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DESCRIZIONE
TORINO
1840
G. POMBA EDITORE
L’Editore inlende godere della proprietd accordata
dalle vigenti leggi.
TiPOGRAt'iA FONTANA. — Con perm.
THE GETTY CENTER
LIBRARY
AW I SO
DELL’ EDITORE
La prima edizione di quest’Opera, fatta a spese
della Citta, e, per sesto, carta ed ornamenti, una
edizione di lusso, ne si vende ma solo si dona.
Questa che mi venne dato facolta di fare contem-
poraneamente, ma che pur dee chiamarsi seconda,
ha per fine di soddisfare a tutte le richieste. I
Lettori mi sapranno buon grado della celerita con
cui la pongo in commercio.
G. Pomba.
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in 2019 with funding from
Getty Research Institute
https://archive.org/details/descrizioneditorOObert
PREFAZIONE
I ra lecitta che compongono la turrita corona
dell’Italia, nostra patria comune, Torino sorge
cospicua ed emiila delle maggiori. Ma essa
non e ricca di grandi reminiscenze istoriche
dTmiversale interesse, non ha sublimi opere-
grini avanzi dell’antichita o del medio evo, ne
s’adorna de’ capolavori con cui le arti della
VI
PREFAZIONE
eta Medicea decorarono tante allre terre d’lta-
lia. Benclie antichissimad’origine, essa ecilta
tutta moderna d’aspetto. Fanno la suabellezza
estrinseca la regolarita, lanettezza, la conve-
nienza ela corrispondenza delle sue parti, ele
pittoresche vedute de’suoi dintorni. Lasua bel-
lezza intrinseca e formata dalle sue instituzioni
monarchiche, municipali, caritative, scientifi-
che, industriali e ricreative, che tutte insieme
unite attestano un alto progresso civile. Laonde
mi parve chcunadescrizione diTorino dovesse
essere una specie di Statistica; una Statistica,
intendo dire, ch’esprimachiari ed ornatii suoi
soggetti, esiallontanidaH’austcrousodi vestire
un’assisa di soli numeri vergata e distinta.
Ma un si fattogenere di opererichiedelungo
tempo e Iungo lavoro; laddove tra il divisa-
mento e l’eseguimento della mia non potean
correrepiudi cinquantagiorni, senzausurpare
Ie sue ragioni alia stampa.
Egli e il vero che non mi falli qualsivoglia
manierad'aiuto.Misidiederonotizie con mano
PREFAZIONE
VII
profusa. Ne paghiacio, parecchi illastriautori
o uomini speciali nella loro scienza od arte,
mossi dal generoso desiderio di concorrere alia
illustrazione della loro patria, dettarono a bella
posta per quest’ opera interi capitoli ove nulla
era da togliere o aggiungere.
E nulla in que’capitoli io ho tolto o aggiunto
ocangiato. Anzi recandomi a dovere di non
appropriarmi cio che l’altrui cortesia mi do-
nava, ho segnato con virgolette tutti i loro
scritti, e ne ho posto i nomi o le sigle in po-
stilla. Questiscritti riuscirannopregevoli e cari
a chiunque, per usare le parole del giovane
Buonarroti,
« Saldo in sulle cose
« Ami ’1 sustanzi'ale e ’1 vano abborra ».
Pel qual lato adunque mi conforta buona spe-
ranza che la presente Descrizione di Torino
corrisponda al nobile scopo che s’e proposto
1’Ordine Decurionale commettendomi che la
compilassiin servigio de’Dotti Italiani che qui
PREFAZIONE
VII
s’aduneranno in settembre per tenervi il se-
condo loro annuo Congresso.
Ma quanto alia parte che a me s’appartiene
(tutto ilnonvirgolatoj , ben altramente si volgon
le cose. Enelconsiderare che questo libro dee
andar perlemanide’rappresenlantila Scienza
Italiana, il mio animo si smarrisce ed il ti-
more lo investe. Possano gli antichi ed illustri
miei amici d’ogni parte d’ltalia che son nel
Congresso, prendere ilmio lavorosotto laloro
tutela amorevole! Ad essi certamente con tutto
il cuore io lo raccomando.
Torino, i° luglio 18^0.
Davide Bertolotti .
PARTE PRIMA
CAFITOLO I
TOPOGRAFIA
Chi guarda il Piemonte dal verlice di qualclie signo-
reggiante eminenza, scorge ch’esso rende immagine di
uua gran conca, a cui fanno margine in risalto ver sel-
tentrione e ver occidente le Alpi, dalle Pennine alle
Marittime, ever mezzodi l’Appennino ches’aderiscealle
Marittime ed al quale vengono a collegarsi i monli se-
condarj che la ristringono. II labbro orienlale di quesla
conca s’apre ai piani del Milanese pei piani del Yercellese
e del Novaresc. II Po, merce de’suoi influenti, ne rac-
eoglie lutte le aeque per recarle aU’Adriatico.
4
CAPITOLO PIUMO
In fondo ad essa, e dove il Po clie vien da mezzogiorno
scendendo dal Monviso, riceve la Dora che vien da po-
nente,recando le acque del Monginevro e del Moncenisio,
al pie divaghissimi colli ehe dall’altra parte del maggior
liurne le fanno prospetto, siede Torino in una pianura
amenissima, verdeggiaute per praterie, biondeggiante
per messi, e solcata da canali che recano per ogni dove
la fecondita colic irrigue lor acque. I suoi dintorni in
pianura sono un conlinuo piacevol passeggio, popolato
di case rurali ed iudustriali, ed anclie di ville. E le ville
poi ingemmano ogni parte de’graziosi suoi colli a levante.
Ad ostro, a poncntc ed a traraontana le fanno pittoresca
corona in variata lontananza le Alpi, le quali colle frasta-
gliate lor cime, colle perpetue nevi che ne incappellano
le baize supreme, con la si varia e bizzarra loro struttura,
e con le spiccate tinte che prendono nelle varie ore del
giorno, occupano di maraviglia l’animodel riguardante.
Questi, rigirando da greco a sirocco lo sguardo, scorge
quasi tutta la giogaia che diparte la valle italiana del
Po dalla valle Elvetico-Sabaudo-Francese del llodano.
Alla sua sinistra egli vede parte delle Alpi Marittime che
si stendono dal Mediterraneo al Monviso, indi ammira
V acuta cima di questo monte ove principiano le Alpi
Cozie che vengono lino al Moncenisio, principale varco
d’ltalia; osserva poscia le Graie per le quali di Val d’Aosta
si cala nella Tarantasia, e linalmente si ferma sulle Pen¬
nine ove s’estollonoi due giganti dell’Alpi, il Monbianco
ed il Monrosa. Egli del primo, nemmeno dalle piii alte
vette de’colli torinesi, non pub scernere l’apice; ma
contempla il secondo in tutta la romantica maesta d’una
vaporosa distanza. Questa sniisurata mole che tanto si
avanza a libeccio, toglie a chi guarda da Torino la vista
TOPOGRAFIA
5
delle Alpi Elvetiche o Leponzie e dellc giogaie che le
continuano in appresso. Le pianure che s’allargano tra
le falcle dell’Alpi e la longitudinale collina, al cui piede
il Po scone, gli fanno un confuso orizzonte a greco
levante. Qnesto panorama, hello a vedersi ne’piani in-
torno a Torino, acquista inarrivabil rilievo sulle allure
de’suoi colli, donde lo sguardo allargandosi a gran pezzo
sul semicercliio dell’Alpi, spazia dall’altra parte sulla
lunga e dislante linea dell’Appennino, o de’monti che
gli si conginngono, sui colli tributary del Po o del Tanaro,
indi si profonda nelle pianure della Lombardia.
Le ultime ramiticazioni delle Alpi vengono lino a
quattro o cinque miglia da Torino, ove tiene la sua
reggia il loro guerriero custode. Quest’anlica ed illustre
citta, capitale degli stati di S. M. il re di Sardegna, e la
residenza ordinaria del Re e della sua corte, e la stanza
permanente de’principali ulizi del suo governo.
La posizione geogratica di Torino, ossia dell’Osserva-
toi’io reale, e ne’gradi 5° 21’ 25” di longitudine orien-
tale dall’ Osservatorio reale di Parigi, e 45° 4’ 8” di
lalitudine boreale.
Robustee ben munite fortificazioni, successivamenle
innalzate dal cinquecento in poi, fasciavano Torino in
sul principio di questo secolo. Esse vennero diroccate al
tempo della dominazione francese, ne altro ne avanza
se non i nudi bastioni che fanno spalla al Giardino del Re.
La cittadella, che la difende a ponenle, rimane in piedi
intatta com’era. Abbattute successivamente le mura della
citta, sj)ianati i terrapieni, colmati i fossaggi, una nuova
citta s’innalzo sulla rovina delle anliche opere di difesa.
Come tutte le citta prive del circondamento delle mura,
Torino ora non ha piii sobborghi propriamente detti;
6
CAPITOLO PRIMO
ma l’uso conserva questo nome alia parte di essa che
giace sull’opposta riva del Po, ed a quella ehe si stende
verso la Dora. Borgo Nuovo vien pure cliiamata quella
eleganle e pin rideute parte della citta che allargandosi
verso mezzogiorno, e tramezzala dal Giardino pubblico,
innalzato sopra le elevazioui di terra de’bastioni o Ri-
pari, de’quali porta il nome tuttora.
Torino vien divisa in quattro sezioni, del Po, del Mon-
viso, del Moncenisio, della Dora; e in tre Borghi, del Po,
della Dora, e Nuovo: ma questa divisione e arbitraria,
perche il Borgo Nuovo, continuazione della citta, non
merita per quel tramezzamento di esser confinato in
mezzo a’sobborghi. Una divisione piii naturale distin-
guerebbe Torino in citta dentro la strada di circonval-
lazione e in cittafuori di essa. E questa strada, che ricinge
anche il Borgo Nuovo, sarebbe forse il vero procinto di
Torino, se essa, girando intorno alia eittadella, non la
comprendesse dentro la citta con tutte le sue opere
esterne, e quindi con tanta parte d’incolto e disabitato
terreno.
Ad ogni modo ecco le presenti misure di Torino:
Metri linealt
Perimetro della citla dentro la strada di circon-
vallazione, conipresa la eittadella . . 7750
Idem, esclosa la eittadella c la piazza d' armi 5200
Idem, compresi i due borghi di Po e di Dora 11450
Maggior lunghezza della citta dentro la strada di
eirconvallazione. 2200
Idem, di la della strada suddetta. 2650
Larghezza della citla misurala dentro la strada di
eirconvallazione. 1500
Idem, di la dalla stessa. 1700
T0P0GRAF1A
7
Le altezze verticali sopra il livello del mare di varj
punti di Torino e de’suoi dintorni sono:
Elevazione
in metri
Torino, a porla Susina. 240
— a piazza Castcllo. 228
— letlo del Po. 212
— monle dc’PP. Cappuceini. 28!
— villa della Regina. 288
— ex-convcnto dell’ Ercmo. 624
— cran croce dell’Ererno. 752
— cupola della R. basilica di Superga . . 735
— gradinata di essa. 672
— cappella della Maddalena. 692
Rivoli, casleilo realc. 422(6
(I) Aggiungiamo Ic ridette altczze per alcuni punti cht si veggono di Torincy
o die vi guidano, o die altramenle vi si riferiscono.
Lago superiore
... *.» 2316
— punto culminante della strada ...» 2068
Monginevro, punto culminante della straila ...» 1970
Musing, sommilk . » 1136
Piccolo San Bernardo, ospizio.» 2183
Sempione, punto culminante della strada ...» 2009
Spluga, punto culminante della strada presso il lago » 2004
Tenda, punto culminante della strada . . . . » 1795
Colle di S. Giovanni.» 1134
Colic delle Fineslre, punto culminante della strada » 2278
ll limile inferiore de’ghiacciai esposli a mezzogiorno tie’ monti tra I'llalia
e la Francia, die si veggono di Torino, trovasi all'altezza di metri 2500 — 2650.
Tutte queste allezze vennero determinate barometricamente negli anni 1828
* 1829 dal dottore Tommaso Griva. Ouella del Bocciamelone 6 di metri 3534.
8
CAPITOLO PRIMO
« !1 suoio su cui sorge Torino e un terrene alluviale, il
quale, come appariscc nello scavamento de’pozzi e lungo
I’alveo del Po, e compos to di varj strati alternati tra
loro di sabbia, di ghiaia, di ciottoli, e di sottili falde di
sostanza quasi argillosa. Si falti materiali, accumulati
insieme, costituiscono alie falde quasi dell’Alpi clie dal
S. al N. attorniano Torino, certe specie di colline, di
altipiani, cec., con varj norni chiamati nel piemontese
dialetto, ed attestano con la molede’massi in esse sepolli,
quanta fosse l’energia delle grandi correnti clie cola li
I tine tnonli sopreminenti dell’Europa sono il Monte Bianco ed il Monte P.osa.
L’altezza di quest’ultimo, poco inferiore a quella del primo, la quale e di metri
4802 , venne trigonometricamente deterniinata a 4G20 metri sopra il livello
del mare. « Ne piu esatta per ora si puo avere, perche I’estrema elevazione
delle varie sommila ond’6 circondata e resa quasi inaccessibile la velta priu-
cipale, avendo fin qui impedito che sino a questa si arrivasse, non se lie c
ancor potuto rilevare 1’altezza con quella precisione che si otterrebbe misu-
randola col mezzo delle altezze zenilali. Ed t colesta corona di cime secondarie,
lienchd altissime, clie forma di tulto il Monte Rosa come una sola mole forse
superiore a quella del Monte Bianco, poichft essa si stende per tre parti in tre
diverse provincie del Piemonte, e per l’ altra nel Vallese. Otto contansi di
sifl’atte cime tulte sempre coperte di neve, e tramezzate da diversi ghiacciai.
T'artono da esse parecchie valli, di cui due discendono nella valle d‘Aosta ,
1111 a net Vallese, una ncll’Ossola e due o tre in Valsesia, fra le quali la mag-
giore, detta Valgrande, e quella appunto in cui nasce e trascorrc il fiume
Sesia, prendendo la sua oi'igine da un ghiacciaio del Monte Rosa, poco sopra
le gia fruttuose ed ora trascurale miniere d’oro e di rame d’Alagna. In di¬
verse di queste valli dipendenli dal Piemonte s’incontrano colonic anticlie di
Svizzeri che parlano un tedesco corrotto. L’essere poi quasi della medesinia
allezzo tutte le vette del Monte Rosa che accerchiano la centrale, vuolsi le
alibia falte paragonare alle foglie di una rosa disposte intorno ad un centro
comune. Ma s’lia da credere piiuttosto che qnesta mole veramente colossale,
che si scopre da mezzo il riemonte c da presso clie lutta la Lombardia, tragga
il hel nome dalla tinta rosea onde le sue nevi perpetue vedonsi risplendere
ancora quando gih piu non ricevono che gli ulliini raggi del sole tramontato ».
Nozioni elem, di Geogr. patria.
TOPOGRAFIA
9
trascinarono, togliendoli dal naturale lor silo. Cio che
da noi qai s’attribuisce alle acque, viene oggigiorno da
molti geologi creduto opera de’ghiacciai che avrebbero,
nel loro sistema, coperto presso che tutta la superficie
terreslre durante lo spazio trascorso fra le ultime cata-
strofi per cui passo il nostro pianeta, prima che le cose si
stabilissero nel modo in cui le veggiamo di presente.
Non mancano ragioni che spalleggino questa opinione,
tra le quali ricordiamo, come principali, la lisciatura del
dorso dei monti lunghesso le valli, e l’analogia che cotali
colli ed altipiani ritengono colie more ( moraines ) che si
formano alle falde de’ghiacciai e che ne seguitano i
movimenti. In questo terreno si racchiudono fossili non
gran fatto dissimili dalle spoglie degli animali che ornano
la nostra terra. Finora non se ne trovarono presso Torino,
ma parecchi se ne scavarono lungo il Po nella provincia
di Voghera. Da que’luoghi provengono il teschio del
cervo d’Islanda, e i due altri di Uro che si conservano nel
Museo di Torino e che vennero descritti dal prof. Borson
negli atti della R. Accademia delle scienze » (1).
Quattro grandi strade, dette Reali postali, si dispic-
cano da Torino a’quattro venti. La prima n’esce a set-
tentrione, e scorrendo pel Canavese, il Vercellese e il
Novarese, passa il Ticino sul magnilico ponte di pietra,
e mette a Milano. La seconda n’esce ad oriente, e per
PAstigiano e l’Alessandrino arriva a Novi, valica i gioghi
e discende a Genova. Quella che si dirama ad austro,
attraversa il Piemonte propriamente detto, supera il
colle di Tenda ed arriva a Nizza, d’onde si difila a pas-
sare il Yaro, limite della Francia, ed arriva ad Anlibo.
(I) Prof. Angelo Sismonila.
*1
10
CAPIT0L0 PRIM0
L’ultima si muove da Torino a ponente, s’interna nella
provincia di Susa, ascende il Moncenisio, s’awalla
liella Savoia, e giunge a Ciamberi, poi trapassa nella
Francia per Ponte Belvicino. Altre cinque strade, che
portano pure il titolo di Reali postali, si diramano dalle
suddette, esono: quella di Piacenza che si spicca dalla
Genovese ad Alessandria; quella di Ginevi'a che si di-
stacoa dalla francese a Ciamberi; quella di Toscana che
prende le mosse da Genova; quella del Vallese, che
partendo di Novara corre a valicare il Sempione; e
iinalmente quella che da Pinerolo mena a Fenestrelle,
d’onde altre volte valicava colle poste il Monginevro.
Da Torino a Magenta.. .
lo
— a Genova .
24
’L
— ad Antibo.
50
*1.
— a Ponte Belvicino . . . .
58
Da Alessandria a Caslel S. Giovanni
.... »
10
’U
Da Ciamberi a Ginevra.
11
J U
Da Genova a Lavenza.
GO
3 U
Da Novara al Sempione.
16
Da Pinerolo a Fenestrelle . , . . -
4
1 4
La posla piemontese e di 8000 mctri.
Tra le strade postali, ma non reali, che si spiccano
dalle precedenti, le due pin importanti per Torino sono
quelle di Aosta e di Casale. Partono, la prima a sinistra,
la seconda a destra della strada milanese, a Chivasso.
Il numero delle poste
17 *U
9 5 U
da Torino ad Aosta e di .
— a Casale . . . .
TOPOGRAFIA
Dislanze
Da Torino a Piacenza . . .
— a Genova . .
— a Nizza . . .
— a Milano . . .
— a Ponte Belvici
— a Ginevra . . .
linea rclta
metri ossiano chilometre
. 157,900 . ... 137 "G.
. 121,250 .... 121 *L
. 155,750 . ... 155 5 U
. 125,400 .... 125 Nr
. 165,500 . ... 165 ’L
. 175,000 .... 175
Torino aveva altre volte qnattro porte, dclte —Porta
di Po, a levante — Porta Palazzo , chiamata poscia d’Ita¬
lia, a settentrione —Porta Susina, a ponentc —Porta
Nuova, a mezzodi. Esse pin non sussistono, ne se ne
scorge vestigio. Nondimeno ne rimane vivo il nome ad
indicazione de’siti dov’erano.
I Latini cliiamavano insula nn ceppo di case, separate
per ogni intorno dalle pubbliche vie (1). L’antico nomc
si e conservato in Torino. Essa ecomposta di 195isole,
non computando i due sobborghi fuori della strada di
eirconvallazione(2). Ciascun’isola eintitolata adun sanio.
Sopra ogni angolo di ogni isola sla scritlo il litolo di essa,
il nome della sezione a cui appartiene, e il nome della
strada o piazza cui guarda quell’angolo. Tul le le porte
sono contraddistirite da numeri progressivi, secondo la
1,1) ll Davanzati tradusse isolato.
(2) Sezione di Po ....
— Monviso . . .
— Moncenisio . .
— Dora . . . .
Borgo Nuovo.
iso In N.° 58
» 36
» 48
» 37
» 16
Tot ale 195
CAPITOLO PRIMO
strada in cui stanno. I quali avvedimenti e la dirittura
delle strode e la forma generale della cilta fanno si cite
lo straniero sappia tosto reggersi per essa e trovare i
luoghi, de’quali conosce il nome, senza bisogno di
guida (1).
(I) Per temperare alquanto l’aridezza di quesli particolari, riporteremo alcuni
versi del cav. Marino, ove dipinge le Alpi che circondano il Piemonte. Egli
dire drirItalia:
Giacc angolare il suo gran corpo, e quasi
Ahbattuta piramide si stende,
Le cui superhe e smisurate l>asi
Son I’Alpi inaccessibili ed orrende,
Che con rigide baize intorno alzaro
A quest’ampio teatro alto riparo.
Per drittissimo fil lungo contesto
JNalura ordi di catenate rupi ;
Pendono inlorno e da quel lato e queslo
Precipizi profondi, alti dirupi;
Seoscrsi scogli, acute rocchc ed erte,
Rolte scbegge, asp re selci e pielre aperte.
Yesle d’adamantin smalto e di ghiaccio
Le lor cane iid’econde, orrida pompa,
Cui raggio esli\o, o da robusto braccio
V.bralo palo esser non puo die rompa:
Qui circomlato ili rigore eteino
Pussiede il trono ed ha la reggia il Verno.
Soggiunge cbe Natura pose le Alpi a dit'esa d’ Italia:
Quasi a l’armi straniere ercelse mete,
E duri inloppi a le prcdaci squad re
Cbe vengono a int'eslar le piaggie liete
Di quesl’alina d'eioi nudrice e madre,
Volse miiabilmenle in su i contini
Si falli edificar termini alpini.
TOPOGRAFIA
13
Ma fra’ gioghi piu gelidi e ncvosi,
Che incontr’ a Borea qui volgon la faccia,
Pien di macigni ruvidi e sassosi,
Quasi scala del eielo il ciel minaccia,
E con aguzza e nubilosa fronle
Alto si leva invcr le stellc un monte.
E questo il Monviso, del quale
La cima, oltre le nuvole eminente,
ll susurro de’ tuoni appena sente.
Sovrasta al piano e signoreggia i colli
Che al bel giardino italico fan siepe,
E di palustri umor vivi rampolli
Ne le concave viscere concepe.
Qui si genera il Po, quinci stillante
Con roco mormorio vagisce infante.
Il Po che, accolio in cristallina cuna,
Pria pargoleggia, indi s'avanza e cresce,
E tante forze in breve spazio aduna,
Che sdegna il letto, odia i ripari e n’esce:
Cosi son dal natal vari i succcssi,
Ed han debit principio i gran progress!.
G. B. Marino, Eitratto panegirico
di Carlo Emanuele 1.
Il Piemonte vien definito dal Serristori per — « quel feracissimo terreno
circumpadano, cui circoscrive a levante la destra riva del Ticino, formando
pero continuazione non interrotta colla vaslissima pianura lombarda, della
quale non d al certo nii meno fertile, ne men ricco, ne men coltivato. E se
tra 1’estrema falda dell’Appennino e la destra riva del Po la superfieie ter-
ritoriale resta intersecata dalle colline del Monferralo, cio appunto mirabil-
mente contribuisce a rendere piu variata la parte media del Piemonte: di
modo cbe puo conchiudersi cbe in tutla Italia non siavi rontrada che alle
ricchezze del suolo riunisca un aspctto piu imponentc e pin hello ». Statistic a
drll’/lalia .
CAPITOLO II
POPOLAZIONE, IGIENE E METEOROLOGIA
Brevi cenni qui reclieremo intorno alia popolazione di
Torino; ma giova sempre meglio il poco e certo, che
non il molto ed incerto. I trc seguenti specchi derivano
dalla R. Commissione superiore di statistica,
POPOLAZIONE DELLA CITTA’ DI TORINO NEL 1838
POPOLAZIONE, IGIENE E METEOROLOGIA
IS
16
CAPITOLO SECONDO
ALCUNE CATEGORIE DELLA POPOLAZIONE DI TORINO
Proprielarj viventi de’loro beni stabili.2500
Individui vivenli unicamcnle del prodotto di rendite
in danaro (compresi i pensionarj).2100
Banchieri.. .. . . . 160
Negozianti all’ ingrosso.
id. al minuto.1800
Avvocati. 125 '
Procuratori e Notai. 120
Medici e Chirurghi. 180
Ecclesiasliei secolari.1670
reo'olari l uom ' ni • • *. 480
re * oIan idonne.325
id.
SUPERFICIE TERRITORIALE
Fabbricati e cortili delle quattro sezioni
della cilia.
Idem dei Ire borghi . . .
Cittadella, spalli, giardino realc ed altri
terreni demaniali.
Vie e piazze urbane c suburbane . . .
Territorio rurale.
Somma
Ettari
150 44 47
79 28 12
92 22
45 15 61
12622 27 40
12969 57 60
La popolazione di Torino nel 1377 era di 700 fuo-
chi, stimati rappresentare 4200 individui (1).
(t) Cibrario, Econom, polil. del Medio Evo.
POPOLAZIONE, IGIENE E METEOROLOGIA
17
11 Bolero, in sul tramonto del cinquecento, non as-
segnava a Torino che 17,000 abitatori (1).
Una preziosa bool a del Progresso della popolazione
in Torino nel secolo xvm pubblicava il conte Prospero
Balbo U anno 1831. Ne ricaviamo alcune quantita nn-
mericlie.
Anno Indiviclui
1706 .N.° 1822—nclla sola cilia
1726 . » 6^805—cilia, borghi e Icrrilorio
4746. » 63052
1766 . >» 79588
1786 . » 89752
1796 . » 95076
1799 . » 80752
Quinci si scorge che nel 1799, per le guerre e la
lontananza della 11. Casa, era gia principiata la decli-
nazione. Questa giunse a tale di poi che nel 1813 la po¬
polazione di Torino non ascendeva, dicono, che a 65,548
individui. II reslauramento di Torino in capitale della
monarchia sabauda, accresciuta degli stali di Genova,
produssedal 1814 in poiquello straordinario incremento.
Perocche,aggiungendo alia popolazione di Torino (cittd,
borghi e territorio) i 6000 uomini del suo presidio, e
trascurando le t’razioni, essa viene ad csseredi 123,000
anime, cioe quasi il doppio di quanto era nel 1813.
L’igiene pubblica prende in esame le cagioni che
influiscono sopra la popolazione esistente, e che la man-
tengono in buon essere o le arrecano danno. Le prin-
cipali fra queste cagioni sono i diversi fenomeni della
(1) Hclaz, Univers.
18
CAPITOLO SECONDO
natura, la coi scienza e detta Meteorologia, pigliando
questa voce ncl suo piii largo significato. Un dolto nostro
amico ci e stato cortese de’cenni seguenti:
« La citta cli Torino e dominata, nel durare di quasi
tutto l’inverno, dal vento di S. 0., il quale attraversando
catene di monti coperti di neve, ci rende questa sta-
gione piuttosto lunga e rigida. II termometro scende
comunemente, benche per pochi giorni, a gr. —12 di
Reaumur, ed in qualche inverno rigorosissimo lino ai
—15, quantunque s’abbiano avulo talora i mesi inver-
nali talmente miti, die il ghiaccio non acquisto solidita
bastevole ad essere conservato.
« La primavera e assai incostante, altesa la varieta
de’venti die in essa si alternano, e non e raro il vedere
nel suo corso giornate invernali succedere ad altre cal-
dissime: di che havvi una sufficiente ragione nella vi-
cinanza delle Alpi die d’ogni parte ci attorniano, e die
i'anno del Piemonte una specie di grande vallea.
« Le stati sono oltremodo calde, allorche il vento di
N. E., apportatore di pioggie e di gragnuola, cessa di
soffiare. Il termometro ascende comunemente a 26 e 27
gradi di R.
« L’autunno, pel contrario, riesce la piii amena delle
stagioni, se le pioggie equinoziali di troppo non si pro-
lungano, come accadde nel 1839.
« Un calcolo fatto pel tratto di diciott’anni (dal 1821
al 1839) porge il seguente prodot to annuo delle pioggie
e della neve caduta. Pioggia, pollici 39; neve, 18. La
media dello stato atmosferico, calcolato sullo stesso
numero d’anni, e la seguente. Giornate serene 144, mi-
ste 134, piovose 87.
« Predominano nell’inverno le infermita di carattere
rOPOLAZIONE, IGIENE E METEOROLOGIA
19
cos'i detto reumatico: le pleurisie, le peripneumonie, ma
particolarmente le bronchi Li che sono spesso ostinatis-
sime. Nella primavera le affezioni esantematiclie, mante-
nendosi anclie frequenti le bronchi Li ed altre acute flogosi
pettorali. Nella slate le encefaliti, le apoplessie, le febbri
d’indole gastrica, le diarree, le disenterie. Nell’autunno
le affezioni gastro-enteriche, e le febbri intermittenti,
in ispecie quando questa stagione e piovosa oltremodo.
« La mortalita vien calcolata al tre per cento della
popolazione.
« I casi di longevita non sono troppo rari.
« Quantunque la citta sia situata quasi al confiuente
didue fiumi, il Po e la Dora Riparia, cio nondimeno per
se stessa non e insalubre, e di poi che vennero atterrati
gli alti baluardi che la cingevano, sono scomparse le
malattie epidemiche che non di rado s’osservavano,
massimamente nella calda stagione. Vuolsi aggiungere
che da qualche anno si e introclotta maggior polizia
pubblica e privata, maggior temperanza fra gli abitanti
nel modo di vivere, e 1’ osservanza di molte regoie
igieniche che prima erano trasandate. Basti l accennare
che in principio del correnle secolo si annoveravano
in Torino due sole case di bagni pubblici, a’quali mi-
nimo era il concorso, ed ora se ne posseggono sei, di-
stribuite nei varj rioni, tutte piii o menu comode ed
eleganti e frequentatissime, oltre all’introduzione nel
4825 dei bagni a domicilio » (1).
Torino non va soggetta a gagliardi terremoti che vi
rechino sconquasso e rovina. I soli che si ricordtno di
qualche momento sono i seguenti:
(1) Dottcie Bernardino Bertini.
29
CAPITOLO SECONDO
« Nel 1755, in Torino e nelle sue vicinanze si fece
sentire una forte scossa terrestre, e le ripercussioni fu-
rono di tal fatta clie nei vicini monti di Susa si forma-
rono perfino alcuni laghetti; ma da tutto cionon derivo
danno alcuno.
