio, le une e le altre si mostrarono cosi bene in varie figure di quadriglia, sep- pero accomodare cosi perfettamente ogni moto de’loro cavalli al tempo se- gnato dalla musica, e, senza lasciar apparire il menomo sforzo, riscuotere cosi pronta obbedienza dai ben frcnati corsieri, che pareva, se non rinnovato il miracolo degli antichi centauri, muovcrsi almeno con una sola volont^ i due eorpi; e che per comun giudicio non si potevano desiderare n6 migliori ca¬ valieri n& pin aggraziati. « Prima che finisse la festa, due Ufiziali della Scuola d’ equitazione fecei'o ai loro cavalli cseguir varii passi cosi minuti, cosi gentili, cosi rispondenti al ritmo della musica, che tutti ne pigliarono inestimabil diletto, maravi- gliando che a tanta perfezione d’ obbedienza potesse per forza d’arte ridursi un animal generoso, c di sua natura impaziente. « Scesero poscia nell’ arena il marchese di Pamparato, capo della giostra, rl capitano Vagner, il cavaliere d’Angrogna ed il cavaliere della^Marmora, capi delle quadriglie, i quali eseguendo con somma facility varie figure, c varii difiicilissimi passi d’alta scuola, dimostrarono quanto fossero valenti nell’ arte cavalleresca. « Per ultimo un’ entrata generate dei Cavalieri delle tre quadriglie impose lermine alia giostra nel modo con cui si era incominciata. « Non mancarono alia bellezza di quel raro spettacolo nfi la ricca barda- tura dei cavalli, n£ gli abiti di velluto a colori diversi, ma Ieggiadramente oomparliti, disegni del valoroso nostro pittore Gonina. Giostra corsa in Torino adcCt 21 febb. 1839 nel passaggio ecc. Torino , Cfd~ rio e Mina , 1839, in-fol., ediz. magnijica con tavole litograjiche. Aulort, il cav, Luigi Cibrario. TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI 571 appresso i moderni se non in queila sua parte clie prende nome di giuochi d’esercizio, ripugnando agli odierni co- stumi l’atletica. A1 Pallone, il piii virile esercizio ginnico de’moderni Italiani,si gi uoca sotto ilbastioneorientale del Giardino del Re. Non mancano ad esso in Torino i valenti percussori e ripercussori, gli ammiratori, i parteggianti e gli scommettenli, del pari clie altrove, ma tutto cio con minor solennita clie nella centrale Italia, ove le vittorie del Pallone vennero piii d’una volta cantate sulla lira di Pindaro. Poco lungi di la evvi la Pallacorda, ossia il luogo ove si giuoca alia palla a corda; esercizio da metter ancli’esso tra i piii violenti dei ginnastici (1).— I bigliardi o trucchi a tavola sono per ogni lato. Il giuoco delle boccie, nel significato Lombardo, Romano, ecc. di questo vocabolo, cioe con grosse palle di busso, e il comunissimo e prediletto giuoco d’esercizio delle nostre contrade. Usavasi un tempo anche il Pallamaglio, ed no luogo presso il Valentino serba tuttora quel nome ad indizio del giuoco a cui serviva d’arena: ora e dismesso del tutto, ed i piu ignorano persino clie generazione di giuoco egli siasi. Amantissimi per lor indole sono i Piemontesi del ballo, ed altre volte non ci avea villaggio ove la festa del Santo non fosse accompagnata dal ballo sotto la tettoja del pub- blico mercato. Egli e il vero clie il suono delle danze giuli- ve v’era talora interrotto dai flebili gemiti dei trafitti dal coltello nelle risse frequenti. Ma se dobbiam lamentare clie i delitti di questo genere altre volte contaminassero (1) I Piemontesi lo chiamano Trincotto, e porta questo nome la strada ov’fi la Pallacorda. E il jeu de la Paiime de’Francesi, quasi ignoto in Italia fuor di Torino. — Si giuoca pure al Pallone sotto le mura della Cittadellti. 372 CAPITOLO DECIMOTTAVO le nostre feste, possiamo almeno riconfortarci col pen- siero die l’uso cli que’vili scherani e sicarj, conosciuti col nome cli bravi, cli bull ecc. in altre parti d’ltalia, si rimanesse quasi ignoto tra noi, la Regia autorita avendovi sempre tenuto a freno i feudatarj die 11 libito fan licito in lor leggc. Rari son divenuti i balli domestici nella citta, comuni altre voile a segno che nelle sere carnovalesche mal potevi passare clinanzi una casa senza udire uscirne i suoni che davan legge alia conlegnosa contraddanza, alia vispa monferrina od alia concitata furlana. E piii rari ancora si son fatti que’balli detti cli Societa,ch’erano il piii geniale trattenimento del monclo elegante. Ma in quella vece la beneficenza lia saputo inlrodursi anclie nei balli e nobilitarli della sua luce. Quello dato a pro- litto del Ricovero de’Mendici in quest’anno ha fruttato L. 17,070. Un’altra maniera di beneficare, a cosi dire, con ga- lanteria, e cjuella clelle Lotterie di ornamenti, di arredi, di lavori donneschi, di disegni, paesetti, e cose altret- iali. Questi premj che ordinariamente ascendono a molte centinaja, sono doni spontanei. I viglietti a cui la sorte puo far vincer que’ premj, si smerciano a migliaja. II prodotto di queste lotterie di beneficenza sail piii d’una volta in Torino a ragguardevolissime somme (1). La beneficenza, diciamolo con franche parole, e la virtu che meglio contraddistingue i Torinesi. Non ogni cosa piace alio straniero ne’nostri costumi. Egli vi (!) La Lotteria in bcnefizio del Manicomio produsse . lire 41,000 dello Spedale Maggiore.. 32,500 degl’incendiati di Sallanca ..... » 28,800 TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI 373 trova qualche ruggine, qualche ritrosaggine, sussiego soverchio da un lato, rozzezza soverchia dall’ altro, e soprattutto vi nota il travaglio del passaggio da una civilta ristretta ad una civilta piii larga e piu gcnerosa. Ma queste pecche e mende, e le fastidiosaggini e le ubbie che lo eontristano, oil come si dileguano tutte a’ suoi ocelli innanzi lo splendore delle nostre institu- zioni caritative! La grandiosa fabbrica dello Spedaledi S. Luigi, e quella immensa del Manicomio innalzate in pochissimi anni con doni e con laseiti; il Pdcovero de’ Mendici, aperto, arredato , dotato con soscrizioni volontarie raccolte in un subito, e lo spedale Cottolengo ove piu di 600 infelici vengono giornalmente curati, mantenuti, assistiti con largizioni segrete a segno die non si conosce neppure il nome di un solo de’ largitori, sono, per tacer d’altri, esempli si maravigliosi della torinese beneficenza, che il viaggiatore, il quale attenta- mente li consideri, ben puo perdonarci se il yivere nelia nostra citt'a e forse men giocondo e meno allet- tevole che in altre della penisola. Tra le usanzc festive di Torino e dei suoi dintorni ne sceglieremo due, singolari dalle altre d’Italia. La prima e quella del Falo ; la seconda, della Corsa del carro. Per la prima, trascriviamo cio che ne abbiamo inserito in altr’opera. « L’uso de’ fuoclii di gioja, di allegrezza e di baldoria risale alia piii remota antichita. In mezzo a que’fuochi i palriarchi offrivano sacrifizj alia divinita. I Greci accendevano in onore di Minerva, di Vulcano e di Prometeo una quantita gran- dissima di lampade per mostrare la loro riconoscenza, perche favoleggiavano che il primo di que’numi avea insegnato a far 374 CAPITOLO DECIMOTTAVO l’olio, il sccondo era inventor delle lampade, e Prometeo queste avea recato ad utilita per mezzo del fuoco da lui rapito nel cielo. « Ovidio, parlando della fesla che celebravasi in Roma in onore della dea Pale, avverte che in quel giorno si accende- vano fuochi di paglia. « Nelle lampadoforie i Greci celebravano diversi giuochi al chiaror delle lampade, e quci giuochi erano accompagnati da danze e da altri pubblici diverlimenti. L’apparecchio di un’al- tra fesla dedicata a Bacco consisteva in una grande illumina- zione nolturna, e in una grande profusione o distribuzione di vino, che facevasi a tulli i passeggieri. Giulio Capitolino c’in- segna che l’illuminazione data da Filippo nei giuochi ch’egli fece celebrare in occasione della solennita de’giuochi secolari, fu tanto magnifica, che durante tre giorni non si pote averc idea alcuna della oscurita. « In unodi que’fuochi di haldoria, acceso in mezzo alia piazza di Trajano in Roma, 1’ imperatore Adriano annullo e brucio lutte le sue polizze di credito sopra le provincie, che ascende- vano ad una somma slraordinaria, e che alcuno ha creduto di poter computare circa 155,300,000 franchi. Conservossi negli storici ed anche su le medaglie la memoria della gene- rosa azione. « Son da citarsi fra i modern i i fuochi detli di San Giovanni che il Gebelino crede essere succeduti ai fuochi sacri che si accendevano a mezzanotte nei solstizj presso gli Orientali, i quali figuravano per mezzo di quella flamma il rinnovamento del loro anno. Que’fuochi di allegrczza accompagnati erano da sacrifizj e da voti per la prosperity delle ricolle. Intorno a que’fuochi si danzava, e i piu agili vi passavano e ripassavano sopra, spiccando un gran salto. Nel rilirarsi da quella festa ciascuno portava seco un tizzone grosso o piccolo, e il rima- nente gcttavasi al vento, affinche questo dissipasse tutte le ealamita e i disastri, come dissipava le ceneri. Di la a molti secoli, allorche non si comincid piu l’anno dal solstizio, si continuo egualmente l’uso di accendere in quel tempo fuochi TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI 37S grandiosi, in conseguenza probabilmenle delFabitudine e delie idee religiose o superstiziose che a que’ fuochi si erano annesse. « In molti dipartimenti della Francia, specialmente nel mez- zogiorno, ancora sussiste il costume di accendere fuochi nel giorno di S. Giovanni, e questi massime nelle campagne sono riguardati come un soggetto di religione. In alcuni luoghi si accorre processionalmente a que’fuochi per cantare inni o pro- nunziare allre preghiere; in qualche paese altresi i contadini pregano Iddio, facendo tre volte il giro del fuoco ch’essi hanno acceso vicino alia loro capanna; essi credono che la fiamma, attraverso o sopra della quale sono passati Ire volte, abbia la virtu di preservarli da certe fenditure ai piedi, che mol to gli incomodano, soprattultone’tempidelle messi. Si scorgein questo un avanzo della pratica de’Romani di sallare sopra del fuoco, ed alcuni vi ravvisano un residuo dell’antiea opinione, che il fuoco edace tutto purifica, come lascio scritto Ovidio. « Prima della rivoluzione celt-bravasi in Metz la festa di San Giovanni con un gran fuoco acceso sulla spianala. Al rogo ap- piccavasi il fuoco dal primo magistrato della citta al suono di una musica guerriera. Il presidio in armi formava un gran ricinto intorno al fuoco, c durante la cerimonia si facevano tre salve di moschetteria. I v i pure, prima della meta del se- colo scorso, abbruciavansi gatti cbiusi in una gabbia di legno, posta in sulla cima del rogo. L’arsionc di questi poveri ani- mali proveniva dalla credenza ch’essi avessero comunanza colle streghc». L’usanza del Falo sussiste in Torino, ma scevra di supersli- zione. Ilrogo viene innalzato sulla magnificapiazza del Castello dinanzi al palazzo di Madama, ed e composto di fascine am- monticchiate a piramide. Vi assiste una deputazione del Corpo di Cilia, e al Sindaco, capo della deputazione, spelta per an- lica consuetudine il dirilto di dare il fuoco alia catasta, che con voce poco variata da quella di f‘aid , usata da Gio. Villani, e denominata faro . Il Re, colla R. Corte, suole onorare della sua presenza quest’antica festa popolare da’balconi del suo 376 CAPITOLO DECIMOTTAVO palazzo. Lc truppe, schierate in bell’ordinanza sulla piazza, sparano Ire volte le armi mentre arde la catasta. Cio avviene la vigilia del S. Giovanni a sera, cd e, se non erra la nostra memoria, l’unico esempio di tal cerimonia che si conosca in Italia. Sembra cbe passasse in Piemonte dalla Provenza. Ma dovunqiie ci venisse, essa e molto antica fra noi e si collegava altre volte ad usanze, ora cadule in ob- blio, e che ci giova raramemorare. La festa di S. Giovanni Battista, patrono della dio cesi, vien celebrata in Torino da tempo immemorabile con solennita particolare. Altre volte nella vigilia del Santo si creava il re archibugiere, il quale veniva scelto tra i giovani che aveano fatto il miglior colpo al tiro del pappagallo, che cost chiamavasi allora il bersaglio, fog- giato infiguradi quest’uccello. Il re archibugiere riceveva un donativo dalla Citta, e trovasi che nel 1590 gli furono donati 200 fiorini. La sera poi di quella vigilia si fa- ceva il falo sulla piazza Castello, e contemporanea- mente si faceano fuoclii di gioja sopra le torri della citta, accompagnati dal fragoroso suon delle trombe. Un altro eroe della festa, il re tamburlando, guidava la baldoria intorno al falo, e trovasi pure che nel suddetto anno 1590 la Citta ordino al suo tesoriere « di pagare scuti sei di fiorini 9 Vuno al re tamburlando per ajuto di- fare la balloria » (1). Quel drappello di ragazzi e fur- fantelli d’ogni maniera che presentemente, appena di- partitesi la fanteria e la cavalleria, accorrono a girare in tondo e saltare attorno al falo menando baldoria, sono tuttora una derivazione ed un vestigio del rito antico. {I) Estralto dagli Archie/ della Cilia. TEATRI, D1ALETT0, *SI E COSTUMI 377 II giorno poi della festa si faceva la corsa del carro co’ buoi, ed i Massari, deputati a governarla, venivano eletti dalla Cilta (1). La corsa si facea per le strade di Torino, ed il carro, o sul principio o ncl fine, entrava nel Duomo. Laonde quando in sul finirc del quattro¬ cento venne riedificato il Duomo, si diviso di elevame il suolo ed apporvi una scalinata, affine di sradicare quell’ uso. Qualche attinenza col famoso carroccio de’Comuni Lombardi e Toscani, il quale veniva tratto in campo e nelle battaglie co’buoi, ha certamente la corsa piemon- tese del carro. E da un passo del Villani sembra che a San Giovanni si offerisse un carroccio dai Fiorentini (2). Ma lasciando queste indagini a chi ha piu tempo e dottrina, noi crediamo poter asserire che la corsa del (1) Massari chiamayansi i custodi delle pubbliehe masserizie nella repubblica Fiorentina. Nella Genovese vi fu tempo in cui la custodia dell’erario era affi- data a magistrati che avean titolo di Massari. Diconsi Massari in Piemonte que’ ebe soprantendono alia festa del villaggio. (2) Nel 1340 « la mattina di S. Giovanni Batista essendo uno ricco e grande ciero in su uno carroccio fatlo per li signori della Moneta per offerire a San Giovanni, si stravolse sprovvedutamente con tutto il carro » ecc. Gio. Villani, Istor. Fior., lib. xi. Veggasi pero se 1’offerire si riferisca al ciero od al carroccio. Ma senz’ alcun dubbio il carroccio che si inenava nell'oste con sue lo stendale del Comune, era in tempo di pace conscrvato nella chiesa del Batista da’Fiorentini. Ivi. Non dobbiamo qui trasandare un’usanza Torinese che mal sapremmo col- locare nel testo senza interromperc il diseorso, ed 6 la seguenle: — nil giorno della festa di S. Giovanni una gran deputazione del Corpo Deeurionale si tras- ferisce al Duomo, vi fa un’ olferta d’ uso ed assiste alia messa pontilicale. Segue quindi la processione, nella quale 1’Arcivescovo porta le reliquie del Santo al palazzo di Citta ed ivi le presenta a baciare al Mastro di Ragionc che in quell’atto rappresenta l’Ordine. Il Mastro di Ragione fa un donativo di limoni e di fiori a Monsignorc Arcivescovo ed ai Canonici del Capitolo; poscia la processione ritorna al Duomo ». 378 CAPITOLO DECIMOTTAVO carro si fa tuttora, non piu nella citta, ma bensi nel suo sobborgo della Dora e largamente ne’suoi clintorni, al modo stesso con che si l'accva nel quattrocento, e nel einquecento. E ci accingevamo a descriverla, quando un nostro giovine amico ci recola pittura ch’egline aveva fatto in versi, alia quale concediamo qui luogo(l). Da due vispi giovenchi innanzi al lempio Vicn tratto un carro che ad aprire i solclii 0 a recar pesi non fu oprato ancora. Siede sopr’ esso il buon Massar che il regge, E nel mezzo del carro in pie sta ritto Giovane contadin che baldo in atlo Porta un cappello di guerresca foggia, E una serica ciarpa. 