« Grave disastro fu pel Piemonte quel terremoto clie
il 2 aprile del 1898 scosse con violenza l’alta valle
irrigata dal Pellice, rovino tutto il paese di Lucerna e
molti altri circonvicini, e fece traballare i fabbricatidi
Pinerolo, di Vigone, di Barge, di Cavour e di Paesana,
in rnodo clie il danno recatone fu stimato il valsente
di un milione di franchi» (1). —La ripercussione di
quel terremoto in Torino abbatte qualche torricella di
camini, rovescio qualche suppelleltile, fesse qualche
rnuro, ma lo spavento fu maggiore del danno.
Lo stesso dicasi del terremoto che scosse Torino
nell’autunno del 1828, e che cos'i vien clescritto:
« Nella nolle dell’8 al 9 ottobre la terra tremo per
uno spazio non minore di trenta minuti secondi; le scosse
furono due, e andarono crescendo a segno che molti
uscirono dalle lor case; il moto fu ondulatorio da le-
vante a ponente. Ne soffri qualche muro » (2).
Piii terribile, perche frequente llagello di Torino e
de’suoi dintorni, e la grandine. Ne rari son gli anni in
cui essa stritola le biade de’campi, diserla gli orti dei
suoi dintorni, e spezza nella citta i velri delle finestre
volte a tramontana o a tramontana-levante. La gros-
sezza de’pezzi di quest’acqua congelata neU’aria, e la
sua foltezza e violenza giungono talvolta al segno, che
(1) Luigi lie Bctrlolommeis , Noliz, topog. e statist, degli Stall Sardi,
(2) Itagionamento a difesa ecc.
POPOLAZIONE, IGIENE E METEOROLOGIA
gli alti e poderosi fusti del gran tureo nella sua plena
maturita ne vengono abbattuti o rotli, e quelli clie ri-
mangono in piedi, piii non rendono immagine clie di
aridi slecchi. Tale era l’aspetto clie offerivano i campi
di gran tureo intorno a Torino in sul finir della stale
del 1S35.
In mezzo a tanta incertezza clie tuttor regna sulle
origini della gragnuola, non dee passarsi in silenzio
l’osservazione de’nostri contadini, i quali ne pronosti-
cano la vicina caduta quando veggono certe nubi met-
tersi in contatto con certi gliiacciai clie ad occliio nudo
si scorgon nell’Alpi. Lungi dalle Alpi, ed anclie sotto
gli Appennini clie non lianno gliiacciai, la grandine e
infrequente, e mai non cade con tanto inipeto, ne si fitta
e di si gran volume, ne apportatrice di tant’orrendo
subbisso (1).
(I) Evvi in Torino una compagnia di assicurazione conlro la grandine, col
titolo di « SocieUt Reale d’assicnrazione generale e reciproca contro la gran¬
dine, autorizzata pe'RR. Slati di Terraferma con R. lettere patenli del 20
luglio 1830 ».
CAP1T0L0 ill
1DROGRAFIA, STORIA NATl RALE
I e antiche favole di Fetonte, figlmolo del Sole, (the
cadde nel Po guidando inesperto il Cairo paterno, delle
Eliadi sue sorelle che pel lungo piangerlo furono tras-
formate in pioppi, e le loro lagrime in ambra, e di
Cigno re de’ Liguri, suo amico, die venue convertito
nel bianco uecello di questo nonie, erano probabilmente
simboliche figurazioni di qualclie grande fenomeno na-
turale, o di qualclie memorabile avvenimento istorico.
Ma per interpretare que’ simboli noi siamo costretlidi
IDROGRAFIA, STORIA NATURALE
23
ricorrerc a congliielture si fattamente vaglie e contro-
vertibili, die il passarle in silenzio e ancora il pariito
migliore.
Cosi trascureremo pure cli ricercare perclie il Po cliia-
massero Bodineo i prisehi Liguri, e se 1’ Eridano dei
Greci fosse Dome eomune a due finmi assai lontani fra
loro, c donde avvenissc clie Virgilio ne cantasse:
Et gemina auratus taurino cornua voltu
Eridanus, quo non alius per pinguia culla
. In mare purpureuin violentior ellluil amnis.
Georg. L. hi, r. 371-72-73.
\ ersi die esercilarono l’acume de’commentatori (1).
Jntorno alia culla del Po giova recare la descrizione
(die segue:
« Chi Ira gli abitatori del bel piano di Piemonte, e
dei colli che lo circondano, non conosce il Monte Yiso,
die innalzando il suo capo altero sopra la nevosa gio-
gaia doll’ Alpi tra le Cozie e le Marittime, sembra es-
serne il dominatore, come egli ne e il supremo apice?
E chi pur non sospinse le tante volte il curioso sguardo
a quelia sua guglia si regolare, la quale ora risplendendo
ai primi raggi del sole eontro l’azzurro di un ciclo ancor
bmno, o meglio spiccando co’suoi ben segnati lineament i
tra le tinte rosee e cilestrine d’un infuoeato tramonto,
snole promettere un tempo quieto e sereno ai sottoposti
piani,edora, al contrario, cacciata la testa fra dense
(l) Agyiungi:
Kec non ft torrentcm unclam levis innatal alnus,
Jlissa l’ailo.
Georg. L. II, t>. 451-52.
Da questi e da’ prccedenli versi argomer.ta I’ Heine clie il coeso del To
R»s»e a't-re volte impetuosissimo.
24
CAPITOLO TERZO
imbi cli forme fantasticlie e minacciose, annunzia piog-
gia, grandine o procella? Inaccessibile ne rimane tut-
tora la vclta, quantunque alia solamente di 3832 metri
sopra il livello del mare, bensi scoscesa a levanle verso
la valle del Po, e non meno erta a mezzogiorno verso
quella di Yraita, essendo poi cliiusa a seltentrione da
varie cime minori, di cui una cliiamasi Visolelto, e fra
le quali apronsi precipizj, e profondi burroni pieni di
neve eterna. Dal lato orientate puossi arrivare, passando
per Oncino, sino al piano piii elevato su cui posa la
guglia culminante. Ivi miransi in aspetto orrido ad un
tempo e maestoso sorgcre ripidissimi i suoi lianciii, it
pie difeso da un laghetto quasi sempre agghiacciato, e
le falde scarne, fessurate, rivestite di bizzarri accaval-
lati macigni.
« II viaggiatore clie da cotesto punto volesse innol-
trarsi verso seltentrione, pub giugnere per arduo cam-
mino alle sorgenti del Po, cui si arriva piu facilmente
dalla valle di Crissolo Cola questo gran flume, il primo
d’Italia, ed uno dei principali d’Europa, nasce zam-
pillando fra alcuni sassi nell’angolo d’un elevato e ristret-
tissimo piano, detto del Re, perclie certi avanzi di muri
ed un’ antiea tradizione danno a credere clie vi accam-
passero i Francesi sotto il regno di Lodovico xn o di
Francesco i. Impinguate poi in breve le sue acque da
molliplici sorgenti che scaturiscono d’ogni intorno, il
Po si precipita da una altezza di trenta metri incirca nel
sottoposto piano di Fiorenza, dove appresenta una vaga
eascatella non lungi dalle ultime alpi di Crissolo (1) ».
(1) Nozioni cli Geogr. patria.
« Pot:o pii'i in su incoutrasi il famoso buco che si aitrihuisce dagli wii
IDROGRAFIA, STORIA NATURALE
25
Nasce aduoque il Po all’altezza di 1951 metri snl
livello del mare dalla falda settentrionale dell’acuto
balzo maggiore del Monviso. Scende esso in prima con
impetuoso erisonante passo, divallandosi per la caduta
di 1600 metri giuso da’monti, indi tra Revello e Sa-
luzzo si spande in alveo piii largo, e si dichina nella
propinquapianura. Egli a qnel punto ha gia corso27,200
metri. Ma pochc miglia all’insii, le sue acque, sempre
copiose anche nelle maggiori aridezze, vengono a per-
dersi entro le gliiaje del loro letto per un tratto di circa
6000 metri, e nella distanza di circa 3000 metri sopra
alia strada fra Saluzzo e Revello. Pel quale fenomeuo
era opinione degli antichi, e specialmente di Plinio il
vecchio, che il Po si occultasse sottcrra, per risorgere
piii all’ingiii epiiiricco di acque, quale in elTetlo esso
npparisee vicino a Staflarda (1).
« Riceve il Po, a destra del suo corso, i torrenti
Vraita, Macra e Banna, ed a sinistra il Ghiandone, il
Pellice, il Chisonc, la Chisola, il Sangone, e sotto a Torino
la Dora Susina o Riparia. Tutti questi influenti sono tor¬
renti alpini, tranne la Banna che ha origine dai colli di
Cliieri.
ad Annibale, e dagli allri ai Sovrani del Delfinato, ma che credesi con piu
ragione aperto circa 1’ anno 1480 sotto la dominazione del marchese di Sa¬
luzzo , Lodovico ii , onde agevolare le comunicazioni commerciali del paese
colla Francia- Esso non c allro che una galleria scavata nella rupe per la
lunghezza di 75 metri, giti piii volte otturata, e sempre riaperla, come lo fu
ultimamente ancora net 1812. Ma la caduta di alcuni massi di pietra nel 1823
avendola chiusa verso il Piemonte, mentre la ingombravano pure verso Fran¬
cia i ghiacci che al solito vi si ammucchiano, essa trovasi attuahnenlc im-
praticabile ».
(I) Ea/itli, Statistica della provincia di Saluzzo. De parlolommeis , Nvlizic
topog. e slat, degli Stati Sardi. ^
2
26
CAPITOLO TERZO
« II corso del Po e generalmente tortuoso e poco
incassato, e Pindole di torrente ehe hanno i suoi in-
Iliieali contribaisce grandemente ad alterarne il governo.
Le cliiuse die lo attraversano per far girare i muliui na-
tanti, aumentano il danno. A dispetto di questi gravi
inconvenienti, ai quali non si polrebbe altramente recar
rimeclio se non die coll’ inalveamento del flume c dei
suoi inlluenti, il Po e sempre navigabile da Villafranea
di Piemonte in poi, e a’tempi in cui piii ne abbondan
le acque, la navigazione risale siiio a Garde ed anche
si no a Staffarda.
« Degnissimi di nota sono i ripari in legname fatli
in difesa del Po a Carignano cd a Moncalieri dal sig.
Magistrini, inventorc d’una nuova ed artiiiciosa foggia
di essi. Semplice falegname, egli seppe indagare con sa-
gacita i fenomeni delle acque correnti, e porre a pro-
lillo la forza dell’ acqua per consolidare i suoi ripari a
cavalletti, ossia per fissarli nella posizione loro asscgnata,
a fine di frenare le corrosioni e deviare la corrente da
una sponda ch’essa minacci. 11 mnnifico lie voile eono-
scere di presenza l’ingegnoso inventorc, e rimeritarlo
con un’ annua pensione e col titolo e grado di aiutante
eel Genio civile.
« La profondita del letto del Po a non molta distanza
dalla sua originenon concede che sen riducano ad uti¬
lity le acque per 1’ irrigazione, eccetto die con grave
dispendio. I suoi inlluenti sono naturalmentc piii atti a
tale bisogna. Nondimeno il Po serve all’irrigazione dei
territorj superiori a Revello nella provincia di Saluzzo.
Esso venne pure reso profittevole a servigio di mulini
ed opifizj e ad uso d’irrigazione in alcuni punti inferiori
a Torino, e sulla destra del suo corso, ove lc colliuo
1DR0GRAFIA, STORIA NATURALE
27
poste a qnalchc distanza e l’assenza di naturali osta-
coli, permisero di praticare derivazioni regolari con
buon successo. Tra le quali son da notarsi il bel canale,
detto Michclotti dal nome del sno egregio architetto, die
conduce l’acqua ai mulini della Cilia presso la Madonna
del Pilonc, e la derivazione pei mulini terranei nel ter-
ritorio di S. Sebastiano (1).
« Di sopra a Torino si valica il Po in cliiatte o su
ponti di legno, non computando alcuni ponticelli di vivo,
poco discosto dalla sua origine. Eravi altra volta presso
a Torino un ponte in legno, e i lleali di Savoia ne avreb-
bero certamente fatto edificare uno piu stabile, se la
difesa militare della cilia, allora forlilicata, non avesse
di preferenza richiesto un sempliee ponte di legno. De-
molite le mura die cingevan la capilale in sul principio
del presente secolo, si fece, nel reggimento imperiale
francese, il presen le ponte di pietra, il quale venne poi
recato a buon termine da’nostri Principi naturali dopo
il loro ritorno. Lo costituiscono cinque arclii ellittici di
25 metri ciascuno, impostati al pclo delle basse acque,
e separati da pile die lianno la grossezza di metri 5.
Ea luce netla del ponte e per tal guisa di metri 125,
e quella fra le sue spalle, di metri 150. Egli e un danno
die l’economia nella spesa abbia impedito di stabilirne
il suolo piii alto di quel die e al presente; imperocclie
uua maggiore altezza avrebbe diminuito la salita die dal
ponte mette alia via di Po, ed agevolato l’alllusso delle
(1) l! rilevato e hen arhorato argine die divide il canale Michelotli dal Po,
corre alia destra sponda di questo fiume, ed csihiscc un passeggio gratissimo
per I'umbra e per la frescura, il quale slcndesi all incirca la lungliezza di
«n niiglio di Piemonte.
<28
CAPITOLO TERZO
acque nelle piene. Le quali acque nelle ultime piene ri-
gurgitarono, perclie le imposte clegli arclii stanno, come
abbiam detto, al pelo delle magre, le quali venncro
rialzate dalla cliiusa fatta nel 1817 dalla Citta per ali-
meutare il canale di cui abbiamo discorso.
« Nelle anzidelte ultime piene avvenute durante l’au-
tunno del 1859, le quali si possono annoverare tra le
secolari, le acque del Po si sollevarono sopra corrente
del ponte di Torino alia straordinaria altezza di metri
0,27 , la quale corrisponde a circa metri 5,47, fatta
astrazione dal rigurgito prodotto dalla cliiusa e dalla
disposizione degli arclii del ponte » (1)
II Tasso avea detto:
Cosi scendendo dal natio suo monte
Non empie umile il Po I’angusla sponda,
Ma sempre pin, quanl’e piu lunge al fonte,
Di nuove forze insuperbito abbonda:
Sopra i rolli eenfini alza la fronte
Di tauro, e vincitor d’intorno inonda;
E con piii corna Adria respinge e pare
Che guerra porli e non tributo al mare.
Ger. Lib., c. 9, st. 46.
Ma questa, descrilta dall’epico delle Crociate, non c
die una piena ordinaria. Quella del 1859, di cui fummo
spettatori atterriti, verificava a pennello il terribile ri-
tratto che di una straordinariissima inondazione del Po ci
avea dato prima l’Omero della Cavalleria.
Con quel furor che’l re de’fiumi altero,
Quando rompc talvolta argini e sponde,
(1) C. C. M.
IDROGRAFIA, STORIA NATURALE
29
E die ne’campi Ocnei s’apre il senticro,
E i grassi soldii e le biade feconde,
E con le sue capanne il gregge intero,
E coi cani i pastor porta ne 1’onde,
Guizzano i pesci a gli olini in su la cima,
Ove solean volar gli augelli in prima.
Orl. Fur., c. 40, si. 31.
Il Po a Torino e fiunie bastevolmente pescoso. Pre-
giale ne sono le anguille, e le sue trote si reputano piii
squisite di quelle che vengono dal Lago Maggiore. Lo
storione (Arciperiser sturio ), che dal mare ne sale a ritroso
le acque, giunge talora sino ali’estremo lernbo inferiore
della citta.
Un ponte sospeso con catene di ferro, opera di pri-
vata impresa, si viene ora edihcando sul Po a Torino,
in Borgo Nuovo, di contro al Corso del Pie sulla riva
sinistra, e di contro al Poligono sulla riva destra. Un
solo ponte era troppo poca cosa per lo sfogo di una
citta popolosa che assai ora s’e stesa lungo quel flume.
L’altezza del Po sul livello del mare al ponte di pietra
in Torino e dimetri 207, onde la sua inclinazione dalla
sua scaturigine sino a questo ponte e di metri 1744. Si
attende ora (luglio 1840) ad introdurre su questo flume
la navigazione a vapore sino a Casale, d’ onde si vor-
rebbe spingerla sino a Venezia.
« Oltre i linimenti del ponte, recati ad efletto dopo
la ristorazione, si feccro pure, dal 1830 in poi,i Lungo
Po, o sponde in pietra o chiaje che vogliam dire, a
sinistra del flume ver la citta. Il prolungamento delle
case verso il flume, la situazione del ponte e le salit<*
o rampe laterali ad esso per l’accesso alle due calc d’im-
barco, limitarono 1’ ampiezza assegnata alle chiaje, la
50
CAPIT0L0 TEttZO
quale si desiderava maggiore. Vi si pose nondimeno un
lilare di alheri, dal la to del flume, si per abbellir quel
passeggio, si perche, a norma del disegno approvato,
quelle ripe debbono essere prolungate si no a raggiun-
gere gli stradoni di passeggio che circondano la citta.
La porzione che ne rimane ad ediflcare in corrispondenza
alle cale d’imbarco, dev’ esser fatta con magazzini sot-
tostanti, ierminati ad arcate verso il flume. Si hanno a
fabbricare le dette sponde anche a destra del flume, per
agevolare e decorare l’accesso alle due strade lateral},
ed alia piazza che sta di fronte alia nuova eliiesa votiva
innalzata dalla Citta, tempio ben meritevole di questo
abbellimento ».
In sul giogo del Monginevro, ed all’altezza di metri
1974 sul livello del marc, nasee la Dora, delta Riparia,
o Susinao Minore(l). Ingrossando col procedere, merce
del tributo che le arrecano varj torrenti, essa gittasi,
impetuosa e canuta di spume, gin per le valli di Sezana,
di Oulx, di Exilles, di Ciomonte e Gravier, ed arriva
a Susa, ove quella sua altezza non e piii che di 505
metri. Sotto a Susa ricevela Cinisca o Cinisella, delta
meglio il Cenischio, torrente cli’e l’emissario del lago
del Moncenisio, lago caro ai gastronomi per le sue trote
dal sapor di salmone. Si diflla poi la Dora per la valle
di Susa, e lasciando a destra del suo corso l’erto balzo
(I) Chiamasi Minore per distinguerla dalla Dora Baltea, di nomee di fallo
maggiore-. Susina, perche passa per Susa. Intorno all’aggiunto di Riparia,
col quale piu comunemenle viene distinta, variauo le opinioni. Taluni lo de-
rivano dal torrenle Rip a o Ribe che concorre, dicono, a formarla: altri dalle
alte sue ripe. Ma il Casalis afFcnna che si denomina Riparia « perchfi bagna
una ferace costa in fine di Val di Susa, la quale dicesi Rivera, o Riparia ».
Dilion, geogr.stor. statist, commerc. de’RR, Slati.
IDROGRAFIA, STORIA NATURALE
oi
ove e la Sacra di S. Michele , gia famosa badia, e i la-
ghelti di Avigliana, e le eminenze di Rivoli, viene ad
Alpignano ove l’attraversa un ponte di nn arco solo in
pietra e in mattoni, appoggiato alle rupinose sue rive.
J)a Alpignano sino al suo versarsi nel Po, il corso della
Dora e una continua romantica scena, principalmente a
Pianezza, a Colegno e a Lucento, luoghi attissinii ad
inspirare la fantasia di un paesista. Questa riviera, clie
serba anche nel piano 1’indole sua di torrente, cade
nel Po, alquanto sotto la Madonna del Pilone, in nn
alveo alto all’incirca 202 piedi sopra il livello del mare;
onde l’inclinazione della Dora dalla fonte alia foce puo
reputarsi di metri 1772.
« La Dora ltiparia e il piii riguardevole di tutti gli
influenti superiori del Po. Sebbene minore della Baltea,
la Dora Riparia ha coniune con questa il vantaggio di
somministrare abbondevoli acque nell’estiva stagionc pel
liquefarsi de’ghiacciai presso le sue scaturigini. Poche
acque son recate a tauta utilita come quelle della Dora
Susina, sia per mulini ed opifizj, sia per l’irrigazione
delle campagne. Attrattiva cosa egli e l’esame delle molte
derivazioni d’acqua lungo le sue sponde, in siti difficiii
e fra mezzo alle nude e scoseese roccie, entro di cui
essa scorre incassata da Alpignano On presso a Torino.
E sembra fuor di dubbio clie venisse scavato un lelto
artificiale alia Dora nella roccia presso Alpignano; di
sopra alia qual terra essa formava anlicamente un vasto
lago, del quale il presente laghelto d’Avigliana alia sua
riva destra faceva parte.
« Non puo negarsi clie l’arte di condurre canali d’ir-
rigazione fosse gia bene innanzi in tempi lontani, ove
si considerino le tante derivazioni della Dora, e si
32
CAPITOLO TEIIZO
confronlino le varie epoche delle concessioni sovrane.
Havvi una descrizione del corso della Dora Susina e dei
molteplici canali da essa derivali, scritta in lingua porto-
gkesedairillustreTercsioMiclielotti, nostro concittadino,
eke slettc gran tempo al servigio di quella Corona nella
qualita d’ingegnere primario. Tra Colegno e Torino sono
ie derivazioni eke recano l’acqua alle strade della citta
e die servono alia fabbrieazione delle eanne da fucile
e di altre armi da guerra, alia fabbrieazione delle pol-
veri, ai mulini ci% ici dove si veggon raccolte 28 mote
idrauliche per muover le macine. Un altro canale, tratto
dalla sua riva sinistra sotto a Torino, serve alia fabbrica
dei tabacclii c della earta ne’vasti edifizj del Parco.
« L’estensione della collura de’ terreni, ed il non es-
sere le concessioni state linutate sultieientemente, perclie
in que’tempi eio riusciva superlluo o non necessario,
fanno spesso languire le derivazioni inferiori. 11 governo
ka creato una Commissione per metter fine ad ogni la-
gnanza e per instituire un equo ripartimento dell’acque
a norma de’varj bisogni e de’ rispettivi diritli ».
La Dora Kiparia a Torino si valicava, or son poclii
mini, sopra un meschino ponte di legno, sorretto da pile
di mattoni. Nel regnare di Carlo Felice nacque(1823)
il disegno di far cavalcare quel flume da un ponte in
pietra eke rendesse fede dell’avanzamento dell’arte nelle
nostre contrade, ed esso fu recato ad elletto (1830).
L’ingegncre cav. Carlo Mosca lo arckitetto e lo con-
dusse a buon fine, glorificando la suapatria e se stesso
con quell’opera insigne. Ecco la descrizione eke ne diede
V arckitetto idraulico Itaimondo Buzzani.
« 11 trovarsi la linea direllricc del letto del flume Dora
obliqua all’ asse della via d’Italia, in prolungamenlo
1DR0GRAFJA, STORIA NATDRALE
33
all’asse della qual via dovevasi costrnire il ponte, faceva
nasceie (ove si coslruisse di parecchi archi) le seguenli
difficolta. Se l’asse del ponte fosse stato lo slesso che
quello della via d’ingresso nella citta, le acque avreb-
bero urtato obliquamente nelle pile di esso; se fossesi
fatto il ponte perpendicolare all’asse del flume per evi-
tare l’urto lungo le pile, il suo cadere a sbieco sulla
via d’ ingresso avrebbe sconciamenle urtato la vista; se
per isfuggire tale diformita si fosse geltato obliquo, si
fatto genere di costruzione non avrebbe corrisposto al
concetto d’innalzare un monumento degno per magni-
flcenza della citta capitale di una monarchia italiana.
Tutte queste diflicolta furono tolte di mezzo dal pen-
siero clie venne al Mosca di fare un ponte di un solo
arco di cerehio di 45 metri di corda, con 5,50 metri
di saetta.
« Le faccie dell’arco prcsso 1’ intradosso sono tagliate
a sbieco, e formano due ugnature, o comes de vache ,
come diconsi dai Francesi; le quali mentre aumentano
con molta grazia la leggerezza dell’arco, riduccndone
la saetta apparente a 3,75 metri, due al duodecimo
della corda, possono eziandio nelle straordinarie piene,
ove le acque oltrepassassero il livello massimo finora
osservato, servir come d’ imbuto pel pin facile loro
sfogo; per lo clie si scorge che si fatta costruzione non
venne punto adoperala per ismania di imitare le inven-
zioni d’oltremonti, ma si per vera utilita dell’opera.
Ne pare sia da schifare quella invenzione solo perche
un altro popolo e non il nostro l’ha il primo usata; clu*
sarebbe pur tempo che si persuadessero le genii, essere
vana e ridicola cosa nelle scienze e nelle arti la gelosia
di nazione a nazione.
•2
34
CAPITOLO TERZO
« Miranclo al medesimo scopo di formal' un imbuto
alle acque, e di rompere sempre l’urto lateraledi esse, le
eoscie del ponte sono formate da un quarto di cilindro, il
quale incontra tangenzialmente le teste del ponte, e si
prolunga sino ad incontrare le sponde rettilinee, le quali
determinano la vera largliezza del flume, e vengono
ierminate da un pilastro di base quadrata.
« Corona l’edifizio un cornicione magnifico a modi-
glioni, disegnato a somiglianza di quello clie ornaya
gia la grande parcte circondante la piazza del tempio
di Marte vendicatore in Roma; mostrando cosi il va-
lente architetto clie, se alia parte scicntiCca dell’arte
di costruire seppe far uso di quanto i moderni trovati
suggerivano di migliore, sapeva eziandio adornare all’
uopo 1’ opera sua col gusto antico. Il cornicione viene
sormontato da un parapetto formato da un Clare di pietra
coronato da una fascia clie termina in forma convessa
superiormente.
« Sbocca la strada, clie e sul ponte, su due piazzette
mistilinee formate sulle teste di esso, clie si allargano
da una parte e dall’altra in quarto di cercliio, mettendo
da una parte alia via clie da 1’ ingresso nella citta e gli
si apre in fronte, e dall’ altra alia strada clie conduce
a Milano (1) ».
Un ponte di mattoni si sta ora ediGcando sulla Dora
presso a Torino di rimpetto alia via clie movendo dalla
sinistra sua sponda, conduce al Campo Santo ed al
Parco.
L’acqua che serve di bevanda ai Torinesi, viene at-
tinta dai pozzi. E da un pozzo, detto la Fontana di
(I) Jntologia di Firenze , vol. 43.
IDROGRAFJA , STORIA NATURALE
rr
oO
S. Barbara, derivano pure le alquante fontane pnbbliclie
di cui la provvidenza civica voile fornirla (i).
Salubre e in generale l’acqua de’pozzi torincsi, se
non clie in molte veccliie case la viziano le materie
liquide che vi filtrano da’cessi troppo vicini. La profon-
dila di questi pozzi va in generale dai 12 ai 1 j metri.
A tener la cilia sgombra dalle nevi e dalle immon-
dizie, a rinfrescarne le vie negii eslivi ardori, ed a por-
gerc rapidamente gran copia d’acqna per lo spegnimento
degl’incendj giova sommamente un ramo di quel canale
d’acqua, tratlo dalla bora lliparia, del quale abbiamo
parlato. Queslo ramo vien condofcto in uu edilizio, detto
il Gasotlo, presso a porta di Susa, ossia al luogo che
ne conserva il nome. Quest’ acqua, distribuita per la
cilia con ingegnosa livellazione, scorre pel bel mezzo
di lulle quante le strade della parte anteriore alle re-
centi fabbricazioni. I rivi e rigagnoli cli’essa vi forma,
vengono cliiamali Dove in Torino. Essi lianno i van-
laggi sopraccennati, ma esibiseono pure molli e gravi
(I) Nel 1827, ov’era la fontana di S. Barbara presso a porta d'ltalia, si scavo
un pozzo profondo 12 metri col diametro di 3 metri, sul quale si elevo una
torre a'ta metri 13,66 sopra il suolo. Una ruota, messa in moto da una doc-
cia , muovc quatlro trombe prementi , che innalzano l’acqua e la spingono
sino al Talazzo di CitlSi, ch’ c distante metri 542 dal pozzo, ed 6 alto metri
20,93 sul polo dell’ acqua nel pozzo. 1 getti o le fontane clie ne risultano,
sotio: due del diametro di 22 millimctri a’due fianchi del Palazzo, ed uno
del diametro di 15 millimctri in una gran corle di esso, delta la corte del
Burro. Altri due piccoli getti del diametro di un centimetro sgorgano davanti
alia porta dell'edifizio ov’ 6 il pozzo, lungo la strada di circonvallazione. Nel
1837, a scrvigio de’nuovi mercati sulla piazza Emmanuel Filiberto, si aggiun-
sero in quel pozzo due trombe, mosse dalla ruota medesima, le quali raan-
dano in que'mercati otto getti d’acqua di 12 millimetri di diametro cia-*
scbeduno.
56
CAPITOLO TEIIZO-IDROGRAFIA ECC.
disconci, onde rimane almeno il dubbio, se non tor-
nerebbe piii utile il far correre quell’ acqua per sotter-
ranei canali.
Torino, benclie posta ad oriente cd a tramontana
fra duefiumi, va pienamente libera da qualunque anclie
rimoto pericolo d’inondazione per la bassura del lor
letto sotto il livello di essa. 11 Po e depresso metri 24,56
sotto il piano della piazza Castello: il lei to della Dora
giace metri 16,58 sotto il piano della via d’ltalia innanzi
alia Basilica.
Trapassando ora alia naturale istoria, nulla qui diremo
del regno vegetale, percfie la Flora di Torino trovera
luogo verso il fine dell’opera.
I suoi animali sono quelli della gran conca circum-
padana. I soli clie si possano in qualche guisadire par-
Iicolari ai dintorni di Torino, sono i seguenti:
La sylvia nisoria, Lalh. Nei vigneli in primavera.
11 parus pendulinus, L. Nolle valli.
La merope ( mcrops apiasler, L.). Poco ollre Cliieri.
II coluber Iliccioli,Mclaxk. Nelle selve e nei vigneli.
11 carabus llossii, Bonelli, Dej, ccc.
Vomalisus iaurinensis, Bon. (o m . sanyuinipennis, Dej).
Lo sphinx Ncrii, Linn., Fabr. ecc. Nei giardini delle ville.
De’fossili clie si scavano in sui colli dell’Oltrepo To-
rinese, e dei minerali, metalli e marmi che si trovano
in Piemonte, ci locchcra parlare piii sotto.
CAPITOLO IV
STORIA
l Taurini, genie Ligustica al dir di Slrabone, ossia
antica slirpc de’Liguri, come scrive Plinio, edificarono
Torino. La priina sicura notizia di questa cilia e la glo-
riosa resistenza ch’essa oppose ad Annibale, dal quale
dopo tre giorni di combattimento venne espugnata (1).