11 Sacerdote D’acqua lustral sparge quel carro, e dice Sacri accenli sovr’esso. Allor movcndo A lenti passi s’incammina il plaustro Vcr la piazza ove accolto e stretto in densa Calca sta il popol tulto. Indi v’ascende Altro Massar, che ad alta voce appella Tutti color che per la festa han posto Nel volgere dell’anno i lor campcstri Lavori, e a quesli qual merce dispensa (I) Altre notizie storiche sulla corsa del carro sono le seguenti: « Anno 1563. li 12. gcnnajo fu stabilita in Rivoli un’ annua festa in coni- memorazione della nascita del Principe, si fece in delta occasione proces- sione generale, e corsa de’ carri co’ buoi. « Vi fu pure una corsa de’ buoi l’anno succcssivo in detto giorno tra Mon- caglieri e Torino, alia quale concorsero Ie ComuniUi di Chieri, Moncaglieri, Torino, Grugliasco, Rivoli, Orbassano e tutti gli altri piu vicini. Vi assistette il Duca (Emmanuele Filiberto), e fece un dono al vincitoredi un ricco pallio di damasco argentino il quale fu vinto dai Rivolesi con soddisfazione del Puca che li proteggeva ». — Memorie sulla St or in di Rivoli, MS. TEATRI, DIALETTO, ESI E COSTUMI 379 Pungoli e sferze in varie guise adorne. (i) Quel giovin poi che sta sul carro, mette All’incanto il cappello, arcano segno Del potere in quel giorno, e ambito fregio Che volger fa delle fanciulle il core Verso il garzon cui fia FElea ghirlanda. A raano a man che il prezzo allri ne accresce. Sale sul carro, c quello al capo impone E della ciarpa cinge il fianco. Alfine Offerto e il maggior premio, e chi l’offerse Di quegli emblemi riman donno, e corre. Ma forse il meglio io qui tacea, l’antico Rilo obbli'ando. A mano a man ch’uom sale Sopra del carro, ei sopra d’ esso danza Di musici concenti al suon giulivo In un con quel che d’indi scender dee, E ad alta voce vi fa rime, figlie Di rustic’ estro, rozze rime a gloria Della chiesa o del Santo o del villaggio, 0 degli astanti, e suoi slramhotti sempre Di tre salti accompagna ; antiche usanze Che neH’omhrc del tempo han culla ascosa. Ma i giovenchi ecco gia piglian le mosse, Ed il villan che li governa assiso, Senza tregua li punge. Essi la via Divorano focosi, e snello intanto Il garzon su del plaustro in pie sta ritto, Di destrezza e d’ardir difficil prova Per la foggia de’carri saltellanti Sopra strade mal piane, irte di selci, (1) Per raccogliere il denaro necessario a celebrare la fesla del Sanlo del villaggio, sogliono i contadini piu zelanti fare nel corso dell’anno certe opere rurali o condotte di carichi, delle quali abbandonano la mercede a quel fine. L’ importare di queste mercedi insieme unite forma il fondo della festa , e serve a pagare 1’ illuminazione degli altari, la musica sacra, ecc. ecc. 380 CAPITOLO DECIMOTTAVO E in china o in erta spesso. II popol plaude Con fragorosi cvviva al garzon prode, Cui nell’anno venturo e dalo il carco Di ricondurre innanzi al lempio il plauslro, E di porre all’incanto i nuovi emblemi. « La lingua Piemontese, scriveva l’antiquario Bartoli, e un misto di varie lingue. Oltre alia Franzese , tiene molto dell’Italiana antica, quale si vede nelle opere di Guittone d’Arezzo. Per esempio maraman viene dall’a memo a memo (!!!): ciuenda da chiudenda. Ha parole die vengono dal Latino, come la parola fidei per ver¬ micelli, forse deriva dal Latino fidcs o fidicida che sono ie corde della lira o del violino, molto simili ai vermi¬ celli. Ne lia altresi che partirono dalla Grecia. Magara per Dio volesse discende da una voce greca di simil suono che significa beato, nel senso di beato me o pur beato » (1). Piii esatto, a parer nostro, e dire che il dialetto Piemontese e un misto d’ltaliano e di Provenzale. Quasi tutti i suoi vocaboli o s’incontrano, benclie con altre desinenze, ne’nostri Classici, o si rinvengono nelle opere de’Trovatori. Eccone un esempio: Provenzale Dona, mo senhor ai lassat Al portal major dezarmat, Pcssatz de luy, e faitz 1’ intrar, Ch’ ieu vauc lo castel abrandar. (2) (1) Gins. Bartoli , Note ai Viaggi del Montaigne. (2) Brano di una Novella di Arnaldo da Carcassese, puhblicata da Rav- nouard, C/ioix des poesies originales des Troubadours. TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI 381 Italiano Donna, mio signore ho lasciato AI portello maggiore disarmato, Pensate di lui, e fatelo entrare Ch’io vo lo castello abbruciare. (i) Piemontese Dona, ’1 me sgnour i lai lassa Sla porta granda desarma : Pense a clue), e felo antre, Ch’mi’1 castel vad fe brande. (2) 11 metro di questi versi Piemontesi, chenti ch’elli si sieno, corrisponde appuntino a quello de’Provenzali. Ma i varj suoni che prende Y e piemontese mal si possono rappresentare anche con segni di convenzione. Questa vocale, quando si scrive e, tiene qualche affinita coll’e muta de’Francesi, ma si pronunzia molto diversamente. L’e poi di festa in piemontese e si diderente dall’e di festa in toscano da non potersi significar con parole. Peggio ancora ne’dittonghi. Ma per non allungarci troppo intorno ad un argomento si arduo, ricorreremo di bel nuovo alia speditiva via degli esempj , e recheremo una canzonelta dell’aw. Angelo Proflerio, il piii im- maginoso, a nostro credere, de’poeti che scrivano od abbiano scritto in piemontese. La composizione, scelta a tal fine, e del numero di quelle in cui l’autore ha vo- luto innalzare il dialetto alia dignita d’una lingua, e (j) Traduzione di Gio. Galvani, Osservazioni suit a pocsia dc Provenzali. (2) Ovvcro «Ch J mi’l castel vad a brus6». — Ci pare che 1 'abrandar del Trovatorc si del)ba dividere in a brandar. Questa voce 6 vivissima in Pie¬ monte, ove si dice il fuoco branda , la cucina branda, e l’alare si chiama brande. 382 CAPIT0L0 DECIMOTTAVO qtaindi riuscira piii facile l’intenderla agl’Italiani delle altre contrade, pe’ quali solo aggiungiamo Y interpre- tazione di alcuni vocaboli affatto lontani dall’italiana fa- vella, cd anche dalla francese. LA BARCHETA (1) Guarda die bianca luna, Guarda die cel seren ; Duna, raia cara, duna ; (2) Ven, Carolina, yen. Una tranquila arieta, Sent, a consola’l coeur: (5) Ven , ven su la barcheta Dl’amour c dt*l bonoeur. I genj da le sponde A1 mar a fan la stra, La tera, i vent ej’onde Per noui a smio crca. (k) Nossgnour am’ lo permeta, Me cel a T e to coeur : A voga la barcheta Dl’ amour e del bonoeur. L'ultima steila a svela Che l’alba a veul spunte, Ma coul mai cambie vela (1) La Bavcheita. — Ripetiamo essere impossible it dare at forestiero una idea del suono di quest’ e net nostro dialetto, altramente che a viva voce. Basti qui avvertire die chi pronunziasse barcheta alia maniera toscana o alia veueziana, o alia francese, travierebbe niille miglia dal vero. (2) Duna , val presto. L’u di luna e di duna 6 il lombardo, ed anche piu chiuso. (3) A conscla: 1’ a innanzi all’indicativo presente H un confermativn; ras- soiniglia al do dcgl’lnglesi. (4) A smio, sembrano, somigliano. Nel verbo smie si ravvisa chiara I'af- tinitit col simigliare. TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI 383 Coraenssa a fe baje; (1) Na pcita nuvoulela A yen a turbe ’1 coeur: A bautia la barcheta (2) Dl’ amour e del bonoeur. L’orient smia pi nen candi, El cel pi nen azur; El turbine a pia l’andi, (o) Lontan a l’e gia scur ; As leva la mareta, Un sent a rouje’l eceur : (4) A dagna la barcheta (S) Dl’ amour e del bonoeur. Tempesta soul e dsoura, (6) Tron, losna, e losna e Iron; (7) El rem a va ’n maloura, Bondi vela e timon ; A casca la fuseta ; (8) A bat pi nen el coeur .. . (9) Bon viagi a la barcheta Dl’amour e del bonoeur. Torino e la citta de’pubblici passeggi. Nell’ inverno, i portici cite dal centro vanno insino al flume che ne lambe le mura; nella bella stagione il giardino del Be (1) Baje, sbadigliare. (2) A bautia, dondola. (3) A pia Candi; piglia le mosse, si slancia. (4) Si senle che il cuor dii la volta, cio6 si prova il fastidio, la nause del raal di mare. (5) A dagna ; fa acqua, lascia entrar l'aequa. (6) Sotto e sopra. (7) Losna e tron, Iampo e luono. (8) A casca la fuseta-, cade il razzo, cio£ il fulmine. (9) Pi nen, non piu; cioc non batte pin il cuore. 384 CAPITOLO DECIMOTTAVO ed il giardino pubblico, cose di cui abbiamo parlato. [1 procinto poi della citta e un continuo ombreggiato passeggio. Aggiungi gli stradoni fiancheggiati da om- brosi viali del Valentino. Se poi ti spingi piii oltre, hai 1’oltrepadana collina ebe tuttae un diporto, hai gli om- breggiati stradoni di Itivoli, di Stupinigi, lungo la Dora, eec. ecc. Ed hai finalmente il romantico errare tra verdeggianti prati, tra lussureggianti orti e siepi fiorite, e lungo canali di mormoranti acque pia miglia all’intorno. Nondimeno un Corso degno di questo nome manca ancora a Torino. Un Corso noi intendiamo dire ove le carrozze possano passeggiare a piii file, e star ferine a piacimento; e le belle che vi pompeggiano, seendere a diportarsi pedestri, ovvero negli splendidi lor cocclii starsene conversando con gli eleganti che cavalcando abbelliscon la scena; un Corso, a significarlo con gli esempj, come quello de’Bastioni orientali a Mi¬ lano o delle Cascine a Firenze. Lo spazio a formarlo non manca verso il Valentino, e il sempre crescente uumero delle carrozze e de’ cavalli di lusso gia ne vien mostrando il bisogno. Farebbe bell’opera chi pubblicasse lo Specchio dd prezzi de'viveri nelle diverse parti d’Italia per un decen- nio. Senza cotai ragguagli e confronti, l’argomento ap- plicato ad una citta sola rimane privo d’ evidenza e d’efletto. Nondimeno per semplice reminiscenza ci sem- bra poter asserire che i prezzi del vivere in Torino si pareggiano, ogni cosa conguagliata, a que’ di Milano. Ad ogni modo, ecco uno specchio de’nostri. A1 prezzo delle derrate alimentarie aggiungiamo quello delle com- bustibili, parte si importante del dispendio di una casa, TEATRJ, DIALETTO, ESI E COSTUMI 385 e quello altresi de’foraggi, senza del quale mal puoi computar 1’ importare del viver signorile: imperocche a’ di nostri, per usare il proverbio di una citta vicina, « una carrozza e necessaria ad un signore non meno del pane ». Quanto al prezzo delle pigioni, esso varia dalle 100 alle 200 lire all’anno per ogni stanza, secondo i quartieri e le condizioni locali. Per una camera mo- destamente arredata, si spende di pigione dalle 15 alle 30 lire, a norma delle differenze ridette. II viaggia- tore clie si sta contento al trattamento mercantile negli alberghi, paga 1 lira al giorno per una camera e 3 lire pel pranzo a tavola da paste. PREZZO accomunato sopra un decennio (dal 1850 al 1810) dei commestibili , combustibili e foraggi sotto descritti , in Torino Pane l a qualita . Cent. 19 la libbra 2 a »> » 18 id. 5 a » J) 17 id. 4 a » )) 15 id. M3 5 )> » 11 id. Carne di vitcllo . )) 53 id. di bue . f> 26 id. Olio l a qualita . L. 17 C. 09 il rubbo 2 a » )) 15 1 > 59 id. 5 a » )) 12 » 29 id. di noce y> 10 y> 50 id. Vino l a qualita . L. 11 c. 22 la brenta 2 a » » 9 » 75 id. 5 a » . • 8 T) 50 id. n 386 CAPITOLO DECIMOTTAVO Legna di quercia o noce . di ontano di pioppo Cent. 32 il rubbo » 28 id. » 23 id. Carbone 84 id. Fieno l a qualita 2 a » 3 a D Cent. 76 il rubbo » 69 id. » 61 id. Paglia l a qualita 2 a » Cent. 48 il rubbo » 43 id. Vena L. 2 C. 12 1’emina. Aggiungiamo la INOTA NUMERICA Dcgli Alb erg hi, Ostcrie , Cantine , Caffe, Vend,'dor i di vino e simili; in Torino, Borghi e Tcrrilorio Alberghi . » » 38 j 98 detti . 3° » » 36 ( detti sul territorio • • • • » 3 TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI 587 Liquoristi, ossia venditori di rosolj . IN 0 50 50 Venditori di sola birra. 15 15 Venditori di brandwin con bottega . » 14 | 42 detti con banco od ambulanti con cesto » 28 Venditori di vino all’ingrosso .... » 44 | 157 detti al minuto da esportarsi » 93 II lettore ha veduto qui innanzi die i caffe in Torino sommano poco meno che a cento. Anclie quelli di se¬ cond’ordine sono arredati con una specie di lusso. Ma il lusso ne’ principali e straordinario. Sono essi magni- ficamente arredati, e messi ad oro, a stucchi, a spee¬ ch] , a pitture, e cotanta loro eleganza vien fatta me- glio spiccar nella notte dal gaz che gT illumina. Quello di S. Carlo rassomiglia una reggia (1). Quasi tutti i caffe di Torino van forniti di qualche giornale, parecchi ne han cinque o sei, ma ven sono taluni in cui il numero de’giornali nazionali e stranieri, politic!, scientifici, letterarj e teatrali e si copioso, ed in cui si notevole e il concorso e Tassiduita de’lettori, che la stanza in essi deputata ai giornali puo a buon (I) Preszi nei Caffe Caff6 ncro, o col latte .. Ceniesimi 15 Cioccolato...» 25 Rinfresco. * 25 Mezzo rinfresco.. 15 Sorbetto.» 40 Granita. 25 Bottiglia di vino bianco.. . » 60 di vino nero.. . . . » 50 di birra. ...» 40 fiicchierino di rosolio fino.» 15 Ciambella, cro*tino o simile.» 05 388 CAPITOLO DECIMOTTAVO diritto chiamarsi un gabinetto letterario. E cio rende ragione del perche in Torino di gabinetti letterarj pro- priamente detti non v’ abbia die un solo (1). Quante cose abbiamo tralasciato di dire in questo capitolo! La pittura de’teatri, de’ tratteniraenti, delle pubbliche feste, degli usi e costumi, de’prezzi e delle fogge del vivere in una delle piii belle capitali dell* Italia porgerebbe argomento ad un libro pieno di allet- tamenti, ed utilissimo per osservazioni morali. Parecchi articoli di tal fatta gia uscirono a luce ne’ nostri gior- nali. Ma gli articoli de’ giornali sono come le foglie cadute dagli alberi che un soffio di vento disperde. I libri, pel contrario, durano e viaggiano lontano. E cio mai non sapremmo rammentare abbastanza ai nostri giovani 'che si danno all’arte dello scrivere. Se Torino e si mal conosciuta di la dal Ticino e dalle Alpi, non sen dee forse attribuire la colpa alia mancanza di libri die la dipingano ? Porremo fine a questo capitolo col recare P (1) Via J’Angennes, Casa Benevello, a pian terreno. ELENCO DE’GIORNALI CHE SI PUBBLICANO IN TORINO (1° luglio 1840) . TITOLO DEL GIORNALE EDITOR.I 0 STAMP ATORI Formato Pcriodicita P R E 7. Z 0 dell’ abbonamento preso in Torino azzetta Piemontese .... i’avale in-f.° quotidiano L. 56 essaggiere Torinese . • . Gabetti id. ebdomad. 0 >, 14 Furetto. )elpino id. idem ». 12 eatro Universale. 5 ompeoMa- gnaglii in-4° idem I* 6 useo scienlifico, artistico e letterario. Fontana id. idem » 6 etture Popolari. Pomba id. idem » 5 Dagherotipo. Cassone e Marzorati in-8° idem # 6 iornali di Giurisprudenza ed avvisi commerciali . • Mussano id. idem » 10 •iario Forense ossia Gazzetia de’ Tribunali. Favale id. idem » 9 50 1 Lppendice al Diario Forense per materie criminali . . Idem id. ogni 10 g. rI » 5 ’ropagatore religioso . . . Pomba id. ebdomad. 0 » 6 innotatore Piemontese . . Favale id. mensile » 6 tnnali di Giurisprudenza . Mussano id. mensile » 20 iiornale delle Scienze Me- diche. Fontana id. mensile » 18 rnnali di veterinaria . . . Idem id. mensile » 12 lepertorio medico-chirurg. Speirani e Comp. id. ogni 15 g. ll! » 10 lepertorio d’Agricoltura e di scienze economiche ed in¬ dustrial i . Dott. Ra- gazzoni id. mensile » 12 CAP3T0L0 XIX DINTORNI DI TORINO Narra un vecchio autore da noi spesso citato, che un cavalier piemontese, addimanclato da un gentiluomo fo- restiero che cosa fosse il Piemonte, rispose: « Essere una citta di trecento miglia di giro » (1). Questa risposta, che ha due secoli e mezzo e che assai meglio s’attaglierebbe al presente stato del paese, in- dica abbastanza che noi dobbiamo ristrignerci a signi- ficare le cose piii degne di veduta le quali stanno intorno (I) Bolero, Relal, Unirers. DINTORNI DI TORINO 591 a Torino. Uscendo cli questi eonfini, un semplice capi- tolo s’allargherebbe alia mole di un grosso volume. Ad ostro-levante di Torino, nasce poco oltre Monca- lieri una giogaja di colli, i quali, correndo lungo il Po, si stendono sino a Yerrua, o per dir meglio, sino di la di Valenza sotto Bassignana, ove il Po e il Tanaro che li disgiungono dalle Alpi e dall’Appennino, confondon le acque. Quella parte loro che nella piii larga significa- zione vien detta collina di Torino, perclie piena di ville di Torinesi, comincia al lor nascere e si stende sulle due opposte pendici sin verso Gassino ove ha principio il Monferrato. La collina di Torino corre quasi paralella al Po, ma la sua spina dorsale n’e distante circa un’ora e mezzo di cammino, e s’innalza da 400 sino a 480 metri sul li- vello del letto del flume. Da questa spina dorsale si dispiccano continui contraflbrti, ove piii ove meno di- stanti fra loro, ove quasi rettilinei, ove variamente sinuosi e ripiegati in arco, i quali vengono sino al flume coll’e- streine lor falde, e fonnano piacevolissime valli, diverse di forme e grandezze. Per queste valli discorrono rivoli e torrenti in cui raro e che manchi affatto l’acqua anche nell’ardor della state. Le pendici soleggiate s’adornano di continui vigneti, di pergolati, di giardini e di ville; quelle a tramontana sono coperte di selve c di boschi; i boschi poi regnano su tutta la parte superiore e sulle cime supreme. Quegli aridi gioghi che si spesso ofTen- dono gli sguardi altrove, qui sono poco meno che ignoti. Indicibile e la varieta dei siti che risultano da questa ragione di colli, i quali qua s’alzano, la s’abbassano, qua si ritirano, la s’avanzano, e per tutto acqua e fiori e frutti d’ottima qualita, e continui filari di viti, e 392 CAPITOLO DECIMONONO frescbissima verzura ed ombre che vincono il sole. Ivi trovi il poggio falicoso ed alto, e le vie aspre e selvagge, e i frescki ombrosi seggi, e le fiorite ombrose rive, il mormorare di lucid’onde, i dilettosi ricetti, e ripetendo vai col Petrarca: Ne giammai vidi valle aver si spessi Luoghi da sospirar riposti e fldi; Ne credo gia ch’Amor in Cipro avessi O in altra riva si soavi nidi. Quesla collina per bellezza e per coltura e per copia di ville non teme il paraggio ne de’colli Briantei, ne dei Veronesi, nedegli Euganei, ne de’Toscani, ne de’Parte- nopei, e se cede loro in alcune parti, come, p. e., nei laglii pei primi o nelle vedute marine per gli ultimi, tutti forse li vince nell’opacita dell’ombre, nella freschezza de’verdi, nella pompa della vegetazione. Ma i Sangalli, i Michelangioli, i Palladj, i Vignola non s’adoperarono ad ornarla de’loro capolavori; e vano sarebbe lo sperare di trovar nelle sue cliiese qualche dipinto di classica mano (1). E una collina d’aria salubre, piena di bei pro- spetti dell’Alpi e de’piani, del corso del Po e de’suoi tributarj; una collina vitifera, fruttifera, tempestata di casini, lietissima di romantici passeggi, acconcissima al villeggiare giocondo. Ma dove l’istoria non ha impresso ai luoghi un perenne eccitamento all’immaginazione colla memoria di eroici o tragici fatli, dove le art! non com- muovono l’animo colle stupende lor creazioni, la sola bellezza de’ siti pub ben porgere incessabil pascolo ai (l) Ncl Monferrato va diversamente la cosa. A Vezzolano presso Albugnano evvi una peregrina cliiesa, importante per lo studio dell’arte, cli’6 dc’tempi de'Carolingi. Negli affreschi di Crea il Moncalvo raffaeleggia. DINTORNI DI TORIXO 393 disegni del paesista, ma difficilmente deltare molte al- leltevoli pagine alio scrittore. I piaceri cli’essa inspira sono di quelli ricordati clal Pindemonte, « die quanto volontieri si lascian sentire dall’anima, tanto mal solfrono d’essere con penna descritti ». Quasi unica eccezione a queste parole e Superga(l), che prendiamo a trat- teggiare. Tre miglia ad oriente di Torino, in sulla vetta di un alto e tondeggiante colle sorge il lempio di Superga dedicato al nome di Maria Vergine. Tra i mille santuarj innalzati fuori delle citta ne’luoghi eminenti, quello di Superga e forse il piu magnilico del mondo cristiano. Ne diede i disegni il Juvara, portato dalla sua natura ad immaginare composizioni di monarchica pompa. 