« Forse Torino era arnica, ma non sembra che a quel
tempo fosse gia soggetta ai Romani. Piii tardi vi fu
(t) nine bcllicam forliUubnem el externi imperii iinpalientiam a maioribus
nostria hereditario inre accepisse gloriaiinir. Conic Fed. Sc/opis, Fref. aU’eilfc.
Statcta et Prtvitegia Civit. Tat no - ., ncU'opcra inliiolalft: Historian patriae
wonum,— Leges nuinieipalcs.
38
CAP1T0L0 QUARTO
condotla una colonia, la quale ebbe daAugusto il nome
di Augusta de’ Taurini. Fu da Costanlino quasi intiera-
mente distrutta per aver aderito a Massenzio. Vuolsi
da alcuni che fosse anche distrutta da Stilicone, clie
guerreggiava contro i Goti, e clie fosse poi rifatta di
minore circuito. Angusti per certo ne erano i contini,
poiclie la citta di forma, quadrata era compresa tra lo
spazio ora circoscritto dal palazzo di Madama, dalla
cliiesa de’ Gesuiti, dalla strada di S. Teresa e dalla
piazza delle frutta. Fu ancora rovinata da Atlila, presa da
Odoacre, saccheggiata dai Borgognoni. Soggiogata quindi
da Narsete, venne ritolta al roniano imperio dai Longo-
bardi, al tempo de’quali fu sede d’un duca. Duede’suoi
duclii, Agilulfo c Ragumberto, furono sollevati alia real
dignita. Passo poi dal dominio de’Longobardi a quello
de’Franchi, c nella divisione dell’impero diCarlomagno
appartenne al regno d’ltalia. La conlea torinese si sten-
deva lino al Monginevro ed al Moncenisio. Nel secolo x
una famiglia creduta d’origine francese rcggeva la contea
torinese, e la marca d’ltalia. Ultimo di questa famiglia
fu Odelrico Manfredi n, padre della celebre contessa
Adelaide, clie sposd dopo il 1043 in terze nozze Oddone
di Savoia, e lascio quindi alia R. Casa lo splendido re-
laggio di questa fiorita parte d’ltalia. Pare clie dopo la
morte d’Adelaide (1091) non potessero per assai tempo
i Principi di Savoia averne la pacifica signoria. Ma cid
successe felicemente ad Amedeo in. Alcuni umori d’in-
dipendenza si manifestarono ancora nel secolo xiii. Tom-
maso ii di Savoia, conte di Fiandra e signore del Pie¬
monte, fu falto prigione dai Torinesi, e consegnato nelle
inani degli Astigiani suoi nemici. Ma il conte Pietro li
soggiogd, e Torino non fall! mai piii della debita fede al
STOHIA
39
suo Sovrano. Divenne residenza de’Principi di Savoia ai
tempi di Carlo i. Fu occupata circa 20 anni dai Francesi
nel secolo xvi. Ricuperata da Emanuele Filiberto e dotata
di una cittadella, comincio ad ingrandirsi nei secolo xvii,
per le cure massimamente di Carlo Emanuele ir; e con¬
tinue sotto ai regni seguenti a crescere d’ampiezza e di
regolarita » (1).
Ma il principale dilatamento cd abbellimento di To¬
rino appartiene al nostro secolo; perche atterrate le
opere di forlificazione die in angusta cerchia la rinser-
ravano, sul terreno da esse occupato, e piii oltre ancora,
sorse quasi una nuova citta, distribuita con bell’ ordine,
fabbricata con eleganza, e per maggiore spazio a’giardini
e minore altezza delle case, agevole tutta e gioconda.
Dei due piii memorabili assedj che sostenne Torino
ci giova dare notizia. — Negli anni 1638-39 nacquein
Piemonte la guerra civile per la reggenza dcgli stali di
Carlo Emanuele n, la quale era affidata a Cristina di
Francia, madre del Duca fanciullo, ed era a lei contesa
dal principe Tommaso e dal principe Morizio, suoi co-
gnati, e zii di esso Duca. Scoppib la guerra civile coll’ac-
compagnamento della guerra straniera: un esercito
francese sosteneva la Reggente, un esercito spagnuolo
si mosse a spalleggiare i Principi. Questi s’insignorirono
della citta di Torino; in mano de’Francesi rimase la
cittadella.
Nel 1640 il conte d’Arcourt prese il comando delle
armi francesi in Piemonte e di quelle della Reggente.
Il marchese di Leganes comandava l’esercito spagnuolo.
Questi pose P assedio a Casale, contrariando il principe
(i) Cw. Luigi Cibrario.
40
CAPITOLO QUARTO
Tommaso die voleva si espugnasse innanzi tutto la cit-
tadella di Torino. 11 conte di Arcourt mosse le insegne
verso Casale, e ne segui la famosa battaglia di questo
nome (29 aprile 1640). II conte superb le trincee degli
Spagnuoli, c gli affronto si duramenle ne’proprj lor
valli die assai di loro, non potendo reggere all’impeto
de’Francesi, si gcttarono nelle acque del Po, e vi peri-
rono annegali. La rotla degli Spagnuoli fn grandissima,
benclie prevalessero in riumero ai loro nemici.
Rifornita ch’ebbe Casale di gentc e di viveri, il conte
d’Arcourt venne a campeggiare la citta di Torino, in cui
ii principe Tommaso si cliinse, deliberato a difenderla
sino agli estremi. Nella cittadella erano tuttora i Francesi.
11 Leganes, bramoso di vendicar FalTronto di Casale,
tenne dietro al suo vincitore, sperando di ridurlo alia
condizione di vinto. Torino, investita di tal foggia, of-
friva il singolare aspetto di una cittadella assediata daila
citta, della citta assediata da un esercito francese, e
di questo esercito cireondato da un esercito spagnuolo.
E da avvertirsi, come lagrimevolissima conseguenza
di una guerra civile, che le truppe de’Principi combat-
tevanocontro quelle della Rcggente , cioe i Piemontesi
si azzudavano coi Piemontesi, c l’accanimento da ambe
le parti era smisurato e crudele. I conladini si levavano
da ogni banda in favore de’Principi; i ciltadini di To¬
rino difendevano in armi i loro bastioni; le schiere della
Duchessa facevano macello de’primi, esse mettevano a
fuoco e a sacco le ville de’ secondi sulla collina.
L’assedio di Torino del 1640 e memorabile nell’istoria
railitare per l’ostinazione e l’ardenza de’combattitori. La
guernigione della citta fece ventinove sortite. Gli Spa-
gmioli del Leganes assaltarono piii volte le linee francesi,
STORIA
41
e ne furon respinti. II d’Arcourt, esortato a levar l’as-
sedio per la mancanza dei viveri nel suo campo af-
famato dagli Spagnuoli, rispose chc cio avrebbe fatto
allora quando i suoi cavalli avessero mangiato tutta l’erba
clie cresceva intorno a Torino, e i suoi soldali tutti i
cavalli del suo esercito. II cardinale di Richelieu voleva
chead ogni patto si facesse prigioniero il principe Tom-
maso. II generalissimo spagnuolo si confidavadi premier
prigioniero il pertinace maresciallo francese.
Ma assai piii clie nel campo francese mancavano i vi¬
veri nella citta. Il marchese di Leganes avea nel corso di
quell’assedio fatto gettare da un cannone palle con let-
lere d’avviso per gli assediati, e quesli le rimandavano
con altri scritti in cui faceano noti i casi della citta e i
loro bisogni piu urgenti. Cbiamavasi percio quello il
Cannone corriere. Fu quindi agevole il far uso maggiore
di quel ritrovato, e dal campo spagnuolo si lanciarono
poi nella citta o grosse palle o bombe piene di polvere
c di sale, di clie sopratlutto si pativa disagio. Fu quello,
dicono, un trovamento di Francesco Zignoni, berga-
masco, ingegnere del principe Tommaso.
Finalmentc la cliffalta della munizione da bocca c
da guerra giunse a tale clie il principe Tommaso, il
quale reputavasi anclie tradito dal Leganes, condiscese
a capitolare il 20 settembre 1640. Egli ottenne cl’u-
scire dalla citta con alcune carra coperte, e di riti-
rarsi ad Ivrea con quanti lo volesser seguire. I)i tal
forma i Franeesi entrarono vittoriosi in Torino, e la
condotta del Leganes non ando esente da rimproveri,
da sospelti e da accuse. Due mesi dopo, Madama
Reale fece il suo ingresso in Torino. Ella era in negre
42
CAPITOLO QUARTO
e luttuose vestimenta, come dolcndosi di una vittoria
riportata sopra i suoi sudditi.
La tristissima guerra civile ebbc poi fine col trat-
tato del 14 giugno 1642. La duchessa fu riconosciuta
per Reggente da’Principi, i qaali ebbero Nizza ed Ivrea
in governo (1).
L’altro assedio di Torino, che intendiamo narrare, e
assai piii fanioso, come quello die feceperdere ai Fran-
cesi 1’Italia.
Nella lunga e terribil guerra, detta della Successione
di Spagna, Vittorio Amedeo n, duca di Savoia, erasi
accostato alia lega de’ Potentati che intendevano porre
sul trono spagnuolo un principe austriaco, contro del
re francese Luigi xiv, che voleva stabilirvi il suo ni-
pote Filippo, duca d’Angio, chiamato a regnar sulla
Spagna dal testamento di Carlo n,atto che l’imperatore
diceva insidiosamente rapito. Dopo varie vicende, la
somma delle cose della guerra in Italia parve tutta ri-
stringersi intorno a Torino.
Luigi xiv, deliberatosi nel suo sdegno a balzar dal
trono Vittorio Amedeo, avea mandato una grande e
bella e poderosa oste ad assediare (piesta capitale. La
notte del 2 di giugno 1706 il nemico aprl la trincea.
11 signor della Fogliada, comandante i Francesi, prima
di battere la citta, fece pregare il Duca d’indicargli il
suo alloggio, per non lanciare le bombe da quel lato:
« Il mio alloggio, rispose Vittorio Amedeo, sara sulle
mura della cittadella ». Tultavia la presenza del Duca
era piii necessaria fuori che dentro della citta, ove prodi
(I) Compendio della Storia della /?. Casa di Savoie. Milano, 1830.
STORIA
43
generali comandavano, e soldati e cittadini si erano
accinti e giurati a disperatamente resistere. Egli usd
di Torino e con instancabile ardire si diede, voltando
e percuotendo, a molestare gli assediatori.
E veramente fuquesta la salute dell’osteggiata citta.
Egli non avea con se die un pugno di milizie: ma con
mosse celerissime le moltiplicava, impediva i viveri al
campo francese, ne assaltava i primi drappelli, si traeva,
fuggendo, dietro il generale nemico, poi ne deludeva
l’inseguimento, e per altre vie tornava a tribolare gli
assedianti. I contadini, infiammati dall’aspelto e dall’e-
sempio del loro Sovrano, correvano da ogni banda alle
armi. La citta e la cittadella di Torino si difendevano
dal canto loro con indicibil bravura.
Cio tirava in lungo 1’ assedio: ma le munizioni da
bocca e pin da guerra cominciavano a scarseggiare in
Torino: lc malattie e la diserzione degli stranieri ne
indebolivano il presidio, ed il nemico la stringeva ogni
di maggiormente. Invano gli assedianti furono respinti
da piii assalti. Le perdite degli assediati si facevano or-
mai irreparabili; non pertanto insuperabile era la loro
costanza. Il nobilissimo atto di Pietro Micca d’Andorno
ne porge splendida prova. Egli con sicura mano appicco
fuoco ad una mina, dal cui efletto non avea tempo di
allontanarsi pel soprastar de’nemici. Questa scoppio
con orrendo fracasso, e seppelli sotto le sue rovine il
generoso Micca, in una con tutti i ncmici die erano
entrati nel sotterraneo.
Le speranze degli assediati e del Duca erano poste
nel principe Eugenio di Savoia, die conduceva un eser-
cito imperiale. Quest’ accortissimo e prodissimo capi-
tano aveva a fronle in Lombardia un fiorito esercito
44
CAPIT0L0 QUARTO
francese, guidato dal duca d’Orleans e dal maresciallo
Marsino. II Principe, con maestrevoii mutamenti etras-
porlamenti di carapo e rapidi tragitti di fmmi, piglio il
passo al nemico. II duca d’Orleans venne ad aggiungersi
col campo che stava ad oste contra Torino, e giuntovi
chiamo a consiglio i primi condottieri dell’esercito, e
propose di andar difilato ad assaltar gl’imperiali. « Sc
ne usciamo vincitori, egli disse, Torino e nostra; se
restiamo sconGtli, il ritirarsi non ci verra contrastato ».
I piu esperti capitani consenlirono nel suo parere; ma
tenne contraria opinione il Marsino, il quale mostro, per
quanto narrasi, una carta firmata dal Re che ordinava
doversi, ove i pensieri si spartissero, stare alia sentenza
di questo maresciallo.
11 di due di settembre (1706) il duca di Savoiaeil
principe Eugenio si portarono a Chieri, donde salirono
in cima al colie di Superga per riconoscere la positura
del nemico. Eravi allora in su quel giogo una cappel-
letta. Vittorio Amedeo fece voto alia Vergine d’innalzar
quivi un gran tempio, se il Rio degli esercili gli con-
cedea la vittoria. La stupenda cliiesa die incorona quell’
alto poggio, rammenta del continuo a’ Torinesi la ma-
ravigliosa loro liberazione, e 1’adempimento del voto.
La battaglia comincib la mattina del di 7 di settembre
1706. I granatieri piemontesi principiarono 1’assalto,
seguilali dalla fanteria prussiana. I Francesi, assaltati
dentro i lor valli, bravamente mostrarono il viso, e
due volte respinsero gli assalitori. Ma troppo crano al¬
lungate le linee del campo francese, ne forti e lien mu-
nite per ogni dove egualmente; onde percuotendo in
piii luoglii con grosso sforzo, i due principi di Savoia
pervennero a sboccare nella circonvallazione inimica.
STORIA
45
Data ne fu la gloria ai Prussiani, conclotli dal principe
di Anhalt, che de’primi passarono le trincee.
Duro ancora per qualche tempo furiosamente dentro
i trincieramenti de’Francesi la mischia; ma finalmente
questi piegarono e andarono in piena rotta, abbando-
nando ai vincitori le immense provvigioni d’ogni genere
raccolte nel loro campo. II maresciallo Marsino, dice
il sno epitaflo, perdette in quel contlitto la vittoria, l’e-
sercito e la vita.
11 duca d’Orleans, che arditamente combalte in quella
giornata, riporto due ferite. Smisurato fu il bottino dei
vincitori. I vinti si volsero poco meno che in fuga verso
Pinerolo, quantunque anclie dopo la disfatta prevales-
sero in numero a’loro nemici. Perseguiti dai Collegati,
scannati da’ contadini e specialmente dai Valdesi infe-
rociti, essi trapassarono la frontiera del Delfinato, si
sbandarono in gran parte, e la sconfitta di Torino tolse
ai Francesi l’ltalia.
11 duca di Savoia e il principe Eugenio, che franca-
menle aveano esposto la vita nella batlaglia, cntrarono
in Torino alle ore quattro dopo mezzogiorno. Innanzi
tutto essi portaronsi alia cattedrale per render solenni
grazie al Dio che da le vittorie. Il popolo, ebbro di gioia,
empiva le aure di grida di applauso a’ suoi liberatori.
il Duca si mostro grato ai cittadini ed al presidio che
avean tenuto saldo lino agli estremi. Il poco di polvere
che ancor restava al conte Daun per difesa di Torino,
servi a solennizzare quel Te Deum col rimbombo di tutte
le artiglierie.
Il trattato di Utrecht, che nel 1715 finalmente fe’
cessare la sanguinosissima guerra, diede a Vittorio
4 6
CAPITOLO QUARTO
Amedeo n la reale corona cli Sicilia, ch’egli poscia do¬
ve! te permutare con cjuella di Sardegna (1).
Nel giorno 26 maggioclel 1799 gli Austro-Russi en-
Irarono in Torino eh’era in mano a’Francesi. Questi
si ritrassero nella cittadella, e il generale Fiorella die
la governava , prese a tempestar la citta colle palle e
colle bombe. Era miserando spettacolo il veder l’in-
cendio c la rovina delle case; le strade deserte, e piene
di vetri spezzali e di rottami di mura. I cittadini pin
prossimi al grandinar delle bombe, stavano , pallidi c
tremanti, ricovcrati nelle canline; i pin lontani corre-
vano a rifuggirsi snlla collina, e questa fnga nollurna
o al chiarore dell’alba appresentava una scena d’inenar-
rabilelutto. Durb conqualche inlcrrompimento dal venir
della sera si no al matlino gia ben alto il tremendo 11a-
gello. Tultavia il clanno non pareggio il terrore, per-
clie gli artiglieri piemontesi cli’erano nella cittadella
co’Francesi, e ministravano i mortai, dolorosi di recare
tin tanto strazio alia lor patria, dirizzavano i projetti
in maniera die trasvolando sopra della citta, andassero
per la maggior parte a cadere ne’prati di Vanchiglia.
Finalmente tra Francesi ed Austro-Russi si convennc
die questi non assalterebbero la cittadella dalla parte
della citta, e questi non infesterebbero la citta dalla cit¬
tadella.
I Francesi aveano slealmente occupato il Piemonte
nel dicembre 1798. Essi ne vennero cacciati dagli Au¬
stro-Russi nel 1799. Ma nell’anno seguente vi calarono
piii potenti di prima, e la vittoria di Marengo diede a!
pritno Console il dominio di queste contrade. Nel 1802
(!) M.
STORIA
47
(11 seltembre) il Piemonte venne unito alia repubblica
francese chepoeo cli poi si trasformo nell’Impero. Men-
tre duro l’impero napoleonico, Torino fu capo-luogo
della 27. ,na divisione mililare. Era pur sede del principe
Camillo Borghese, cognato dellTmperatore, col litolo di
Governatore generale dei dipartimenti di qua dalle Alpi.
Caduto Napoleone nel 1814, ritorno il Piemonte sotto
I’amato freno de’suoi naturali Signori. L’ingresso fatto in
Torino da Vittorio Emmanucle (20 maggiol814) fu scena
di famiglia, piena delle pin dolci e piii care emozioni.
Ne cib dee recar maraviglia. Racquistavano i Piemontesi
l’indipendenza, la dignita ed il nome di nazione; racqui¬
stavano la dinastia di que’principi die per otto secoli
n’erano stati meno i dominatori che i padri, che gli
aveano avvezzali alle armi, condotti alia vitloria, te-
nuti liberi dal giogo slraniero, e merce de’quali in
qucsta ]»iu alta parte dell’ Italia l’antico valore italiano
non era mai venuto languendo. Racquistavano poi i
Torinesi in particolare lo splendore, V opulenza e la
popolazione d’una metropoli, che perl’unione del Geno-
vcsato a’ RR. Stati clovea poi sempre piii venire cre¬
scendo in riputazione e in grandezza e in bellezza.
L’adempimento del lielo augurio c ora dimoslrato dalla
popolazione quasi raddoppiata, clallo straordinario di-
latamenlo della citta, dalla vaghczza de’suoi nuovi
ediQzj, c dalla gran copia d’instituzioni nuovamenle
fondate o sapientemenle restaurate che la magnificano
od abbelliscono. I)i tutte le citta dell’Italia, Torino b
fuor di dubbio quel la che in questo felice periodo della
pace universale sia cresciuta in fiore con piii appariscente
progresso
Le pestilenze che in varj tempi ahlissero I’ Italia e
48
CAP1T0L0 QUARTO
die sono registrate nell’istoria, travagliarono anehe To¬
rino. Ma quella di cui ci rimase pid particolareggiata
memoria, segui nel 1650. 11 Duca e la sua famiglia
uscirono dalla citta, i faeoltosi ne abbandonaron le mura;
Torino trovossi ridolta a 12,000 abitatori. Per giunta
di mali, la guerra slraniera che allora infieriva in Pie¬
monte, fece mancare le vettovaglie nella cilia; gl’ in-
fermi, slimolati dalla fame, ributtarono le guardie del
lazzarelto, e sparsero T infezione per ogni dove. Un
esercilo francese avvicinossi in quel mezzo ai bastioni:
Ira i cittadini cliiamati a difenderli, vi furono anehe i
sospetli di peste. II terribil contagio, cosi propagate, im-
perversb allora senza ritegno. Ne vi manearono ancora
i creduti unlori, ne i loro supplizj. I mali dell’anarchia,
le rapine, le scclleraggini s’unirono alle stragi della con-
lagione, e la misera Torino esibiva lo spettacolo di tutti
gli orrori congiunti. Finalmente il grande spedaliere
cavaliere Goveano, non curando ilpericolo de’suoi giorni,
venne a prendere il freno della citta. 11 suo esempio rav-
vivo gli abbatluti spiriti, la sua severita restaurb l’ordine;
uomini virtuosi lo secondarono a tutto potere. Nel marzo
del 1631, i malati scemarono di numero, e nell’agosto
la peste interamente si dilegub (1).
(I) Tra coloro che si segnalarono per operoso zelo c per anlente carila in
arle della ciIlk fu
in punto di rimaner preda dell’incendio ».
REINAUD , Invasions dcs Sarazins.
D. B. Gli Arabi ill Italia.
3
50
CAPITOLO QUARTO — STORIA
scrittore acre e festivo, il Vasco, profondo economista,
il conte Napione, instancabil filologo, il dottissimo abate
di Calnso, Giuseppe Grassi, Carlo Bouclieron, il conte
Prospero Balbo, il Bertrandi, valentissimo in cliirurgia,
il Gioanetti die fu de’primi in Italia a coltivare la mo-
derna chimica, il conte Angelo Saluzzo, si benemerito
delle scienze, la sua figlia Biodata die prese il primo
seggio tra le poetesse italiane, l’Allioni, autore della
Flora Pedemontana , il Porporati, finitissimo incisore,
Spirito Benedetto Nicolis di Robilant, celebre mineralogo,
e sopra tutti Pimmortale Lagrangia die solo basterebbe
a glorificare non unacitta, ma un’intera nazione. Assai
lungo poi riuscirebbe 1’ elenco degl’ illustri Piemontesi
che vissero e fiorirono in Torino, tra’quali non citeremo
die Jacopo Durandi e il barone Vernazza, critici insi-
gni, gl’illustri fisici G. B. Beccaria e Vassalli-Eandi, l’a-
natomico Cigna, il gran chimico Giobert, e il Bonelli
egregio entomologista.
CAPITOLO V
RELIGIONE
Torino, sede arcivescovile, e cilia cminentemenle cat-
lolica. La naturale pieta de’snoi abitatori venne in ogni.
tempo rinvigorita dalla santita e dalla dottrina de’suoi
pontefici.
« Antica ed illustre e questa diocesi. Data la pace alia
cliiesa da Costantino, tosto si vide sorgere il primo ve-
scovo di Torino s. Vittore, e mentre la cliiesa di Milano
era governata da s. Ambrogio e quella di Vercelli da
s. Eusebio, quella di Torino lo era da s. Massimo (1).
(1) Nel 1755 il Bartoli era a Vercelli « tutto occupalo intorno ai preziosi
« codici di quella biblioteca capitolare; de’quali non fu purcontentodi fare
CAPITOLO QU1NTO
52
« Ma la chiesa cli Torino era vastissima, giacclie com-
prendeva quasi tulte le citta del Piemonte, e da esse
vennero scorporate parecchie altre diocesi.
« Sino al tempo di Sisto iv, il Vescovo di Torino fu
sutl'raganeo dell’Arcivescovo di Milano. Sisto iv ren-
dette la sede di Torino indipendente dalla giurisdizione
metropolitana, e la innalzo alia dignita arcivescovile.
Nel 1515 papa Leone x l’eresse in metropoli con ren-
dere suoi suflraganei i due vescovi di Mondovi e d’lvrea.
« L’Arcivescovo di Torino e cancellario della regia
Universita degli studj fin dall’anno 1405, c dieci sono
oggidi i Vescovi suffraganei del medesimo, cosicche
questa sede puo con ragione dirsi la piu ragguardevole
degli Stati di S. M.
a il catalogo, ajulalo in cio tlall’ arcidiacono ab. Langosco, ma veduline tre
« del vescovo torinese san Massimo, gli nacque vagbezza di poter formare una
« nnova edizione di lutte le opere sinora assai guaste di san Massimo, tanto
« bramala dal Mabillon {Mus. ItaL T. I, pars, all., p. 3), e lanto conveniente a
v questa augusta metropoli. Che se queslo pio desiderio del Barloli rimase in-
« compiuto, ben lo effelluo il P. Bruno con la diligente e magnifica edizione
« di tulte le opere del torinese pontefice, procurata dalla Santitk di Pio VI,
« e alia MaesU di Vittorio Amedeo m merilamente inlitolata •> (*).
(*) « Sancti Maximi episcopi taurinensis opera, jussu Pii Sexti P. M. aucla,
« atque adastationibus illustrata, et Victorio Amedeo Sardiniae regi d. d. Bomae
« 1784, fob Colla scoria dall’aulcgrafoesislente ne/la libreria capilolare di J'er-
« celli si face pure l’edizione delle opere del rescovo Allone, procurata dal dollo
« moils. Carlo Duronzo del Signore, cite insieme col card. Costa d' Arignano , e
e con mons. Giacinto della Torre forma quell' illuslre Iriunu irato, di cut si
a onorerh sempre non meno la diocesi di Torino, cite la letteratura piemonlese ».
Tratto dal discorso tuttavia inedilo sulla vita e gli studj di Gius. Bartoli,
prof, di eloq. ital. e di lettere greche nell'Univ. di Torino, e antiquario del
Ite di Sardegna; letto all’Accademia R. delle Scienze dal socio corrispondente
Pier Alessandro Paravia, la sera de’25 giugno 1840.
RELIGIONE
53
« I died vescovati suffraganei sono Acqui, Alba,
Asti, Cuneo, Fossano, Ivrea, Mondovi, Pinerolo, Sa-
luzzo e Susa » (1).
Seggono in Torino la Curia arcivescovile, il Capitolo
metropolitano e la Collegiata de’canonici della SS. Tri-
nita, per tacere delle sette altre collegiate, che sono
in questa diocesi, a Carmagnola, Chieri, Cuorgne, Gia-
veno, Moncalieri, Rivoli e Savigliano.
In Torino e il Seminario maggiore, il quale, coi
suoi minori di Giaveno, Chieri e Bra, contiene <^58
chierici (2). Altri 207 chierici sono nella citta fuori dei
Seminarj. I sacerdoti di Torino ascendono a 567. Nelle
case religiose de’varj ordini i saceraoti niontano a 284,
i diaconi, suddiaconi e professi, a 150.
La citta ha 14 parrocchie, 1 la cittadella, 2 ne hanno i
sobborghi, 14 il territorio, 254 la diocesi. Oltre le chiese
parrocchiali, vi sono in Torino e ne’ suoi confini 50 e
piii altri templi ed oratorj; e fuori di Torino, in tutta
la diocesi, oltre a 500.
Le confraternite di Torino sommano ad otto. Oltre
il fine devoto, alcune di esse hanno anche un fine cari-
tatevole, o vogliam dir filantropico: 1’ una seppellisce
i cadaveri che si trovano per la citta, l’altra racconcia
i letti agl’ infermi, o li soccorre in varie maniere. Ma
soprattutto e ammirabile quella della Misericordia. Essa
sovviene a’carcerati, conforta i condannati e gli accom-
pagna al pat.ibolo. Ove piii profondo e lo squallore delle
prigioni, ivi la sua carita risplende piu viva.
(1) Calend. gener . tie' FR. SS.
(2) I chiorici del Seminario studiano in esso due anni fdosofia solto ad in-
segnanti depulati dal monsignore Arcivescovo, c cinque anni teologia sotlo ai
professori deH'UniversitA.
54
CAPITOLO QUINTO
Havvi in Torino una Casa per gli esercizj spirituali.
II Convilto di 5. Francesco e una scuola di perfeziona-
mento per gli ecclesiastici: ha presentemente 45 allievi.
Quello di Superga, die ne ha 15, e un’accademia eccle-
siastica.
Risiede in Torino l’Economato generale regio ed apo-
stolico de’vescovati ed abazie vacanti, ed azienda ge¬
nerale delle corporazioni religiose (1).
11 servigio clivino, le sacre cerimonie, le processioni,
i mortorj e quanti altri riti al cattolico culto s’attengano,
(!) Case religiose in Torino:
^Carmelitani scalzi.
Cliierici regolari ministri (legl’infermi.
Chierici regolari di S. Paolo, volgarmente Barnabiti.
PP. della Compagnia di Gesu.
PP. della Congregazione della Missione di S. Vincenzo De-Paoli.
iCertosini (la Certosa 6 a Collegno, tre miglia distante da Torino).
Fratelli delle scuole cristiane.
COMIM /Minori osservanti.
| Minori osservanti riformati.
I Minori Cappuccini (hanno due conventi, 1'uno al Monte, eminenza
di banco al borgo di Po; 1’altro alia Madonna di Campagna,
un niiglio a settentrione di Torino).
Oblati di Maria SS.
TP. dell’Oratorio di S. Filippo Neri.
\Ordine de’Predicatori.
Bonne
Canonichesse regolari lateranensi, volgarmente Roccheltine.
Cappuccine.
Dame del S. Cuore di Gesu.
Snore di caritli, fondate da s. Vincenzo De-raoli.
Snore di carit^ sotto la protczione di s. Vincenzo De-Paoli.
Snore di S. Giuseppe.
Terziarie Domenicane.
Visitandine, ossia Salesiane.
Monache dell’ adorazione perpetua.
RELIGIONS
53
vengono qui celebrati con solenne pompa e con edifi-
cante decoro. II Clero torinese, segnalato in ogni tempo
per pieta religiosa e per esemplarita di costunii, e in-
signe anche per dottrina. Esso annovera in questi giorni
molli valenti scrittori.
Da cinque anni si pubblica in Torino un giornale
ebdomadario, intitolato il Propagators religioso. Ai dotti
suoi compilatori s’ apparterrebbe 1’ ulicio di tessere la
statistica religiosa di Torino, della quale, noi digiuni
affatto de’ sacri studj, a gran fatica abbiamo potuto
porgere un cenno (1).
Gli Ebrei hanno in Torino una sinagoga. 11 loro nu-
mero era nel 1839 di 1481.
(I) Per la descrizione delle cliiese principal, vcggasi il capitolo Edijizj *
monumcnli ; e per le Opere pie il capitolo ad esse dedicato.
CAPITOLO VI
INSTITUZIONI MUNICIPAL! j CASSE DI RISPARMIO,
ILLUMINAZIONE, INCENDJ
« A’ tempi di Roma, ogni citta aveva per lontana
immagine del Senato romano una curia presieduta da
Duumviri o Quatuorviri, che rappresentava l’universalita
de’cittadini.
« Lo scopo di questa instituzione era politico ad un
tempo e fiscale.
« I Decurioni erano scelti tra i piu ricchi possessori
di terre, godeano onori e privilegi, servivano d’asses-
sori ai magistrati romani, ed alcuni di essi col titolo
di defensores civium esercitavano in cause di picciolo
INSTITUZIONI MUNICIPAL! ECC.
5 ?
rilievo l’autorita giudiziaria. Questi onori li rendeano
devoli al governo. Erano poi mallevadori dell’intero
censo dovuto da tutti i possessori del territorio, che
ripartivano e riscoteano. Erano tenuti a pagar del pro-
piio pe’ campi abbandonati, e pe’debitori fuggiasclii,
e percio questo patriziato si rese a certi tempi tanto
gravoso, che bisognarono leggi severissime per costrin-
gere i Decurioni a star in uficio, a non preferire perfmo
la schiavitii al decurionato » (1).
Quest’abbassamento del decurionato segui nel decli-
nar dell’impero. Ma ne’ tempi della Repubblica « in
quella guisa che in Roma il Senato con alia testa i suoi
Consoli era supremo arbitro dello stato, nelle citta
sue suddite lo erano le Curie sotto la presidenza di
chi in esse teneva il luogo di Consoli » (2).
L’istoria del potere municipale ne’tempi barbarici e
argomento di lunghe contese che qui tornerebbero in-
tempestive. « Amolone, vescovo di Torino, che pontifico
dall’anno 880 al 901, ebbe, al dir del cronista novali-
eense, discordia co’suoi cittadini che lo cacciarono di
citta. Fu tre anni fuori del seggio episcopale: fatta la
pace, torno con uno stuolo d’armati e distrusse le dense
torri da cui la citta era circondata. Questa testimo-
nianza d’autor tanto antico, sebbene non contempora-
neo, mi sembra di molto peso per provare che Torino
doveva avere qualche ordinamento municipale » (3).
(1) Cav. L. Cibrario, della Eeonouda polit. del Medio Eeo. a Si puo dire
a tulto rigore di verity, i Curiali (cosi presero a chiamarsi i Decurioni dopo
il terzo secolo) essere stati nel secolo iv c nel v la piii misera e travagliata
dasse de sudditi a. Delta condizione d'Italia solto gl‘Imperatori Romani,
(2) Della condiz, d’Italia C. S.
(3) Cibrario, wi.
*3
rj<5
JO
CAPITOLO SESTO
E parere cli talani che quest’ordinamento municipale
ili Torino nel nono sccolo fosse una conlinuazione qua-
lunque dell’antica curia romana, continuazione spesso
alterata, raa non mai interrotta di poi. Noi non ose-
vemino asserirlo. Ma se continuasse quella curia, o na-
scesse dal consiglio di credenza del medio evo, o si
restaurasse pia tardi sull’anfico modello, una cosa ap-
parisce pur certa, ed e die il presente Corpo decurio-
nale di Torino rende per assai lati 1’ immagine della
curia romana sotto i primi imperatori. II sistema che
or regna, venne sancito nel 1767 dal re Carlo Emma-
isuele m (1).
L’Ordine o Corpo decurionale e composto di sessanla
decurioni, divisi in due classi. I trenta della prima classe
vengono scelli tra i nobili piii qualificati o per nascita
o per dignita o per antico vassallaggio.
I trenta della seconda si eleggono tra gli altri vas-
salli e migliori cittadini, tra gli avvocati e i negozianti
di miglior credito. I principali uticj deU’amministra-
zione civica vengono sostenuti da Decurioni. Questi
uficj sono, di Sindaco (uno per classe), di Mastro di
ragione, di Ragionieri, Cliiavarj, Archivista, Avvocato
cSegretario. II Consiglio generate della Citta si compone
di tutti i decurioni, e, quando e adunato, rappresenta
1’intero corpo di Citta, ossia l’Ordine (2).
(1) (f Colla riserva, sulle rapprescntanze de’ Decurioni o sulle notizie die
altriiucnli a lui pervenissero, di slabiltre nuove rrgole, all’oggetto somprc di
vioppiu accertare il vantaggioso maneggio della eitlii ed il puhblico bone
(2) a 11 Consiglio generale della Cittfi si raduna stabilmente Ire volte all’anno,
I'ultimo giorno ileH’aprile, dell’agoslo e del dicembre. Esso ba l’autorith omni-
ntoda nelle cose eoncernenti il pubblico maneggio, con la libera ed assoluta
amrainistrazione di tutti i fondi, effetti, rendite e ragioni della CittH. Il Consiglio
INSTITUZIONI MUNICIPALI ECC.
59
Da cliversi rami provengono le entrate della cilia, j
pid riguardevoli sono i mulini, perocche la citta ha i!
diritto della macinatura, detto francescamente banalita,
non solo dentro le mura ma eziandio per tutto il terri-
torio; vengono appresso le case ch’ella possiede e gli
edificj de’Maeelli. Le sue uscile sono senza numero:
porremo tra le principali la dole della Cassa de’ censi
e prestiti, il mantenimenlo delle strade del territorio,
le scuole comunali primarie, ecc. ecc.
Gli Statuti e Privilegi della cilia di Torino vennero
di recente pubblieati dal conte Federico Selopis con
una dolta prefazione (1). 11 codice di questi Statuli
lenevasi altre volte esposlo ai pubblici sguardi nel
generate elegge i nuovi Decurionl sulla proposla presentata dai Chiavarj. dT-
pendono dall’elezione del Consiglio generale tutti gli uficj decurionali, compreso
il supremo de’Sindad. Dal Consiglio generate vengono pure eletti nmi gl’impier
gati subalterni della Citth: spetta ad es.so il decretare le rappresentanze da
farsi al Re in nome della Citta per mezzo de’Sindaci.
a Non polendo n6 dovendo il Consiglio generate radunarsi pel maneggiu
delle cose giornaliere ed ovvie della CitUi, I’autorita per queste viene confe*
rita ad una congregazione particolare, la quale si rauna almeno una volta al
mese, ed 6 legittima medianle 1’inlervenlo di diciassetle de'soggetti che la
compongono. Si riferisce alia Congregazione tutto cio cbe giksiastato discusso
o deliberato nella Ragioneria per essere da quella approvato o risoluto.
o La Ragioneria dee radunarsi una volta per setlimana, ed ha particolare
ispezione sul governo economico della citth, sulla tassa delle liste de’conti degli
operai, sulla formazione ed osservanza del bilancio, sul buon governo dei con-
labili, ed in somma su tutte le cose da sottoporsi all’ approvazione o delibe-
razione della Congregazione o del Consiglio generate ». S. C.
(I) Staluta et Privilegia Cii’itatis Taiirinensis, ecc., come a pag. 37.
Privilegi a, dice il cbiarissimo editore, et Staluta quae nunc primum in lucem
edimus, eo maioris momenti sunt quod, quum Augusta Tauvinorwn princi-
pum sedes plerumqtie fuerit, pracslantissima ilia habebanlur. Nec raro ac-
cidit, ut gravtssima negolia quae universam suba/pinarn regionem spectarenf,
a pud municipii Tatuinensis Ordincm agerenlur.
$0
CAPITOLO SESTO
vestibolo del palazzo di Citta, e perche era aftisso ad uno
scanno con una catena, cliiamavasi il Libro clellci catena.
La quale pubblica e conlinua esposizione delle leggi
municipali, durata sino agli ultimi anni dello scorso se-
colo, era bella testimonianza del senno de’nostri mag-
giori (1).
L’amministrazione del debito della Citta e commessa
alia Cassa de’censi e prestiti (2). —
« Nei secoli xm e xiv molte citta libere d’ Italia
dovettero recarsi all’ obbedienza de’sovrani, entro alio
stato de’quali era rinchiuso il breve lor territorio; ma
conservaronoperprivilegio le loro inslituzioni municipali
e la ragione di proporre alia scelta del principe il gen-
tiluomo da eleggersi in podesta; il quale nelle terre
suddite pigliava poi il nome di Yicario » (5).
A quell’epoca sembra risalire l’instituzione del Vica-
riato in Torino (4). L’uflizio di Yicario e quello di So-
(1) Optimo sane consi/io, si exinde dignoscerent does, leges omnibus obviam
esse deberc, et ad eas, veluli ad lutissimum praesidium aditum cuique Uberrime
palere. Ivi.
(2) Nel 1795 il Consiglio generate stabili una cassa separata dal rimanente
dell’amministrazione della Citlh col nome di Cassa de’censi e prestiti, fidata
alia soprantendenza di sei Decurioni a cio deputati, oltre ai due Sindaci e
al Mastro di ragione. Essa 6 incaricata esclusivamente dell’amministrazione
del debito della Cittk. Pubblica ogni anno uno specchio delle sue operazioni.
A tutela di questa furono specialmente ipotccati (litti gl’immobili, diritti ed
effetti della Cilik. I limiti, le regole e la durata delle sue incumbenze sono
contenuti nell’ordmnfo del suo ristalnlimenlo, fatto di pubblica ragione con
manifesto della Cittk I.° settembre 1816. S. C.
(3) Cibrario, c. S.
(4) Nel 1235 era Podestk di Torino Roberto de Guiolardis, e v’era Yicario
|>er Federico II, imperatore e re di Sicilia, Pietro di Brayda.
Nel 1285 v’era Vicario pel conte di Savoia, Guglielmo di Viriaco, ed era
Sindaco di Torino un Galvagno. Monum. Hist, pal., tom. l.
INSTITUZIONI MUNICIPAL! ECC.
6i
prantendente della politica, ch’erano clivisi, furono uniti
insieme coll’ eclitto 19 dicembre 1687. E il Vicariato in
Torino una magistratura coniplessa, die sostiene uflcj
giudiciarj, di polizia municipale ed amministrativi (1).
Servono all’esercizio della polizia municipale 26 guar-
die civiclie, 12 arcieri, 8 guardie campestri. Carcere
dipendente dal Vicariato sono le Torri.
L’edilita era una bella instituzione di Roma antica.
I magi strati romani, delti Ediii da aedes, edificio, aveano
in cura i templi, i bagni, i portici, gli acquidolti, le
cloache c le strade della citta. L’abbellimento di Roma
era il loro principale uficio, al quale ne aggiungevano
(1) «ll Vicario soprantendente generale di politica e pulizia 6 nominato ad
Ogni biennio dal Re, sulla rosa o pro]>osta di tre Decurioni di prima classe,
formata dal Consiglio generale della Citth. Compongono inollre 1’uficio del
Vicariato un Luogotenente Vicario, tre Assessor!, tin Segretario capo, quattro
Commissarj cd un proporzionato numero di altri impiegati.
« Nell’esercizio della giurisdizione civile il Vicario coriosce delle contro¬
versy che possono insorgere relativamente ai commestibili che sogliono ven¬
ders’! al minuto, per le legna c carbone, pe’contratti di mattoni ed altri malc-
riali destinati alia costruzione delle fabbriche, c intorno ai congedi e salarj
dei servitori, serve e nutrici, e alia mercede de'giornalieri. Nell’esercizio della
giurisdizione criminale conosce dei delilti di truCfe e furli semplici, contro
gli oziosi, vagabond’! e mendicanti validi, e per le contravvenzioni ai bandi
campesLri ed alle disposizioni dei varj manifesti del suo ulicio, interessanti la
polizia municipale.
« Le attribuzioni di pulizia municipale annesse all’ uficio del Vicariato
hanno per oggetlo di promuovere 1’osservanza degli ordini concernenti la re-
ligione, il buon costume, la salubrity, l’abbondanza e il discreto prezzo dei
viveri; la tranquillity e sicurezza dei ciltadini ; la sicurezza e nettezza delle
piazze e vie pubblicbe; la solidity e l’abbellimento nelle costruzioni delle fab¬
briche; I’ispezione delle persone e dei locali, dei pubblici negozj ed esercizj.
u Per la parte amministrativa sono albdate all’uficio del Vicariato per la
citty, borgbi e territorio di Torino, tutte le giurisdizioni e facolty altribuile
agli Intendenti delle provincic, trannc qualunque ingerenza neil'amministra-
zione della Citty p. S. C.
CAPITOLO SESTO
62
molti altri, spettanti lie’ nostri giorni a cib die cliia-
miarn polizia. L’abbellimento di Torino e l’unico uficio
del Consiglio degli Edili, qui instiluito nel 1822, e fatto
succedere al Congresso di architettura fondato nel
J773 (1).
Apparticne alia Cittii Tunica Cassa di risparmj clie
siavi mai stata e siavi ora in Torino. Essa venne fon-
data nel 1827, ampliata nel 1856, riformata nel 1840.
Ecco il prospetto delle sue operazioni dal l.° di giu-
gno 1859 a tutto il maggio del 1840 (2).
(1) « ll Consiglio degli Edili si compone del Vicario, dei due Sindaci edi due
altri Decurioni della Citty, del primo architetto di S. M., del professore di
architettura civile della regia University degli studj, d’ un ispettore del Ge-
nio civile e di tre architetti. Tutti gli oggetti che riguardano l’allineamenlo
delle contrade, gl’ ingrandimenti ed abhellimenti interni ed esterni della
citty, sobborghi, o loro vicinanze, o venga chiesto dal Re il parere del Con¬
siglio, o debba questo spiegarsi ad istanza di coloro i quali desiderano fare
innovazioni a tali oggetti relative, debbono cssere sottoposti alle deliberazioni
del Consiglio.
« Un Congresso d’architettura del Consiglio degli Edili , tratlo da alcuni
dei membri del medesimo, stabilisce sugli oggetti che riguardano sempli-
cemente la perizia nell’arcbitettura csteriore di qualche edifizio od il modu
d’ eseguimento di qualche determinazione del Consiglio.
« Spetta all’uficio del Vicariato il far osservarc le deliberazioni del Con¬
siglio ». S. C.
(2) (i Ogni abilatore della citlk o del territorio puo, in qualunque giorno,
depositare in quesla cassa sonime non minori di una lira, nd maggiori di
lire duemila. Sulle somme depositate e che arrivino almeno a 5 lire, viene
corrisposto di semestre in semestre 1’ interesse in ragione del tre per cento
all'anno, cominciando dal primo del mese successivo a quello in cui venne
fatto il deposilo. U’interesse non riscosso si unisce al capitale, e frutla al
pari di questo. Ogni somma eccedente le L. 2000 per ciascun deposilore
resta infrultifera. Fuori dell’ interesse, non si fanno rimborsi parziali, minori
di cinque lire. Per soinme non maggiori di L. 20, i rimborsi si fanno all’atto
della dimanda: da L. 20 a I.. 300, la dimanda dee precedere di otto giorni,
e per somme maggiori ci vuole 1’ intervallo di giorni quindici. I rimborsi si
INSTITUZIONI MUNICIPAL I ECC.
63
OPERAZIOKTI 33SMA CASSA DI RT3PARMJ
dal I.o di giugno 1839 a tutto maggio IS40
Somme depositate.L. 550,755
Quantita dei depositi.» i ,92o
Nuovi deponenti.» 575
Somme limborsate.» 215,224
Quanlila delle rimborsazioni .» 1,174
Nel 1667 in lutle le strade di Parigi si posero lan¬
terne con candele accese; il die par?e si riguardevol
novita die il governo fece coniare ana medaglia in quclla
occasions. La pubblica e regolarc illuminazione di Lon-
dra non ebbe principio cite nel 1736. Quclla di Torino
incomincio nel 1675. Essa era fatta con lanterne di
tela cerala accese a olio per tutta la nolle in tutti i
crocicclii. Ne sostenevano la spesa, parte la Cilia, parle
i padroni delle case. Nel 1691 si collocarono i bracci
di ferro a sostegno delle lanterne. Nel 1727 si diede
I’illuminazione in appalto, e un regio edilto statui pene
ai rompitori delle lanterne. Per tutto il 1735, anno, a
quanto sembra, di carestia, si tralascio d’illuminare lc
strade, e la pecunia a cio assegnata fu rivolta in soc-
corso de’poveri. Nel 1782 si adotto il sistema d’illu-
minazione che dura all’incirca lo stesso tuttora, benclie
riformato e migliorato nel 1826. Per le spese di man-
fanno nel lunedl e nel giovedi d’ogni settimann, quanilo non sienn festi\i.
Nessuna spesa C a carico del depositore, ncmmeno quella del libretto die a
ciascuno di essi vien consegnato. Il libretto porta un numero d’ordine cor-
vispondente al registro della cassa, sill quale sono scritti il nome del deposi¬
tore ed altri cenni che servano a contraddistinguerlo. Nessuno pud avere
piu d'un libretto ». S. C.
64
CAPITOLO SESTO
tenimento s’impose un clazio di consume sulla paglia
e sul fieno.
Presentemente Torino e illuminata da 481 lanterne
ad olio che ardono tutta quanta la notte dalla sera al
mattino, risplenda o non risplenda la luna. Questa illu-
minazione e a carico della Cilia la quale riscuote il dazio
predetto: importa la spesa annua di lire setlan tamila o
circa. Ventotto illuminatori nello spazio di venli minuti
accendono tutte le lanterne.
Nelle sere della vigilia e della festa della SS. An-
nunziata, della SS. Sindone e della Nativita di M. V.,
s’illuminano i palazzi reali ed i pubblici edifizj: i cit-
tadini volontariamente mettono lumi ai balconi ed alle
finestre delle case ove dimorano.
Le strade della citta non sono ancora illuminate col
gaz, quantunque un grandioso stabilimento del gaz gia
liorisca in Torino. II che avviene od e avvenuto an-
clie in altre capitali, queste grandi mutazioni non ope-
randosi quasi mai ad un tratto. Ma col gaz e gia illumi-
nato gran numero di bolteghe e di atrii, e la vivida luce
die n’esce si sparge pure sulle vie cittadine.
Attestano il progresso della civilta le cure de’magi-
skrati per reprimere gli accidenti sinistri o per dirni-
nuirne il danno. Sin dal 1668 la Citta di Torino provvide
per lo spegnimento degl’ incendj. Essa nel 1697 fece
venire tre siringhe o specie di trombe da Ginevra, dalle
Fiandre e dalla Germania (1). Ai facchini e ai brenta-
(I) Gli atti sincroni dicono siringhe, e questo era il vero termine tecnico
ile’sifoni o specie di trombe che si usavano allora contro gl’ incendj. Beckmann
c'insegna cbe nel 1518 v’erano in Augusta certe macchine adoperate a spegnere
Pincendio, le quali si chiamavano « stromenti da fuoco, o siringhe d’acqua ». Le
prime trombe portatili(powpes porta tires), mentovate in Francia, sono del 1699,
INSTITUZIONI MUNICIPALI ECC.
65
tori s’impose l’obbligo di accorrere a portar acqua ove
si manifestasser le fiamme (1678), e merce di alcune
esenzioni si ottenne (1725) che falegnami e muratori
dovessero porgervi l’opera loro. Nel 1751 il servigio
delle trombe fu regolarmente stabilito, ed aumentato
il numero di esse, distribuite in varj punti della citta.
Nel 1785 i soldati di artiglieria presero ad accorrere
agli incendj. Il piccol numero di questi disastri alquanto
memorabili, avvenuti dal 1716 in poi, dimostrano che
quei provvedimenti non mancavano d’ efficacia (1).
Ma conveniva opporre agl’incendj un piii forte ordina-
mento, corrispondente a quelli che oggigiorno sussistono
nelle capitali piii ingentilite. Onde nel 1824 venne formata
la presente Compagnia di Operaj-guardie del fuoco. Que-
sta Compagnia, il suo buon regolamento, l’assistenza che
prestano all’uopo i soldati della guernigione, il numero
delle trombe in servigio e d’ altri arnesi opportuni, e
il vigile intervento delle autorita fanno si che ora gli
incendj, appeua manifestati, vengono spenti o repressi,
od almeno sempre impediti di stendere in lontano i
lor guasti (2).
(1) Incendj alquanto memorabili, seguiti in Torino dal principio dello scorso
secolo a questa parte:
1716—Una delle quattro torri del Castello.
1725—Palazzo della Zecca.
1786—Teatro Carignano (la mattina del giorno delle Ceneri ).
1816— Palazzo del R.Parco.
1817— Palazzo della Citta.
1821—Palazzo detto del Ciablese.
1828—Teatro Sutera (il giorno dopo qnello delle Ceneri ).
1840—Albergo della Dogana vecchia, la notte dal 13 al 14 gennaio.
(2) « La Compagnia degli Operai-guardie del fuoco 6 composta di 50
uomini arredati in modo uniforme, e pagati dalla Citta. Hanno caserma nel
66
CAPITOLO SESTO
Ma perclie taceremmo la presenza del Re Carlo Al¬
berto ad ogni incendio torinese di qualche gravezza? (1).
palazzo civico, ed in essa undid di loro passan la notte. Vi sono inoltre due
posti di guardia permanent, l’uno nel detto palazzo, e l’altro ncl R. castello
sulla piazza di questo nome.
« In virtu del regolamento del 1786, la guernigione somministra , qual
terzo serviente negli incendj, 300 uomini della R. truppa, i quali sono gior-
nalmente comandati in abito di fatica per questo servizio. Ed un tal numero
si raddoppia o si triplica secondo i bisogni. Sono tenuti di accorrere all’in-
cendio i brentalori e gli spazzacamini. Tutti dipendono dal Comandante della
Compagnia.
« Diciassette sono le trombe o pompe disponibili: 6 del Re, 3 del R. Ar-
senale, 8 della CittA; oltre a quelle che stanno in ciascuno de’ teatri. Spet-
tano pure alia Citlk diverse specie di nuove scale e maccbine, le quali rie-
scono di gran sussidio in que’ frangenti, e servono a salvare persone e robe
di mezzo alle fiamme ». S. C.
(I) Per V incendio avvenulo in Torino la nolle dal 13 al 14 gennaio 1840
VERSI
Alta notte invernal le torri ammanta
E i templi e gli archi alia cittA che giace
JSel sonno immersa, e di silenzio cinta.
Ma repente, ahi’sciagura! ecco il nottumo
Orror vien lotto da pin orrenda luce.
Ferve 1’ incendio; vorticosa fiamma
Al ciel s’avventa, e di faville un nembo
Sopra a’ tetti propinqui si diffonde.
Sulle penne dell’Anstro il turbo ignito
Vola, e s’allarga, e con funerea vampa
Reca a’lontani albergbi la minaccia.
Freddo glacial, qual sotto 1’Orse e il Polo,
Assidera le membra, e l’opre allenta,
E in massa inerte cangia e stringe l’onda
Indirizzata asoverchiar la fiamma.
Con lugubri rintocchi i sacri bronzi
Suonan 1’ incendio, e al lor fragor son miste
Le grida di spavento, e gli urli e i pianti
Ui madri e spose e d’egri vecclii, e il gemito
INSTITUZIONI MUNICIPALI ECC.
67
Due sono in Torino le Compagnie d’assicurazione
contra i danni dell’ incendio; 1’ una prende nome di
Societd Reale d'assicurazione generate e mutual l’altra
di Compagnia anonima di assicurazione a premio fisso.
Amendue assicurano per tutti i RR. Stati, e risarciscono
i danni degli assicurati, punlualmente, con istantanea
prontezza. La prima venne fondata il 13 di gennaio
1829, la seconda il 5 di gennaio 1833. Ne dee tacersi
Di pargoletti che dal fumo estinta
Temon lor vita pria che il fior ne spunti.
Tutto 6 angoscia e terror, lutto e rovina,
E l'angiol, che a Torino in guardia veglia,
Sembra i vanni spiegar per darla in braccio
Al rio destin delle cittk percosse
Dallo sdegno di Dio. — Ma chi s’avanza
Proteggitor d’un popolo fedele ?
Chi si mcsce tra i vampi, e 1’ ire afFronta
Del foco struggitor ? Chi sale e scende
Le anguste scale, e i mesti anditi scorre
Fra le travi cadenti, e il piover lungo
Di fumanti rottami, e il croscio e il crollo
De’cedenti soffilti? Oh! chi ne’petti
Pin travagliati lena infonde e spirto,
Mette ardir ne’eodardi, ed a stupenda
Faticante baldanza i forti accende,
Si che vinto e il furor degli elementi,
E Vulcan la sua possa inutil prova?
Egli 6 il tuo Re, hella Torino, il giusto,
ll prode, il pio tuo Re. Mandagli un inno,
Di santo affetto, o mia cittade, un inno
Che dall’AIpe rimhombi al doppio mare.
Io con quest’occhi in si bell’opra, io il vidi
Sfidante il gel, la notte, il vento e il foco,
Col Prence a lato che il gran Padre imita,
Ed esclamai : questi e de’ Re l’esempio;
tngrato il cor che non gli rende amore!
D. D.
68
CAPITOLO SESTO
che sin dal 1775 si pubblicava colle stampe un Pro-
gramma di Societa generale di assicurazione contro gVin¬
tendj in Torino e provincie de’ RR. Stati. Se incarnato
sen fosse allora il disegno, sarebbe essa stata la prima
di quel genere in Italia, e forse anche sul continente.
CAPITOLO VII
CONSUMO, MERC ATI, MACELLI, C1MITERJ
Torino e l’emporio del Piemonte. Onde per essa, come
in generale per tutte le citta poste nella condizione
medesima, e d’uopo rinunziare all’idea di determinare
con esaltezza il consume di quelle merci e derrate le
quali essendo ad un tempo stesso oggetti d’ importazione
e d’asportazione, o nulla pagano all’entrare e all’uscire,
o veramente non pagano che all’ingresso. II riso, p. e.,
entra in Torino e n’esce senza andar soggetto a verun
balzello, a registrazione veruna. Esso viene dal Vercel-
lese, dal Novarcse, dalla Lomellina, eda Torinosi diffonde
in altre provincie del Piemonte o trapassa in Savoia.
Tulta quest’importazione ed asportazione appartiene al
70
CAPITOLO SETTIMO
commercio private, grande, piccoloe minuto, snddiviso
in maniquasi infinite; onde chi volcssericavarne quella
parte die ne rimane pel consumo di Torino, durerebbe
improbissima fatica, senza venirne a capo se non per
approssimazionelontana. Lo stesso dicasi delle drogherie
e spezierie, dei pannilani e dei pannilini, delle stoffe di co¬
tone, de’metalli, delle minuterie, ecc. ecc., benclie sieno
merci e derrate che pagan dogana quando vengono da
paese straniero, e pagano la tassa commerciale quando
vengono in certa quantita dall’interno. A tal che quan-
tunque si sappia che la dogana di Torino frutta circa
cinque milioni annui di lire alio Stato, e che la tassa
commerciale ne frutta circa novantamila, nondimeno
diflicilissimo, se non impossible, riesce lo stabilire
quanto n’esca per ispargersi nelle provincie, e quanto
ve ne rimanga pel consumo della citta.
Le uova, il pollame, la selvaggina, le civaje, le ortaglie,
il latte, le frutta ecc. ecc., s’importano e non s’aspor-
tano, e servono quindi meramente al consumo. E non
pertanto anclie questi capi, suddivisi all’infinito nel com¬
mercio a ritaglio, e non soggetti a tassa o registrazione
veruna, si ricusano all’accuratezza dei computi.
Laonde noi, lasciando in disparte Yincerto , non reclie-
remo che il certo, contenuto nello specchio seguente,
fatto d’ulicio (1).
(I) L’esclusivo diritto della macinatura, di cui gode la CittSi di Torino, oi
lia permesso di riportare esatte le quantity numeriche de’ cercali consumati.
Le altre quantity sono ricavate dai libri del dazio, e sono esatte esse pure.
Una sola eccezione dee farsi per lo spirito di vino che forma la maggior
parte della cifra in cui 6 compreso. Esso serve a fabbricare i rosolj pei
quali Torino 6 rinomata, e de’ quali gran copia s’ esporta. Perilchfi quella
cifra esprime la quantity introdotta, non la consumata.
CONSUMO, MERCATI, MACELLI, CIMITERJ
71
CONSUMO DELLA GUTA’ NEL 1839(0
Cereal i
'Frumento .
Grano misto
Gran turco
Sacchi 252,550
4,717
Miglio
Animali
Foraggi
Bevande spi-
ritose. .
r . »
. . » 57,423
. . » 51
Buoi e tori. N.° 2,60(F
Vacche ....... » 855
Vitelli e giovenche . » 25,841
Majali.» 2,256
Montoni e pecore . . » 8,484
Agnelletti e capretti . » 25,875,
Miriagr. 616,759
» 95,891
» 1,014,019/
» 422,251
. Emine 171,055
. Brente 472,065
j Legna . .
Combustibili | Carboue
{ Fieno . .
Paglia . .
Vena . ,
'Vino . .
Spirito di vino, di
ciliegie, rosolj,
liquori .... b 2,610
Birra. » 7,750y
Olio. Quint, metr. 10,591, 66
Pesce di mare .... » 2,075, 24
Sale.. •> 85,000
Tabacco. » 12,500
In queste
quantity non
6 compreso
il consumo
del territo-
rio.
(I) Per la corrispondenza delie mlsure torinesi alle misiire metriche, vedij
a suo luogo, la tavola Pesi e Misiire,
72
CAPITOLO SETTIMO
Molte citta,per ogni altro verso nitide e belle, veggono
tuttora la sozzura delle beccherie od almeno la vendita
delle sanguinolenli carni nelle loro strade anche piu
frequenti ed adorne. Torino n’ e alfatto disgorabra, ed
i macelli vi sono confinati in liioghi post! alle estreme
sue parti, dentro edilizj fabbricati a tal uopo dalla Citta
con tutti gli accorgimenti dell’arte. Tre sono i quartieri
di macelli in Torino: l’uno delto di Dora, presso porta
Palazzo; l’altro di Po, presso la porta di tal nome; il
terzo di Monviso, presso il convento della Madonna degli
Angeli (1).
L’uccisione delle beslie macellesche vi e sottratta intie-
ramente alia pubblica vista; la stessa vendita delle carni,
die vi si fa nell’interno, non cade punto sotto gli sguardi
del passeggiere: l’acqua vi scorre per entro, e per sotter-
ranei canali ne trasporta via le immondizie: l’interno loro
regolamento li mantienenel migliorestato di depurazione.
Evvi in ciascuno di essi pel macello di buoi, tori e vacclie,
un luogo distinto da quello dei vitelli per impedire ogni
frodolenta permutazione. E notevole la ghiacciaia che
liavvi in ciascuno di questi macelli per la conserva-
zione delle carni; essa e come un teatro in cui ogni
macellajo hail suoproprio palco, e laplatea e ripiena
di ghiaccio (2).