11 Mi- lizia cosi descrive l’edifizio: — «Questo tempio e di pianta circolare, edotto pilastri, molto rilevati dal muro maestro, con altrettante colonne incastrate in essi pi¬ lastri, sostengono la cupola. Negli interpilastri sono sei cappelle elitticlie centinate. Per quell’interpilastro, che e incontro all’ingresso principale, si passa ad una gran cappella ottagona, in fondo di cui e il grand’altare. Al di fuori la scalinata gira in centina, facendo rette e curve. La facciata ha un portico di otto colonne corintie; l’in- tercolonnio di mezzo e maggiore de’laterali. Sopra l’or- dine e un frontone che interrompe la balaustrata. La cupola di buona figura e in mezzo a due svelti campa- nili »> (2). Negli spaziosi e ben arieggiati sotterranei della Basi¬ lica siedono le tombe de’Re di Sardegna. Le fregiano (1) ll nome di Superga, secondo il Denina, viene da super tcrga montium. (2) Milizia, Vile degli ArchUeUi. *17 394 CAPITOLO DECIMONONO statue e bassi-rilievi, lavoro cle’fratelli Collini. Tengono queste opere bel luogo tra le migtiori che lo scalpello facesse nel secolo scorso, prima che Pimmortale Canova ritirasse la scoltura dagli artigli del manierismo e la richiamasse al bello ideale ed all’elegante semplicita dei greci modelli. La cupola della R. Basilica di Superga si leva 753 metri sopra il livello del mare. Senza pari nella superior Italia mcditerranea e la bellezza de’prospetti che s’ap- presentano al riguardante, il quale mandi intorno gli ocelli da quella eminenza. Le Alpi Cozie, Graje e Pen¬ nine gli manifestano gli eccelsi lor gioghi, e i continuati lor lianchi, piegati a foggia di luna crescente, e termi- nati quinci dall’obelisco del Monte Yiso , quindi dalla piramide del Monte Rosa; cosi detto appunto perche le nevose sue cime, vedute da queste parti, rosseggiano e ridono ancora degli ultimi raggi del sole, mentre Pumida sera gi'a posa sulla pianura e mestamente scolo- rate si mostrano tutte le altre vette de’monti. A destra del Monte Yiso, ove cessan le Cozie, tu miri correre a mezzogiorno le Alpi Basse, che prendono il nome di Marittime nell’avvicinarsi al mare Ligustico-Marsigliese. E scorgi l’inferiore catena degli Appennini die dispic- candosi dalle Marittime alle fonti del Tanaro, si gittano a partire P Italia. Oltre a questa latissima veduta dei monti maggiori, che fece maravigliare il Saussure, con- templa il riguardante i vitiferi e lidenti colli che si stendono tra il Tanaro e il Po, e si posa sulle tante castella che s’ergono in cima ai poggi del Monferrato, indi spazia con gli ocelli sopra gli ubertosi piani del Piemonte, tutti sparsi di citta, di borglii, di casali, di D1NT0RNI DI TORINO 395 ville', ovvero profondandosi a N. E. E. nel vaporoso lonlano, scerne o crede scernere la cupola del famoso Buomo, dedicato a Maria Nascente, nella si bella, si colta e si doviziosa Milano. II tempio di Superga e monumento di vittoria, ossia frutto del volo fatlo alia Reina de’Cieli da Vittorio Ame¬ deo ii affine di meritar la vittoria. Onde anclie per questo lato opportunamente sorge l’eccelsa Basilica in mezzo ad un popolo guerriero che da ogni sua terra pub contemplarla ed inspirarsi a’pensieri dell’armi, sempre santificati dalla religione cjuando tendono a di- fenclere le proprie are ed i proprj focolari contra l’ag- gressione straniera (1). Nel di 8 di settembre, giorno della Nativita della Ver- gine, ed anniversario della dimane della vittoria, ii popolo si trasferisce alia Basilica di Superga in gran folia da Torino e da’vicini paesi. Esso passa la maggior parte del giorno in quell’aria purissima, tra quelle stu- pende vedute. Tutto quelTalto rispianato esibisce allora l’aspetto di cio che in altre parti d’ltalia si cliiama una sagra o una fiera. Coperto e il luogo di tende, di bot- tegucce e di bettoline volanti. A1 cessare de’sacri ufizj cominciano i desinari all’aperto, o sull’acrocoro o nei vicini boschetti e vigneli. II vino scorre in copia ed avvolge nella dimenticanza gli affanni. Scende negli animi anticipato il diletto deirimminente vendemmia. Costumano i Re Sabaudi di portarsi a venerare la Vergine, proteggitrice deU’Augusta lor Casa, nel suo tempio di Superga il di della festa. E lo straniero con (l) Per la battaglia e liberazione di Torino nel 1705, vedi pag. 42 e sog. CAPITOLO DECIMONONO 59f» ammirazione li mira venire ed essere accolli ad imma- gine d’uii padre in mezzo alia sua giuliva famiglia (1). Rilorniamo ora al luogo ove nascono i colli. — Mon- calieri, dicono, prende il suo nome dalle quaglie, pro- nunziate alia Provenzale ( Mont-Cailler ). Nella sua col- legiata e in qualche altro canto ha vestigie architello- niche del quattrocento. La sua piazza in declive, con Soggiati e solatii ed una fontana, e scenica molto. La positura di Moncalieri, a cavaliere del Po, sui primi rialti della collina sorgente, e incantevole. I poggi die in vago anfiteatro lesi stendono a sinistra, ridondano di singolari attrattive. Risguardanii a meriggio e riparati daSla tramontana, essi conoscono assai meno degli altri i rigori del verno. Piacevolissimo pure e il semicerchio (I) Misnre della R. Basilica di Superga Allezza totale dal suolo sino alia punta della croce . . metri 75 I.unghezza interna della Chiesa. 51 Larghezza interna. 34 Quadrato del peristilio. j 2 Altezza dei due campanili laterali. » co « Eravi prima in Superga una Congregazione di dodici sacerdoli secolari, stahilitavi nel 1730 dal Sovrano fondatore della Basilica. Essa venne estinta con un altro R. decreto nel 1833, e in sua vece vi fu instituita un’Accademia ecclesiastica. « I.’Accademia ecclesiastica di Superga 6 composta di un protettore che nc e capo, di due professori, de cjuali 1 uno 6 preside e l'altro vice-preside, e di dodici soggetti ecclesiastici, a cui per sovrano provvedimento del 20 decendjre 1834 ne furono aggiunti tre altri. b 11 protettore propone al Re i soggetti da eleggersi alle cariche di preside e vice-preside, ed i quindici membri dell’Accademia sono propostidai Vescovi per torno. Si ricliiede poi che i membri sieno laureati in teologia od in legge, saKo che siano dispensati dal Re dal far prova nel loro ingresso in Accademia di a\ere riportato la latirca in alette facoltA, nel qual caso debbonoprometterc di abililarsi a conseguir'a ». Calcnd. de’RR. Stali. D1NT0RNI DI TORINO 397 die, prima di giungere a Moncalieri, incontri guardante a ponente. Per questi colli abbondano piii che altrove le ville signorili. Nella citta evvi ora un collegio de’Bar- nabiti, ottimamente avviato. A edificare Moncalieri con- tribuirono le mine dell’antica Testona (1). Di costa a Moncalieri e in piii eminente luogo sorge il It. Gastello. Ne principio l’edificazione Jolanda, moglie del B. Amedeo di Savoja. Quivi soleva villeggiare Vit¬ torio Amedeo in con tutta la sua Corte. Una lunga galleria e ornata de’ritratti de’principi di Savoja: vi si veggono pure alcuni grandi quadri rappresentanti prin- cipesse e dame della corte di Carlo Emmanuele ir, a cavallo in abito di caccia, pitture interessanti per l’i- storia del costume. S’alzano su pel colic a terrazzi i giardini. La fiera di Moncalieri a’ 29 d’ottobre e il ridotto dei villeggianti. Altre volte v’interveniva la Corte, ed era tutta fcstosa e vivissima. Anclie com’e al presente, pub riporsi tra gli autunnali diletti. Parliamo della fiera in citta; die al pie di essa frattanto sulla riva sinistra del Po la contrattazione del bestiame cornuto ed anche da soma e cosa ragguardevolissima , e che mette in giro qualche centinajo di migliaja di lire. In quel giorno c’e fiera, cioe mercato straordinario; il venerdi poi d’ogni settimana c’e mercato ordinario cli’e tuttavia assai fre- quentato. Abbiamo individuato due opposti punti della collina di (l) Forse per solo amore della rima l’Ariosto fe’cenno di Moncalieri, ove taaoverando gli uccisi da Cloridano nel campo di Carlo, dice: Dopo essi Palidon da Moncalieri, Che sicuro dormia fra due destrieri. 398 CAPITOLO DECIMONONO Torino; Superga e Moncalieri. Fra mezzo ad essi, cioe di rimpetto a Torino, due altri luoghi c’invogliano a favel- larne. L’uno e il collicello quasi ad isola detto il Monte, ove lia un convento di Cappuccini. Il Yittozzi ne fece la chiesa, della quale narrasi clie vagamenle tondeg- giasse la cupola; questa venne rifatta senza eleganza. Conviene clie lo straniero ascenda al convento del Monte per vaglieggiare dal muricciuolo della sua piazza i prospetti della soggetta Torino e de’ suoi verdeggianti dintorni, ai quali le non Ion tan e Alpi fanno maravigliosa cornice. Poco distante dal Monte siede la Yigna della Kegina. Una bella strada, ombrata da pioppi, vi con¬ duce dirittamente dal ponte di Po con dolce saljta. Edifico questa villa il prineipe Maurizio di Savoja poi ch’ebbe deposto la porpora cardinalizia per dar mano di sposo alia principessa Lodovica, sua nipote, figlia di Vittorio Amedeo i e di Cristina di Francia. Egli vi solea radunare F accademia letteraria da lui insti- tuita, come quegli clie di ameni studj era amantissimo. I)opo la sua morte, dilettavasi di soggiornarvi la vedova sua moglie, principessa clie i suoi contemporanei leva- rono a cielo (I). L’Audiberti descrisse questa villa, e ne diede la ve- duta nel 1711. Essa prese poi il nome di Vigna della Kegina, ma rimase nelle principali sue parti com’era (I) Il CastcIIamonte dcscrivendone al Bernini il ritratlo che n’era alia Venaria, cosi dice: « La prima clie V. S. vede in alto di ferire con una mano col dardo la fiera, e maneggiare con l’altra arditamente l’infocato ca- vallo, & la principessa Ludovica Maria, prima sorella di S. A. R.e vedova del prineipe Maurizio di Savoja, alia quale fece torlo la natura, perchS avcndola dotata di tulle quelle virtu che si richieggono al governo d’uno scettro e •lell’armi, gliene ha poi invidiosa tolta 1'occasioned La Venaria Reale, ecc. DINTORNI DI TORINO 399 da prima. L’adornano orti e boschi disposti a forma di anfiteatro, con fontane e suntuosi ornamenti d’archi- tettura. Ha questa villa im pregio da poclii avvertito, e nondimeno assai importante per l’istoria dell’arte del fare i giardini; eel e ch’essa presenta incontaminato il carattere di un giardino all’italiana, prima che l’uso dei giardini regolari alia francese trapassasse in Italia in- sieme colie altre usanze della corte di Luigi xiv. Dalla Vigna della Regina salenclo il colle insino alia cima, su questa cima appunto ritrovi l’Eremo, ora villa Raineri, la quale ha un vasto e ben coltivato giardino ed una torre su cui giova che ascencla chi brama rimi- rare il Piemonte dalle vette che lo signoreggiano. Gra- tissimo villaggio, tutto pieno cli fabbriche di piacere, e poi Cavoretto, posto in mezzo ai colli su giocondo pog- getto ameriggio, tra la Vigna della Regina e Monca- lieri.Ma troppo ci converrebbe allungarci a de- scrivere i villerecci luoglii della collina (1). (I) L’Audiberti nell’ opera intitolata Regiae villae agri Taurinensis poelioe ilescriplae a Camillo Maria Audiberto Soc. Jesus, 1711, pinge con questi versi la collina cli Torino, e i suoi autunnali piaceri: Jlusa suburbanum nondum obliviscere Collem : Dirige in alta gradum: Claris ubi cuimina villis Resplendent; ubi Taurino post terga remoto, Extra urbeni invenies urbem. Te in rura secutam Credideris patriam. Sylva, lare, cive frequenti Dum strepit onine jugum : socio placuere tumultu Otia: viva quies, et ab omni parte voluptas Autunmos hilares, niensesque dedere beatos. Tra le ville di quel tempo eravene un’altra, detta semplicementela Vigna, gih delizia di Madama Cristina di Francia, poi da Madama Giovanna Batista cli Nemours clonata per ricovero de’poveri, indi passata in piii mani. Ora 6 la Vigna Prever, sul colle cli contro al Valentino. Bello d lo scorrerne il bosco, pieno di lieti passeggi, e tagliato ancora sulla foggia cli quell’etS. 400 CAPITOLO DECIMONONO La geologia e la fossilogia della collina di Torino sono poi degnissime dell’ attenzione dei naturalisti (1). E qui dobbiamo far cenno della perfettissima Carta Geologica de’RR. Stati, composta dal prof. Sismonda. I dotti europei clie gia ne videro qualcbe saggio negli Atti della R. Accademia, ne parlano maravigliando, e fanno voti affinclie il doltissimo suo giovane autore si conduca a non indugiarne piu a lungo la stampa. (1) « La situazione tli Torino invila agli stiulj geologici, essendo quesla cittSi posta alle faille di un’amenissima collina, sepolcro di esseri che vis- sero in tempi da noi remotissimi; eel avendo a piccola distanza le imponenti e eolossali Alpi, dove il geologo rinviene o vede le impronte delle catastrofi che furono la causa efficiente del distruggimento di quella generazione. Si compone la collina di varie maniere di strati, pi« o meno raddrizzati, appar- tenenli al gruppo terziario medio. Il suo dorso acquapendente verso oriente va a perdersi sotlo strati argillosi e arenacei d’epoca meno antica, i quali si estendono quasi orizzontalmente, e fan parte del gruppo terziario superiore, che distinguesi dal precedente, perche racchiude spoglie organiche, le quali palesano colla generazione attuale una somiglianza che non si ravvisa in quelle del terreno terziario medio. « Gli strati di questa collina consistono in varie quality di finissima e tenera areuaria argillosa che i Francesi appellano molasse. Questi sedimenti sem- hrano opera di un mare tranquillo. Ma a que’ tempi la natura non seguiva nolle sue operazioni 1’ online stesso di cui noi siamo gli spettatori. Ad una calma indefinita succedevano spaventose burrasche e tempeste, e cio si voleva perch6 si staccassero e fluitassero per le acque niassi di cosi sterminata mole, come sono quelli che insieme con ghiaja alternano in suoli piu o meno grossi colla suindicata arenaria. Codesti materiali corrispondono alle roccie delle Alpi e degli Appennini, di dove ragion vuole che provengano. Il serpentino predomina sopra ogni altra sostanza. Il calcare t: meno comune, e dove si trova in qualche ahbondanza, si scava e si riduce in calce, la quale, con pro- porzione conveniente di buona quality di sabbia, produce un eccellente ce- mento atto a costruzioni ne’ luoglii umidi. « In piu luoglii della collina rinviensi poi anche una breccia calcare, la ] quale imprigiona moltissimi nummuliti di specie ancora indeterminata. Questa stessa spoglia si trova ancora nel terreno terziario, ma nondimeno questa breccia venne gindicata della