(1) Essi vennero cdificali negli anni 1826-27, ed aperli nel 1828.
1 due primi sono terminati, il terzo non 6 che temporanco, e verrli fal>-
bricato espressamente come gli altri due, sul rispianalo die giace sotto il
giardino pubblico, alquanto piu oltre.
(2) Il numero delle beccherie particolari in questi macelli pubblici 6 il
seguenle:
CONSUMO, MERCATI, MACELLI, CIMITERJ
75
I mercati delle derrate alimentarie stanno ordinaria-
menle nelle parti centrali delle cilta, ed ivi gli ha falti
naturalmente collocare la maggior comodezza de’citta-
dini clie in quelli si debbono giornalmente rifornire
delle cose necessarie al lor vitto. Nondimeno quanto
ingombro essi vi rechino, e quanto sueiduine e quanta
calca e pressa e trambusto, non echi nol sappia. La forma
di Torino e la non grande estensionc de’raggi che partono
dal suo centro, ban conceduto di operate in quesln
citta un’ardita innovazione clieforse in niun luogo s’in-
contra. Ed e questa il trasportamento de’mercati di com-
mestibili dal centro alia circonferenza, col vantaggio cite
ridonda dal cessamento di quegl’inconvenienti, e senza
grave incomodo de’ cittadini. La convenienza poi cite
questi mercati siano riparali dall’inclemenza del tempo
e delle stagioni e piii sentita generalmente cite praticata.
QUARTIERI
(1ft’
vitclli
EECCIIER I E
de’ buoi,
lori e vacehe
N.° lolale
i
OSSERYAZIONI
Dora . .
23
7
30
1
Pei montoni, agnelli e ca- 1
Po . . .
12
3
15
pretti bavvi l’ammazzalojo
nel quarliere diDoraed in
Jlonviso
12
2
14
quello di To.
Pei majali, in quello di Po.
Somnia
47
12
59
|
In ciascun quarticre evvi un ricevitore del teslatico, preposto dalla Cittlk;
\i sono pure due portinai custodi, uno pel recinto delle beccherie de’vitelli
«d altro per quello delle beslie grosse.
4
74
CAP1T0L0 SETTIMO
I mercali delle derrate alimentarie in Torino sano non
solo coperti, ma eziandio fabbrieati appostatamente con
tulti i bisognevoli fornimenli. Uno ancora ne manca, nel
quartiere del Monviso. Vi si porra inano ben presto, in
nna col macelio die \ i si dee costruire. Perche la prossi-
mita de’macelli ede’mercati de’commestibili e ia qnesta
citta im perfezionamcnto degno di nota. i mercali dei
cereali e de’legumi, del vino, delle frutta, de’combusti-
bili, ecc., sono pure collocati o all’estremita dc’raggi
die muovondal centro, o in luoghi vicini alie estremita
e dove per la minor freqnenza della popoiazione non
recano ingombro. Qucllo delle beslie bovine, degli agnelli
c caprelti e de’majali, esotto nna gran tettoia nel borgo
della Dora, accanto al Hume. Provvidi e saluiari regola-
menti governano tulti quesli edaltreltali mercati,ne’quali
si loda in generale la nettezza e il boon ordine. Solo si
desidera tultora die vengaaperto un mercato dei tiori, il
quale e per l’eleganza della coslruzione e per PattraUiva
di questavagliissima mcrce, accresca adornezzaalla bella
Torino. Una visita ai mercati torinesi, falta in sul buon
mattino quando sono pin faccendosi e piii vhi, riesce
opportuna e piacevole alio straniero ch’e vago di tarsi
un concetto delle forme, dei lineamenti, del linguaggio,
delle fogge di vestiree de’non infinti costumi del popolo
minuto della citta e de’conladini de’suoi dintorni.
Cola dove la Dora, abbandonando Torino di cui lia
Iambi to un sobborgo, si piega a nordeste per andare
a contendere col Po le alpine sue aequo, in mezzo a
verdeggianti praterie siede il gran dormentorio de’To¬
rinesi. Questo Campo Santo, in cui circa quattromila
spoglie ogni anno discendono, venue fondalo nel 1828,
CONSUMO, MERC ATI, MACELLI, C1MITERJ
75
benedetto nel 1829 (1). La parte architettonica non
n’e troppo degna di lode (2).
Nondimeno I’ampiezza dello spazio, quell a immensa
Croce che sorgendo nel mezzo e il parlante simbolo
della Redenzione che ha vinto la Morte, que’solchi che
ser te Giulielta Colbert, ll l.usto marmoreo del marchese Barolo 6 collocato
nel secondo atrio interno della cappclla del Campo Santo.
(2) Oltre il disegno, non certamcnte attinto all’oltima scnola, vi si nola
b maneanza de’portici all’intorno. Senza portici, ove porre . monument, di
prez oso lavoro? A cielo scoperto? Cosi vien fatlo pur troppo, in maneanza
!li meplio. M a cbi non conos*e t’inclemenza delle stagion. in un paese posto
,-piedi’ dell'Alpi? A cio porrh riparola nuova agg.unta che M »ta prepa.ando.
76
CAPITOLO SETTIMO
vostr’anima, ridottasi in calma, sara percossa,dalla voce
ehe s’innalza dal loro profondo. Qui il piii grande de’
maestri, il sepolcro, tiene la scuoladi verita ». I nostri
giorni sono un momento, sono una foglia ehe cade;
nel punto in cui crediamo la morte piii lontana da noi,
forse ella spazia sol nostro capo, e brandisce la scure
letale. Come una face ehe si consuma accendendosi, noi
principiamo a morire nascendo. La bara e il coniine
ove si fermano tutti i disegni degli uomini, ed ogni
giorno della nostra vita e un passo verso la morte. Ma
chi visse virtuoso, non feme la morte. Imperocche
« quelli ehe dormono nella polvere della terra, si sve-
glieranno: gli uni per la vita eterna, gli altri per l’ob-
brobrio ». Baniele.
Tra le opere di scultura sepolcrale die si veggono nel
Campo Santo di Torino, parecchie sono grandiosi mo-
numenli ornati di statue di naturale grandezza, come
quello della marchesa di Mon forte, lavoro del Bruneri,
o quello di Elisabetta Marchionni, opera del Bogliani;
altre sono busti sopra plinti intagliali, o bassi rilievi
con molte figure, o lapidi riccamente fregiate. Ma di tutti
questi sepolcri decorati dall’arte, nessuno iuspira piii
dolce piela del basso rilievo dedicato al Buniva. Questo
benemerito introduttore della vaccinazione in Piemonte
vi e rappresentato in atto di ricevere un bambino che
una madre affettuosamente gli porge, aflinche, inne-
standogli il vaccino, lo preservi dal vajuolo che si spesso
viene apportatore di morte o di orribili difformita. Po-
sero questo monumeuto Le Madri riconoscenti.
Il carattere dell’epitafio, dice il Gherardini, e la
semplicita, il candore e l’attetto. Quanto questo carat¬
tere sia di rado serbato negli epitafi comuni d’ogni
CONSUMO, MERC ATI, MACELLI, CIMITERJ
77
paese, e vano ilripeterlo; ognuno conosce il proverbio
francese che li fa simililudine della menzogna. Non man-
cano tuttavia nel Campo Santo torinese alcune iscri-
zioni in volgare, le quali serbando quel vero loro ca-
rattere, vi pungono il cuore e v’invogliano al pianto
pei tristi casi che narrano. Alcune allre sono modello
di elegante e forbita elocuzione latina. Le fecc il prof.
Carlo Boucheron, il cui monumento gia scolpito per
cura de’suoi scolari ed amici, sorgera fra non molto
in questa temporanea dimora de’morti, ov’egli, or son
due anni, lagrimato scendeva ad aspettarvi che le sue
ceneri siano un giorno vivificate da Dio (1).
(t) Riportiamo qui due epitali scrilti dal Boucheron, perchfi contengono i[
verissimo elogio di due illustri Piemontesi.
Nella nicchia della sepoltura privala 9
H . S . E . Franciscus . Andreas . Bonelli . Doino . Cunco . In . If
Alhenneo . Professor . If . Scient . Acad . Sodalis . Qui . Suopte . Ingenio
Ad . Sliulia . Iferum . Nalnralinm . Cotwersus . Animanlimn . Historianc
Praesertim . Exco/uit . Quadrupedum . Tfepfanlium . Pisciwn . Avium
Complura . Genera . Dcscripsil . Quorundam . Etiani . Tenuiorum . Struclu-
ram . Veleribus . Ignoratam . Primus . Omnium . Vidit . hem . In . Aca-
demiae . Chalcidico . Museum . Sic . Digessit . Ut . In . Naturae . Opificio
Nondum . Animadversas . Partium . Inter . Se . Eationes . Oslenderet
Vir . Singularis . Plane . Acuminis . Et . Induslriae . Qui . In . Pusi/lo
Corpore . Eminenli . Animo . Voluplaleni . In , Lahore . Vilam . In . Vi-
gilia . Ponerct . Eo . Memorahilior . Quod . Parta . Nominis . Fama.
Cum . Permulta . Ornamenta . Ah . Extends . Ei . Essent . Proposita
Ipse . In . Augusta . Re . Domeslicis . Ilonoribus . Contentus . Nullis
Unquam . Condilionibus . Se . A . Suis Civibus . Divelli . Passus . Est . In
Coniugis . Et . Liberorum . Complexu . Sancte . Decessit . XV . Kal . Ian
An . M , DCCC • XXX . Aetalis . Suae . XLV.
Nella nicchia della sepoltura privata II
Il . S , E . losephus . Bagetti . Eq . Maurit , El . Old . Sab . hi
R . Acad . Milit , Prof . R . Bonarum . Arlium . Acad . Sodalis . Quo
78
CAPITOLO SETTIMO
II Campo Santo di Torino occupa l’area di metri
quadrati 114,629 (1).
Oltre ii Campo Santo, rimane aperto il Cimitero di
'Nemo . Melius . Begionum . Varie tales . Aerem . Nimbos . Ft . Flumimmi
Vapores . A quails . Coloribus . Depinxit . Idem . Arlificii . Prestantia . El
Celeritale . Manus . Enituit . Nec . Minus . Scienter . Pulverulenlas . So-
litudines . Ardor thus . Exustas . Quam . Egelidos . Lacus . El . Silvosos
Montium . Becessus . Cum . Salientium . Erroribus . Express'll . Lutetian!
Ineunte . Seculo . Accitus . Illuslriores . Aevi , Sui . Pngnas . Caplo , Lo‘
corum . Prospeclu . Exhibuit . Tanta . Eridentia . Ul . Spaliis . Leni . Peni-
cillo . Distinctis . Fumidos • Tormeiilorwn . Ignes . Caslrorwn . Metationes
Varioscpic . Proelianliuni . Discursus . Oculis . Subiicerel . Tam . Senex
Propagala • Ncminis . Faina . De . Arte . Scripsit . Patriam . Et . Suos
Posthabilis . Exlernorwn . Invilamenlis . Unice . Adamavit . Musicae . Quam
Uptime . Calluit . In . Primis . hululsit . Simplicilalis . Sliuliosus . Ine-
ptias . Delicatioris . Vitae . Conlempsit . El . Argulam . Amicorwn . Ilila-
ritalem , Siimptuosis . Volnptatibus . Anlcposuit . Bepenlino . Fato . Ereptus
Omnibus . Lacrimabilis . Decessit . m • Kal , Mai . An . M . DCCC
XXXI . Aetat . suae . LXVI . Christina . Galeanis , Coniux . Dolori , Fe¬
licia . Moerens . Posui.
Del rimanente, veili la Raccolta delle iscrizioni sepolcrali esislenti nel Campo
Santo e Cenolaji di Torino. Torino, 1837-38.
(I) Ag-giungiamo alcuni cenni statist!ci:
Prezzo di una sejioltura, ciod : visita del cadavere fatla dal chirurgo pre-
poslo dalla CittA alia salute pubblica — fornimento del feretro — mer-
cede dei sotterratori —scavamento della fossa — sotterramento, tutto
compreso, . ..L. 10.
Prezzo di un htogo di sepoltura privata,.. . L. 60,
Prezzo di una sepoltura privata in propriety, capace di 18 feretri, com¬
preso pure in propriety il nicchione corrispondente, . . . L. 600.
Dall’apertura del Campo Santo, avvenuta il 5 novembre 1829, sino a tutto
il maggio 1840, vi si scavarono 39,670 fosse. Il maggior numero di esse fu
nel 1837, in cui salirono a 4,315. Ma dal numero delle fusse del Campo
Santo non si puo inferire al giusto la mortality di Torino, perch6 molli
vengono seppelliti allrove, come appresso diremo, e molti vi si tumulavano
•del Territorio, le cui parrocchie ora sono tutte fornite di un cimitero.
CONSUMO, MERC ATI, MACELLI, CIMITER.T
r S. Pietro in Vincoli, detlo volgarmenle di S. Pier de’Ca-
\ oli net borgo della Dora. E un edifizio di soda archi-
tettura, con un cortile circondato da portici, solto a’
quali non mancano lapidi sepolerali e qualche monu-
mento. Esso rimane aperto, abbiam detto, ma solo ad
uso esclusivo di alcune famiglie, die vi hanno tombe pri¬
vate. Nell’antico cimiterio di S. Lazzaro, detto volgar-
mente della Rocca, ora ridotto a convento cle’RR. PP.
Minori Riformati, sussistono tuttora alcuni monumenti
sepolerali, tra’quali e notevole quello della principess'a
Relloseschi moglie dell’ambasciatore di Russia (1).
Un piccolo cimitero, ora interdetto, e gia ad uso deUo
spedale della Carita nel borgo di Po, e ricordevole per
questa iscrizione die ha in fronte
QUOS
DIM VIVERENT EGENOS
FOVIT
SUB MORTEM CONDIDIT
PUB1-ICAE COMMENDAT PIETATI
CIIARITAS
(I) Una statua di alabastro velata vi rappresenta la Fede. ll ritrallo della
principessa 6 sostenulo da due puttini. La lapide dice:
Oh sentiment ! sentiment !
Donee vie tie l’time,
Quel est le cocnr que tu n a jamais louche?
Quel est l’infortune mortel it qui tu n a jamais tlonne
Le doux plaisir de repantlre des larmes ,
Et quelle est peut-etre l'time impitoyahle
Qui a l aspect de ce monument si simple cl si pieur,
Ne se recueille avec melanco/ie,
Et ne partlonnc genereusement
ytux dtfattls tin malheurcux epouv qui /’a eleve ?
80
CAPITOLO SETTIMO
L’insalubre uso di sotterrar nolle cliiese vcnne ab-
bandonato in Torino sin dal 1777. Per religiosa ecce-
zione, i canonici, i curati, i frati e le monache ban
t.nmulo ancora nel convento o nella chiesaloro: Ira gli
antichi fendatarj, molli dopo morte vengono trasportati
a seppellire ne’loro castelli.
Gli Ebrei lianno un cimitero lor proprio lungo il
Po nella regione di Vanchiglia.
Quando il Campo Santo di Torino avra ricevuto l’am-
piiazione gia divisata, i monumenti vi si moltipliche-
ranno con non minor rapidita clie decoro. V amore
delle arti si vien sempre pin propagando nelle nostre
contrade, e il pietoso adornamento delle tombe e di-
ventato un desiderio comune (1).
(I) Prospetto dell’aggiunla da farsi al Campo Santo:
Ampliazione, giornale 13 !|2, melri quadrati 59,483. Lunghezza, metri 338.
Larghezza 176. Forma di un paralellogramma, i cui quattro lati son cmo*
nati ciascmio di un’abside.
Sepolture sotto i porticati.N.° 264
Kicchioni sotlo i porticati laterali.» 16
Sotto ii porticalo laterale d’ iugresso, arcatc a tcrgo delle
due gallerie.» 56
Edicole.» 17
*353
Luoghi |ier cippi negli angoli delle edicole, ad uso di
passaggio.» 16
Totale num. di sepolture al coperto . . . . » 369
Sepolture alio scoperto .» 260
Locale pei niorli dello spedale Maggiore;
pei bambini non battezzati;
per gli acoaltolici;
pei suicidi.
Boschetto di ornamenlo esteriore.
Tcmpio di forma tonda per le tombe degli liomini illustri.
L’ingrandimento service unicameute alle sepolture private, per !c quali
il numero delle richieste cresce ogni giorno.
CAPITOLO VIII
EDIFIZJ E MONUMENT!
( jitta de’ Taurini al tempo di Annibale, poi Colonia
Romans, poi Dncato Longobardo, indi Comitalo, indi
Repubblichetta relultante a’suoi principi., era Torino
nel 1335 una citla mollo piccola, rappresenlata all’iu-
circa dalla presente parte vecchia, ove anguste e spesso
torte sono le strade minori (1).
I principi d’Acaja, signori del Piemonte sotto 1’alto
(O Vcdi le no l isle di Torino nel 1335, del car, Luigi C'l’i’tirio.
"4
CAPITOLO OTTAVO
82
dorainio tie’ Conti di Savoja lor consanguinei, soggior-
narono temporaneamente in Torino; ma narra il Cibrario
die vi pigliavano stanza nell’albergo di Giovanni di Po-
rentrui (1).
Ludovico, ultimo di que’Principi, mori in Torino nel
1418 , e Amedeo vm , primo Duca di Savoja, riuni il
principato di Piemonte a’ suoi Stati. Ma sotto Ame¬
deo vm, sotto Ludovico, suo figlio e successore, sotto
Amedeo ix e sotto Filiberto i, la sede cle’Duehi di Savoja
era tuttorain Ciamberi, di la dalle Alpi. Carlo i die sposo
Bianca di Monferrato, e conquisto quasi intero il mar-
cliesato di Saluzzo, soggiorno piii a lungo, anzi pose
dimora ne’suoi stati d’Italia. L’unico Ligliuolo, Carlo i,
ch’ egli ebbe da Bianca, nacquein Torino, e fu il primo
dei nostri principi che sortisse i natali in questa citta.
Carlo i mori immaturamenle; Carlo ii era bambino
quando gli succedette (1490). Fu d’uopo instituire una
reggenza ch’era contesa da’ Principi prozii, e dalla Du-
cliessa vedova. A Bianca, come italiana, aderivano i ba-
roni del Piemonte. Ella fu reggente, e stabili la sede del
Sovrano in Torino, e vi ricevetle Carlo vm, la cui calata in
(I) « ]1 ramo della R. Casa, clistinto col litolo di Principi d’Acaja, signo-
reggio dal 1295 al 1418 una parte del Piemonte, da Rivoli sino al Po e sino
alia Macra, liniite allora del marchesato di Saluzzo, comprese le cittAdi Torino,
Pinerolo e Carignano, cui s’aggiunse quella di Savigliano nel 1320. Abitavan©
*jue’Principi spesso in Torino, benche tenessero la lor sede in Pinerolo. Al
lor tempo, cio6 verso il fine del secolo xiv, s’ innalzo in Torino l’alta e svelta
torre, fregiata di un toro in cima , ed a mezzo d’ un orologio pubblico dei
primi vedutisi nelle cittSi italiane, la quale fu poi demolita sul principiare di
•juesto secolo per maggiore regolaritii della strada di Dora grossa, dove spor-
geva alquanto o. Notiz. di Geogr. pair. Gli avanzi degli edifizj de’Principi
d’Acaja, che si veggon luttora in Pinerolo ed in Rivoli, attestano I'architettura
del secolo decimoquarto, e si distinguono per certi ornati in terra cotta, di.
(jualche buon gusto.
EDIFIZ.J E MONUMENTI
Italia fn cagione cli tante successive sventure a queste
penisola cli’era allora nel suo massimo liore (1).
Carlo ii mori fanciullo (1496). Filippo n, clie gli
succede, ienne la sua corte con raolto splendore in
Torino (2). Filiberto n, die venne al trono clopo di
lui (1497), accolse con grandi onori in Torino il re
francese Luigi xn. Fesle straordinarie, nel regnare di
Carlo hi, celcbrarono in questa cilia le nozze di Fill-
berta di Savoia con Giuliano de’ Medici (1515); i due
(1) « I Principi della Casa cli Savoia, nali ed allevati prcssoche lutti, ss-
denti pressoch^ sempre di la da’monti, poteano, sino all’ora di cite parliaino,
pssere colloeati, per la lingua, le usanze,e gli affetti loro, anzi tra i princip
oltrernontani, che tra gli italiani. Ma di quinci in poi essi poser® in Piemonte
l’ordinaria lor scde, presero ad usare la lingua cl’ Italia, cnmpartirono eon
piu eguaglianza le cariche tra i loro sudditi oltralpini e subalpini, e dive»~
nero col volger del tempo i piu illustri, i piu potenli ed i piu antichi pria*-
c ipi d’ Italia, considerati di sangue italiano.
« Avvennc, menlre regnava Carlo n, la famosa passata del re di Franeta*
Carlo Vin in Italia per I'acquisto del reame di Napoli. La duehessa Bianca,
Heggente, non solo diede libero il passaggio al re francese, cui forza nor.
avea di contenderlo, ma ordino cbe in ogni terra e caslello egli fosse rice-
vuto con grandi onori. Il re giunse a Torino nel settembre del 1494, ll
duca ando a riscontrarlo. L’aspetto del principe fanciullo cbe gia con butm
garbo cavalcava, mnsse a maraviglia e ad amore per lui i baroni di Franela>
chc accompagnavano Carlo vm. L’entrata del re in cittk riusci magnifies.
Carlo Vin era scarso di denari. La Duehessa reggente gl’ iinpresto le sue gioie.
ll giovinetto Duca gli don6 un cavallo, clelto dal Coniines il miglior cavallo del
mondo. E ben torno utile a Carlo vm il dono del suo cugino di Savoia, Per*
ciocchfi all’eccellenza di questo corsiero egli ando tenuto del su» scampo
nella battaglia di Fornovo cbe ridusse al nulla le celeri sue conquiste, aw
risulto in molta gloria delle armi francesi ». Compendio clella sloria della
B. Casa.
(2) On le fit donner a sa coltr wi eclat qui Tegalait aux premieres de
VEurope. Nid Due avant lui n’avait etabli des rapports suit’is aeec les puis ¬
sances elrangires: il fill le premier qui fit resider d Turin des ministres pie—
nipotentiaires de Paris, de Milan, de Genes, de Florence, de Borne, de Nap¬
pies, de Venise, de /’ Allemagne meme, Frezet, Hist, de la Mais. R. de Savoi®;-
CAPITOLO OTTAVO
sposi vi soggiornarono piii d’un mese dopo il lor ma-
trimonio. Tutto cio ci dimostra die Torino avea gran-
demente profittato nel divenire la stanza de’suoi principi:
ma essa era ancora tutta lontana dal poter gareggiare
nolle allre cilia italiane ancliedi second’ordine. Carlo in,
avvolto nelle lunglie e terribili emulazioni di Carlo v e
di Francesco i, fu nel 1536 spogliato di quasi tutti i
swoi stati dai Francesi, i quali presero possesso di To¬
rino e la fortificarono, facendo molle demolizioni (1).
La dominazione dc’Francesi in Piemonte fu accom-
pagnata da fcroci e quasi continue guerre eogl’Impe-
riali, c questo bel paese divcnne il tcatro d’ogni cala¬
mity. A ristorarne il danno per Torino mal basto il
solenne ingresso che vi fece Enrico n, re di Francia,
succeduto (1547) a Francesco i (2). Essa era divenuta
una citta piena di squallore (5).
Emmanuele Filiberto, vincitore a S. Ouintino, racqui-
slb gli stati aviti col trattato di Cateau-Cambresis,
(1558), ma non pote rientrare in Torino se non sul
finire del 1562. Questo gran principe, eroe della sua
eta e rifondatore della monarchia Sabauda, fece la
cittadelladi Torino, rafforzo la citta, v’institui fabbriche
d’armi e di polvere, e vi fondo alcune chiese. Ma il
maggior suo benelizio fu l’averla dichiarata capitale degli
fO aTorino fu gih piii grande, ma i Francesi, per renderla forte, non si
eurarono della grandezza ».
o Era oih maggiore, ma i Francesi, per ridurla in fortezza, le tolsero i
borghi ”• Bolero , Heinz, uniters.
(2) « ll re Arrigo n venue in Piemonte sul principio del suo regno a ri-
cevcre l’omaggio e pigliarne possesso come di stalo suo ». Danina, Sloria
drll’ltal. occiil.
(3) Leandro Alberti, che soriveva nel 1553, dice che per la lunga guerra
fra Francesi e Cesarei, erano ruinati quasi tutti i luoghi del Piemonte.
EDIFIZJ E MONUMENTI
85
Stati della R. Casa. Ne vuol tacersi cli’ egli la nobilito
di uno Studio che il Mangini, in sul finir di quel secolo,
gia chiamava famoso (1).
Nondimeno la capitale di Emmanuel Filiberto era tul-
tora una piccola e meschina cilia, se dobbiam credere
al celebre Monlaigne, il quale la visitava un anno dopo
la morle di quel Duca, e cost ne scriveva nel suo scor-
retlo italiano:—« Turino... piccola cilia in un silo mollo
aequoso, non mollo ben edilicato, ne piacevole con
questo che per mezzo delle vie corra un liumicello per
neltarle dallelordure (2) ».
Egli cosi ne scriveva nel 1581. Ad Emmanuel Filiberto
era succeduto nel 1580 Carlo Emmanuele i. Ora il Ma¬
rino che pubblicava nel 1608 il Rilratto panegirico di
questo principe, cosi cantava:
Giunse a piii ferma eta, ne fu men hello
Del fiore il frullo, o (lell’aurora il giorno.
Tanto sol basti dir, cb’emulo a qoello
Cli’ara i solehi del ciel, di stelle adorno.
^1) G. A. Mangini, Geografa.
(2) Voyages de Montaigne, p. 404. —E noto chc il Montaigne scrisse gran
parte del suo viaggio cl' Italia in italiano.
Intorno a quel passo, il Barloli, annotatore della parte italiana del Montai¬
gne nella citata edizione parigina del 1774, fa la seguente postilla:—«Dopo
l’antica pianta di Torino, la quale si vede nelle opere di Andrea Tartaglia
bresciano, che fiori prinia del Montagna, 6 bene che il Montagna abbia for-
oiato cost sfavorevol ritratto di Torino. Impereiocche quindi si raccoglie che
lo spazio ».
La piazza Vittorio Emmanuele non ha forse per am-
piezza emula alcuna in Europa e convien ricorrere a)
Meidan Shall dell’Ispahan persiana per trovarle un con-
I'ronto. Essa e tutta circondata di porlici, trannedal lato
EMM AN V ELI . FILIBERTO
CAROLI .111 . F.
ALLOEROGVM . DVCI
REX . CAROLVS . ALEERTVS
PRIMVS . NEPOTVM
ATAVO . FORTISSIMO
VINDICI . ET . STATORI
GENTIS . SVAE
AN. M.DCCC.XXXVllI.
La scUenlrionale dice:
VICTOR . AD . AVG . VEROMANDVOR
SVBALP. REGIONE
IN . VIRTVTIS . PRETIVM . RECEPTA
VREEM . INGREDITVR
IV RE . VETER IS . PR1NCIPATVS
ET . CIV1VSI . STVDIO . SVAM
POPVLIS . PACEM
BEDDITVRVS.
XIX KAL. IAN. AN. M.D.LXlI.
ll nionumenlo 6 alto in tulto metri 8, 62,
cio6: basamento .... w. 0, 87
piedestallo .... » 3, 35
colosso ..... » 4, 40
(1) Viaggi per Europa del Gemelli. Napoli , 1701.
EBIFIZJ E MOKUMENTI
97
del fiume: ha dinanzi a se il ponte sulPo, indi il greco-
romano tempio della Gran Madre di Dio, e sopra Hutto
lina larga veduta dei colli con lo slupendo bosco semi-
circolarc della Vigna della Regina clie in alio le siede a
rincontro. E da notarsi in essa l’artifizioso digradar dellc
case per dissimular il declivio ch’e di metri 7, 19. Giu¬
seppe Frizzi ne fu P arcliitetto. — Poco men vasla e la
piazza Emmanuel Filiberto, a settentrione della cilia. In
sul principio essa ha un recinto di portici fat 11 col di¬
segno del Juvara, ove ritiene l’antico nome di piazza
delle frutta; indi ha sul dinanzi due edilizj pe’mercati
de’commestibili, ed ha piii lungi alcune tettoje a riparo
d’altri mercati: la strada che melte al ponte della Dora
e quella di circonvallazionc Y attraversano in croce- varj
passeggi ombreggiati 1’ adornano; e di forma ottango-
lare; e tutta nuova e tutta ridente (1).
Nella piazza del Palazzo di Cilia, chiamata tuttora
dell’Erbe dal mercato che prima tenevasene, ammirano
gl’intelligent! l’ingegnosa distribuzione de’portici, rive-
stiti di pietra, felice idea dell’ Alfieri. L’ adornano due
fontane. Vi si potrebbe collocare il mercato de’fiori (2).
Piii ampia di tutte sarebbe la piazza Carlo Felice alia
meridionale estremita di Torino, se i viali in aperta
(1) Ne iliede il disegno I’arcliitetlo Gaetano Lombardi.
(2) « Sia pure data grande lode all’Alfieri per avere saputo formare una
bellissima piazza con facce simmelriche e rettilinee, serbato lo sfogo per le
contrade adjacenti, nel sucido e mal ordinato sito dell’antico mercato delle-
erbe; seguendo le linee del Palazzo di Citth, e dove tutto coincide all’oggetto
cui 6 destinato. Ravvicinale le finestre aperte nelle case per poler praticarc
botleghe entro d’ogni pilastro: fissali gli aspetli simmetrici nell’ampiezza ac-
cordata ai diversi balconi, e preso di mira il trionfo del Civico Edifizio, cui
seml)rano far corte gli edifizj latcrali ». Modesto Faroleiti, nei yiemonlesi
illustri.
5
98
CAPITOLO OTTAVO
campngna potessero tener luogo di edifizj per meritarle
interamente il nome di piazza. Ad ogni modo ess’appre-
senta nn vistosissimo ingresso in Torino da quelia parte,
per la grandiosita ed euritmia del tutt’insieme, e per la
bellezza delle nnove sue case, decorate di portici.
E questi portici della strada di Po e delle piazze for-
mano, per 1’ ampiezza e bella ordinazione loro, un ma-
raviglioso ornamento alia regale Torino. Somma e poi
la comodezza clie recano col difendervi dalla pioggia
e dal sole. « In Milano clie non ha portici, se piove o
ne sia solo minaccia, deserto e il eorso, fosse anclie la
Pasqua delle nova o quelia dei fiori. In Torino voi tro-
vate animali ed eleganti passeggi, anclie quando cade
a larghe falde la neve (1) ».— « Nell’alta Italia, serive
il Ranipoldi, piii che altrove sono in uso i porticati, e
benche le contrade sembrino per essi alquanto tetre ,
nondimeno il popolo vi canimina riparato dali’incle-
menza dell’ atmosfera e da’raggi solari, ed anclie dal
pericolo di essere scliiacciato dai eavalli e dalle car-
rozze ». Ouesta tetricita delle strade, vera pei portici
di Padova, di Reggio, di Modena e nella massinia parte
anclie di Bologna, e tutta lontana dal sussistere per
que’di Torino, merce dell’altezza e largiiezza loro, clie
forse non ha altrove riscontro. Essi, pel contrario,
qui aggiungono maesta c leggiadrezza allc piazze ed
alle strade clie ne vanno fornite, non altrimente clie
facciano quelli della piazza di S. Marco a Venezia e quelli
del Palazzo Reale a Parigi, colla differcnza ancora in
(I) Movenilo clalla piazzclta Rcale c anilando sino at Po, il pnsseggio sotto
i portici al coperto senza interruzionc 6 lungo metri 1255, o circa trc quarli
d’uu miglio cl’Italia,
EDIFIZJ E MONEMENTI
99
vantaggio de’portici torinesi, che questi, almeno nella
piazza di S. Carlo, sono, a nostro credere, i piii spa-
ziosi che v’ abbia in Europa.
L’ andamento rettilineo e certamente il piu convene-
vole alle vie cittadine; ma esso non importa l’unifor-
mita delle architetiure: che anzi quest’uniforaiita, voluta
altre volte in Torino, produce , dopo il primo aspetto,
la sazieta e la noja cbe derivano dalla monotonia. « La
semplicit'a della linea retta, dice nn giudizioso scrittore,
dee adornarsi colla varieta dell’ architettura ne’diversi
palazzi edilicati lungo la via medesima: di tal guisa si
lianno le vie regolari, nia temperate da vaga ed amabil
varieta ». Quest’ assennata massima vien ora posta in
uso per le vie torinesi, come si scorge nella sua parte
novissima che assai piu amena ne riesce.
Il massimo difetto di Torino sta nel suo pavimento.
Le sue strade sono acciottolate, selciate, senza doppio
fondamento, e l’andar per esse fa lo strazio de’ piedi
per chi non c’ e avvezzo. Di nessuna cosa gli stranieri
maggiormcnte c con piii giustizia c’incolpano, e spesso
avviene che taluno di loro accorci il suo soggiorno in
Torino, solo per non sostener questo strazio. Pcggio
poi ove le grondaje gli versano, ne’ di piovosi, torrenti
d’acqua sul capo. Ma giustizia vuol pur che si dica
essere Torino per questo lato in via di continue pro-
gresso. Gia i portici vennero, per la massima parte,
ottimamente lastricati; si eressero nuovi margini o mar-
ciapiedi in risalto, e s’ introdussero que’migliori a livello
del suolo. La strada di S. Lorenzo venne lastricalo-sel-
ciata, colie guide di granite, al modo milanese; la piazza
di S. Carlo lo fu con metodo nuovo; quella del Palazzo
del Re ha il lastrico di mezzo alia Mac-Adam, poiche
100
CAPITOLO OTTAVO
s’onora col nome di quest’Americano il vecchio uso
italiano di far il pavimento di commesso, da lui appli-
cato alle pubbliche vie. A varie strade si tolsero via le
grondaje. Ogni cosa in somma per questo verso si viene
immegliando. Ma e d’ uopo rillettere die i grandi de¬
menti del miglioramento sono il tempo e il denaro, c
die sc Milano e ora la citta-modello in materia di strade,
la riforma di esse ebbe principio insieme con questo
secolo, laddove la riforma delle strade torinesi e tuttora
recente. Qualclie viaggiatore lia avvertito die i ciottoli
ond’ e lastricata Torino, sono si varj di natura, di forma
e di colore « die vi si puo fare un corso di litologia (1) ».
11 duomo di Torino fa due parti distinte; che sono
la chiesa Metropolitana dedicata a S. Giovanni Batista, e
la minor chiesa o cappella, in capo ad essa, ma piu
elevata di molto, dove si custodisce la SS. Sindone: alia
seconda si ascende dalla prima per due grandi scale di
marmo; e se ne ha l’adito dal Palazzo Iteale per una
galleria a livello quasi del pavimento.
La Metropolitana, sede gia sin da’secoli barbari dei
potenti vescovi di Torino , e molto antica. Si pretendc
che Agilulfo, duca longobardo di Torino, divenuto Re
d’Italia pel suo matrimonio colla celebre Teodolinda,
ne fosse nel 602 il fondatore. Ma essa venne interamente
rifabbricata nel 1498 a spese del cardinale e vescovo
Domenico Della Rovere. La disegno Baccio Pontelli,
architetto gia di Sisto iv e della casa Della Rovere,
nello stile d’architeltura che regnava in Italia a quei
tempi. Il fianco della chiesa e molto pregiato dagl’ in-
tendenti. Intorno alle sue porte esterne si veggono certi
(1) Milling Vojage en Picniont.
EDIFIZJ E MONUMENT!
101
bci fregi raffaelleschi. Ma essa era rimasla nuda nell’
interno, secondo clie s’usava sul fmire del quattrocento.
Venne a questi giorni sontuosamente ornata di dentro
€ messa tutta a pittnre, a stucclii, adorature: la lieta
pompa delle arti succedette al suo prisco squallore (1).
La cappella della SS. Sindone e del Guarini, il clie
basta a speciQcarne lo stile. L’Orti ne loda la forma
sepolcrale, la tctra conformita de’suoi marmi, e il modo
ond’e illuminata. « Quivi e riposta la piii insigne reliquia
fra quante si hanno ne’R. Stati, cioe il Santo Sudario
ossia lenzuolo in cui il corpo di Nostro Signore fu involto
da Giuseppe d’Arimatia. Donollo nel 1452 a Lodovico
duca di Savoia una vedova detta Marglierita di Charni,
discendente da certo Goffredo signor di Charni in Sciam-
pagna, il quale avealo ottcnuto in Terra Santa a’lempi
delle Crociate. Venerato per molti anni nella cappella
del Castello di Ciamberi, poi salvato inirabilmente dall’
incendio di questa nel 1553, venne dal duca Carlo iii seco
lui rccato a Vercelli allorche a queila sola citta era ormai
rislretto ogni suo dominio per la invasione francese cui
poseroun tardo fine le vittorie di Eminanuele Filiberto
suo figliuolo. Riportata a Ciamberi la preziosa reliquia
dopo il matrimonio di questo inclito Principe con Marglie¬
rita di Francia, fu per ordine di lui e per V ultima volta
trasferita a Torino, cli’egli avea prescelto a sua capi¬
tate, in occasione clie S. Carlo Borromeo venne da Mi¬
lano per venerarla, compiendo il pio pellegrinaggio a
piedi nell’anno 1578. Ivi restii depositata nella cliiesa
(l) Queila figura in marmo inginocchiata clie sta presso alia porta mag-
giore, rappresenta Giovanna Dorlie, signora ilelle Italme, clie nel 1479 fece
am legato per 1’ inslituzione di tre corisli nella cattedrale di Torino. Ella
mori in Tavia, ma qui fu trasportata, e cpiella slatua surge sulla sua tonilia.
102
CAPITGLO OTTAVO
di S. Lorenzo sinclie il dnca Carlo Emmanuele n ebbe
fatto costrnrre la sontuosa cappella in cui ora rimane
quasi palladio dei Torinesi » (1).
« I)a una celebre badia della Novalesa prese origine
nel decimo secolo la badia di S. Andrea in Torino, dove,
coliocata da prima a porta Turriauica ossiaSusina, poi
dopo brevi anni incendiata da certi prigionieri Sara-
ceni, veniva rilabbricata vicino alia porta Comitale ossia
Palatina. Ora altro avanzo non ne rimane se non se il
campanile in cui si puo ravvisare una di quelle torri a
difesa clie allora solo concedevansi ai monasterj ed ai
feudatarj. Quivi fu per ordine d’Ardoino re d’Italia
eretta nel 1016 una prima cappella clie tultora vi si
vede sotterra nel luogo ove si rinvenne la sacra imma-
gine di Maria Vergine, detta della Consolata, divcnuta
poi per otto secoli oggetto della ben giusta divozione
dei Torinesi. Era questa, per quanto si crede, la me-
desima gia esposta alia loro venerazione verso l’anno
562 da S. Eusebio vescovo di Yercelli, reduce dall’O-
riente, in certo piccolo oratorio attiguo alle mura della
citta, clie fu distrutto nell’ universale devaslazione del
(I) Nczioni di Geogrnjia patria.
« Dall’inlcrno della caltedrale si ascende alia cappella della Santa Sindonc
per due magnitiche scalinate di marmo. Le colonne, i pilaslri e le arcate di
questa cappella, che sono di raarmo nero coi capitelli di bronzo dorato, le
conciliano un carattere d’imponente tristezza che ben si conviene al sacro
deposito che vi si conserva. Senza la stranezza del disegno c degli ornati
profusivi dal P. Guarini, che ne fu 1’architetto, questa cappella potrcbbe
annoverarsi Ira i piu supcrbi edifizj italiani al divin culto dedicati ». 1'enore,
Viaggi.
«Se la cappella della Sindone non H di buono stile, essa ha pero un merito
di stereometria, superiore forse a qualunque edifizio del mondo ». Carlo
From is.
EDIFIZJ E MOXUMENTI
103
sesto secolo per la mano dei Karbari. Ma di bel nuovo
scompari verso 1’anno 1080 T effigie sacra, involta
nelle rovine della cliiesa abbandonala fra gli orrori delle
guerre civili, pest i , procelle e carestie che condussero
Torino ad un quasi totale sterminio.
« Ad un cieco-nalo diBrianzone, il quale spinto da
quella somma fede che Iddio pur sempre rimerita, venne
in cerca della smarrita immagine, era dal Cielo riser-
bata la sorte di ritrovarla fra i frantumi della badia di
cui altro non rimaneva che la torre, c nel sito stesso
della cappella ove T avea fatta collocare il re Ardoino.
Non tardo la divozione e la gratitudine dei Torinesi,
mentre in ogni modo risorgeva la loro eitta, a edifi-
eare sopra questa cappella, rimasta sotterranea perehe
lc macerie delle passate vicende aveano innalzato il
livello generale, non solo una nuova chiesa di S. An¬
drea, ma un attiguo santuario ossia chiesa unita alia
prima e dedicata alia B. V. della Consolazione. Ora e
questa appunto che rifabbricala,siccome troppo ristretta,
nel 1594, eognorpiu adornata dalla pieta dei cittadini
non che degli stranieri, raechiude in oggi la venerata
immagine: questa che fu poi sempre ed e tuttora, la Dio^
merce, consueto rifugio di chi cerca conforto ai dolori
dell’anima o del corpo, fonte perpetuodi grazie pubbli-
che e particolari, oggetto di non intiepidito fervore per
la popolazione tutta di una fra lc piii religiose eitta » (1).
Sulla piazzetta di Banco ad essa chiesa sorge una
colonna votiva di bel granito biellese (2). Essa porta.
( 1) Nozioni di Geogrnjia palria. E noto che I’ab. Luigi Lanzi reputava quella
immagine Iavoro tie’tempi Gioltesclii.
(2) Cio6 della cava della Dalma, comune di Ouiltengo, provincia di Biella,
distante da Torino circa 3G miglia di Piemonte.
104
CAP1TOLO OTTAVO
in cima una statua di marmo di Carrara alLa metri 56,
rappresentante la Reina de’ Cieli, come e ligurata nelF
immagine del santuario vicino. II monumento si leva
dal suolo metri 15, 45 in tutto. Nel piedistallo e la se-
gueiile iserizione ch’esprime la ragione e lo scioglimento
del veto:
MATRI . CONSOL ATI0N1S
OB . AERVMNAM . MORBI . ASIATICI
MIRE . LENITAM . MOX . SVBLATAM
TANTAE . SOSPITATRICIS . OPE
VOTVM . SOLVENS . QVOD . VOVIT
ORDO . DEC . PRO . POPYLO
A . D . MDCCCXXXV
La pid vasia e pin riguardevole chiesa di Torino e
qnella di S. Filippo, loclata dal celebre Scipione Maffei.
11 Padre Guarini no aYea dato il disegno, e su questo
era oramai terminata, quando a’30 seltembre 1715 ne
cadde la volta e subbisso mezzo l’edifizio. La rifabbri-
carono assai piii bella col disegno del Juvara, ma il
magnilico suo propileo non era che ineominciato; ora
esso vien condollo a buon termine, merce di generose
largizioni cl’ignoli benefattori. « Nuovo lustro, dice il
piissimo autore qui spesso citato, ha accresciuto di
recente a questa chiesa la beatilicazione del venerabile
P. Yalfre, nostro concittadino e quasi coetaneo, esempio
inarrivabile di carita evangclica » (1).
(I) Essa allungasi 69 metri, se ne allarga 37, se ne innalza 31; copre
tin'area di 2,553 metri quadrati.
EDIFIZJ E MONUMENT!
100
« Se l’arcliiletlura di S. Filippo e la pin vaga, quella
di S. Lorenzo e la piii strana fra quante si osservano
nelle cliiese di quesla citta. L’abuso delle linee curve,
contorte per ogni verso, contrassegno il genio bizzarro
del gia citato padre Guarini clie qui\ i almeno compen-
sava in parte la stravaganza del disegno coll’ arditezza
e leggiadria della cupola tulta traforata da arclii in-
crocicchiati ».
La chiesa della Trinita e una grandiosa rotonda,
architettala dal Yittozzi, rabbellita dal Juvara. Quella
intitolata ai Ss. Solutorc e Compagni Martiri, della vol-
garmente de’Gesuiti, a’quali apparliene, e disegno del
Pellegrini (1). Nessuna chiesa di Torino e piii ricca di
varieta di marmi c di bronzi dorati, ne piii sontuosa
nell’interno. II padre Andrea Pozzi della Comp, di Gesii
ne pinse a fresco la vdlta, ma non fu, Superficie, metri
n 120, 30 i quadrati 16,584 0iccol muro
si trovano immediatamente dietro ai letti, affine di potere col mezzo di una
porta dietro ciascun letto (la quale non si apre che all’occorrenza) trasportarc
1’ infermo, o per prender bagni, o per sopportarc oi>erazioni, o per cagion
di morte.
o ll letto 6 di ferro sidle mote; e proporzionato alia luce della porta siul-
detta: la tenda del letto sta ferma sopra le colonne di ferro fitte al pavimento,
cosicchd non si ha che a chiudere le tende nolle suddette circostanze, onde
gli infermi astanti ahhiano meno incomodo o tristezza, cssendosi l’architetto
proposto di allontanare il pin possibilc la inevitahile dolorosa sensazionc che
eccita in un infermo la vista ed i lamenti della miseria allrui. Accanto a
tutti i letti vi 6 una finestrina all’altezza del letto, ed un’altra a lior di
terra; mediante quella si fa la dispensa dei cibi, rimedii e simili, e da questa
si trasportano le cose immonde senza mai passare nell' informeria, od avanti
a qualunque siasi persona che ivi si trovasse. Col mezzo dei numeri corrispon-
denti, I’infcrmiere che 6 destinato nell’andito, serve 1 infermo della cosa
preserilta, senza alcuna difficolhi».
Misitre dello Spedale di S . Luigi
Lunghezza.
Larghezza.
Altezza .
Chiesa .. . ,
Diametro della larghezza . .
n 1G, 95
» 22
» 14
110
CAPITOLO OTTAVO
Piii recente ancora e il R. Spedale de’Pazzarelli,
opera dello slesso archilelto. La lunghissima sua fac-
eiata verso la strada di eirconvallaziorie presenta, ve-
duta di mezzo ai frondeggianti alberi, un romanlico
aspetto (1).
E bastino questi brevissimi cenni arcliifceltonici su
quattro degli spcdali di Torino, dovendo noi iraltaredi
essi tutti largamente nel capitolo delle Opere Pie.
Delle antiche fortilicazioni di Torino piii non riman-
gono die la CiLladella e que’bastioni clie sostengono il
giardino del Re. Questi avanzi di bastioni sarebbero
nondimeno assai notevoli, se fosse vero, come asserisce
il De Antonj, che venissero fabbricati d’ordine del duca
Lodovico, e sul disegno del Canale, l’anno 1464 (2).
A quell’epoca viene particolarmente attribuito il Bastion
Verde o di S. Lorenzo, il quale resterebbe percio senza
contrasto il primo di quanli ne furono fabbricati in
Italia. Sembra tuttawa che la sua edillcazione non gy-
venisse clie nel 1557 al tempo dell’occupazione fran-
cese; ma ancora con cio esso resterebbe quasi contem-
poraneo al famoso bastione della Maddalena di Verona
ed a quello di Piacenza, fondato dal Saninicheli nel
(I) Misure del It. Spedale de’ Pazzarelli
Lungliezza. metri 175 ^ Superficie, metri
Larghezza. » 40 i quadrati 7,000
Altezza. » 14, 70
Pecinto, tiitto compreso
Lunghezza. metri 250 > 00 Superficie, mein
Larghezza . » 90, 50 i quadrati 22,625
(2) Archit. milit. Jntrod ,, pag. xxiu
EDIFIZJ E MONUMENTI
Hi
1526 e 1527 , co’quali sembra che cominciasse vera-
mente il nuovo sistema clclla difesa di banco (1).
La Cittadella poi di Torino, ch’e un pentagono bastio-
nato, pub tenersi veramente per una delle prime innal-
zate in Europa. La fondo Emmanuel Filiherto nel 1564
co’disegni dell’ ingegnere Francesco Paciotto d’Urbino
che la condusse a termine in diciotto mesi. Vi fece il Pa-
ciolto scavare nel mezzo un pozzo di mirabile strutlnra,
nel quale si poteva far calare e sabre i cavalli merce
di due scale simmetriche a chiocciola, inverse Tuna dell’
altra, le quali uscivano a due lati opposti, ed insensi-
bilmente senza scaglioni conducevano sino al pelo dell’
acqua. Deslb questo pozzo per due secoli l’ammirazione
deglistranieri: ma in progresso di tempo venue colmato
a segno die piit non ne avanza vestigio. Il famoso Duca
d’Alva, passando per Torino nel 1567, meno seco in
Fiandra il Paciotto di cui da gran tempo era amico,
e questi vi edifico la cittadella d’Anversa che ha comune
con quella di Torino la forma di un pentagono, ben-
che nelle misure, nella collocazione, nell’acqua corrente
ne’fossi, ecc.,ne sia grandemente diversa (2). Alla To-
rinese furono poi aggiunti rivellini ed altre opereesterne
nel 1608 per cura del Guibert (3); ed altre eziandio nel
(1) Nell’opera de’ Quesiti ed Inuenzioni del Tartaglia, la pianta di Torino
« un quadrate bastionato ncgli angoli e colle portc nel mezzo. Essa pero,
dicono, non 6 come esisteva allora, ma come doveva essere.
(2) Quando I’ tirbinale Paciotto fece la cittadella di Torino, egli era gi&
ingegnere supremo del re di Spagna, Filippo n.
(3) Come apparisce da una lapide jiosta sulla porla del ponte Ievatojo della
niczzaluna davanti a) maschio.
m
CAPITOLO OTTAVO
4702 per curadel Bertola, nome meritevole d’ogni bella
memoria (i).
Le fortiticazioni di Torino vennero ancora accresciute
dopo la liberazionc dall’assedio famoso, e sul declinare
dello scorso secolo erano formidabilissime. I Frances!
poi occuparono la cittadella e la cilia con lulle altre
arti chc con le guerriere; essi perdettero quindi la cit-
tadella dopo averne soslenuto F assedio postole dagli
Austro-Russi nel 1793, ed avendo ricuperato l’una e
Faltra per l’accordo die tenne dietro alia batlagba di
Marengo nel 1800, diroccarono le mura della citta, la-
seiandone solo in piedi quelle parti che abbiamo accen-
nate. La fabbricazione, la coltivazione e i giardini ter-
minardno finalinente l’opera della demolizione, die riusci
fortunalissima alia citta, pel dilatamento, e per l’ame-
nita c maggior salubrita che ne risultarono. E coloro
die si dilettano di confront! curiosi posson notare come
# Francesi fasciassero Torino di fortiticazioni nel cin-
quecento, e di queste la disgombrassero nell’ottocento.
Editizio di altissima importanza fra le opere di
(l) Benclie di [>rofessionc avvocato, era il biellese Bertola intendentissimo
d'architeltura militare. Vittorio Amedeo n si valse di lui per meglio raffor-
zare la sua cittadella. Nel famoso assedio del 1700 il Bertola reggeva i lavori
degli ingegneri, e in esso ben diede a vedere che se sapeva conveniente-
rncnle ideare ed cseguirc le fortificazioni, non era men valente nel saperlc
difendere. L’esercito francese era fioridissimo, munitissimo d’artiglierie, pa¬
drone della campagna, apparecchiato da un anno a quell’ impresa: ne con-
ducevano le opere d’assedio trenta ingegneri discepoli dell’ immortale Vauban.
Nella cittA era una piccola guernigione, sfornita di lutto, persino di polvere,
e con poca speranza di soccorso. Nondimeno per la fortezza dei difensori, e il
senno del Bertola, alacremente secondato dagli altri ingegneri, si pervenne
ad indtigiar tanto la resa da porger tempo al principe Eugenio d’accorrere
a salvar insieme colla capitale gli Stati del Duca.
EDIFJZJ E MONUMENTI
113
architettura militare e il 11. Arsenale, rifabbricato cd
ampliato nel 1738 dal Devin cent i, colonnello di arti-
glieria, che fece pure il poligono per gli esercizj dei
cannoni e de’mortaj oltre il Po. Lo edilicarono per la
maggior parte i soldati della Compagnia de’ Minatori.
Ne riparleremo a suo luogo.
« Decantate, un secolo fa, come le prime d’Europa
erano le dueCaserme di Porta Susina. Le ideo il Juvara
nel 1700; il eonte di Borgaro disegno piii tardi la facciata
di quella elie risguarda sopra la via di Dora. Sono partite
in due quartieri, di S. Celso e di S. Daniele, e capaci
di 2500 persone. Meritano esame, benche piii non pos-
sano citarsi a modello. Havvene un’altra, detta de’Grani,
verso Po, vasta, senza pregio particolare, con altre
minori. Ma non e da tacersi il Quartiere nuovamenle
eretto per la cavalleria presso a porta di Po, quan Uni¬
que ragioni locali impedissero di farlo perfetto. Sen
lodano le scuderie, le scale, ccc. Di rimpctto a questo
Quartiere s’innalzera una Cavallerizza larga mctri 60,
col telto sopra armature di legno ed archi di genere
ancor nuovo per l’ltalia, sul fare di quelli dal colon¬
nello Emy proposti e construiti in Francia. Sono pure
apparecchiati i disegni di allri nuovi edifizj militari ».
Torino ha parecchi grandiosi palazzi fatti o ristorati
dagli architetti di cui sopra abbiam fatto cenno. Ma di
tutta quest’architettura palatina, la piii vistosa opera e
la facciata del Palazzo di Madama, disegnata dal Ju¬
vara, e dal severo Milizia chiamata superba (1). Essa
forma la facciata occidentale del Gastello, o Palazzo di
(I) ll Juvara fece pure la magnifica scala del palazzo.
114
CAPITOLO OTTAVO
Maclama, il quale nella sua facciata orient ale conserva
visibili ie anticlie sue torri, eel e per tre lati circondato
dai vecchi fossaggi, ora coltivali a giardino (1).
Ne’palazzi Torinesi notano gl’intendenti dell’arte
cerli grandi atrj con colonne di pietra o di marmo,
i quali lianno una scenica vaghezza loro particolare,
specialmente quando s’aprono su giardini interiori. II
palazzo della Cisterna e quello di Agliano, non meno
die varj altri sono di questo genere. II palazzo Cari-
gnano , ora del Consiglio di Stato, sulla piazza di quel
noms, e un’ aberrazione arcliitettonica, il capo d’opera
dello stile barocco. In esso il Guarini spinse il singolare
suo oclio contro la linea retta sino a far curvi, ora sa-
glienti, ora rientranti gli scaglioni della grande scala in
modo da indurre la vertigine a chi gli ascende o ciiscende.
E d’uopo tuttavia confessare ch’esso lia nel tuttinsieme
un’aria di maesta, ne van prive di un certo che di
(I) « L’ ultimo Principe d’Acaja Ludovico, nel 1403, dieprincipio a questo
Castello, praticandovi anehe davanti la piazza che ne porta il nome. Lo ter¬
mini) nel 1416 il Duca Amedeo vm, onde munito di quattro fortissime torri,
di cui due sole rimangono in piedi, servi da quella parte di valida difesa
all’attigua porta della citti, mentre quivi s’ incontravan le mura per cui ve-
niva questa rinchiusa a que’ tempi in un recinto quadra to. Servi pur quindi
spesse volte d’abitazione ai Sovrani, c specialmente a Madama Rcale, Duchessa
Giovanna ltattisla di Savoia-Nemours, da cui prese il nome di Palazzo Madama.
Sul disegno del celebre Juvara fit ornato il prospelto a ponente con quella
magnificenza che ora si vede, e fa vieppiu risaltare la semplicith romautica
dell'opposta facciata.
« Tagliatasi poi fuori sul principiare di questo secolo certa galleria di conni-
nicazione col Palazzo Rcale, la quale era di slruttura mcschina e di spiacevole
effetlo architettonico, rimase segregato il Castello sopra cui il Re A’itlorio
Emmauuele innalzo ultimamente una specola astronomiea, e che dalla munifi-
cenza dtd presente Re viene ora destinato alia pubblica esposizione della R.
Galleria di piltura ». Nozioni di Geoginf. patria.
EDIFIZJ E MONDMENTI
115
alleltevole « le stravagantissime bizzarrie de’lavori di
cotto ond’e costrutto ».
Non mancano ne’palazzi Torinesi gii affreschi, ma non
dubitiamo di errare dicendo cli’ essi apparLengono tutti
alia scuola del manierismo. Sono pero da vedersi gl’im-
maginosissimi di Bernardino Galliari, specialmente nella
gran sala del palazzo del Borgo, ora della Societa Fi-
larmonica. « Facile e bizzarre disegnatore, ardito colo-
ritore, copioso inyen tore e non istentato esecutore di
grandi storie a fresco » e chiamato dal Ticozzi il lio-
rentino Galeotti die dipinse la volta della galleria nel
palazzo Guarene, ora Bagnasco, sulla piazza Carlina:
la facciata di questo palazzo e idea del Juvara.
Magnifica e la facciata del gran palazzo del Senate,
disegnata dal Juvara, riordinata dall’Alfieri, e di fresco
terminata, soprantendendovi l’architetto Micliela.
II palazzo dell’Universita degli studj, fatto edificare
espressamente a tal tine da Vittorio Amedeo n co’di-
segni del Ricca nel 1714, ha un nobile cortile quadrato
con portici a colonne die sostengono una galleria supe-
riore, anch’ essa a porticato. Ne’ portici inferiori sono
murate molte lapidi Romane, trovate in Piemonte. 11
celebre Scipione Matfei le fece collocare e conosccre.
Antonio Rivautella e Paolo Ricolvi le illustrarono con
dissertazioni e con note(d). II Vernazza ne fece dipingere
le lettere in rosso per agcvolarne la lettura.
(I) Vedi Museum Tanrinen.se nel Museum Veronense del Mallei, e Marmora
Taurinensia degli allri due. Questa seconda opera 6 meglio compiuta, per-
cl)6 l’antiquario Bai'loli, dopo la partenza del Maffei, aveva fatto collocare
in quel portico molti altri niarmi, e specialmente quelli trovati ne’ruderi
d’industria , antica citt!» presso Verrua e non lungi dal Po nel Monferrato.
116
CAPITOLO OTTAVO
Un vero Museo lapidario vien cliiamato dal Millin
questo porticato inferiore. Oltre le iscrizioni, esso con-
tiene bassi rilievi anticlii e statue, tra le quali si notano
due Torsi loricati, scoperti a Susa nel 1S02 e restaurati
da artisti fraucesi. Yasi di marmo istoriati adornano le
grandiose scale. 11 gruppo della Fama che incatena il
Tempo, nel porticato superiore, e opera de’ fratelli
Collini, scultori piemontesi del secolo scorso.
La parte interna dell’Universita e mirabilmente ac-
concia al suo scopo. Una grave magnificenza vi regna per
entro, e il viaggiatore che ci mette il piede, sente ad un
tratto di essere nel tempio delle muse, nell’albergo di
ogni dottrina.
Il Seminario, disegno del Juvara ritoccato dal Cer-
rutti, e vasto eclilizio, ancli’ esso a doppio porticato ,
inferiore e superiore.
11 palazzo dell’Accademia delle scienze, prima Col-
legio R. de’Nobili, e disegno del Guarini. Venne am-
pliato teste. Oltre l’Accademia, contiene il Museo Egizio
e il Museo d’ anticliita die descriveremo di poi.
Nello scarsissimo numero di memorie storiclie colie-
gate ai Torinesi edifizj, tornerebbe rimproverevole il
tacere cio clic il Vernazza scrive del palazzo gia Cara-
glio, ora della sacra Religione dei Ss. Maurizio e Laz¬
zaro, poco discosto dalla Rasilica nella via che ne porta
il nome. « Prima, egli dice, die il conte di Castella-
monte disponesse secoudo la sua arcliitettura questa
Gli avanzi d’Jndustria furono scoperti nel 1743. « Proseguironsi gli scavi nel
1752 e nel 17G4, ]ioi ultimamente ancora; con che se ne trassero molti cu-
riosi oggetti d’arte, i quali per la loro bellezza ed il prezioso lavorio dimo-
slrano come incivilito e dovizioso fosse di certo il popolo che ahilava quella
ragguardevole citt?; ».
EDIFIZJ E MONUMENTI
117
fabbrica, si crecle die quivi abitasse la famiglia del mar-
cliese d’Este, e quivi pertanto si credo die alloggiasse
Torquato Tasso, quando nel 1578 venne a Torino ».