formazione cretacea,E tra Ie altre ragioni che DINTORNI DI TORINO 401 Mettendo ora fine alia descrizione de’ Transpadani dintorni della citta, trapassiamo a dire de’ Cispadani. Sfcradoni rettilinei, fianclieggiati da ombrosi viali, met- tono da piu lati al Valentino, Reale castello a cui 1’ al- iargarsi della citta lungo il flume viene ormai togliendo il titoio di suburbano. Lo fece edificare o almeno rie- dificare Cristina di Francia, figliuola di Enrico iv e di Maria de’Medici. Questa principessa che molto ritraeva della con giunta indole paterna e materna, e che dopo !a morte di Vittorio Amedeo i, suo marito, governo per molti anni lo Stato come Reggente, e rimasta cele- bre nelle nostre istorie. Era bellissima della persona, svegliata d’ingegno, animosa, amante de’piaceri e del fasto, liberate ed arnica de’letterati. Il Valentino e co- struito nello stile de’castelli francesi di quell’eta con qualtro torri quadre dal tetto acuto, e con portici egal- lerie di stile italiano. Ma cib che sen mira di fatto e appena la terza parte di quanto sen dovea fare secondo 1’ori¬ ginate disegno. Vi mancano le due ale laterali, ciascuna deiie quali doveva allungarsi piu del corpo di mezzo ch’ e il solo oggi esistente, e dovea tenninare con altre due torri a ciascuno de’ lati. Dal palazzo si scende per intonio a cio si produssero, havvi quella della discordanza tra gli strati del calcare in discorso, ed il lerreno terziario fra cui giace. Servi nell’architet- tura per fare ornamenti ed anche colonne. Ora s’adopera soltanto per trarne calce, avendo l’csperienza dimostrato che ove gli ornati, fatti con essa, non sieno riposli fuori dall’ingiuria degli agenti atmosferici, ne reslano presto dan- neggiati,e talvolta anche rovinano affatto. « I fossili stanno di preferenza ne’ banc/u ghiajosi, di dove difficilmente si possono estrarre ben netti e senza rompersi. La qual cosa proviene da una loro particoiare alterazione, e daH’agglutinazione su di essi della sostanza dello strato stesso in cui si trovano. n 6foi rechiamo l’elenco de’principal! fossili che di questa collina possiedc 402 CAPITOLO DECIMONONO sotterranee scale cli marmo in riva al Po ch’ivi si valica di continuo in una barchelta e che placidissimo scorre. Quella discesa e quel passaggio tra l’ombre, e il ritorno all’allegra luce, e quel passo di flume, e le ridentis- sime vedute de’colli che stanno in prospetto, hanno una poesia che mal si pub rendere. Ma quanto tutto cio sarebbe riuscito piii giocondo e piu adorno, ove si fosse recata ad effetto la marmorea sponda del flume con pilastri e colonne e balaustri e statue e fontane e gra¬ duate in sin nell’acqua come quel disegno recava? (1) Apparisce dalla descrizione dell’ Aucliberti che nel vasto ed aereo cortile del Valentino si celebrassero altre volte giostre e giuochi frequenti, e che con lusso mo- narchico ne fossero fregiate ed arredate le sale. Ora e P alloggiamento e la scuola de’ Pontonieri, i quali sul soggetto Po danno talor prova della celerita e destrezza con cui sanno gettar un ponte di barche sopra un flume secondo i metodi trovati dal cav. capitano Cavalli. Dei due vasti giardini laterali al Valentino, il settentrionale e ora l’Orto botanico di cui abbiam favellato; il meri- dionale contiene i varj ordigni inservienti alia ginna- stica degli artiglieri, e l’ediflzio del Tiro a segno. Nelle sale del Valentino si fa, ogni sei anni, come gia dicemmo, la pubblica esposizione dei prodotti dell’arte. iMuseo. Essi furono rinvenuti in piu Iuoghi, ora pero divengono ogni giorno piu rari. [Vedi VAppendice). « Nella vigna del signor conte senatore Sclopis apparisce la testata d’uno strato di ghiaja serpentinosa, che certi indizj fanno supporre piultosto dovi- zioso di tali oggetti cosi preziosi ed interessanti per la scienza». Prof. Angelo Sismonda. (I) Esso £ inciso nella succitata opera dell’ Audiberti. Il quale scrive pure rhe questo castello trasse il nome di Valentino da una damigella d’ onore di Caterina d’Austria—Spagna, per nome Valentina e patrizia di Chieri, la DINTORNI DI TORINO 403 « Uscendo da Torino per porta Nuova, s’ inconlra a Iibeccio una spaziosa strada ombreggiata d’olmi, che va in rctta linea per quattro miglia sino a Stupinigi. Quesla regione e destinata alia caccia Reale. II re Carlo vi fece edificare sul disegno del Juvara una sontuosa palazzina pel riposo della Corte al ritorno della caccia. Vi sono giardini deliziosissimi, e selve ampie ed estese. Dentro gli appartamenti vi sono bellissimi quadri di prospettiva: ma tra le altre pitture spiccano a maraviglia i coloriti eccellenti del Vanloo e del Vehrlin. Sopra il tetto della palazzina s’ammira un bellissimo cervo di bronzo fuso dal La- datte. Gia due volte si e veduta illuminata in tempo di notte tutta la strada di Stupinigi: la prima nel 1775 per le nozze della contessa d’Artois: la seconda ai 25 di settembre 1781 pel matrimonio della principessa di Sassonia ». Questa e la descrizione die del Castello di Stupinigi facea la Guida di Torino del 1782. Nulla e ivi mutato, se non che una grande reminiscenza ora vi si ridesta nell’animo del passeggiere. Perocche in esso alloggiava alcuni giorni Napoleone Bonaparte, prima di andare a cingersi la corona d’ltalia. Si rendono a Stupinigi i forestieri anche per vedervi il Serraglio delle here. Ivi e quell’ elefante africano che il Vicere d’ Egitto donava al re Carlo Felice; ivi uno struzzo dei piii grandi e piu belli che mai siano venuti in Europa; ivi un gagliardo e vivace leone, un mufflone di Sardegna, alcuni rari augelli, ecc. ecc. Nulla di notevole hanno i giardini di Stupinigi, checche ne dicesse la Guida; ma le foreste per le caccc vi sono quale vinse ivi il premio di una caccia solcnnc, al tempo di Carlo EmmanueleT. Altri dicono che gli derivasse quel nome dalla celebrazione del giorno di San Valentino (14 febbrnjo ) che ivi si faceva colle galanti feste, usate a que’tempi, nelle quali ciascun cavaliere veniva chiamato Valentino dalla dama ch’ egli serviva. 404 GAPITOLO DECIMONONO magnifiche. Esse abbondano di cervi, di daini, di fagiani e d’ ogni maniera di salvaggina. Le creazioni della mente del Juvara erano si vaste e grandiose che raramente venivan esse recale a com- pimento. Laonde anche del castello di Stupinigi gran parte e rimasta non fatta. A ponente di Stupinigi e la Villa Rignon detta 1’ A- moretti, alia quale si va meglio di Torino per la via della Crocetta. Essa e la piii risguardevole delle ville private che si veggano ne’dintorni di Torino in pia- nura. Ha un giardino regolare alia francese con una parte all’inglese, e con una magnifica raccolta di dalie. 11 zoologo mira con diletto in questa villa alcune capre africane singolari di forma e colore, e un vago drap- pelletto di gazzelle. Queste graziose antilope, i cuibel- lissimi occhi sono pei poeti Arabi continuo tema di paragoni, figliarono in questa villa ed i loro parti vi giunsero sino all’ eta del procreare; anzi gia stava per nascere la seconda generazione, che sarebbe riuscita indigena, se un sinistro accidente non avesse spenta la madre. La coltivazione dei campi e specialmente dei prati intorno all’Amoretti s’attrae l’attenzione de’geor- gici per la singolare diligenza con che viene condotta. Per la Porta Nuova o meridionale si va nelle tante minori citt'a dell’antico Piemonte, ne’tanti villaggi delle sue feconde campagne. II geologo si spinge sino al Monte di Cavour; 1’ amatore delle magniflcenze regali e dei ruderi antichi si dirizza a Racconigi e a Pollenza (1). (I) II Monte di Cavour « Non 6 chi nel rimirare la vasta scena delle Alpi che spiegasi di pro- spetto alle pianure del Piemonte, non abbia talvolta osservato un monticello staccato dagli altri, che ora nelle piu limpide giornate crederesti toccar colla DINTORNI J)I TORINO 405 Uno stradone rettilineo, fiancheggiato d’olmi pel corso di cinque miglia piemontesi, conduce a Rivoli. Sulla piii rilevata parte di Rivoli s’estolle il Castello, mano, ed ora vedi trasparire in dubbia forma sotto il velo di una pioggia lontana, o di estivi vapori infuocati dagli ultimi raggi del sole. Questo e un monte picciolissimo, o meglio una grandissima rope segregata in mezzo al piano dove rotolo a tempi anlichissimi, e dove, quasi scoglio isolato sul mare, riesce tanto per la sua mole quanto per la sua posizione una cosa assai curiosa. Torreggia esso sopra le case del borgo ragguardevole di Cavour, dacuivi si ascende per un erto sentiero. Poca terra vegetale ammucchiatasi col tempo alia sua superficie, basta a nutrire alcune viti, ed altre piante onde frondeg- giano le scoscese falde sino alia cima. Colb fu eretto un tempio a Drusilla, di cni il fratello Caligola voile fare una Divinitb. Poi al trofeo infame di empia adulazione sottentro una rocca spesse volte espugnata, e finalmente distrutta. Ora solo restavi un’umilc cappelletta, monumento di pace e di santa religione. Regio Castello di Racconigi « Questa Reale residenza data in appanaggio dal duca Carlo Emmanuele i a suo figlio secondogenito Tommaso Principe di Carignano, fu sempre posse- duta dall’augusta sua Discendenza sino all’ attuale Sovrano, cui va debitrice di ogni suo migliore abbellimenlo. Cosi per sua volontb il Castello, a pochi secondo nell’ingegnosa distribuzione dei tanti quartieri che sotto nobil bens], ma ristretta forma egli racchiude, fu con ottimo gusto ristaurato ed ornato in questi ultimi anni ; e cosi pure il giardino che gib dall’antico piano sim- metrico era stato ridotto al moderno stile irregolare, venne sotto gli occhi del suo Signore attuale ed amplialo nella sua superficie, ed abbellito nelle sue particolaritb. Un delizioso accozzamento di praterie, di maccliie e di gruppi di piante rare, o di folti alberi annosi, congegnato con molta arte di prospettiva, e felicitb somma di effetli pittorici, va allargandosi, c guidando al pari l’occhio di chi mira, ed il pi6 di chi passeggia sino ad una variata corona di boschi, i quali pei vaghi trasfori ed i moltiplici viali sembran far parte del giardino cui senza intervallo si congiungono. La varietb delle tinte e delle forme, il serpeggiare vaghissimo delle acque che dappertutto mostransi frammiste alia verzura, I'eleganza delle fabbriche che quae lb fissano il guardo, tutto con- ferisce a far si, che questo vasto giardino gareggi, se pur non li supera, coi due piu sontuosi d’Italia, Monza e Caserta. « Fertile 6 il tcrritorio di Racconigi, industriosa la popolazione dedita par- ticolarmente alia filatura della seta. Ma fonte principale della prosperitb di questo ragguardevole borgo, ora eretto in cittb, fu mai sempre la presenza de’suoi Principi, n6 maned questa a sollevarne i mali, e consolarne gl’infelici 406 CAPITOLO DEC1MONONO I riedificato da Vittorio Amedeo n eo’disegni del Juvara. Antica villa de’Principi Sabaudi era quella, e quivi ap- punto nacque Carlo Emmanuele i, celebrato dal Tasso, dal Chiabrera, dal Marino e dal Botero. Verso il finire dello scorso secolo nuovi e grandiosi lavori vi fece fare il Duca d’Aosta, poi re Vittorio Emmanuele che molto ne amava il soggiorno. Ora accenna a rovina. Quanto di meglio vi puo vedere lo straniero e il modello in legno quando di recente v’imperversava il formidabile Oagello, da cui non lasciossi atterrire quell’animo impavido, che soltanto voile scostarsene infine per ge- nerosamente affronlarlo altrove». Cilia distrutla di Pollenza « Vedesi tra BrA ed Alba in una stretta ma ubertosa pianura Iungo la riva destra del Tanaro che co!A divide i colli Astigiani da quelli dellc Langhe, un bel Castello semigotico ristaurato dal Sovrano regnante, e piacevolraente col¬ locate frammezzo a praterie, acque correnti ed alberi ombrosi. Ivi sorgea a’tempi antichi la cosp'rcua cittA di Tollenza. I suoi abitatori dedili alia caccia, come il dimostrano le vestigia del culto particolare che rendeano a Diana, erano pur conosciuti da’Romani per Ie tazze e le lane di cui facevano note- vole smercio. Gareggiava allora d’ importanza questa cittA colla vicina Alba Pompeia, rinomata colonia Romana, e patria dell’ imperalor Pertinacc. Ma nel quinto secolo comincio a soffrire per 1’invasione dei Goti condotti da Alarico, benchci vinti nel 402 da Stilicone nella famosa battaglia combattula appunto presso a Pollenza. Quindi prosegui la sua decadenza sotto i Longo- bardi, il che non imped! che fosse ancora nei secoli seguenti citlA ragguar- devole e tale da eccitare l’invidia della potente Asti. Perlocchd dopo asprissime guerre fu presa d’assalto nel 1060 dagli Astesi coll’ajuto di quelli di Pavia e di Genova, e diroccata, e gittatine i materiali nel Tanaro. Anzi dicesi che nolle sue piene questo liume ne portasse una quantitA sufliciente per rifabbri- carne il castel vecchio d’Asti, almeno in parte. « Sussistono tuttora le traccie di varj edifizj dell’ antica Pollenza, come leatro, acquedotto, aniitealro ed avanzi d’antichi tempj. E ne furon dovute le piu recenti scoperte all’operositA degli Allievi della R. Accademia Militare allorchd, passando il tempo delle vacanze nel Castello di Pollenza, prende- vano, tanto per salutare esercizio, quanto per lodevolc trattenimento, a scavare eglino stcssi quel suolo classico e memorando ». Nozioni di Geograjia patria. DINTORNI D1 TORINO 407 di esso Castello, come lo architettava il Juvara. Da questo modello egli argomenta quali smisurati concetti s’albergassero nel capo del Siciliano artefice, e quanto a ragione lo chiamassero alia lor corte i re di Spagna. Non ci volevan meno clie i tesori delle Indie, obbedienti allora a que’monarchi, per condurre a buon fine le sue gigantesche invenzioni. Del vecchio Castello rimane qualche stanza dipinta. In esso il cardinale di Richelieu voile far rapire (1629) Carlo Emmanuele i che vi stava con poca guardia. Ma il Montmorenci, a cui il terribile porporato avea com- messo questo basso rapimento, ne sent! ripugnanza, e con cavalleresca cortesia segretamente ne fece infor- mare il Duca clie scampo dal pericolo. In un’altra guerra contro Francia (1690 o 91) i Francesi incendiarono il castello di Rivoli. Vittorio Amedeo n, mirandonelefiamme dai colli sopra Torino, esclamo: « Piacesse a Dio che il nemico ardesse tutti i miei palazzi, e risparmiasse le capanne de’poveri agricoltori ». Parole che ben dipin- gono un re Piemontese. Ma nel tempo stesso delibero di farlo riedificare colle mura tanto alte, quanto in alto se n’eran levate le fiamme. Il che ridusse poi in atto, come abbiam detto, inconsapevole della futura sua sorte. Rivoli, che al pari di Moncalieri ha titolo di citta, e paese di aria sottile e salubre. Mol to e il villeggiare che vi fanno i Torinesi. Prima di giungere a Rivoli, andandovi di Torino, trovasi a sinistra il ricchissimo Orto botanico dell’avv. Colla. Noi non lo descriveremo, avendone pubblicato egli stesso una descrizione, gia rinomata tra i botanici (1). (I) Hortus Ripulensis, sen Enumeralio plantarum rpuc IiipuUs ooluntur ab 408 CAP1TOLO DECIMONONO Parecchi paesetti intorno a Rivoli meritano ch’aliri li visiti. Tra questi e Alpignano, romantico villaggio, nel cui castello Vincenzo Revelli pingeva anticke ini- ziazioni e storie allegoriclie; Pianezza che ha sulla Dora le piii ridenti vedute; Rivalta ov’e il castello Benevello, ospitale ai dotti cd artisli d’ ogni contrada; Trana ove si tiene ogni anno una sagra assai frequentata, ecc. ecc. Accosto ad Alpignano s’ innalza il monte detto il Mu- sine, dove si trova l’idrofana, pietra altre volte pom- posamenle chiamata Occhio del Monclo (1). Procedendo da Rivoli all’insii per la strada di Fran- cia, mirasia sinistra una chiesa d’elegante architettura nello stile dell’ arco acuto. Cliiamasi S. Antonio di Ran- versa; il Millin la descrisse a lungo, e ben a diritto, essendo mormmento degnissimo di nota. Continuando piii oltre per quella via, si lasciano a sinistra le rovine del giii famoso castello di Avigliana che guardano i ro- mantici laghetti di questo nome, e si giunge a Sant* Ambrogio sopra di cui in vetta ad erta ed eminente roceia siede la Sagra di S. Michele. Clii si spinge piii oltre. Aloysio Collet , additis stirpium rariorum vel nondttm satis cognitamrn nm forte novarum notis descriplionibus el iccnibus. August ce Taurinorttm 1824, ex Regio Typographwo. (I) li Bossi cosi ne scrive: « Trovansi idrofane nell’ isola di Faroe, in Sas- sonia, in Ungheria, in Francia e nella montagna di Musing, presso Torino, da me piu volte visitata. Sono in questo luogo sparse nelle vene di ealcc- donio ed anche di serpentina dura, che da ogni lato ed in ogni ihrczio*>e- attraversano quel monte, tutto serpentinico». Dizion. Scientif. L’idrofana (voce greca che significa io splendo nell’acqua ) b una specie di qua no, ft