II Palazzo di Cilia, opera del Lanfranclii (1683),
guarda su due piazze ed ha ire recenti fontane al suo
piede. Dentro la gran sala del palco superiore evvi un
monumento in marmo fatto dallo Spalla ; esso rappre-
sentainalto rilievo il ritorno di Vittorio Emmanuele nel
1814. Nelle sale di questo palazzo ora si ammira la beila
e copiosa raccolta de’paesetti ad acquerello del cav.
De Gubernatis. Nel 1805 vi fu gran festa da ballo, alia
quale intervenne Napolcone colla sua Corle, mentre
passava per Torino, avviato a Milano a cingersi la co¬
rona di ferro.
La parte novissima di Torino e tutta ornata di case
linde, ridenti, confortevoli, vaghc, di quelle case in
line nelle quali l’Algarotti, se non erriamo nel nome,
volca soggiornare avendo a rimpetto un palazzo di Pal¬
ladio per ricrearsi gli sguardi. Ma di palazzi Palladiani
non ve se n’ eresse pur uno. Giardini interni, viali la-
terali, il placido flume, il verdeggiare de’prati vicini,
e i giocondi prospetti dell’oltrepadana collina, porgono
a parecchie di quelle case 1’ aspetto di piacevoli ville. Il
pubblico Passeggio, eretto teste sugli avanzi de’bastioni,
le signoreggia a mezzogiorno. Esso e grato per aure piii
libere, per ombre nascenti, per falde di verzura, e per
singolare amenita di prospetti.
118
MISURA DELLE PRINCIPALI STRA
NOMI DELLE STRADE E PIAZZE
Larghezza
in
metri
Lunghezza
in
metri
All
m
/Doragrossa.
41
50
962
Po(I).
48
50
661
\ Italia.
4 4
50
259
m J Porta nuova.
40
79
559
! i> j Nuova.
4 4
50
259
I Mad. degli Angeli, e Carlo Alberto
40
79
1094
I Ospedale.
40
79
1017
\Zecca.
40
79
945
/Gastello (2).
466
225
/ San Carlo (5).
77
467
I 1 Delle Erbe (4).
58
55
| Carignano.
57
80
g lSan Giovanni.
45
9
68
1 < ettajo in Torino, dee far parte del pavimenlo della nuova gran sala da ballo
nel R. Palazzo. Esso 6 intarsialo d’olmo, di noce, di sandalo rosso, d'el>ano ecc.
F« mostralo nell’esposizione de’prodotti dell' industria patria del 1839.
PALAZZO DEL RE
123
ed a lavori di tarsia dal Piftetti, artista piemontese del
sccolo scorso, le cui opere si fanno ammirare per la
perfezione con cui sono condotte, benche in un gusto,
quanto a disegno, che meriterebbe di rimanere obsoleto,
ma che la moda ha ritomato in onore.
La Biblioteca particolare del Re e ricca delle piii
scelte e belle edizioni moderne di opere appartenenti
a storia, viaggi, arti, economia pubblica e scienze
diverse. Vi si annoverano piii di 30,000 volumi a stampa,
tra’quali alcuni in pergamena e miniati, come la magni-
fica edizione fatta dal prof. Marsand del Canzoniere del
Petrarca, ornata di due ritralti in miniatura del poeta
e di Laura, oltre diverse vedute del Migliara. I mano-
scritli sono circa 1800. Ne’ libri a stampa la raccolta
militare e copiosissima. Fra i manoscritti vi si distin-
guono: l.° tutti i materiali che il gran Federico tras-
mise all’Algarotti accio scrivesse la storia della guerra
de’sette anni, con molte lettere del Re all’Autore;
2.° una raccolta di 53 volumi in atlante di disegni
per la storia dell’arliglieria in Europa, del colonnello
Rouvroy; 5.° 1’unico esemplare completo della Storia
degli Arabi dalla loro origine sino al Califato di Moa-
via, scritta da Ebn-Kaldm, opera che presentemente
si vien pubblicando con iilustrazioni e versione italiana
dal nostro ab. Arri, sussidiato dalla munificenza reale;
4.° molti codici si membranacei che cartacei, tra’quali
alcuni arabi, persiani e drusi. Stanno pure in questa
Biblioteca varie lettere del duca Emmanuel Filiberto,
rincipali solenniU dell’antio; e tormina
colla benedizione che si comparte da’Vescovi at popolo, fiuita la messa —
■Vol. I in fol. MS. membran. con doralure, e pitture di stile mediocre.
Missale Romanum — a Dominica l de Advenlu ad Dominicam xim pest
Penthecostes , et propria Sanctorum.
Vol. 1 in fol. MS. membr. con ornati e doralure, e coll’arme di Papa
Telice V.
Laclantii ( Firmiani) Epitome Tnslitu'.ionum Dieinarum —Vol. antichissim*
in 4.° MS. membranaceo. — ll Millin lo crede del 4.° o del 5.° secolo.
Valturius ( Robertas ) de Re Mililari — ad Sigisnmndwn Pandu/phum Ma-
laleslam Ariminensiwn Regem ac lmperalorem. — Vol, l in fol. Veronae , per
Boninwn Raguseitm, 1483, 13 Jebr.
Esemplare colle majuscole dorate e miniate, e coll’arme in colorc della
famiglia Malatesta suddetta; pin varie figure in colore rappresentanti Frin-
cipi, fra i quuli varj della Real Casa di Savoja.
Decreta Sabaiuliae Ducalia lam refer a, quam nor a ad justiciam, et rem
publicam gubernandam, suasu atque ope praeclari juris ulriusque doctoris
domini Petri Care Ducalis Consiliarii Adrocatiquc fscalis, Taurini impressa
per insignem Joannem Fabri Lingonensem anno 1477, JT hal. decembris —
Vol. I in 4.°.
Epistolae Pii n Pontijicis maximi , impressae Medivlani per magislrnm
Anlonium De-Zarolis Parmensem 1473, maii 25.
Canones el decreta Sacrosancti rEcumenici, el generalis Concilii Trident ini
PALAZZO DEL RE
127
Di rimpetto ai Regj Archivj siede la Regia Militare
Accademia. E un edilizio quadrato,con amplissimo cortiie
di forma quadrat a, circondalo da due parti di portici
e da doppio ordine di galleric sostenule da colonne di
pietra. Lo cominciava Carlo Emmanuele n col disegno di
Amedeo di Castellamonte; lo terminava la sua vedova
Maria Giovanna Raltista di Nemours mentre reggeva lo
nub Paulo ill, Julio ill, Pio IP Pontificibus Maximis — Vol. 1 in fol. mem-
bran. Romae, apuil P. Manutium Aldi F. I5G4, cum privilegio Pii IP Pont.
Maximi.
Pirro Ligorio— Opere originali, XXX vol. in fol.
I 18 primi volumi contengono un dizionario composto di libri xxnn, nel
•juale si tratta dell’antichitSi storica e favolosa, come anehe dclle citth, ca-
stelli, luoghi, monli, fiumi, niari, isole ecc., non che dclle nazioni e uomini
celebri, non solo fra i Gentili, ma auche fra i Cristiani. ll tntto disposto per
ordine alfabclico.
I rimanenti volumi riguardano varie altre malerie, cioe:
II vol. 19° tratta delle piii cbiare fainiglie Romane anliche, e delte medaglie
che loro si riferiscono.
ll vol. 20° riguarda alcune famose ville, e particolarmcnte l'antica cittii
di Tibure (Tivoli), ed alcuni monumenli.
ll 21° traUa delle medaglie degli Imperatori Romani.
ll 22° iratta delle medaglie e dei fatti degli Imperatori Romani, non die
dei loro figliuoli, e dei trenta Tiranni.
ll 23° riguarda gli uomini illustri nolle scienze, arti e letteratura.
4l 24° tratta del significato del Dragone.
ll 25° 6 intitolato— Velerwn not a rum explanatio locupletissima , quae in an -
liquis nummis ah pie monnmenlis marmoreis occurruul.
ll 26° tratta dei Magistral Romani.
ll 27° ha per titolo—Libro delle Citth e Popoli, con la figura delle loro
medaglie.
ll 28° contiene un trattato di diversi terremoti, ricavato da divcrsi aulori.
ll 29° tratta d’alcune cose appartenenti alia nobillh delle anliche arti, e parli-
colarmente delta pittura, della scullura e deU’architettura.
ll 30° contiene una raccolta di disegni di figura e di ornati originali fatti
alcuni colla penna, ed altri col lapis dallo stesso l’irro Ligorio. N. C.
128
CAPITOLO NONO
Stalo nella minor eta di Vittorio Amedeo n. Lo scopo
primitivo dell’edifizio ci vien dicliiarato da esso archi-
tetto, clie lo dice « per uso di nna Nobile Accademia
nella quale saranno alloggiati, oltre liPaggi di S. A. R.,
la nobile gioventii della sua Corte e forastieri, ove sa¬
ranno ammaestrali negli esercizj d’ogni sorte d’armi,
de’ cavalli, della danza, delle matematiche e dellc belle
lettere » (1). Essa venne abolita sul finir di quel secolo,
riaperta nel 1713, rinnovata piii tardi col titolo di Reale
Accademia, servata la legge clie ai soli nobili ne fosse
conceduto l’ingresso. Clie poclii e miseri studj vi si fa-
cessero ce lo ha insegnato, forse esagerando, nella sua
Vita l’Alfieri. Nondimeno siccome vi si apparava il viver
leggiadro e 1’aulico tratto, vi concorrevano giovani Russi
ed Inglesi e d’altre nazioni. Lord Chesterfield, nelle Let¬
tere al suo figliuolo, gl’indicava a quel tempo Torino
come sede-modello delle signorili maniere. Stando l’ini-
perio di Napoleone, nell’edillzio della R. Accademia era
un Liceo assai ben condotto, dal quale uscirono valenti
discepoli. Vittorio Emmanuele, ripreso ch’ebbe il freno
de’suoi Stati, rinnovo (13 novembre 1813), ma con
tutl’altre norme, ed introducendovi lo studio in lingua
italiana, 1’ antica instituzione, e la intitolo Regia Mi-
litare Accademia. Al governo di essa prepose un figliuolo
dell’illustre fondatore dell’Accademia delle Scienze.
L’amicizia di cui ci e stato, sin dalla prima giovinezza,
cortese P antico direttore della R. Accademia Militare,
ora salito ad altissimi onori, non ci concede di ordirne
le lodi. Ma pur ci ricordache nel lungo nostro soggiorno
in altre parti d’Italia, la fama di che godeva la Regia
(I) Conte Amedeo di Caslellamonte, la Venaria. Beale. Torino, 1672.
PALAZZO DEL RE
129
Militare Accademia cli Torino rallegrava il nostro cuor
piemontese.
Quest’instituzione ebbe nuovi ordini net 1839. Oltre
a 200 non possono salirne gli allievi, i quali debbono
« essere di nobile o civil nascita, professare la religione
cattolica » ecc. ecc. Essa e « instituita per instruire
nelle varie parti dell’arte della guerra quei giovani clie
si dedicano alia carriera militare e desiderano intra-
prendere servizio ne’varj corpi dell’armata di terra nella
qualita di Uftiziale. Cinque sono gli anni del corso per
le armi comuni, sei per le armi dotte. Gli alunni escono
sottotenenti nelle prime, luogotenenli nelle seconde,
ma questi ultimi debbono rimanere altri due anni per
la scuola d’applicazione, appartenendo tuttavia ad uu
corpo » (1).
(I) Prowedimenli soprani relalivi alia E. Militat e Accademia, in data del \
niaggio 1839. Torino, Staniperia Eeale.
A questi Prowedimenli rimandianio il leltore, vago di pin Iarghe notizic.
La qualita degli sludj e bastevolmente indieata dal seguente speechio:
Pei varj rami d’ istruzione
Due Diretlori degli studj, di cui uno specialmcnte per le malcrie fisiehe
e matematichc.
I n Professore d'analisi e di mcccanica.
Un Professore di geometria ilescrittiva.
Due Professori di matematiehe.
Cn Professore di fisica, di chi mica, di statica.
tin Professore aggiunto al medesimo.
Un Professore di fortifieazione.
Un Professore di lopografia e di geodesia.
Ln Professore d’arte e di storia militari.
l/n Professore di storia e di geografia.
LFn Professore di disegno.
Due Professori aggiunti al medesimo.
On Professore di belle lettere ilaliane.
130
CAPITOLO NONO
Piu oltre ad oriente, e in faccia dell’Universita s’erge
il vastissimo R. Maneggio de’ cavalli, fatto da Carlo
Emmanuele hi co’disegni dell’Alfieri. E forinato a fog-
gia di teatro di forma quadrilunga, con intorno un
ordine di logge aperte per comodo degli spettatori.
Attigue al Maneggio s’ innalzano le nuove Regie Stalle,
ove trovi circa 200 cavalli da tiro e da sella, fatti
venire d’Inghilterra o d’altri paesi, non meno die pa-
recchi della R. Mandria della Venaria, i quali gia ga-
reggiano co’migliori delle altre contrade. Ivi pure e
la rimessa da cocclii e da carrozze, tenuta lucida come
uno specchio. Tra le carrozze da gala e osservabile
quella che rappresenta le avventure di Telemaco, di-
pinte dal Vacca (1).
Intorno alia R. Zecca, ecco una notizietta bastevole.
« II Muratori ( Anliq. Itcil.) pubblico unamoneta come
di Torino del secolo xiii; liavvi tutlavia mol to da dubi-
tare sopra di essa , e pub credersi falsa.
« La Zecca venne aperta in Torino nel 1297 da Fi¬
lippo di Savoja, principe d’Acaja e signore del Piemonte:
essad’allora in poi sempre continuo a lavorare, anche
Un Professore di lingua francese.
Quattro Maestri per il hallo, la scherma, la ginnaslica ed il nuoto.
Otto Ripetitori.
Un Macehinista per la eonservazione delle macchine, e per ajutare il Pi'o-
fessore di fisica negli sperimenli.
(1) Per non ritornare indietro. accenneremo qui nel Palazzo detto il Vecchio
nna Rotonda d’ordine jonieo con colonne di niarmi di varj colori, la quale,
dieono, servi di cappella quando trasportarono la SS. Sindone da Ciamberi a
Torino. Questa Rotonda fu creduta fatta col disegno del Palladio, nia il Vi-
iruvio vicentino mai non venne in questa citti, ove di suo nulla v’lia, ne
Biai v’ehbe.
PALAZZO DEL RE
131
nel durare dellc due occupazioni franccsi del secolo xvi
e xvni.
« Vi si conserva una serie di conii di medaglie di
tutti i principi e principesse sovrane di Savoja, con ailti-
sivirovesci, cominciando dal favoloso Beroldo e scen-
dendo sino a Vittorio Amedeo in, falta nel secolo scorso
dai Lavy, e in gran parte immaginaria: vi sono inoltre i
ponzoni e conii delle monete del Piemonte e Stato di
Genova dal 1780 incirca a questa parte.
« Nel laboratorio di Valdocco, chc ne dipende, sono i
forni inservienti alle operazioni clie abbisognano per
1’ afTinazione e separazione de’ metalli preziosi, come
pure lemaccliine per la preparazione de’tondini; iltutto
mosso da macchine idrauliche.
« Ilavvi pure un laboratorio cliimico metallurgico; e
si avverta clie i piii recenti trovati della chimica sono
adottati nelle operazioni della Zecca torinese ».
Dietro il Palazzo, verso la strada di circonvallazione,
si stende il R. Giardino sostenuto dagli antichi bastioni.
Lo fece nel genere regolare, introdotto da Lenotre
pei giardini di Luigi xiv, il francese Pupasc o Duparc.
E adorno di una gran fontana con Tritoni, di vasi e di
statue. Alcune sue parti furono teste racconciate alia mo-
derna. Cid clie in esso havvi di piii delizioso e il gran
viale accanto alle Segreterie. Gli altissimi ed annosi
suoi tigli vi mantengono 1’ ombra e la frescura nelle
piii calde ore del giorno. Durante la bella stagione
questo giardino viene aperto al Pubblico: ne’ di festivi
principalmente v’ e frequente e giocondo il passeggio.
Abbiamo riserbato per ultimo l’Armeria, sebbene at-
tinente alle stanzc reali, perche ci e caduto in mente
di stenderci oltre il nostro uso intorno a questa materia
152
CAPITOLO NONO
della quale poclii hanno accurate nozioni. E veramente
i piii pensano tuttora die le armerie si facciano per
lusso, per decorazione, per grandigia, per curiosita;
laddove un’armeria giudiziosamente raunata ed ordi-
nata e grande anzi necessario sussidio alPistoria mili-
tare, ed all’ istoria delle arti meccaniche e delle arti
belle.
Armeria ( armamentarium ) secondo l’uso presenle
ehiamasi una raccolta di armi antiche ed in ispezialita
del Medio Evo. Le armi del Medio Evo sono in generale
si differenli dalle nostre, clie, senza vederle, difficilmente
si posson comprendere. Recliiamone un cenno.
Armatura significa il complesso delle armi difensive
else cuoprono e difendono il corpo de’guerrieri. Ma
questa parola dinota pin particolarmente le armi dei
bassi tempi, in cui i guerrieri erano da capo a piedi
tulli vestiti di ferro.
« In Erancia i signori di alcuni feudi sotto la seconda
dinastia , e tulti i cavalieri sotto la terza, portavano un
pettorale di ferro, sovr’esso la camiciuola, sulla ca-
miciuola il giaco di maglia, e su questo la guarnacca,
detta sorcotto o sopraccotta: tale era pure P armatura
de’ signori in Germania e in Italia.
« La camiciuola era una specie di giubba di taffeta
foderata di lana e trapuntata, la quale serviva a rom-
pere l’urto della lancia, clie anclie senza forare il giaco
avrebbe potuto far contusioni.
« Il giaco di maglia era una tunica formata di piccoli
anelli di ferro, cui si attaccavano le braclie, fatte si-
milmente di anelli di ferro, e clie ricoprivano le gambe.
Eranvi perb ancora bracciali e gambiere di ferro solide,
colic snodature opportune alle articolazioni. Quando gli
PALAZZO DEL RE
133
anelli erano molto minuti, quel tessulo chiaraavasi spu-
gua. Aggiungi il collare, i cosciali e le manopole.
« L’elmo riparava la testa, il viso e la nuca: cliia-
mavasi visiera dell’elmo una gratella, clie si poteva
rialzare per premier aria (1).
(1) « ll cavaliere aver doveva in primo luogo la testa coperta da un buon
elmo, che da principio non consisteva die in due sempliei piastre in giro
rivolte e sopra il capo un poco rilevate; ina cosi poco comode, die un leg¬
gier colpo era bastevole a farle in testa ravvolgere, e girare innanzi e in-
dietro. Perfezionatasi poi si fatla armalura, fu di piu pezzi di ferro lavorata,
rialzata in punla per modo die venisse non pur la testa a coprire e in un
la collottola, ma la faccia altresi colla visiera e col ventaglio, norni dati a
due parti della medesima, perchd 1’ una era fatta per coprire il viso, e l’altra
per lasciar libera la respirazione. L'elmo, soggiunge il Fauchet, era ornalo
lalora di iiori incisivi dagli orefici con elegante artifizio, e talora risplendeva
per le pietre preziose che i cavalieri vi facevano per grandezza annicchiare;
e non di rado lo caricavano di fermaglietti e collane d’oro imbullcttate nini d'antica progenie, e di ferro quello degli altri guerrieriw. Ferrario, Sloria
rd analisi degli anlicld romanzi di cavalleria.
(I) Vizionario delle origini. Cyclopaedia, art, Armour.
PALAZZO DEL RE
135
perche era talvolta seminato a bolle terminanti in punta.
Gli anlichi scucli erano quadri in alto, dov’era d’uopo
difendere il petto e le spalle, dirainuendosi poi verso it
basso finche tinivano come in punta, e tagliati erano in
arco per muoverli piii agevoimente. Altri erano di forma
rotonda e chiamavansi rondacci, rondelk , rotelle, forse
dalla loro ligura rotonda come le mote. Si gli uni che
gli altri erano di legno, coperti di cuojo bollito, o d’al-
tre materie dure, con un cerchio di ferro tutto ali’in-
torno, perche non fossero facilmente troncati o fessi.
Brocchiere, a giudizio del Muratori, fu chiamata quella
specie di scudo, che nel mezzo teneva uno spuntone
o chiodo acuto di ferro ed eminente, con cui anche si
poteva ferire il nemico se troppo si avvicinava. Broccare ,
voce andata in disuso, significava pungere il cavallo
colle brocchc , cioe colla punta degli speroni; perche
brocca volea dire un ferro acuto. Chiamavansi targoni e
targhe gli scudi quadrat! e curvati, e ce n’erano di cosi
grandi che coprivano interamente non pur tutto Cuomo,
ma ancora quei balestrieri o arcieri che stavan dietro
ai medesimi. Avevan pero questi una punta a basso per
piantarli in terra, ed erano assai massicci, e chiamavansi
lallevas. De’ pavcsi o palvesi narrasi che fossero cerli
scudi grandi e quadri tanto nella parte superiore che
inferiore, cosi detti perche fatti alia manicra di Pavia.
Altri derivano questo nome dal teutonico.
« I cavalieri portavano ancora talvolta uno scudo eo-
perto di lamine di ferro o di scaglie d’avorio, pendente
per mezzo di una correggia dal collo, e dopo aver rotta
la lancia, imbracciavano questo scudo, tenendo il pugno
coperto co’guanti di maglia ».
Queste erano le armi difensive, e quantunque abbiamo
i r>6
CAPITOLO NONO
allungato nell’indicarle perclie quasi tulle dismesse ed
obhliale a’di nostri, uondimeno troppo ei sarebbe an-
coraa dire perdarne anclie un succinto ragguaglio. Lo
slesso ripelasi dclle armi offensive, intorno alle quali
ci terremo piii brevi, perclie in generate piii note.
« Le principali armi offensive dell’eta di mezzo furono
la lancia, la spada, il pugnale, la mazza e la balestra.
La Lancia era da’Francesi cliiamala bois, legno; gl’Ita¬
lian! la dissero troncone, antenna, asta, tronco, ecc. Esse
furono da principio grosse e lunghissime.
L’un l’allro in fronte a l’elaio s’e percosso
Con quelle lancie grosse e smisurate,
3Se alcun per questo s’e dcll’arcion niosso.
L’aste fmo alia rcsta han fracassale,
Benche fre palmi ciascun tronco e grosso.
Volgonsi, e gia Ie spade hanno afferrate,
E furiosi tornansi a ferire,
Che ciascun vuole o vincere o morire.
Boiardo, lib. I, canto XI.
La Lancia perb si lunga diveniva inutile allorche si
combatteva da vicino: era un segno di prossima scon-
litta per una schiera che veniva costrelta a tenerla al-
zata. I cavalieri erano spesse volte sforzati a scendere
da cavallo per combattere: l’usarono piii grossa e piii
corla sotto il regno di Filippo vi, cioe circa la meta del
secolo xiv. Essa era cliiamata bordone o bordonaccia ,
quand’era bucata. Nel tempo delle Crociate venne or-
uata di una banderuola; ma non vi si fece l’impugna-
lura che verso l’anno 1500 ».
La spada, comprendendo sotto questo nome gene¬
rate la scimitarra, la sciabola, lo stocco, ecc. ecc.,
PALAZZO DEL RE
137
piglib ne’ varj tempi molte forme diverse. Nell’eta ca-
valleresca si usavano spade largliissime, pesanti, forti
e corte affinche non si rompessero percuotendo sugli
elmi e sulle corazze. Tale era forse qnella di Goftredo
di Buglione, del quale si narra che colia sua spada fen-
deva un uomo in due parti. Lo stesso raccontasi degli
Svevi condotti in Italia nel 1053. Si uso pure la lunga
spada delta anticamente estocade, la corta delta braque-
mart , l’ acuta, la spada che adoperavasi con ambe le
mani, la spada di riscontro, la spada alia svizzera, la
spada alia spagnuola, il costoliere, la daga, il ver-
duco, ecc. ecc.
I pugnali erano, per lo piu, certe mezze spade di
eui si servivano i cavalieri quando si trovavano alle
strette. I pugnali acuti o slilelti sono meno anliclii.
« La mazza e una delle piu anticlie armi clie si ado-
perassero ad offendere. Cliiamavansi mazze d’ armi le
piu famose , come fu quella di Bertrando di Guesclino.
E veramente ne’ fatti d’ arme difficil cosa era il ferire
i cavalieri tutti vestiti di ferro, oppure di far guerra ai
eavalli, coperti anch’essi di ferro. Si costumava dunque
di percuoterli con mazze di ferro, perclie atterrati que-
sti, il cavaliere era preso, e pel peso dell’armi piu non
faceva grandi prodezze, eccettoche ne’romanzi. Percio
si studiavano conpicclie, spade e spuntoni di sventrare
i eavalli: alle cinghie , alle cingliie gridavano i capitani.
« I magli , i maglietti, i martelli d’armi non erano che
diverse spezie di mazze, delle quali solevano parimente
servirsi i cavalieri, e d’onde il soprannome talvolta
traevano, come Rovenza dal martello. La mazza , il
maglio, il maglietto, il martello furono le armi partico-
lari dei vescovi e degli abati che si trovavano in persona
138
CAPITOLO NONO
nelle battaglie, secondo l’obbligazione annessa alle loro
terre ed ai loro feudi ».
L’azza era una sorta d’arme in asta, lunga tre brac-
cia incirca , con ferro in cima e a Iraverso, dall’una
delle parti appuntato, e dall’altra a guisa di martello.
Altre sorta d’arme in asta erano l’alabarda, la sergen-
tina, ecc. La cliiavarina era nna specie di mezza picca
scagliabile; 1’accetta surrogava l’antica bipenne.—
Senza la veduta e 1’ esame materiale di queste armi
come farsene un giusto concetto ? E come soprattutto
figurarsi al vero un cavaliere armato di tutto punto
esso e il cavallo? Ditutte quelle armi, comprese le di-
fensive del cavallo, si rare a trovarsi, l’Armeria Reale
va copiosamente fornita, c tu puoi in essa studiare a
bell’agio quest’importante parte dell’istoria guerresca
di quel lungo periodo di tempo die corse tra l’antica
civilta e la modcrna.
La fabbricazione delle armi nel Medio Evo fiori prin-
cipalmente in Italia. La nobilta inglese a’tempi di ltic-
cardo n e di Enrico iv si provvedeva d’armi dagli ar-
majuoli italiani. Quando Enrico conte di Derby distido
il duca di Norfolk a far combattimento a Coventry, egli
mando a pregare Galeazzo Visconti, duca di Milano,
per un’armatura di tutto punto. Galeazzo Visconti diede
al cavaliere, che gli porto il messaggio di Enrico, la
scelta delle armi in tutta la sua armeria, anzi, per
maggior cortesia, invio con lui in Inghilterra quattro
armajuoli italiani per arredar Enrico nell’armi. Filippo
Negroli di Milano era 1’ eccellente armajuolo che fab-
bricava le armi pel re Francesco i e per l’imperatore
Carlo v. Queste armi poi, di ottima temperatura, si fre-
giavano dall’arte italiana con ogni qualita d’ornamenti.
PALAZZO DEL RE
139
Gli antiehi decoravano gli elini di figure simboliche e
mettevano sugli scudi ogni maniera di rappresentazioni.
La descrizione dello scudo di Acliille viene anzi da al-
cuni critici ligettata come non genuina di Omero, perche
recherebbe troppo in lontano la perfezione della scoltura
greca. Nel Medio Evo gli stemmi furono il primo fregio
che ornasse gli scudi e le corazze de’eavalieri, e pi glia-
rono da cio il nome di armi gentilizie. Essi dai tornea-
menti ebbero origine. I cavalletli, i pali e le gemelle
formavano parte dello steccato che chiudeva il campo
del torneo: i combattcnti che pigliavanoai vinti la spada
od altre armi, aveano diritto di fregiarne i loro scudi,
0 di collocarveli sopra, quai monumenti del loro va-
lore. Vennero poi le Grociate, che fecero moltiplicare
gli stemmi, e moltiplicare le eroci, varie di forma e
colore. Si aggiunsero in quel torno, o poco dipoi, le
imprese, composte di corpu e d’anima, cioe d’un simbolo
e d’un motto, od anche semplici, e si figurarono sullo
scudo e talora anche su varie altre parti dell’armatura.
E finalmente si venne a scolpire sugli scudi intere isto-
rie in basso rilievo, condotte con tutlo l’amore, coperte
di dorature, di nielli, d’intagli, di fregi. Caradosso Foppa
da Milano e Benvenuto Cellini ed altri grandi maestri
fecero sopra di esse lavori di cesello maravigliosi. L’arte
del cesellamento e dell’ orificeria si travaglio talmente
intorno alle armi, che i principi e i grandi baroni e ea-
pitani le aveano tutte quante, si difensive, che offensive
ed equestri, di ciina in fondo cesellate e dorate.
Di queste armi, ammirabili per fabbricazione e per
ornamento del metallo con disegni e sculture in basso
od alto rilievo o in incavo e dorature e lavori d’agemina,
ricchissima e la Beale Armeria. A non meuo di tree la
140
CAPITOLO NONO
giungono gli scudi di cjuesto genere, tra’quali uno gia
famoso attribuito a Benvenuto Cellini (1). Lo stesso
all’incirca puo dirsi degli elmi, uno de’quali, posse-
duto prima dal celebre Scarpa, e descrilto a stampa.
I)i finissimo lavoro pur sono molti usberghi, molte im-
pugnature di spade, ecc. ecc. Quanto queste armi, ge-
neralmente cliiamate del Cinquecento, giovino alia storia
ed alio studio delle arti, non e chi nol senta.
Chiamansi storico-personali le armi clie furono real-
mente portate da qualche personaggio istorico. Queste
armi sono assai piii rare che generalmente non si creda
o si dica. « Le varie armerie d’Europa, scrive il Mey-
liek, non comineiarono a formarsi, per quanto sembra,
che nel xvi secolo. GF imperatori Massimiliano i e
Carlo v, ed i re Enrico vm d’Inghiiterra e Francesco i
di Francia sono i monarchi ai quali si attribuisce la
fondazione di queste raccolte, ed essi vivevano nell’ul-
tima eta dello splcndore cavalleresco. Onde nacque
che quantunque nelle signorili famiglie d’ Italia si con-
servasse una certa quantita di armature di tempi an-
teriori, nondimeno l’armatura di Massimiliano i con
le sue gambiere d’ acciajo, e quella consimile di En¬
rico vii sono le piii antiche armature intere ed auten-
tiche che si conoscano in Germania ed in Inghilterra.