piii esattamente una varieti di opale che ha la propriety di divenir lraspa~ rente ncll’acqua, e che anzi vi prende talvolta i colori iridizzati che conlrad- distinguono le opale di lusso. DINTORNI M TORINO 409 arriva a Susa ove sono l’Arco d’Augusto e le rovine della Brunetta d’onde si poggia al Moncenisio (1), (I) Sagra di S. Michele « Sopra un monte che quasi segregato sorge in mezzo alia valle di Susa, e scosceso sovrasta al borgo di S. Ambrogio, vedonsi gli avanzi di un’anlica Badia di Benedittini ora conosciuta col nome di Sagra di S. Michele. Colpiscc l’occhio da lungi il notevole suo prospetlo, e chi piii s’avvicina mira con me- raviglia quella mole di veluste fabbriche, cui ripidissimo sentiero conduce a stento dal luogo di S. Ambrogio, mentre una piu lunga via praticabile ai cavalli vi ascende dal borgo di Giaveno. Il monte su cui posa il sagro edi- fizio cbiamavasi anticamente Pircheriano, e Caprasio quello meno sporgente che gli sta dirimpetto. Fra 1’ uno e 1' altro i Longobardi, per vietare agli oltremontani 1’ingresso in Italia, avevano costrutto quelle famose chiuse com- poste di mura e torri, le quali diedero il nome al vicino villaggio della Chitisa. N6 forse avrebbe riuscito a superarle Carlomagno allorcbe nel 773 calo dall’ Alpi con formidabile esercito, se Adelchi figlio di Desiderio re de’Longobardi non ne avesse improvvisamente abbandonata la difesa credendosi giSi venulo a tergo il ncmico per altri passi. E quindi fu che innoltratosi rapidamenle Carlomagno, vinse poi e fece prigione il re Desiderio nella ciltk di Pavia sua capitafe, dislruggendo cosi per semprc la dominazione dei Longobardi in Italia. « Quasi Ire secoli dopo, un ricchissimo signor francese d'Alvernia per nome Ugone di Montboissier, reduce da Roma dove si era portato ad otte- nere I’ assoluzione di qualche suo gran fallo , edified sul monte Pircheriano per comando di Papa Silvestro quest’insigne Badia, di cui ora rimangon solo in piedi pochi avanzi del Cenobio, la Chiesa di forma antica, ed un ampio scalone, lungo il quale si vedono certi scheletri di Monaci rizzati controil muro e ben conservati per la purezza e siccitSi dell’aria. Cotale strana comparsa trac i guardi del volgo. Ne fissa poi la fantasia certa credenza sparsa general- inente, che una fanciulla detta la Bellaula ossia la bell’Alda, per isfuggire le violenze d’un uomo da cui era inseguita, si buttasse giu d’un salto dall’erta rupe, e Sana giungesse in fondo dell’abisso per protezione di Maria Vergine da lei invocata; ma che avendo voluto per superbia replicare un’ altra volta il medesimo salto, sfracellata vi rimanesse. « Nd ferman meno 1’ attenzione degli studiosi dell’ arte e degli amatori di cose pittoresche cold una Chiesa antica di quella prima architettura tozza che precedctte il moderno gotico si leggiadro e si svelto; qua gallerie trasforate, archi e scale; dappertutto altissime mura abbronzite, o muschiose, od inghir- landate di serpeggianti fronde. Ma quai gravi pensieri non desta poi in ogni aiente riilessiva la rimembranza dell’ alto consiglio per cui si voile fare ad IS 410 CAPITOLO DECIiMONONO Lungo la strada da Torino a Kivoli, a due terzi del cammino, si veggono due borghi, Tuuo a destra, Tal¬ lin a sinistra. II primo e Collegno, clie ha una vasta un tempo ili quel popolatissimo Monastero ed tin argine alia barbarie, ed tin fomite all’ incivilimento, ed un luogo di gloria pel Signore come di san- tificazionc per gli uomini ? Qtial sublime concetto non v’era mai in quella lode perenne (laus perennis ), in quel canto non piu interrotto per tanti secoli che notte e giorno quivi innalzavasi al Cielo, attestando solennemente come, in ogni attimo della vita, devansi da noi a Dio inni di gratitudine e d’amore? Arco di Susa ( Non molte sono in Piemonte le anticbilh romane a quest’oggi conservate. flna delle notevoli 6 1’Arco trionfale eretto ad Attguslo dal re Cozio vassallo dei Cesari, sotto la cui clientela egli signoreggiava quella parte dell’Alpi che divide le provincie di Saluzzo, Pinerolo e Susa da Francia e Savoja, e che da liu appunto prese il nome d’Alpi Cozie. D’ordine Corinzio e di otlimo stile £ quest’Arco, ma assai guasto e spogliato delle sue iscrizioni. Fu innalzato sulla strada maestra che varcava 1’Alpi pel monte Ginevro. Vide passar trionfanti i Signori del mondo colie loro poderose legioni vincitrici dell’Occidente, ed ora sen giace inosservato dietro le diroccate mura di Susa frammezzo ad umili orti, dove sol passa di quando in quando il rozzo fanciullo che guida le capre al pascolo, od il viandante montano che cerca piu abbreviata via».—Esso venne recentemente ristaurato assai bene. Ruine della Brunetta ■< Case a mezzo demolite, rimasugli di baluardi ed altri informi avanzi di una rocca smantellata s’ apprcsentano spiacevolmente al passaggiero che scen- dendo dal Montecenisio pone il pi6 nella cittA di Susa. Questa era la for- tezza di Santa Maria, chiamata volgarmente la Brunetta , e formava parte delle fortificazioni un tempo si rilevanli per cui chiudevasi col passo di Susa la porta dell’ Italia. Fu distrutta come piazza di guerra unilamente a tante altre in virtu della pace fatta coi Frances’! nel I79G, ed orntai sol resta a far eontrapposto coll’Arco Romano che le sta a fronte, e colla magnifica strada che vi si apre tra 1’uno e 1’altra. Diresti che qui raccolgansi a convegno tre monumenti caratteristici di tre epoche memorabili nella Storia. Toich6 ricor- iate per essi qui ricorrono insieme alia fantasia e le pompose glorie delle arti, non che delle conquiste, presso quella nazione che giA ebbe I' impero le! mondo, c le ostinate difese fatte in secoli pin recenti da un piccol popoln D1NT0RNI DI TORINO 411 ed insigne Certosa, tutta lontana pero dai pregj artistic! delle Certose Pavese e Pisana; il secondo e Grugliasco, luogo caro agPindustriali, perche pienissimo di ediiizj guardiano delle Alpi, e I’attuale indicibil potenza dell’industria e del com- mercio, la quale superando ogni ostacolo delta natura ■ravvicma uomini e distanze. Il Montecenisio « Fra i varj passi per cui soglionsi ora valicare le Alpi, il Montecenisio £ il piu agevole non che il pin frequentato di tutti. E cio dopo che il Governo Francese nel 1804 vi apri una larga e comoda strada praticabile ai legni o carri di piu gran mole e di piu grave carico pressoch6 in qualunque tempo dell’ anno. Piu arduo assai egli era prima , n6 percio men frequentato da molti secoli , siccome quasi il solo per cui si potesse tragittare non solamente dal Piemonte in Savoja, ma da tutta Italia inFrancia, Spagna, parte di Ger¬ mania ed Inghilterra. Proseguiva aque’tempi la strada per una vaHe pianada Susa alia Novalesa, terra antica posta appifi del Monte. Ma colA era forza di dislo- gare minutamente i legni ed ogni parte di essi caricare coi bagagli e cost tutte le merci sopra i muli, salendosi il monte da’ viandanti od a piedi, od a cavallo, o eziandio in portantina sino all’ultimo piano cui si giunge in vetta. Dal punto poi donde cominciava, e comincia tuttora la discesa, soleasi da molti calare velocissimamente a I.ansleborgo, abbandonandosi giu per I’erta china in certe slitte che un uom solo guidava co’piedi e col bastone sopra la neve battuta. E furon visti allora parecchi Inglesi risalire piu volte faticosamente il monte, onde prendersi lo spasso di cotal calata ardita e precipitosa. « Ora la nuova strada sale immediatamente da Susa. Essa va ergendosi a poco a poco per lunghi e ben delineati circuiti, prima fra belle praterie che adombrano numerosi castagni, poscia fra abeti e larici che vanno sempre piu diradandosi, e finalmente tra baize scoscese ed aspre rupi in cui fu scavata a forza di mine con gran costo e con mirabile maestria. Pvel salire hassi a rnano destra la profonda valle della Novalesa trascorsa dal torrente Cenisio, poi al di 1^ I'allissimo Rocciamelone, in cima di cui si scorge all’occhio nudo una piramide recentemcnte innalzatavi nell’agoslo 1821, che ora porta l’in- scrizione giti collocata colA nel 1659, quando il duca Carlo Emmanuele n vi ando coll’ augusta famiglia in pellegrinaggio ad una cappelletta, oggetto tuttora di annuo concorso per gli ahitanti delle sottoposte valli di Lanzo. Pro- seguendo la strada, s’incontra in capo alia salita una niccola piarjra cliiusa 412 CAPITOLO DECIMONONO da trarre o da torcer la seta, con abbondanti canali che raettono in continuo moto gran numero di ruote idrauliche (1). Da Torino andando alia Venaria, si passa il bel ponte sulla Dora , si piega a sinistra, lasciando la strada mi- lanese a diritta, e si giunge, discosto un miglio, ad un casale, dirirapetto al quale un largo stradone abbellito da due ombrosi viali conduce ad un’umile chiesa e eonvento de’Cappuccini. Ivi ebbe tomba il maresciallo da orride rupi, che porta il nome di S. Nicolao: da questa per un ponte di inarmo bianco, tratto da que’luoghi medesimi, e quindi per un’ultima salita tutta di giri e rigiri, fra’quali il Cenisio si precipita in romorose e spumanti cascatelle, si ha I’adito al piano superiore che allargasi sulla cima del monte, e che accerchiato da una corona di nudi gioghi porge nelle sue estremitk un bel laghetto abbondantissimo di trote rinomate. La pesca, il passeggio in piano a tanta altezza, I’aria vivace, la frescura nella state, la bellezza dei pascoli Alpini tutti fioriti ed olezzanti in quella stagione, formano pei forestieri chc salgono allora il Montecenisio un sufficiente compenso all’aspetto arido del suolo, in cui la vegetazione piu non arriva a produrre n6 alberi n6 arboscelli. « Ma ben si muta il quadro al cader delle prime nevi, e peggio in prima- vera, quando ammollite dal sole giA crescente giit piomhano per ogni parte in terribili valancbe. Per soccorrere allora a’passeggicri, Napoleone stabili quivi e doto una famiglia di Religiosi destinati alle funzioni dcll’ospitalith. Oonvien dire pero che poco sia neecssaria la loro assistenza, trovandosi il passo di rado pericoloso, ed inoltre essendo popolato di varj casolari, e di certe casette di ricovero, edificate tratto tratto dal Governo, in cui abilano i Canlonieri ch’egli stipendia pel mantenimento della strada* Vi s’ aggiungono ancora varie case per 1’ospizio, per le guardie del passo, per la posta dei cavalli e per locande onde 6 sparsa la sommitA del monte. Per essere poi la pen- denza di questo piti ripida verso la Savoja, siccome anche piu elevata la valle di Moriana che gli serve di base, piu breve 6 pure la discesa daquella parte di quanto lo sia verso il Piemonte ». Nozioni di Geograjin patria. (I) Vedi in Grugliasco, oltre i filatoj , le due belle filature Barbaroux e cav. Cotta; in Collegno la filatura Soldati. DINTORNI DI TORINO 415 Marsino(l). Piii oltre, a sinistra, una bella e ricca ve- getazione di peregrini alberi, ricinti da un rauro, an- nuncia una villa signorile. Ivi e il casino Falletti di Ba- rolo, soggiorno gia caro al Marchese Ottavio di quel nome, autore di alcuni scritti metafisici in francese e di due o tre romanzi storici in italiano; tra’quali il Romeo da Provenza, ormai introvabile, chiede gli onori di una seconda edizione. La Venaria era altre volte il Versailles della Corte di Torino. Il Vernazza cost la descriveva nel 1781: « L’antica terra di Altessano superiore prese il nome di Ve¬ naria reale, quando Carlo Emmanuele n vi edifico un palazzo attiguo ad un parco per la caccia reale. Essa e lontana tre miglia al nordovest da Torino, uscendo da porta Palazzo. Una spaziosa e diritta contrada di case uniformi, interrolta da una piazza circolare, introduce dalla terra nel cortile del Regio Palazzo. Il primo disegno di esso fu fattodal conte di Caslellamonte. Ma nobilissime aggiunte vi fece il re Carlo con disegni dei due fa- mosi architetti don Filippo Juvara e conte Alfieri. Del primo e la vasta ed ammirabile citroniera, la galleria riccamente ar- chitettata a pilastri ed ornata di statue, il casino ch’e in mezzo al laberinto dentro al parco, la Regia chiesa parrocchiale. Dell’Alfieri e 1’allra galleria che al palazzo da comunica- zione con essa chiesa. Nella chiesa ci sono quadri del Conca, del Corrado, del Ricci e di altri. Negli apparlamenti vi sono statue de’fratelli Collini, stucchi dei Bollina, e pitture di valenti llaliani e Fiamminghi. Fra questi si distinse Giovanni Miele, di cui visono diversi quadri ed alcuni soffitti. Nel salone (I) Fevdinando de Mars in. Franciae mareschalco supremi Galliae ordinis equili lorquato Fale nci arum gubernatori quo in loco pn sept., anno D. MDCCPi, inter suorum cladem el fugam victoriam exercilwn vilani amisil aeternum in hoc Uimu/o monumentwn . Questa lapide e gli stemmi della tomba furono di- •trutti al tempo del dominio repubblicano-francese. 414 CAPITOLO DECIRlONOPfO si vedoao dieci gran quadroni rappresentanti il ritratto di varie persone della Corle di Carlo Emmanuelen, in ligure eque- stri, di grandezza naturale, vagamente istoriati con soggetti di caccia ». La ridetta citroniera od arauciera, die veramente e magniiica anche ora che in cambio di agrumi contiene eavalli, la diiesa e le scuderie, sono all’incirca cio che lo straniero pub tuttora osservare nelle rovine di quella Villa Reale, gia teatro di splendide feste (1). (1) Il duca Carlo Emmannele n, il quale spese circa quattro milioni di franchr dell’odierno valore nell’edificare la Venaria, era principe sontuoso, e tenne corte magniiica e quasi romanzesca, ch’era il soggiorno delle feste e della galanteria, come attestano madama di Montpensier e il conte di Grammont, autori conteniporanei. Amedeo di Castellamonte, archiletto del Duca, ci ha lasciato la seguente descrizione della festa di Sant'Uberto, protettore dei eaeciatori, celebrata nella Venaria Reale, 1’anno 1612: «Tutti gli anni, il giorno di S. Uberto, festivo per li eaeciatori, S. A. R. (il duca Carlo Enunanucle n ) fa la caccia e l’ assemblea solennemeute qui nella Venaria Reale, ma in quest’anno 6 stata veramente Reale. « Ha preso S. A. R. l'occasione di quest’assemblea con la risoluzione di voler in si fatto giorno solennizzare le nozze di inadamigella Pallavicina, da- migella d’onore di Madama Reale, fatta sposa del marchese Fosdinovo, ca- valiere straniero. E cosi giunlo, la sera antecedente al giorno festivo, in questo Real palazzo con splendidissima corte di principi, dame e cavalieri, fu salutato dallo sparo di dodici pezzi di piccola artiglieria di bronzo, qui destinati per simili ricreazioni festive. Indi smontati, dopo breve riposo, entrarono tutti nella cappella, e fatta ivi la cerimonia dello sposalizio, e ricevuta dal sacer- dote la benedizione, se ne passarono a lume di torchie al palazzo, ove si diede prineipio al ballo, e dopo esso ad una lautissima cena, dopo la quale ognuno si ritiro a’suoi alloggiamenli, gia prima preparati, e d’ogni deside- rabile comodita provvisti. a Comparvero il giorno appresso tutte queste dame superbamente vestitc con abiti acconci al cavalcare, con parruccbe bionde, e cappelli con vaghe piume in capo, in guisa die non da altro erano diflerenziate da’cavalieri, che dalle proprie bellezze; e sentita la messa, solennementc cantata con music*. DINTORNI DI TORINO 415 Ivi e presentemente la Regia Scuola d’equitazione, Hieritevole di lodi sincere. Yenne essa fondata in sill principio del secolo decimottavo, n in quelle magnili- che seuderie si tenevano meglio di trecento cavalli delle razze migliori. Era essa venuta in tal fama che da tutte le Gorti d’Europa vi si mandavano allievi per impararvi la vera arte dell’equitazione. II re Carlo Felice la andarono a pranzo; cioA, Madama Reale con la prineipessa Ludovica, prin- cipe di Carignano, principi di Soissons, con la novella sposa, e hen ottanta altre dame, fu servita nella gran sala del palazzo ad una tavolaovata, fra uu armonioso strepito di trombe, musette e violoni; e S. A. R. in altra sala atti- nente ad una tavola tonda con venti damigelle, tutte figlie d’onore di Madania Rcale e della serenissima prineipessa Ludovica. Nell’istesso tempo furono ser- viti in altri appartamenti cento e piu cavalieri, e sotto a’portici del prime cortile erano pur disposte altre dodici tavole per gli uffiziali, per le guardie. per cacciatori, per garzoni e per staflieri, tutte guernite di squisite vivandr. a Finito il pranzo, montarono tutti a eavallo, guerniti quelli delle Reah Altezze e delle Dame, di quantity di nasts’i di vaghi colori e di ricche gual- drappe, c s’incamminarono alia caccia col seguenle online. Andava avanti solo il marchese di Caraglio gran cacciatore; era seguilo ejuesto dalli tre Gentil- uomini , e Capitano di caccia, dietro a’quali venivano li otto cacciatori t eavallo con suoi corni al fianco e bacchetta alia mano, indi tutta la muta dei cani accoppiati, e condotti da garzoni e staffieri,e dietro a ejuesti con inter- vallo di poebi passi le Altezze Reali e Principi serenissimi seguiti da uno squadrone di ben ducento Ira dame e cavalieri, che tutti misti insieme fa- cevano una superbissima ponqia; e giunti a 11 e tele, fat ta caccia di due cervi. stati alfavvantaggio rinchitisi in esse, ritornarono sid far della nolle al palazzo, ove dalo principio a nuovo hallo, e indi a piu lauta cena, se ne montarono dopo quella alia sala del teatro, ove fu rappresentato un bellissimo dramma musicalc con macchine , intitolato Diana irionfante cl’ Amone , composto dal signor Bernardino Biancbi Segretario di Stalo di Finanze e di cerimoniali
  • ’us nigricans Ci.adium Mariscus R. Rr. Eleocharis palustris R. Br. ovata R. Br. Eleocharis acicularis R. Br. Scirpus lacustris Holoscboenus setaceus Caricis triqueter mucronatus marilimus sylvaticus Michelianus Fimbristylis dichotoma Wahl. Eriophorum pubescens Sm. Carex repens Bell. Schreberi W. leporina vulpina brizoides muricata divulsa Good. stellulata Good. remota elongata canescens paniculata humilis Leyss. digitata montana praecox Jacq. tomentosa flava distans umbrosa Host. pilosa Scop. panicea alpestris All. nitida Host. caispitosa stricta Good. pcndula Good. pallescens Pseudo-cyperus Drymeia rocurva Good. paludosa Good. acuta riparia Good . vesicaria hirta FLORA, FOSSILI 441 GRAMINEJ2 Andropogon Gryllus angustifolius Sibtli. et Sm. Lappago racemosa If. Sorghum lialepense Pers. Digitaria sauguinalis IF. Panicum verticillatum viride glaucum Crus Galli undulatifolium JrJ. Phalaris arundinacea Anthoxanthum odoratum Ai.opecurus pratensis agrestis geniculatus utriculatus Crypsis aculeata If. alopecuroides If. Phleum pralense asperum Pers. Boehmeri IF. Michelii If. Cynodon Dactylon Pers. Leersia oryzoides. If. Agrostjs Spica-yenti interrupta canina Mij.ium effusum Arundo speciosa If. Phragmites Epigeios litorea R. Sch. Aira cristata caespitosa caryophyllea Koeleria pleoides Pers. Holcus lanatus mollis Avena sterilis pratensis ilavescens Danthonia provincialis DC. Triodia decumbens Beauv. Melica ciliata uniflora JIelica nutans Briza minor media Poa aquatica fluitans Scop. rigida annua dura Scop. bulbosa trivialis pratensis nemoralis compressa Eragrostjs poaeoides Beane. pilosa Beauv. Molinia coerulea Munich. Dactylis glomerata Cynosurus cristatus echinatus Festuca duriuscula heterophylla Lmck. spadicea elatior serotina Myuros ciliata DC. Brachypodium sylvaticum R.Sch. pinnatum R. Sch. unilaterale R. Sch. Bromus racemosus L. aryensis squarrosus mollis giganteus asper erectus IIiuls. sterilis Bromus tectoruin Tritjcum yillosum M. If. repens caninum Iluds. Hordeum murinum Lolium perenne temulentum yEGILOPS ovata Psilurus nardoides Trin. Nardus stricta Cac.Hforis. 19 442 CAPITOLO VIGESIMO Calalogo dei principals fossili della collinu di Torino Lucina taurina, Bonelli. Foss, al Rio della Batteria Canlium ceolicum, Lam. Foss. alRio della Batteria. Isocardia molthiana Foss, alia vignaForzano Area Noe, Brocc. Foss, al l\io della Batteria Mytilus taurinensis, Bonelli. Foss, nella vallcS. Bonifacio. Plagiostoma seminularis, Lam. Foss, nel cantone Riaje. Pecten Burdigalcnsis, Lam. Foss, al Rio della Batteria Patella sulcata, Bors. Foss, in tutta la collina. Patella pileata, Bonelli. Foss, a Baldichieri. Patella saccharina, Lam. Foss, al Termo-Foura. Patella umbella, Linn. Lam. Foss, al Termo-Foura Haliotis monilifera, Bonell. Foss, al Rio della Batteria. Sigaretus concavus, Lam. Foss, a Baldichieri. Nerita proteus, Bonelli. Foss, in tutta la collina. Nerita Satanse, Bonelli. Foss, alia valle dei Salici. Ampullaria compressa, Basterol. Foss, al Termo-Foura. Pedipes punctilabris, Bonelli. Foss, al Termo-Foura. Solarium corocollatum, Lam. Foss, a Baldichieri. Troclius infundibulum, Brocc. Foss, in via dei Salici Trochus turritus, Bonelli. Foss. alTermo-Foura. Trochus gigas, Bors. Foss, al Termo-Foura. Trochus Amedei, Brong. Foss, nella valle dei Salici. Murex triqueter, Lam. Foss, a Baldichieri. Murex plicatus, Brocc. Foss, al Rio della Batteria. Murex rudis, Bors. Foss, al Termo-Foura. Rostellaria curvirostris, Lam. Foss, al Termo-Foura. Ranella tuberosa, Bonelli. Foss, a Baldichieri. Ranella laevigata, Lam. Foss, in tutta la collina. Stromhus Bonelli, Al. Brong. Foss, a Baldichieri, Rio della Batteria. Stronibus deflexus, Bonelli. Foss, al Termo-Foura. Cassis cyprahforinis, Bors. Foss, a Baldichieri, Rio della Batteria. Cassis rondeletii, Basterot. Foss, a Baldichieri. Cassis intermedia, Bonelli. Foss, al Termo-Foura. Cassidaria striatula, Bonelli. Foss, al Termo-Foura. Cassidaria striata, Bonelli. Foss, presso al Pino Oniscia cythara, Sowerby. Foss, in tutta la collina. Purpura plicata, Lam. Foss, al Termo-Foura. Buccinum caronis (Nassa), Brong. Foss, a Baldichieri. Fasciolaria Lynchi (Turbinella), Basterot. Foss, al Termo-Foura, vicino al Pino. Fasciolaria costata, Bonelli. Foss, al Termo-Foura FLORA, FOSS1LI 445 Can cellaria umbilicaris, Brocc. Foss, al Termo-Foura Trochus Carinatus, Bors. Foss, a Baldicliieri, e presso il Monte. Turritella gigantea, Bonelli. Foss, presso al Pino, al Bio della Batteria Turritella vennicularis (Turbo, Brocc.) Foss, in yia dei Salici. Pleurotoma tuberculosa, Basterot. Foss, a Baldicliieri frequente, altrove rara. Pleurotoma ramosa, Basterot. Foss, in tutte le localita fossi- lifere del colle. Pleurotoma chinensis, Bonelli. Foss, al Termo-Foura, yillaFor- zano. Pleurotoma cataphracta (Murex, Brocc). Foss, a Baldichieri. Pleurotoma circulata, Bonelli. Foss, al Termo-Foura. Fusus fragilis, Bonelli. Foss, al Termo-Foura, Bio della Batteria. Fusus syracusanus, Lam. Foss, a Baldichieri. Fusus Borsonii, Gene. Foss, al Termo-Foura. Pyrula Ficoides, Brocc. Foss, a Baldichieri. Pyrula rusticula, Basterot. Foss, nel colle di Torino. Pyrula clava, Basterot. Foss. alRio della Batteria. Pyrula carica Foss, in via dei Salici. Triton gibbosum, Bonelli. Foss, al Termo-Foura. Triton Anus, Lam. Foss, a Baldichieri. Valuta papillaris, Bors. Foss, in via dei Salici. Voluta magorum, Brocc. Foss, in via dei Salici. Voluta ficulina, Lam. Foss, a Baldichieri. Marginella eburnea, Lam. Foss, a Baldichieri. Cyprcea gibbosa, Bors. Foss, a Baldichieri. Cyprcea ovulea, Bonelli. Foss, alia villa Forzano. Cyprcea lyncoides, A. Brong. Foss, a Baldichieri. Cyprcea fabagina, Lam. Foss, in via dei Salici. Cyprcea prunum, Gene. Foss, alia villa Forzano. Cyprcea amygdalum, Brocc. Foss, in tutto il colle. Cyprcea porcellus, Brocc. Foss, al Termo-Foura. Oliva luteola, Lam. Foss, a Baldichieri. Ancillaria glandiformis, Lam. Foss, a Baldichieri. Ancillaria ohsoleta, Brocc. Foss, a Baldichieri. Conus antiquus, Lara. Foss, a Baldichieri. Conus pelagicus, Brocc. Foss, a Baldichieri. Orbulites zic-zac, Sowerby Foss, a Baldichieri, presso il Monte ecc. Fro/. S'smontir. CAPITOLO XXI STABILIMENTO DEL GAZ, STABILIMEISTI AGRARIBOTAMCI Cenno slalislico sullo Slabilimenlo del yaz illuminanlc in Torino « Sin dal 1858 , per opera di una Societa anonima di Lionesi e Piemontesi, otlenutasi dal Regio Governo e dalla Civica Amministrazione la facolla di illuminare la citta di Torino col gaz, s’innalzava fuori di Porta nuova, all’angolo S. E. del Campo di Marie, un grandioso edifizio, che per l’esterna sua architettura e per la ben inlesa distribuzione interna dclle diverse concernenti officine, si meritava le lodi dei visitalori stranieri e nazionali. STABILIMENTI, ECC. 445 « In esso primeggia I’ incombustible laboratorio de’forni della distillazione, costrutto con un sistema d’ archi a terzo acuto, e coperto con lastre di pietra posate sovra orizzontali spranghe di ferro; edifizio sul cui centro s’erge arditamente 10 spiraglio per lo sfogo del fumo, formando come una torre che, veduta in distanza, vagamente spicca sopra il fitto verde degli alberi. La capacita di questo vasto laboratorio e di 24 forni; la lunghezza totale, di metri 54; la larghezza ed altezza, di metri 15. « II solo carbone fossile, con qualche poco di calce estinta, destinata alia depurazione del gaz, pcnetra per ora in questo stabilimento, e questa materia che oggidi opera tanti prodigj, merce di larghe chimicbe operazioni in colossali apparati, in poche ore svolgesi in gaz illuminante, in catrame minerale, eccellente idrofugo e base di bellissimi moderni pavimenti, in acqua ammoniacale impiegata nelle arti, conun residuo com- bustibile, chiamato cook , utilissimo nelle officine e nell’e- conomia domeslica. « Tulti questi preziosi prodotti prima dell’ introduzione del gaz erano a noi estranei, e siccome tutti si generano dalla distillazione del carbon fossile, e da desiderarsi che nes- sun’altra materia yenga a quest’ultima preferita per ottenere 11 gaz illuminante. o Collocato il carbon fossile per la distillazione in ampie ritorte di ferro fuso roventate ne’ forni dall’azione del cook , svolgesi un fluido, che per ripiegati tubi di ferro attraver- sando un mezzo refrigerante, ivi depone i suoi piu pesanti component, cioe il catrame minerale e l’acqua ammoniacale, e continuando il suo cammino penetra in un largo recipiente di ferro in cui coslretto a girare per varj sovrapposti strati di calce estinta, liberasi dalle materie fecciose e puzzolenli, per essere quindi introdotto, atto ad illuminare, entro vaste campane metalliche dette gazometri. a La capacita di questi gazometri, da cui il gaz esce colla voluta pressione, per alimentare l’illuminazione, egli e di 700 446 CAPITOLO VIGESIMOPRIMO in 800 metri cubi, mentre quella del gigantesco bacino d’acqua ove immergonsi per sospensione, e di metri 1,200 circa. « Tre sono i gazometri che la Societa prepara pel servizio si pubblico die private della capitale. .« Un solo per ora trovasi in attivita, e sin dal mese di agosto dello scorso 1859 e capace di alimentare 1,500 fiam- rae almeno. « Ogni chilogramma di carbon fossile distillato svolge metri cubi 0,18 di gaz puriticato. « Ogni ordinaria fiamma puo in un’ora di tempo consumare metri cubi 0,15 di gaz. « II gaz viene seralmente distribuito dal gran serbatojo dello Stabilimento ne’varj tubi cheserpeggiano per le vie della citta, e che avranno uno sviluppo non minore di 40 mila metri, ovvero di 16 in 17 miglia di Piemonte allorquando generale sara il sistema di quesla grand’illuminazione. « Apronsi ogni sera, per cura della Direzione, le chiayettc di servizio de’singoli abbonati, da’quali dato un giro a quelle de’ proprj apparati, ed accostalovi una fiammetta, vedesi in un minuto secondo al giorno che fuggi succedere un giorno novello. « I teatri sono fra i pubblici stabilimenti quelli che possono trarrc inaggior utile da coteslo ritrovato, e ricavarne magici variali effetli di luce. « Due sono i modi di abbonamento , cioe a volume od a tempo lisso. La prima maniera richiede uno speciale apparato, chia- mato cnnlalore, nel quale l’ago mobile, a guisa di cio che suc- cede negli oriuoli, segna col numcro de’giri il volume del gaz consumato. « La Societa ha offerto di assumersi il carico della pubblica illuminazione insieme colla provvista d’ogni occorrente mate- riale, mediante il corrispettivo di cenlesimi cinque per caduna lantcrna ed ora di consumo, con un’intcnsita di luce doppia almeno di quella che otlicnsi presentemente colle lanterne a olio, e senza verun impiego di lastre riflettenli. STABILIMENTI, ECC. 447 « Quest’ importante innovazione non potrebbe pero aver luogo tutto ad un tratto, e verrebbero di comune accordo de¬ terminate le condizioni della sua progressione, seguendo le norme delle altre capitali d’Europa. « II fondo sociale per sopperire alia spesa della fondazione dello Stabilimento, a quella del sistema generale de’tubi con- duttori lungo levie della citta, ed al primo pubblico servizio,e di L. d ,080,000, diviso in 1,800 azioni di L. 600 caduna »- (1) Nolizia sill Regio Stabilimento agrario-bolanico di F. Burdin e Comp., a S. Salvario a Questo Stabilimento ebbe principio nel 1822. Prese nei 1827 vistoso incremento, e d’allora in poi nonpiu cessodall’e- stendere ogni anno le sue colture ed il suo commercio. Si compone oggidi di un giardino principale con un altro attiguo, propriamente questo di San Salvario, e di due piantonaje, di cui una dieci minuti distante dalla citta sulla strada di Stupinigi, e l’altra nella regione di Vanchiglia. Un campo di 20 giornate (8 ettari) viene quesl’anno destinato a nuovi colti. II giardino principale e tutto cinto di mura con un cancello in ferro lungo 200 metri verso la strada del Valentino, ed e destinato alia coltivazione delle piante cost dette fine, e degli arbusti ornamentali. « La serra maestra, che cuopre una linea di 180 metri, si scalda con un termosifone ossia calorifero ad acqua, apparalo la cui introduzione nei Regj Stati e dovuta alia ditta Burdin Maggiore e Compagni (2). (Ij G. C. P • P-, azionista. (2) « Veggasi la memoria sulla costruzione e I’uso del Termosifone pel pre- fessore Michele San Marlin, socio della ditta Burdin. Torino, stamperia Chirio e Mina, libreria Gianini e Fiore. « Forse non tornerti iliscaro un breve cenno su questo apparccchio tanto eomoilo per Io scaldamento delle abitazioni. « L'acqua fredda tendc sempre a collocarsi sotto le acque calde colie quali 448 CAPITOLO V1GES1MOPRIMO « L’esposizione e a mezzanotte, siccome la piu adatta per le piante e gli arbusti che vi si coltivano. a Due serre basse sono addossate a meriggio, e destinale particolarmente agl’innesti e alle barbatelle affogate ( elouffees ). II ealore occorrente e generato dalla natura stessa dei letti di letarae sottostanti che vi si adoperano, accomodati con tale industria da far variare la temperatura delle varie parti, a talento del giardiniere, senza punto d’impaccio; risultato che in nessun altro stabilimenlo agricola forse vien ottenuto con tanta semplicila cd efficacia. « Dietro e superiormente alia serra sono stabilite, alio sco- perto, le ajette di terra di brughiera opporlunamenle riparate dal meriggio. « In qucsti diversi colti comodamente ed acconciamente si si trova a contatto, mentre Ie acque calde tendono ad elevarsi sopra alia f redd a. « Questo fenomeno si puo riconoscere in qualsiasi occorrenza domestica, per esempio nell'uso de'bagni caldi, ecc. ecc. a Ora suppongasi una caldaja chiusa, alia quale sia annesso un tubo esterno che percorra la serie dei locali da riscaldarsi, e venga a sboccare presso la superficie superiore e presso la inferiore, in modo da stabilire tra le due superficic una comunicazione esterna. a Poscia riempiasi tulto I’apparato d’acqua, lubo e caldaja; ed accendasi II fuoco sotto questa. 0 L’acqua in contatto col fondo si scalda: l’acqua rimasta fredda, e parti¬ colarmente quella del tubo, che nulla partecipa alio scaldamento, va imman- tinente a collocarsi sotto l’acqua cosi scaldata, mentre questa monta in su. a Cadendo 1’acqua fredda del tubo nel fondo della caldaja, egli 6 neces- sario che I’ acqua superiore di essa caldaja imbocchi uscendo il tubo per occupare il posto dell’acqua fredda che n’esce dalla parte inferiore: di modo che, per un momento, il tubo si riempie d’ acqua calda, e la caldaja si riempie d’acqua fredda. « Tntanto il fuoco nuovamente scalda questa, ed il correre nel tubo esterno raEfredda quella. « In questa gnisa si rinnova la primiera condizione di squilibrio idrostatico; e si stabilisce un aQlusso perpetuo d’acqua calda nel tubo, per tutto il tempo che si mantiene il fuoco sotto la caldaja ». STAB1LIMENTI, ECC. 449 governano le raccolte di piante fine, il piu delle sorte con indi- vidui in piena terra (nelle ajette o nella serra) da servire di campioni per la nomenclatura, e di piante madri per legemme e propaggini. « Vi si osservano, in bella distribuzione, le Camelie, i Rododendri, le Azalee, le Magnolie, varj Pini, le Araucarie (cxcelsa e Cuninghamii) ed infinite altre a specie e varieta numerosissime, compresevi le piu rare, parecchie provenienti dai colti della Ditta, alcune novissime e non ancora poste in commercio. « Accanto, e diffusa per tutto il giardino, e la raccolta delle rose, pregevole principalmente per le molte e bellissime varieta di semperflorens e di perpetue ; la raccolta delle Dalie, da annoverarsi fra le piu ricche del continente, la raccolta 6celtissima delle piante vivaci da fiori, e gran numero di ar- busti e dialberi ornamentali rustici, principalmente ne’sempre verdi; come pure una quantita di viti e di alberetti da frutta stabilmente piantati per servire di campioni per la qualita e per l’identita delle sorte. « Una graziosa Valletta, cinta parzialmente dalla serra, con¬ vene le piu pellegrine sorte, e brilla secondo le stagioni della piu vivida fioritura. « L’ orto secondario di San Salvario comprende in varie serre ed ajette il compimento delle raccolte del giardino principale, molti alberi sempre verdi rustici, ecc. ecc., ed un magazzino di sementi le piu scelle per fiori, per ortaglie, e altri generi di colture. « Le piante di questi due giardini sono per la maggior parte, e secondo che la loro natura consiglia, allevate in vasi e spedite col pane (1). « La gran piantonaja sulla strada di Stupinigi e di alberi a foglie caduche e persistenti, tanto ornamentali, quanto frutliferi. (i) Pane qui signifies il mozzo di terra appiccato alle barbe di qualsiasi pianta. 450 CAPITOLO VIGESIMOPRIMO « Questi vengono governati con particolarissime cure di re- gistrazioni e di bollette per evitare gli sbagli di nomenclatura. Le varieta migliori sono coltivate in maggior copia, e tutta la raccolta e in ordine osservabilissimo. La parte delle viti e provveduta delle specie forestiere piu ricercate, recentemcnlc tratte dai paesi originarj, Spagna, Francia ed Ungheria, con tutte le diligenze cbe possono cerlilicare le qualita ben ge¬ nuine. Esse poi nel clima italiano non possono degenerare, e le molte prove che gia ne furono fatte, diraostrano quanti miglioramenti l’enologia patria ne possa ricavare. « La piantonaja di Vanchiglia contiene diversi alberi orna- raentali, ed una raccolta delle migliori qualita di gelsi, ove primeggia la Moretlianci , per singolare vigoria di vegetazione. « Da quanto abbiam delto si puo argomentare qual sia la forza produttrice dello Stabilimento. La situazione n’esingo- larmente opportuna, sul limile deU’Italia verso la Francia, in Iuogo dove fanno capo i veicoli d’ogni maniera, che ne diffon- dono i prodotli nelle due regioni, nel Belgio, nella Svizzera e in tutta l’Alemagna, e persino in Russia. « Genova gli apre il mare; numerosi batlelli a vapore ser- vono i littorali vicini; bastimenti da vela si dirizzano conli- nuamente per le Scale del Levante sino ad Odessa e sino ad Alessandria; ed eziandio, attraversando il Grande Oceano , vanno in tutte le Americhe a portar gli alberi diSan Salvario. Spedili in propizia stagione, questi sopportano lunghissimi viaggi, e giungendo anche dopo due o tre mesi, provano fe- licemente. « Considerando la prodigiosa attivita di questa manifallura di vegelabili ed il continuo suo ampliarsi, potrebbe forse da taluno temersi un ingombro di vegetali: ma svanisce ogni so- spetto ove si consideri che l’amore delle piantagioni viene ognora dilatandosi, sia per l’utilita che sen ritrae, sia pel di- letto. E veramcnte ancbe nei nostri riccbissimi paesi ab- bondano pur troppo terreni sterili e Iasciati in abbandono, i quali si potrebbero trasformare in folti boschi, come avvenne STAB1LIMENTI, ECC. 451 in Francia e in Germania. Le nostre ville medesime scar- seggiano di quegli ameni boschi e boschetli, e macchie in- gemmate di vegetali esotici, che nobilitano il contado in Inghilterra. S’aggiungano le considerazioni sullo stato delia civiltae deiragricolluranell’America, nell’Egitlo, nella Grecia, nella Turchia e nella Nuova Russia, paesi tutti ove hanno attivissimo smercio i prodotti dello Stabilimento Burdin Magg. e Compagnia, e si presagira il lungo avvenire di prosperity serbato al commercio in grande de’vegetabili. « Se poi si volesse considerare quanti alberi sono usciti dai colti di San Salvario, quanle frutta, quanto legno essi hanno prodotto, quanti furono gli opcraj educati, i miglio- ramenti dilTusi, i pregiudizj vinti, non lieve meraviglia indur- rebbe l’immensa influenza che cotesti stabilimenti industriali agricoli possono esercitare » (1). Nolizia sullo Stabilimento agrario bolanico de’ signori Burnier e David « Venne creato nel 1857, e giace lungo la strada di Rivoli a un quarto di miglio dalla citta. Occupa un vasto giardino cinto di mura con varie pianlonaje all’intorno. Una copiosa scelta di piante in piena terra per la formazione de’giardini d’ogni genere, un gran numero di piante d’agrumi e di piante a fiori poste in vasi ed atte ad essere cosi spedite, formano la ricchezza di queslo Stabilimento ch’esse adornano colic vaghis- sime lor fioriture. E poi specialmentc osservabile una ricca collezione d’ alberi fruttiferi de’ piu utili e preziosi, le cui varie specie si distinguono negli scompartimenti delle pian- tonajc, pei due rigogliosi campioni che si lasciano stabilmcnte vegetare affinche servano di confronto e valgano ad accertare il committente dell’indenlita della specie. Gran parte dello Sta¬ bilimento e destinato alia coltivazione de’ gelsi, che vi si (I) P. M. S. M. I giardini di S. Salvario sono sempre aperti ai visitatori. 452 CAP- VIGESIMOPRIMO — STABIL-, ECC. trovano a migliaja, principalmente quei delle Filippine (Cw- cullata Bonafous ) ed i Morettiani, vegetali le cui preziose qualita vengono ora assai decantate. I padroni di questo Stabi- limento s’assumono pure il carico di delineare e piantare giardini all’ inglese. Ne ha il catalogo delle piante vive chiunque il dimandi (1). (I) G. P. CAPITOLO XXII PESI, MISURE, MONETE, CORRIERI, DILIGENZE Tavola dei pesi e delle misitre generalmenle in tiso nel Piemonte colla eorrispondenza in decimali MISCRE LINEARI Oneia che si suddivide per 12 in punti ed atomi . . . Metri lineali Piede liprando, di 12 oncie, il piu in uso, edetto di Piemonte ...» — manuale, di 8 oncie . . . . » — geometrico, di 6 oncie ...» 0 0'42 814 0 515 766 0 542 514 0 256 885 454 CAPITOLO V1GES1MOSECONDO Trabucco di 6 piedi Iiprandi . Melri lineali 5 082 596 Tesa di 5 piedi manuali . . . . » 1 712 555 Raso di oncie 14, misura mercantile che si suddivide in mezzo, in terzi, in quarti, in sesti, ed in ottavi . * 0 599 594 Migl io che si compone di 800 trabuccbi » 2,466 076 656 MISURE SUPERFICIAL! Trabucco quadrato. . . Melri quadrali Tesa quadrata.» Piede quadrato, cioe liprando . . # — manuale . . » Oncia quadrata.» 9 502 597 2 952 858 0 265 955 0 117 514 0 001 855 MISURE AGRARIE Giornata di terreno che si compone di 100 tavole. Are Tavola cbe si compone di 12 piedi . » Piede di tavola che e largo un piede liprando e lungo 12.» Oncia di tavola che e larga un’oncia e lunga!44, ossia 12 piedi liprandi » 58 009 588 0 580 096 0 051 675 0 002 659 MISURE DEI SOLIDI Trabucco cubo . Tesa cuba . Piede cubo liprando — manuale Oncia cuba . . Metro cubo . . . » • • • ® • . . » 29 291 976 5 022 642 0 155 611 0 040 181 0 000 078 47 MISURE DI CAPACITA’ Pei liquidi: Carro di 10 brente . Litri 492 846 770 — Brenta di 56 pinle . . . . » 49 284 677 — Pinta di 2 boccali, o 4 quartini » 1 569 019 PESI, MISUP.E, MONETE, ECC. 455 — Quartino che si suddivide in 2 bicchieri. Lilri 0 542 254 Per le matcrie secche, sacco d'emine 5 detlo camerale . . . . » 115 027 795 — Emina di olio coppi ...» 25 005 558 — Coppo che si suddivide poi an- cora in 24 cucchiaj ...» 2 875 694 MISURE CONVENZIONALI Per il legno da lavoro si parla ad oncie, che e poi un’oncia quadra della lunghezza del trabucco, ed equivale a . Melri culi Per il legname da fuoco havvi in uso una tesa di un quinto piu piccola della legale, ed equivale a . . . » Per la misura dei pozzi si usa di una tesa, la quale si calcola abusiva- mente d’una quadralura di trepiedi manuali per l’altezza di cinque, e vale.» Per le muraglie di fabbrica dicendo un trabucco s’intende la quadra- tura d’un trabucco per lo spessore di 10 oncie, ed equivale ...» 0 265 955 4 018 114 1 808 145 4 067 195 PESI Per le cose ordinarie havvi: Cantaro o quintale, vale quattro rub- bi, corrisponde a Grammi 56884 440 800 Rubbo composto di 25 libbre. - . » 9221 112 700 Libbra composta di 12 oncie ...» 568 844 508 Oncia di 8 ottavi.» 50 757 042 456 CAPITOLO VIGESIMOSECONDO Per le cose preziose, metalli, monete ecc., havvi Marco composto di otto di dette oncie Ottavo composto di tre denari Denaro di 24 grani. Grano di 24 granotti. Granotto. Gr. 245 896 559 » 5 842 150 » 1 280 710 » 0 055 565 » 0 004 447 PESr, M1SURE, MONETE, ECC. 457 TAR IFFA DELLE MONETE MONETE DECIMALI DELLO STATO DENOM1NAZIONE T1TOLO PESO LEGALE DELLE MONETE LEGALE gram mi frazioni ORO Pezza da 10 lire . . . millesimi 900 3 2258 L. N. 10 CENT. b id. da 20 ... 900 6 4516 20 T> id. da 40 ... 900 12 9032 40 b id. da 50 "... 900 16 1290 50 b id. da 80 ... 900 25 8064 80 b id. da 100 . . . 900 32 2530 100 b argento Scudo da 5 lire . . . 900 25 mill. 000 5 b Pezzo da 2 ... 900 10 000 2 b id. da I ... 900 5 000 I n id. da 0 50 cent. . 900 2 500 >♦ 50 id. da 0 25 » . . 900 I 250 25 RAME Pezzo da 5 centesimi . 10 000' 05 id. da 3 centesimi. 6 000 03 id. da 1 cenlesimo 2 000 01 MONETE ANTICHE DELLO STATO PESO LEGALE DENOVUNAZIONE TITOLO di Piemonte decnnaJe VALORE DELLE MONETE tie- gra- gra- gram- mil- nari ni notti mi ligr. . ORO millesimi L. N. CENT. Doppia di Savoja . . . 905 7 2 20 9 116 28 45 — 1 suoi moltipllci cd i suoi spezzati in pro* pOFzione. J> T> b r> n * » Quadruplo di Genova . 909 I|2 19 16 12 25 214 79 » — 1 suoi spezzati in pro- porzione . b l» 1) »> Jl » » » 20 458 CAPITOLO VIGESIMOSECONDO CORRIim DEEEE regie poste ARRIVO E PARTENZA DELLE LETTERE IN TORINO O Tulti i giorni alia matlina Da Ciamberl, S. Julien, S. Gioanni di Moriana e Susa—Da Ginevra e piCi ollre— Francia, Paesi Bassi — Inghillerra, Spa- gna , Portogallo e Colonic. Da Genova, S. Remo, Oneglia, Albenga, Savona, Sarzana, Spezia , Chiavari , Novi, Alessamlria , Voghera , Tortona , Acqui, Asti, Moncalvo e Valenza — Toscana , Stall Ponlijicti, Napoli e Sicilia. DaNizza, Cuneo, Ceva , Mondovi, Dronero, Rusca, Alba, Saluzzo, Savigliano, e dai Dipariimenti met id. della Francia. Da Novara, Arona, Domodossola, Pallanza, Intra, Varallo, Mortara, Vigevano, Casale, Vercelli, Aosta, Biella e Ivrea — Regno Lombardo-Fenelo, Slali Aust/iaci, Stali Settentrionali , Scali del Lev ante , ecc. Da Pinerolo, dallaVenaria Reale, Gassino, Chieri, Caselle, CtriO, Lanzo. LuneJh , Mercoleth e Fenenh matlina Da Parma , Piacenza , Modena e Reggio , e da tutti gli allri paesi si i'nterni che esteri che non trovansi sulla linea degli stradali sovra riferiti. Tulti i giorni alle II antim. Per Genova, Asti, Acqui, Tortona, Voghera, Alessandria, Novi, chiavari, Spezia, Sarzana, Savona, Albenga, Oneglia e S. Remo — Toscana, Stali Pontijicii, Napoli e Sicilia. Tutti i giorni alle 3 pomeridiane Per Ciamberi, Susa, S. Gio. diMoriana e S.Julien — Ginevra e piu oltre — Francia , Paesi Bassi—Inghillerra , Spagna, Portogallo e Colonic. Per Nizza, Savigliano, Saluzzo, Alba, Busca, Dronero, Mondovi, Ceva e Cuneo — Ventimiglia, Monaco, Mentone, S. Remo, Oneglia , e pei Vipartimenti merid. della Francia Per Novara, Ivrea, Cuorgng, Biella, Aosta, Vercelli, Casale , Mortara, Vigevano, Varallo, Arona, Intra, Pallanza, Domo- dossola— Regno Lombardo-Feneto, Stati Austriaci, Stali sel- tenlrionali , Scali del L.eoante, ecc. Per Acqui , Alessandria , Valenza , Pinerolo, Chieri, Gas¬ sino e la Venaria Reale, Caselle, Ciri6 e Lanzo. Luned't, Merco/edi e Sabbato alle II antimeridiane Per Parma , Piacenza , Modena e Reggio. Litned'i , MercoleiCt, e Fenerd'i alle 3 pomeridiane Per tulti gli altri paesi si interni che esteri che non tro¬ vansi sulla linea degli stradali 60 vra riferiti. PESI, MISURE, MONETE, ECC. 459 STATO D I ST INTI VO ilegli affrancamenti verso g/i Slati esteri. STATI ESTERI FRANCIA . . VALLESE . . VAUD . . . . NEUCHATEL TICINO, cant. MODENA . . PARMA . . . TOSCANA . . G1NEYRA . . SPAGNA . . . PORTOGALLO GIBTLTERRA COLONIE . . INGHTLTERRA BELGIO . . PAESI BASSI ANNOVER . PRUSSIA. . MECKLENBURG OLDENBURG MALTA . . , TUNISI . . . TRIPOLI . . AFFRANCAMENTI Non v’e affrancamento alia frontiera sarda ; ed e facoltalivo a destinazione. E obbligatorio alia frontiera sarda • ed e facoltalivo a destinazione. E obbligatorio sino all' estrema frontiera di Francia ; eg/i e perb facoltativo di deterniinarlo sino a Perpignano per la Catalogna, c sino a Bajona pel rima- nente della Spagna , ecc. E obbligatorio sino alia frontiera sarda • ed e facoltalivo sino all’ estrema fron¬ tiera di Francia , ed anche sino a de¬ stinazione. Obbligatorii sino all’ approdo di Malta , co/la partenza il 3, 13 e 23 d'ogni mese. L’affrancamento per lutte le altre destinazioni estere e obbligatorio. Gli stampati a destinazione della Francia ed ollre debbono essere ajfrancali per la sola percorrenza interna. O R A R I O dell’ Vffizio di Distribuzione e dell’ Affrancamento Tutli i giorni dalle ore 8 del maUino alle 6 di sera, ad eccezione delle domeniche e delle quattro solennitA, l’Ascensione del Signore, il Corpus Vo- mini, la NativilA della Beatissima Vergine ed il SS. mo Natale. Veil' uffzio della Casta e delle Consegne per le letter e as si curate Tutti i giorni dalle ore 8 del mattino alle 6 della sera , eccettuale le doine- niche e le quattro solennilA qui sopra indicate. 460 CAP1TOLO V1GES1MOSECONDO Pei la spedizione dei bollettoni , e pel bo/lo delle lettere in corso pariicolare Tutli i giorni dalle ore 5 del mattino alle 10 della sera. Nella nolle un impiegato 6 inearicato del servizio pei bollettom, per la spe- dizione di staffette e per le lettere in corso particolare. AVVERTENZE Le lettere imposlate dopo le ore lissate per la parteuza non avranno corso chc nell' ordinario susseguente. Le lettere gettate nella buca nei giorni di domenica e delle altre quattro solennitk sovra riferite , saranno pure trattenute sino al successivo ordinario. Nei suddetti giorni festivi riceveranno il loro corso le sole lettere di transito , e quelle imposlate nei giorni antecedent , dopo gik partiti i corrieri, cio6 le lettere affrancate sino alle ore 6 di sera, e quelle gettate nella buca sino alle ore 10 pur di sera. Le lettere du assicurarsi debbono essere consegnate, onde possano aver corso in giornata, mezz’ora prima della parlenza, se per lo stradale di Genova, ed un ora prima se per altre destinazioni. L’Ammfhislrazione non risponde delle lettere contenenti oggetti dt valorestate gettate nella buca , le quali debbonsi presentare all’ Lttizio ond’essere assicurate. Gli stampati, le incisioni, i giornali ecc. per godere della moderazione d> tassa concessa dall’ art. 90 del R. Editto del 30 uiarzo I83G debbono essere pre- sentati sotlo t'ascia ed alfrancati. Nelle vctlure de'Corrieri delle R. Posle si ricevono tre viaggiatori. L’uflicio de’ corrieri 6 situate dietro il Teatro Carignano. PESI, MJSURE, MONETE, ECC. 461 MESSAGGERIE 3ARDE DEI Fratelei BONAFOUS Gli Uffizii in questa Capitate sono situati in via d’Angennes ,n. Sq STRADALI DA TORINO A Asti . . . Alessandria DI GENOVA ^ Novi . . Genova • Vercelli . Novara Milano Piacenza . Parma Modena • Mantova . V erona . Padova Venezia . Bologna . Ancona . Roma . . Dl MILANO DI FRAN Cl A Ciamberi Grenoble Ginevra . Lione Strasborgo Marsiglia Bordeaux Bajona Parigi Amiens . Rouen La Havre Calais Londra . Lilia . . Brusselles PARTENZA ARR1VO J Alart.y Giov . j > e Sabato 1 alle ore 6* sera . ' Lun.y Aleve % e Verierdi alle ore 5 sera . / DILIGENZA I Lun . ' Merc, ven % estate alle 6 sera, iru'ern, alle 5 sera. CHARI«T in posta Restate Ale rcol edit Ven. e Dom . alia sera. Alerc.y Ven. Domenica alia matt hut. DILIGENZA Lun. Gia Sab . alia sera . Gioa, Sab. CHARIOT in posta Lun • alia matt. SPEDIZIONIERI Bonafous fratelli, contrada d'Angennes, 37 Bonafous nipote, id. Pi'ovvidenza , 26 Travi Filippo, id. Arsenate, 4 Razzetti e Comp., id. Arsenate, 19 Mussino e Comp., id. Arsenate, 17 Orago e Comp., id. Provvidenza , 26 Mestrallet, id. Arsenate, 4 Violante Giuseppe, id. Arsenate, 18, alleato de cugini Barisoni di Mila . Verany e Flandinet, id. S. Carlo, 10 Mussino Maurizio, id. Arsenate C. 462 GAPITOLO V1GESIMOSECONDO SERVIZIO GENERALE DEI REGJ VELOCIFERl ED ALTRE VETTDRE PERIODICUE DA TORINO Arona . . . Bit'lla . Casale . . Cigliano Vercelli Novara Avona . Vigevano Morlara Varallo Romagnano Asti . . . . Alessandria Tortona Voghera Bron i . Slradella Piacenza Novi . Genova Valenza Morlara Acqui . Asti . . PREZZO DEI POSTI primi 15 20 9 20 10 20 5 » 8 » 12 » 15 » 15 » 15 » 16 » 14 » 7 » 12 » 15 » 17 75 20 » 21 » 32 50 16 » 27 » 14 50 17 50 12 50 7 70 8 70 G10RNI DI PARTENZA second i 12 70 1NDIRIZZO dello STAB1L1MENTO ('Dal lo marzo a tutto 8bre, lunedi, mercoledi e vener- di , a ore I pomer .; dal 1° 9bre a tutto febb., lun. giov., sab., ad un’ora po- meridiana. r Mart., giov. e sab., a ore 4 ) mat.; dal I°giugno a tulto \ agosto , alle 7 sera degli V stessi giorni. Dal 15 maggio al 15 7bre, tutti i giorni esclusa la donienica, alle 3 di sera ; dal 16 7bre al 4 maggio alle ore 10 mattina. Piazza d’ltalia nella corle dell’albergo della Pvosa Bianca 5 ») / \ 7 J> 10 15 15 15 » i DA TORINO Contr. Bogino )) » » martedi, giovedl , sabato, | a 5 ore di sera 1 accantoall’ alb. del Pozzo 16 » 14 » Lunedi, mercoledi e sabato ' a sera id. id. J Tutti i giorni. Estate alle 3 ; l pomer.; inver. 10 antim. id. id. PESI, MISURE, MONETE, ECC. 465 SERVIZIO GENERALE DEI REGJ VELOCIFF.R1 ED ALTRE VETTDRE PERIODICIIE DA TORINO lvroa . . . Cu I.anzo . . . Pinerolo Alba Cuneo Mondovi . Saluzzo . . PRE7.70 DEI POSTI prim i 2 25 10 » 4 75 I 55 GIORNI DJ I'ARTENZA secondi INDir.l 7.7,0 dello STABILIMENTO Lunedi, mart., a un’ora pom.; far del giorno mere, sab., , venerdisul 'Tulti i giorni dal 1° gennaio a tutto aprile, e dal l°set- tenibrea tulto dicembre, a ' ore tre di sera ; dal 1° | maggio a tulto agosto, a ore 4 di sera , i Ma 88‘°> luglio,agosto, 1 alle 5 mattina e 4 sera; set- * tembre, ottobre, a 6 mat 3 sera Conlr. ed alb. d Italia Piazzad'ltalia magazzino Robert r -l id. id. ( Tulti i t sera giorni, \ Conlr. Porta mattina cfNuova vicino Tulti i giorni 1 all’albergo " del Moretlo | id. id. i Marledi, giov., sab. dal 1° I _ . , ,, setlembre a tulto mageio / _ a ore 4 di mattina; dal id R “ a RoMa > giugno a tulto agosto, a ore 1 j/^eTosso 7 di sera ) ! Lunedi, mercoledi, venerdi, dal i° seltembre a tutto, maggio, a ore 4 maltina ; j dal 1° giugno a tutto agosto, ' a ore 7 sera l Dal I u aprile a tulto 7brc I ^ alle 4 mattina; dal 1° 8l>re l a tutto marzo, alle 7 malt. , id. id. id. id. , ’ ..M» Jm..— ' «... . - . .1 INDICE DEI CAPITOLI -ca- PARTE PRIMA CAPITOLO I Topografia .pag, 5 CAPITOLO II Popolazionc , fgiene c Meteorologia .» 14 CAPITOLO hi Idrografia, Storia nalurale . » 22 CAPITOLO IV Storia .» 57 CAPITOLO V Religione .» 51 CAPITOLO VI Inslituzioni municipal *, Casse di risparmio, lllumi- nazione, Incendj .» 56 CAPITOLO VII Consumo, Mercali, Macelli , Cimiterj .... » 69 CAPITOLO VIII Edifizj e Monumenli . » 81 CAPITOLO IX Palazzo del Re . » 120 CAPITOLO X lustiluzioni carilative . *145 466 CAPITOLO XI Jnslituzioni ricreativc .pag. 209 PARTE SECONDA CAPITOLO XII Monorchia, Escrcito . » 227 CAPITOLO XIII Lrgislazione cd Amministrazione della giustizia . » 21)4 CAPITOLO XIV Universita degli studj .» 272 CAPITOLO XV Accademic , Galleric, Scuole ed ajuti per le Belle Arti, Giunle scientifiche .>* 304 CAPITOLO XVI Agricoltura, Manifatture, Commercio .... » 525 CAPITOLO XVII Instituzioni penilenziarie presso Torino .... » 337 CAPITOLO XVIII Tcalri y Trattenimenti, Fcslc, Usi e Coslumi , Dialello, Prezzi e Fogge del viverc, Giornali .... » 367 CAPITOLO XIX Dinlorni di Torino . » 390 APPENDICE CAPITOLO XX Flora, Fossili .. 427 CAPITOLO XXI Slahilimenlo del gaz, Slabilimenli agraribolanici . » '<44 CAPITOLO XXII Pcsi, Misure, Monete, Corrieri, Diligcnze ... » 455 ibmmi ini mwito DELLE COSE PIU NOTABILI Accademia Reale delle Scienze .... pag. 504 Sez. Monv ., e. dell’Accad. — Militare.» 127 Sez. Po, via della Zecca — Albertina, o di Belle Arti» 5H Sez. di Po, v. della Posta — Filarmonica. . . . » 211 Sez.Monv., piazza S.Carlo — Filodrammatica . . » 217 Sez. Po, via della Posta — Ecclesiast; di Superga 54, 596 Aglie (R. Villa di) . . . » 421 Agricoltura nell’AgroTo- rinese (brevi notizie). » 526 Alberghi, ostcrie, caffe, ecc. (nota numerical . » 586 Albergo (Regio) di Virtu . » 170 Sez. Po, piazza Carlina Altezza verticale di varj punti di Torino e din- torni.» 7 Animali dei dintorni . . » 56 Arcbitetti di varj edifizj » 88, 89 Archivj (R.) di Corte . . » 125 Arco di Susa . . . . » 410 Argini sul Po . . . . » 90 Armeria Regia . . . » 151 Nel Real Palazzo Arte tipografica e suo com- mercio.» 552 Arsenale R. e Corpo reale d’artiglieria ...» 251 Sez. Monv., v. dell’Arsen. Assedj.» 59 Assicurazione contro gli inceudj (Compagnie d’) » 67 Badia di Sant’Andrea . . » 102 Banchieri in Torino . . » 559 Basilica de’Ss. Maurizio e Lazzaro .... pag. 105 Sez. Dora, via d'ltalia. Biblioteca particolare del Re » 123 Nel R. Palazzo — pubblica della R. Uni¬ versity .» 282 — della Reale Accademia delle Scienze . . » 508 — dell’Arsenale ...» 253 Biblioteche e Gall, di privati » 521 Bozzoli (raccolta de’) . . » 355 Brunetta (ruine della) . » 410 Caffe (botteghe da) . . » 587 Camera (R.) de’Conti . . » 268 — di Agricoltura e di Com- mercio.» 547 Campo Santo . ...» 74 Oltre la Dora, neiprati detti del Parco Cappella della SS. Sindone » 101 Nella Metropolitana Carta geologica del prof. Sismonda . . . . » 400 Carticra Molino e Bricca- relli al Regio Parco . » 418 Case religiose . ...» 54 Caserme di S. Celso e di S. Daniele . . . . » 113 Sez. Moncenisio, a porta Susina Casino Barolo . . . . » 413 Cassa de’censi e prestiti . » 60 — di risparmj ...» 62 Castello (R.) e citta di Mon- calieri.» 596 Calecumeni (Ospizio dei). » 194 Sez. Dora, via dello Spi- rito Santo 463 INDICE ALFABET1C0 tattedre della Regia Univer¬ sity .pag. 279 Cavoretto, villag. di piacere » 599 Cavour (il monte di) . . » 04 Chiesa Metropolitana . . » 180 Sez. Dora, p. S. Giovanni — della B. V. della Conso- lata.» 102 Sez. Moncen., via della Consolata — di S. Filippo . . . » 104 Sez. Monv., v. di S. Fil. — di S. Lorenzo ...» 105 Sez. Dora, piazza Castello — della Trinita ...» ivi Sez. Dora, v. Dora grossa — de’Ss. Martiri Solutore e Compagni, detta de’Ge- suiti.» ivi Sez. Mono. v. Dora grossa — del Corpus Domini . » ivi Sez. Dora, via del Pa¬ lazzo di Citta — de’Ss. Maurizioe Lazzaro » ivi Sez. Dora, via d’ltalia — di S. Domenico . . » 106 Sez. Dora, v. di S. Dom. — Della GranMadre di Dio » ivi Rimpetto al ponte di Po Cimiterodi S. Pietro in Vin- coli.» 78 Cittadella.» 111 A ponente della citta, Clima.» 18 Collegj delle facolta . . » 280 Collegio Caccia ...» 522 Sez. Po, via S. Francesco di Paola Collina di Torino . . . » 591 Colonna votiva alia B. V. della Consolata . . . . » 105 Commestibili, combustibili e foraggi (prezzo dei) . » 585 Commissione (R.) superiore di Statistica . . . . » 524 Compagnia di Operai—Guar- die del fuoco ...» 65 Compagnia di S. Paolo (Opera pia della) . . . pag. 158 Sez. Dora, v. del Monte di Pieta — delle Puerpere . . » 168 Sez. Moncen., v. S.Teresa — della Misericordia . » 198 Sez. Moncen., chiesa della Misericordia Confraternite di secolari » 53 Consiglio degli Edili . . » 62 Consolati o Tribunali di Com- mercio.» 269 Consumodicommestibiliecom- bustibili della citta . » 71 Convitto delle Vedove Nobili » 196 Sui colli, presso il Monte dei Cappuccini — di S. Francesco d’Assisi » 54 — Ecclesiast. diSuperga 54, 596 Corpo Decurionale . . » 58 — R. dello Stato MaggiorGe- nerale e Topografia . » 246 — del Genio Militare . » 263 Correzionale delle prostitute all’ Ergastolo ...» 558 Fuori porta Nuova — de’Giovani discoli, detto la Generala . . . . » 562 Lungo lo stradale di Stu- pinigi Corrieri delle R. Poste, arrivo e partenza delle lettere» 458 Corse di cavalli . . . » 218 Deputazione(R.)sopra gli studj di Storia Patria . . » 325 Dialetto piemontese . . » 580 Dintorni di Torino . . » 391 Dispensario ottalmico . » 164 Presso il direttore sig. Ca- simiro Sperino, v. dell’o- spedale, n° 18 Divisione della citta in isole » 11 Dominazione francese . » 47 Dora flume, sorgenti, corso e derivazioni delle sue acque.30, 32 DELLE COSE PIU NOTABILI Edifizio idraulico . . pag. 291 Fuori porta Susa, a destra dello stradone di Rivoli Edifizio dell’Ergastolo, conte- nente il Correzionale mu- liebre e l’Ospizio cellico » 174 Edili (Consiglio degli) . » 61 Elenco dello principali specie di piante fanerogame cre- scenli ne’dintorni . » 427 Erenio (!’), gia convento dei Camaldolesi ...» 599 Sui colli della citld Escrcito piemontese . . » 244 Estrazione de’prodotti serici (Specchio dell’) . . » 542 Fabbrica delle polveri, e raf- fineria dei nitri . . » 260 Ncl sobborgo di Dora Fabbriche dei zolfanelli fo9fo- rici.» 350 — delle stoffe di seta ed o- pificj diversi ...» 338 — dei fratelli Sclopis . » 549 Poco oltre il ponte della Dora, a sinistra — di Enrico Decker . » ivi Borgo Nuovo di Dora — di Filippo Cambiaggio » ivi Sez. Po, v. della Zecca — di Carlo Barbanti . » ivi Sez. Monviso, v. S. Fi¬ lippo — di P. Routin ...» ivi Sez. Po, v. di Po — di Capello detto Mon- calvo . . . . » ivi Sez. Po, Stradone — di Richard e Dortu . » ivi Oltre Po, verso la Vigna della Regina — di Enrico Jest . . » ivi Sez. di Po, v. di Po — di Rossi . ... » ivi Sez. Monviso, v. dell'Ospe- dale 469 Falo (usanza festiya del) » 373 Fenomeni meteorologici pag. 20 Festa di S. Gio. Battista . » 376 Fiera di Moncalieri . . » 397 Filande di seta ...» 534 Fonderia dei cannoni . » 255 Nel R. Arsenale Fontana di S. Barbara, Torre idraulica ivi costrutta » 35 Presso porta d'Italia. Fortificazioni . . . » 5, 110 Fossili ( Catalogo dei ) della collina di Torino . » 442 Fucina delle canne da schiop- po.» 262 Nella rcg. di Valdocco Gabinetto anatomico patolo- gico.» 285 Nel palazzo dell' Accade- mia Albertina — uiineralogico dell’Azienda Generale dellTntcrno » 301 Nel fu monastero delle Monache Carmelitanc, piazza S. Carlo — mineralogico dell’Arsen. » 252 — di fisica dell’Arsenale » ivi — di fisica della R. Univers. » 287 Nel palazzo della R. Universitd Galleria R. di pittura . » 514 Piazza Gastello, nel Pa¬ lazzo detto di Madama Giardino Regio . . . » 131 Attiguo al Palazzo Reale Ginnastica (Giuochi di) . » 371 Giornali (Elenco dei) che si pubblicano ...» 389 Giunta (R.) di antichita e di belle arli ..-..» 322 Illuminazione pubblica . » 63 Incendj memorabili . » 49 64 Industria serica e sno com- mercio . , . . » 530 Instituto meccanico . . » 551 Al Belvedere in Borgo N. 470 INDICE ALFABE1ICO Instituto diBeneficenza ed uf- ficio pio per i poveri in- fermi a domicilio . pag. 162 Laboratorj ed Anfiteatro di Chimica . ... » 285 Nel palazzo della Regia Accademia Albertina Laboratorio chimico metal- lurgico dell’Arsenale . » 251 — de’ Bombardieri . . > 259 Attiguo all’Arsenale Eettere (arrivo e partenza delle ).» 458 Lotterie di beneficenza . » 572 Macelli diversi . 72 Magistrate della Riforma so- pra gli Studj ...» 278 — del Protomedicato . » 281 Mandria (la Regia), stabili- mento per la riproduzio- ue de’ cavalli . . . » 416 Presso la Venaria Reale Maneggio (R. de’ cavalli) » 150 Sez. Po , via della Zecca Manicomio Regio . . . » 156 Sez. Moncenis., in capo alia via del Deposito Manifattura d’armi ncl Re¬ gio Arsenale e aella fu- cina di Yaldocco . . » 256 Mendicita istruila (Opera della).» 188 Sez. Po via di S. Pelagia Mercati delle derrate ali- mentarie . ...» 75 Messaggerie Sarde dei fra- telli Bonafous ...» 461 Misure diverse della citta. » 6 Monastero delle povere Or- fane.» 184 Sez. Mono., v. delle Orf. Monte (il), Convento de’Cap- puccini ,....» 598 Montecenisio (il) . . . » 411 Monte di pieta . . . » 160 Sez. Dora , via del Monte di pitta Museo di Zoologia . pag. \ Nel palazzo dell’ Accad. \ delle Scicnze 1 — di Miueralogia . . » f 292 — di Antichita Egizie, Gre- \ a che, Elrusche e Roma- ( 504 ne . • . « • • ® I — Egizio.» ) — Numismatico . . . »/ Officine di costrnzione nel R. Arsenale . . . . » 255 Opere pie.» 145 Opere (Elenco delle) in mag- gior numero stampate. » 554 Ordini Cavallereschi . . » 256 Orto botanico . . . . » 286 Al R. Gastello del Va¬ lentino — Sperimentale della Reale Societa Agraria . . » 510 Alla Crocctta fuoriporta Nuova Osservatorio astronomico. » 288 Nel palazzo dello di Ma¬ dam a Palazzo del Re . . . . » 120 — di Madama . . . » 115 In mezzo della piazza Gastello — del Senato, ovvero Curia Massima . . . . » 1U Sez. Moncenisio , via del Senato — di citta . . . . » 117 Sez. Dora , piazza del pa¬ lazzo di Citta ,, altre volte delta delle Erbe — dell’Univers. degliStudj » 11. Sez. Po , via della Zecca — dell'Accad. delle scicnze » 111 Sez. Monviso, via dell’Ac¬ cademia delle scienze — Carignano . ...» ivi Sez. Monviso, piazza Ca¬ rignano — del Princ. della Cisterna » 114 Sez. Po, via. S. Filippo DELLE COSE PIU NOTAB1LI 471 Palazzo Guarene . . pag. 114 Sez. Po, piazza Carlina — Agliano.» ivi Sez. Po, via dell’Ospedale Parco (il Regio) . . . » 417 ... Passeggi pubblici ...» 385 Pavimento delle strade . » 99 Pesi e misure . • . . » 455 Pestilenze memorabili . » 47 Piazza Castello ...» 94 Sez. Po — di S. Carlo ...» ivi Sez. Monviso — di Vittorio Emanuele » 96 All’ingresso orient, della cilia. — di Eramanuele Filiberlo » 97 All’ingresso settentrionale — del Palazzo di Citta . » ivi Sez. Dora — Carlo Felice ...» ivi All'ingresso meridionale Piccola casa della Divina Provvidenza . . . 202 All’estremita del borgo di Dora, verso Faldocco Po flume — Sorgenti — ln- fluenti — Corso , pro- fondita . . » 23, 26 Piene di questo flume » 28 Polizia municipale . . » 61 Pollenza (Castello di) . » 406 Ponte in pietra sulla Dora» 52, 91 — in pietra sul Po . » 27, 29 —- sospeso sul Po » 91 Pontonieri (Scuola dei) . » 402 Popolazione aituale . . » 15 — progressiva dopoil 1706 » 17 Porte antiche ...» 11 Portici della strada diPo » 98, 385 Posizione geografica . . » 5 Professori celebri della R. Universita . . . . » 277 Quart.® nuovo di Cavalleria » 115 Sez. Po , via della Zccca Racconigi (Regio Castello di) » 405 Ricovero di Mendicita . pag. 176 Olive il Po, verso la Madonna del Pilone Rigagnoli detti dore » 35 Rifugio (Opera pia del)» 192, 365 Presso il sobborgo di Dora, regione di Faldocco Ritiro della Provvidenza 178, 180 Sez. Monv., v. della Provvid. — delle Sapelline . . » 182 Sez. Monc.,via delle Orfane — (Regio) delle figlie di mi- litari.» 186 Sez. Moncenisio, via delle Figlie di militari Rivoli (Castello di), e paesi vicini.» 405 Rosine (Ritiro delle) . . » 178 Sez. Po, via delle Rosme Sagra di S. Michele . . » 409 Sala d’arti e mestieri . » 509 Nel palazzo della Reale Accad. delle Scienze Scuola d’Equitazione alia Ve- naria Reale . . . » 415 — Veterinaria ...» 500 Alla Fenaria Reale Scuole universit. secondar. » 300 — minori.» 275 — infantili e sale d’asilo » 190 — gratuite del disegno, ap- licato alle arti e mestieri » 522 Seminario arcivescovile . » 116 Sez. Dora, v.del Seminar. Senato del Piemonte, sua origine, ecc. ...» 268 Societa Agraria (R.) . . » 509 Sez. Monviso, via e palazzo dell' Accademia Sordo-muti (Scuola dei) . » 200 In Borgo Nuovo Spedale di S. Gio. Batt. » 107, 148 Sez. Po, via dell'Ospedale — de’Ss. Maui izioe Lazzaro» 130 Sez.Dora, via della Basilica — di Carita ...» 107, 172 Sez. Po, via di Po 472 IN DICE ALFABE1IC0 Spedale di S. Luigi Gon- /aga . . . pag. 109, 154 Sez. Mono., v. del Deposito — ftlilitare divisionario . » 152 Sez.Mono., v. del Carmine — della Maternita . . » 166 Sez. Po, via dell’Ospedale Spedizionieri e Commission. » 461 Stabilimento pel bucato a va- pore.» 351 — del Gaz illuminante » 551, 444 Fuori porta Nuova — Agrario bolanico de’ sigg. Burdin e Comp.. » 552, 447 Fuori porta Nuova — — de’ sigg. Burnier e David . T ...» 451 — (Regio) Ortopedico . » 206 Sui colli tra Moncalieri e Testona Stamperia Reale ...» 553 Sez. Po, via della Zecca Statua equestre diEmmanue- le Filiberto ...» 95 In piazza S. Carlo Statuti e privilegj della Citta » 59 Strade e Tiazze principali della citta ...» 91 — loro nomi e misure » 118, 119 Strade Reali-Postali . » 9, 10 Stupinigi (R. Villa di) . » 403 Suolo su cui sorge Torino » 8 Suore di S. Anna (Casa delle) » 204 Sez. Mono., v. della Cons. Superficie territoriale » 16 Superga (R. Basilica di) . » 595 Tabacchi (Fabbrica dei) . » 417 Al R. Parco Tariffa delle monete . » 457 Teatri (Specchio dei) - . » \ Teatro Regio .... » ] Piazza Gastello is. San Luca, n.° 6 f — Carignano . . . » > 568 Piazza Carignano l — d’Angennes . . . » 1 Via d’Angennes, accanto al n° 27 Teatro Sutera ...» Via di Po, n° 31 — Diurno . . . . » Via de'Tintori, dietro piazza Vittorio Em- manuele — Circo Sales ...» Porta Palazzo , viali di S. Barbara Teatrini di marionette, fan- tocci e burattini . » Da S. liocco — da S. Martiniano—dal Monte di Pietd . . . . » Teatro anatomico . . » 283 Atliguo alio spedale di S. Giovanni Tiro (Societa del) . . . » 215 Nel recinto del Valentino Torri (le) dette Augustali » 86 Sez. Dora, tra la piazza Emmanuelc Filiberto e il Palazzo Vecchio N.B. Ivi, ove dice: Le Torri sono, leggi / fa - stigj delle Torri. Tribunali diversi ...» 269 University (R.) degli Studj » 272 Sez. Po, via della Zecca Uomini illuslri nelle scienze e nelle lettere . » 49, 50 Vaccino (Conservatori e Com- missarj del) ...» 303 Valentino (R. Castello del) » 401 Velociferi (Servizio generale dei).» 462 Venaria Reale . . . . » 413 Vieariato (Ufficio del) . 60, 61 Vigna della Regina . . » 398 Villa lVaineri, detta 1’Eremo » 599 — Prever.» iv» Sulla collina dirimpetto al Valentino — Rignon, detta l’Amoretti » 404 Presso Stupinigi Zecca.» 150 Sez. Po, via della Zecca. / 4 . . \ mm ’"•'’I GETTY CENTER LIBRARY 3 3125 00840 3111 SpPSj 3g2 '•$81 •^MEfc "••/•-'j-.v*. •r;.'l'-. < • - •-. \ V. i; \ mfcn. ^•v^d '■? 5*5,' Tf’ji- >4 • *• • .T^^rr - •-”' r -1*2