(lj I.o donava il principe Eugenio di Savoja alia principessa Vittoria sua
sorella, e questa all’ University di Torino; rappresenta i fatti priucipali della
guerra tra Mario e Giugurta.—
Uno scudo, di fahbricazione posterior?, che rappresenta in rilievo Ercole
domatore dei niostri, appartenne forse ad Enrico IV di Francia, o per lui fit
lavorato, perocchc questa era la sua impresa, ed 6 lavoro da Re. Havvene
uno colle palle Medicee, rappresentante il Banchctto degli Dei, opera singolare,
benchd uno scudo forse non fosse a principio.
PALAZZO DEL RE
141
Cio non ostante, nel formar le annerie in tempi poste¬
riori prevalse l’uso di dare alle armature nomidi anlichi
e famosi guerrieri a talento del raccoglilore, e fu poscia
creduto che veramente questi guerrieri avesser portato
quell’armi, anche contra la cronologia del costume » (1).
La piii ricca in questo genere vien reputata l’armeria
di Madrid, la quale contiene il giaco di maglia portato
da Isabella nella guerra di Granata, e le armature di
Ferdinando v, di Carlo v, del Gran Capitano, di Gio¬
vanni d’Austria, di Garcia de Paredes e d’altri illustri
Spagnuoli.
L’Armeria del Re a Torino vanta anche in quesla
serie i suoi tesori. « Vi sono di non dubbia origine
l’intera armatura di Emmanuel Filiberto, l’elmo di Carlo
Emmanuele i, con diversipezzi d’una sua armatura d’un
bellissimo lavoro di cesello a trofei, nodi gordiani e
corone, iltutto dorato; l’armatura di Filiberto di Savoja
ammiraglio di Spagna, la corazza del principe Tommaso,
quella del principe Eugenio in un con la sua spada e
le sue pistole e la bardatura del cavallo ch’egli premeva
all’assedio di Torino, e finalmente la corazza che avea
il re Carlo Emmanuele hi nella giornata di Guastalla.
Qual commozione non desta in un cuor piemontese il
vedervi le armi portate da’suoi principi a San Quintino,
a Torino, a Guastalla! Gli par di rivivere in quelle
gloriose vittorie ».
Aggiungi altri pezzi d’armi Sabaude, due spade cre-
dute di Giovanni di Wertli, duesciabole indiane dell’in-
felice Tippu Saib, regalate dal generalc di Boigne ecc.
ecc. Il tutto magnificamente disposto ed ordinato nella
(I) Meyrichj Critical Inquiry into ancient armoiu'S,
142
CAPITOLO NONO
luuga e spaziosa gaileria delta di Beaumont dal nome
del suo dipintore (1).
Due altre raccolte adornano eziandio quest’ Armeria.
La prima e quella delle armi indiune, radunate dal
conte Carlo Vidua ne’suoi viaggi per I’Asia ceiitrale, e
da lui lasciata alia R. Accademia delle Scienze che la
©(Terse in dono a S. M. Altre ne recava teste dal Brasile
S. A. S. il principe Eugenio di Savoja-Carignano. La
seconda, molto piii preziosa, conliene armi da fuoco dei
primi tempi, ed altre ricchissime, tra lequali sono assai
riguardevoli quattro moschetti a iniccia e ruota, che si
conservavano nel Guardamobili della Corle. Vi sono pure
alcuni elmi e gamberuoli Romani de’buoni tempi.
Carlo Emmanuele i, gran guerriero, gran politico ,
e gran protettore delle scienze, lettere ed arti, fu il
primo della R. Casa che raccogliesse un’armeria. Fra
gli altri scrittori, ne fa cenno il Marino, il quale raeconta
(I) Nedarh miglior ragguaglio la seguente nolizia, che ricopiamo: «In guests
Armeria sommano le armature di tutlo pun to ben oltre a quaranta. Sctte
delle quali sui loro cavalli bardati. E queste sono: l.o quella di Antonio
Martinengo del secolo decimoquinlo; 2.° di Emmanuele Filiberto; 3.° una
rieebissima sbalzata di un guerriero ignoto, di stile tedesco; 4.° del genera©
Ruota di Bergamo; 5.° di allro guerriero ignoto, con 1'impress d’una fiamma
access, dei tempi di Massimiliano X; 6.° un’altra di Antonio Martinengo;
7.o in mezzo alia Botonda , una giA appartenente alia famiglia Zacchei Tra-
vaglini di Spoleto.—Cospicue ed anclie istoriche sono nella maggior parte
altre armature non disposte acavallo; tra le quali se n'osserva una di casa Pi-
sani; due di guerrieri morti nello spedale di Vercelli per ferite riportate nella
batlaglia di Pavia; una de’principi Mattei; quella originaria della famiglia
S. Martino d Agli6 col motto Sans d/s Partir, in una fascia cbe unisce i cinque
dadi, impress di quests nobilissima famiglia; quella di Filiberto di Savoja
tempestata a soli; una mezza di Antonio Martinengo, e varie altre assai se-
gnalate. Aggiungi la hajonetta e il budriere del maresciallo di Sassonia, regalo
del Visconte di Chollet, il cui padre, giA ajuiante di campo di quel celebre
guerriero, le avea serbatc come rimembranza preziosa ». N. C.
PALAZZO DEL RE
145
come in essa si conservasse anche il mantello rosso, tra-
forato dai colpi nemici, ehe questoDucaaveaportatoin
battaglia, e coi quale sugli omeri egli solea dirizzar i can-
noni nella mischia, come ottimo artigliere ch’egli era (1).
Vi avea Carlo Emmanuele radunato le armature e i
busti de’principi suoi antenati ede’famosi capitani della
sua eta, disponendole in bell’ ordine nella Galleria detta
di legno nel Vecchio Palazzo. Quegli « arnesi di guerra »
vengono ancora mentovati dal Gemelli, ove ne’suoi Viaggi
parla di Torino. L’incendio si divoro poi quel palazzo, e le
armature die sen potettero salvare, vennero trasportate
all’arsenale, tranne la spada o Parmatura di Francesco i,
die fu collocata nel guardamobili, indi recata a Parigi.
La presente Arineria R. non ebbe principio die in sul
tramontare del 1854, per volere di S. M. die al conte
Vittorio di Seyssel ne affido la raccoltae l’ordinamento.
(I) ll poeta rivolgendosi al Figino per indicargli il ritrallo cbe doveva
fare del Duca, cosi scrive:
Ma se vago desio forse t'invoglia
Ch’abito il copra ollre ogni stima illustre,
Fingigli allorno cjuella ricca spoglia,
Ricca non gih per artifizio industre,
Ma da punte di lancie e di qnadrella
Quanlo laccra pin, tanto pin Delia.
Quesla, ov’6 sacro ad immortal memoria
Cumulo d’armi e di trofei sospesi,
Reliquia memorabile di gloria
Fende colk fra segnalati arnesi;
E quasi in triorifal pompa superba
Fra tesori piii cari ancor si serba.
Non di gennne o di pcrle elette e vaghe
La trapunse d'Aracne ago ingegnoso,
Ma di mille percosse e mille piaghe
(Stclle onde il ciel d’onor sen va pomposo )
Col proprio sangue, onde fu tinto e brutlo,
La spada ostil la ricamo per tutto.
Rilralto pancgir.
144
CAP1T0L0 NONO
Maraviglioso fu tosto il suo crescere. Si riunirono armi
che qua e la giaeevano confuse o neglette. Altre sen
comperarono in Italia, in Francia, in Ispagna, in Ger¬
mania. Si acquistarono reccntemente le armi della fa¬
in igiia Martinengo delle Palle, breseiana, gia celebre in
guerra; acquisto magnifico die ha arricchito la R. Gal¬
leria cli armi superbe e di antichita non sospetta. I
baroni piemontesi e savojardi offerirono in dono yarie
armi conservate ne’vecchi loro castelli. Illustri stranieri
secondaron l’esempio. Di tal guisa in cinque anni essa
venne ad emulare le piii antiche e piii decantate. I
modelli degl’ingegni e congegni dell’artiglieria con-
temporanea vi furono di fresco aggiunti per aumen-
larne l’utilita e la ricchezza.
Le bandiere che adornano quest’ Armeria sono mo-
liumenti di gloria piemontese. Combattendo le tolsero
ai nemici i nostri soldati nelle vecchie battaglie (1).
A fianco dell’ Armeria, in un vago salotto, evvi il
medagliere particolare di S. M. raccolto anch’esso dal
presente Re. Esso comprende una collezione assai ricca
e la piii compiuta che or siavi, delle monete e medaglie
della It. Casa, non meno che di quelle battute sparsa-
mente a’ tempi antichi nelle varie provincie che formano
il presente regno di Sardegna. Ha pure una copiosa
serie delle monete e medaglie battute in Italia dalla ca-
duta dell’Imperio di Roma sino a’di nostri, e 300 e piu
sigilli in bronzo. E contenuto in armadj che dimostrano
quanto 1’ arte dell’intarsiatore siasi ormai recata a per-
fezione in Torino. Lo adornano varie anticaglie trovate
in Piemonte, e varie curiosita del Medio Evo.
(l) l T na di esse col motto di Luigi xiy nec phiribits impar, fu presa nella
battaglia di Torino del 1706.
CAPJTOLO X
INSTITUZIONI CARITATIVE
Le Opere Piesono la prima e vera maraviglia di Torino.
La carita, la beneficenza, la filantropia, giacche oggi-
giorno s’assegna un differente valore a questi vocaboli,
gareggiarono nelfondarle, nel dotarle, nell’indirizzarne
pel piii retto called goverao. Ne temiarao d’iperboleg-
giare scrivendo che le instituzioni misericordiose di
questa citta basterebbero a recar lustro ad una metro-
poli tre volte piii popolosa. Esse erano, in generate,
tutte amrainistrate gia prima con integrita e con lode-
vole zelo. Ma il reggimento e l’economia loro ricevet-
tei o gran perfezionamento progressive merce del Regio
Editto 24 decembre 1836 «il quale a centre d’economica
7
146
CAPITOLO DECIMO
dipendenza nella parte finanziera ed a metodo uniforme
di contabilita chiamava gl’ Instituti di beneficenza e le
Congregazioni di carita de’RR. Stati » (1).
E tuttora un problema tra gli scrittori di Economia
pubblica se al governo delle Opere Pie convenga meglio
preporre uomini ragguardevoli per chiarezza di nome,
di meriti, di sostanze e di grado, mossi unicamente
da impulso di carita, con funzioni gratuite; ovvero am-
ministratori stipendiati, e percib piii strettamente sin-
daeabili, piii facilmente eleggibili tra gl’intelligenti, e
per tutte le ragioni del loro impiego obbligati a spen-
dere indefessaraente il loro tempo e le cure loro nel buon
governo di esse. Questo problema e risoluto in quanto
a Torino. Gli amministratori delle sue Opere Pie sono
tutti gratuiti; ma l’ordinamento loro e si ben divisato,
la scelta n’e generalmente si giudiziosa, e l’influenza
Sovrana opera sopra di loro cotanto efficace ed assidua,
ch’ essi riuniscono le utilita dei due sistemi diversisenza
esibirne gli sconci. Qucste lodi non sono di mera cor-
tesia: sono esse una semplice e modesta espressione
del falto(2).
(1) Il succitato Editto e le relative istruzioni regolano l’amministrazione
•legli instituti di Carita ne’RR. Stati. La Congregazione gcneralissima di Caritk
prcsiede all’amminislrazione di tulle le congregazioni e di tutti gli ospizj di
Carith del Piemonte e del contado di Nizza per mezzo delle Congregazioni
provinciali di carita. Le altre opere di lieneficenza che non portano il ti-
tolo di Congregazioni di Carith sono regolate nei casi ordinarj dai loro corpi
amministrativi, non trovandosi sottoposti all’autorilti della Congregazione ge-
neralissima; nei casi straordinarj dipendono direttamente dall’ autorita am-
minislrativa. Per maggiori schiarimenli si veda il succitato Editto e le relative
istruzioni.
(2) Il magistrato a cui spetto di liquidare ed approvare i conti delle
Opere Pie di Torino pel 1838, cosi favellava nella sua relazione del 18 lu-
glio 1839:
INSTITUZIOM CARITATIVE
147
Gli sguardi de’ nostri Principi furono sempre rivolti
verso le instituzioni caritative, ne contenti di ben rego-
larle in ogni tempo con provvidissimi decreti, essi lar-
gheggiarono nel beneficarle. Ma il presente Re supero
tutti i suoi predecessori nel far delle Opere Pie l’argo-
mento delle sue sapienti e tenere cure. Lo straniero
adunque che visita queste instituzioni in Torino, mentre
ammirera, come ne siam certi, la presente lor condi-
zione e la via di perfezionamento progressivo in cui
sono avviate, non dee porre in dimenticanza ch’esse
sono il prodotto congiunto della pieta del popolo to-
rinese, e del patrocinio del trono.
tl seguente Speccbio e lavoro fatto colmassimo stu¬
dio da un nostro egregio amico coll’ajuto d’uomini
special!
a L esame sommario cui procedetti di detti conti mi ha profondamenle
comraosso; ivi scorgesi quella caritA innata , ereditario retaggio de'Torinesi,
quella religiosa sollecitudine, quella vigilante operosiOi palerna, che distin-
guono il cristiano amministratore. Lode e lode di profonda gratitudine sia
resa a tutti e singoli gli Ainministratori delle Opere Pie di questa cittA; lo
sa il P.e cui nulla non isfugge, ed il Divin Rimuneratore ne accorderS loro
jl ben meritato guiderdone. Ivi scorgonsi inoltre i buoni frutti del perspicace
loro governo, imperocchA tutti i conti succennati oft'rono ecccdenti dis[>o-
nibili n.
CAPITOLO DECIMO
148
NOME
della
OPERA PI A
DATA
della
FONDAZIONE
DESTINAZIONE
I.
SPED ALE
MAG G10IIE
DI
S. GIOVANNI
BATTISTA
E DELLA
C1TTA
Dl TORINO
Di remota an-
tichita; se ne
hanno notizie
autentichesul
principio del
secolo xiv.
Riceve tutti gl’infermi, qualunque siane la na
zione o la credenza, purclie affetti da malaltii.
sanabili tanto in medicina quanto in chirurgia
escluse le comunicabili. Vi sono 418 letti, di cu
213 occupati da infermi per malattie interne
109 da malattie esterne, e 96 dagli affetti di in-
fermita croniche. Di questi ultimi 96, 75 souc
provenienti da largizioni private, e la nomim
dell’occupante spetta al fondatore fino ad estin-
zione della sua linea mascolina. Vi sono inoltrc
apposite camere per ricevere ammalati mediante
pagamento.
OSSERVAZIONI h
E stabilita in quest’ospedale la scuola clinica delle malattie mediche e chi-
rurgicbe. Ilavvi annesso il teatro anatomico osala per le dissecazioni. Vi sonc
quattro medici ordinarj, non compresi i due professori di clinica medica, a
ciascuno de’quali son destinati 14 letti per l’istruzione degli studenti durante
rannoscolastico, ed il professore di clinica chirurgica, per la cui scuola vi ha
6 letti nella sala degli uomini, ed altrettanti in quclla delle donne; vi sono
poi due medici assistenti, due chirurghi ordinarj, oltre al professore di chi-
rurgia operatoria, il quale e ad un tempo chirurgo ordinario dell’ospedale, un
SPECCHIO DELLE OPERE PIE
149
NUMERO
RENDITE
dei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
18 3 8
11 numero annuo
dei malati che yi si
ricoverano si puo
calcolare da 5,500
a 6,000.
229,405 28
Per regolamento Soyrano del 17 lu-
glio 1832, lo amministra una Congre-
gazione composla di 12 Direttori, cioe
sei Canonici della Metropolitana e sei
Decurioni della Citta. Presiedeyi S. E.
Mons. Arcivescovo.
Incurabili, 96.
1
PAR T I C 0 L A R IT A
chirurgo assistente, 21 allievi, e finalmenteuno spezialecapo ed economo della
spezieria. In quest’ospedale, come negli altri della citta, non si seguita alcun
sistema esclusivo nella cura delle malattie, e si puo affermare essere l’eclettico
quello clieviene universalmente adottato. Lamortalitasicomputadel 9 perOiO
all’incirca. Le Sucre di S. Vincenzo de’Paoli, coadiuvate da un numero propor-
zionato d’infermieri e d’infermiere, disimpegnano il servizio interno dello
spedale.
150
CAPITOLO DECIMO
NOME
della
OPERA PIA
DATA
della
FONDAZIONE
DESTINAZIONE
II.
1572
Non si ricoverano che uomini presi da morbi
acuti non contagiosi, oltre ai militari che sono
ricoverati di preferenza: vi esistono venti letti
SPEDALE
destinati a ricevervi le Guardie del corpo di S. M.,
MAGG10RE
non che le persone di civil condizione ricoverate
de’
SS.MAURIZIO
E
LAZZARO
d’ordine Sovrano.
0 S S E R V A Z I 0 N I E
Quest’ospedale Tenne fondato allorclie i due ordini di S. Maurizio e di S.
Lazzaro furono riuniti in un solo dal S. P. Gregorio xm che ne chiamd a Gi'an
Mastro Emmanuel Filiberto.—Ilpersonale sanitario e composto di due medici
ordinarj, diun medico consulente, di due cliirurghi ordinarje d’un consulente,
di due chirurglii sovrannumerarj, e di otto allievi. Yi ha un’apposita spezieria.
— Quali malattie vi si curino in maggior numero, quale sia il metodo curativo
impiegato, quale la proporzione tra le guarigioni e le morti si puo ricavare
SPECCIIIO DELLE OPERE PIE
151
NUMERO
R E N D I T E
dei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
18 5 8
umero medio dci
ricoverati
annualmente ,
1000.
Amministrato da un Regio Magi¬
stral Delegato per la superiore Dire-
zione ed ispezione degli spedali dell’
Ordine.
A 1\ TIC OLARITA
lie Statistiche mediche pubblicate nel 1835 e 1859 dal D. collegiato Bertini,
edico anziano di detto spedale. —Nel 1858 venne eretta nello spedale una
mera mortuaria disposta secondo i piu recenti metodi, nella quale si deposi-
ao per maggiore o minore spazio di tempo tutti coloro che succombono nello
edale.—Sono addette alia cucina, alia biancheria ed alle altre parti del ser-
:io interno, le Suore di Carita sotto l’invocazione di S. Vincenzo de’ Paoli,
idiuvate da un sufficiente numero di infermieri.
152
CAPITOLO DEC1MO
NOME
della
OPERA PIA
III.
SPEDALE
MILITARE
DIVISIO-
NARIO
DATA
della
FONDAZIONE
1831
DESTINAZIONE
Pei militari della divisione di Torino.
OSSERFAZIONI
Sino al 1851 gli ammalati militari venivano curati ne'loro spedali reggim
tali, amministrati dai loro rispettivi corpi. Un Yiglietto Regio del 20 decern
di quell’ anno institui gli spedali militari di Divisione, instituzione riordin
nel 1832 e 1833, e il cui fine e di risparmiare le preziose vite dei difens
del Trono e dello Stato, assicurandone il buon trattamento e la cura se fe
od infermi per altre malattie. Lo spedale della divisione di Torino e di pri
classe: esso e capace di 430 letti, numero sufficiente pei casi ordinarj; m
straordinarj s’aprono inferinerie succursali fuori di esso. Il servizio medi(
aflidato ad un medico in capo, il quale ne ha tutta la responsivita; a
SPECCHIO DELLE OPERE PIE 155
NUMERO
RESDITE
dei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi.
18 3 8
30 circa giornal-
mente.
Il Consiglio d’ amministrazione e
composto dal Capo dello Stato Mag-
giore, che n’e Presidente, dall’Uffi-
fiziale contabile, dal Medico, dal Chi¬
rurgo in capo. Il Presidente e diret-
tore dello stabilimento, e da lui di-
pende direttamente ogni persona che
a questo sia addetta.
4RTICOL A RITA
edici di seconda classe, ed a died media applicati, i quali ne’casi ordinarj
estano soltanto seryizio d’assistenza. II servizio cliirurgico ha un chirurgo
capo, e tutti i chirurghi maggiori ed in secondo della guarnigione. Vi sono
oltre allievi militari di medicina e chirurgia che fanno il servizio flebotomico,
:he intanto frequentano le scuole deH’Universita per ottenere i loro gradi
cademici. Due PP. Cappuccini celebrano i divini uffizj nella cappella dello
edale, e ne vegliano la disciplina religiosa. Alle Suore della Carita e affidato
serrizio farmaceutico e il servizio interno dello spedale, rol sussidio d’in-
rraieri.
CAPITOLO DECIMO
154
DATA
della
NOME
della
DESTINAZIONE
OPERA PIA
FONDAZIONE
IV.
OPERA
E SPEDALE
DI
S. LUIGI
GOINZAGA.
1794.
E scopo di quest’opera il visitare e soccorrert
settimanalmente nelle proprie abitazioni quegl
infermi che mancano del necessario, ne possonc
essere ammessi negli altri spedali, e il dare rico
vero nell’ospedale proprio dell’opera a coloro, cu
la natura della malattia non lascia adito negli altr
pubblici stabilimenti, o che mancando dei neces-
sarj soccorsi, poco o niun profitto trarrebbero dagl
ajuti a domicilio. Di presente vi hanno 72 letti, et
allorche la fabbrica sara condotta a termine, n<
potra contenere 200. Dei suddetti 72, 24 sono de
stinati per ricevere uomini malati, e 48 per donne
Le malattie che danno diritto di ammessione nell’o
spedale sono la tisi polraonare, il cancro, l'idrop«
cronico ed il marasmo. Il regnante Sovrano fond'
il ragguardevole numero di 24 letti per quegli in
fermi ed inferme, cattolici e domiciliati nei reg
Stati di terraferma, che siano travagliati da pella
gra, efelide scorbutica, cancroide, tigna tuberco
lata e lebbra.
O S S E R V A Z I 0 N I
Sul linire dello scorso secolo, il curato Barucchi, desideroso di soccorrere i
bisognosi, raccoglieva intorno a se quei cittadini ch’erano mossi dallo stess
desiderio e ne aveano i mezzi, instituendo, sotto il patrocinio di S. Luig
una compagnia o confraternita, la quale proponevasi il santo scopo d’essei
soccorritrice e consolatrice dell’indigenza. In meno di quattro lustri riuni larg!
mezzi pecuniarj da costrurre un’ampia fabbrica per ospedale, che si pub dire
modello di questa sorta d’edifizj, vi assicurava sufficienti rendite, e si met
leva in grado di vieppiu estendere i soccorsi a domicilio. — La Compagnia <
bPECCHIO DELLE OPERE PIE
155
NUMERO
dei ricoverati
o soccorsi
R E N D I T E
nel
18 58
!
AMMINISTRAZIONE
Malati 100 circa
515,939 95.
I regolamenli di quest’opera furono
all’anno.
da S. M. approvati con R. patenti 8
—
maggio 1826. L’amministrazione e af-
fidata ad una direzione di ih membri
occorsi a domicilio
12m. all’anno.
nominati da S. M., e scelti nella nu-
merosa Societa di S. Luigi. Un cava-
lieredell’Ordine Supremo vi presiede.
” .
> A RTICOLARITA
Luigi e canonicamente eretta nella chiesa di S. Giuseppe.— Le persone che
cono risanate da quest’ ospedale continuano per 15 giorni ad essere rice-
lte all’ora del cibo, affiuclie colla continuazione d’un vitto sufficiente e sa¬
bre possano conservare l’ottenuta guarigione. II servizio sanitario e affidato
l un medico ordinario, un cbirurgo ordinario e a due assistenti, uno medico
I’altro cbirurgo. La maguifica fabbrica dello spedale di S. Luigi eccita 1’am-
irazione per l’ingegnosa sua coslruzione, cbe si potrebbe dire quasi unica
:1 suo genere.
156
CAP1T0L0 DECIMO
NOME
della
OPERA PIA
DATA
della
FONDAZIONE
DESTIISAZIONE
V.
1728.
Vi si ricoverano i mentecatti d’ambo i sessi pro-
La nuova fab-
venienti dalle provincie del Piemonte propria-
brica fu co-
minciata nel
mente detto, e dal contado di Nizza.
UEGIO
1818,ed eora
MANICOMIO.
condotta a
termine.
OSSERFJZIONI 1
Anclie questo pio ricovero e dovuto ad una pia unione. La Confraternita dt
SS. Sudario ebbe prima in questa citta il pensiero di erigere uno spedale cb
servisse di ricovero ai mentecatti, i quali trovavansi prima d’allora sparsi ne
varj alberghi della capitale o ricoverati altrove. I circostanziati ragguagli intorn
alia disciplina per l’aecettazione dei malati, al genere delle malattie dominant
fra i pazzi ed altre infermita accidentali che sono piu frequenti, alia propor
zione delle guarigioni e della mortalita, ai varj metodi di cura e dietetica, i
possono leggere nell’opera stampata nel 1837 dal D. Bonacossa, uno dei medb
SPECCH10 DELLE OPERE PIE
157
NUMERO
R E N D I T E
dei ricoverati
nel
AMM1N1STRAZIONE
o soccorsi
18 3 8
numero annuo
ei ricoverati e di
200 circa.
228,282 77
Con Regie patenti 20 maggio 1857
venne sancito un nuovo regolamento,
merce di cui l’amministrazione del
Manicomio si compone di un Presi-
dente, di 15Direttori elettivi, nomi-
nati da S. M.,edel Priore della Con-
fraternita del SS. Sudario, Direttore
nato.
> A R T I C 0 L A R I T A
•
ellospedale, col titolo di « Saggio di Statistica del R. Manicomio dal 1851 al
837 ». I mentecatti raangiano ad una mensa comune. Nella divisione di tran-
uillita se ne vedono giornalmente piu di 120 pranzare e cenare insieme. II
jrvizio sanitario £ affldato a due medici e due allievi dichirurgia, tuttiquattro
esidenti nello spedale, e ad un chirurgo esterno. Per l’assistenza agli uomini
i ha un capo infermiere e 15 subalterni: per le donne, le Snore grigie, sotto
|i cui ordini stanno nove serve.
i 58
CAPITOLO DECIMO
NOME
DATA
della
della
DESTINAZIONE
OPERA PIA
FONDAZIONE
VI.
IS63.
Instituita con lo scopo d’impedire la propaga-
zione dell’eresia nella citta di Torino e suo terri-
torio, vi si adopero siffattamente che riusci a ser-
COMPAGNIA
bare intatta la fede di queste popolazioni in quei
DI
tempi calamitosi. Ma cessato coll’andare degli anni
S. PAOLO.
simile pericolo , rivolse le sue cure al sollievo
dell’umanita. Le opere che ne dipendono sono le
due case di educazione per giovani zitelle dette
del Soccorso e del Deposito; le distribuzioni di
soccorsi pei poveri vergognosi delle varie classi
della societa;l’amministrazione deimonti di Pieta,
la distribuzione di doti e di vesti per fanciulle
povere o meno agiate; gli esercizj spirituali, l’in-
stituto di Beneficenza destinato alia cura dei poveri
infermi a domicilio, e il Dispensario ottalmico.
OSSERVAZIONI L
Tutte queste pietose instituzioni ebbero per promotore il primo padre spiri¬
tual della Compagnia, Leonardo Magnano, nome che vuol essere ricordato tra
i benefattori dell’uman genere. Di alcune pero la Compagnia non ha che l’am-
ministrazione. I suoi benefizj si estendono alia citta e territorio di Torino. —
SPECC1110 DELLE OPERE PIE
159
NUMERO
dei ricoveraii
o soccorsi
RENB1TE
nel
18 3 8
AMMINISTRAZIONE
•
270,000,
escluse le rendite
del monte di Pieta
e dell’instituto
di Bencficenza.
LaCompagnia ha un llettore,unvice-
Rettore, un Economo generale,ed altri
numerosi uffizj, sostenuti da membri
della Compagnia mcdesima con ri~
spettivc incumbenze.
PAR T I C 0 LA Ii I T A
Nellc due case di edueazione del Soccorso (iustituito nel 1589), e del Deposito,
oltre molti posti gratuiti, ve ne sono varj per pensionarie. Queste due case
vennero prese sotto la special protezione d iS. M. la Regina.
CAP1T0L0 DECIMO
i 60
NOME
DATA
della
della
DESTINAZ10NE
OPERA PIA
FONDAZIONE
VII.
•
/ Gratuito.
1519.
Presta gratuitamente ai bisognosi mediante pe-
W
Riordinato
gno.
El
nel1822.
N—•'
o
a
| A
1 prestiti
1805.
Somininistra danaro, mediante pegno. riscuo-
H ,
tendo l’interesse al 6 0|0.
o 1
con
s
\interesse.
OSSERVAZIONI E
II primo, andato in abbandono per cagion delle guerre che infierivano a
quei tempi, venne richiamato a vita net 1580 dal la Compagnia di S. Paolo.
SPECCHIO DELLE OPERE PIE
161
NUMERO
R E N D I T E
dei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
18 3 8
113,951 22
Dipende dalla Compagnia di San
Paolo.
Nell’anno 1815 ne venue l’ammini-
strazione aflidata alia Compagnia di
S. Paolo.
PAR TICOLARIT A
162
CAPITOLO DECIMO
NOME
della
OPERA PIA
DATA
della
EONDAZIONE
DESTINAZIONE
VIII.
INSTITUTO
DI
BENEFICENZA
ED
UFFICIO PIO
Destinato a curare e soccorrere i poveri infermi
a domicilio, pe’ quali un medico ed un chirurgo
stipendiati sono assegnati ad ogni parrocchia. I
medicamenti vengono spediti gratuitamente.
OSSERFJZIONl J
La maggior parte di questa l’endita si compone di quanto la Sovrana munifi
cenza assegno, prelevabile dal prodotto del civico dazio di consuino della citta
SPECCIIIO DELLE OPERE PIE
163
NUMERO
lei ricoverati
o soccorsi
R E N D I T E
nel
18 5 8
AMMINISTRAZIONE
5d,500
Lo ajnministra la Compagnia di
S. Paolo.
RTICOLARITA
164
CAPITOLO DECIMO
NOME
della
OPERA PIA
DATA
della
FONDAZIONE
DESTINAZIONE
IX.
1838
I poveri afilitti da raalattie d’occlii, che
possono essere ricoverati negli ospedali, trof
nel Dispensario gratuili consigli, rimedj, e t
DISPENSARIO
i soccorsi dalla loro infermita richiesti. Quelli
OTTALMICO
sono neirimpossibilita di recarsi al Dispensa
vengono yisitati a domicilio.
OSSERVAZIONI
II ragguardeyole numero d’iafelici, i quali, merce delle pie e sollecite
ad essi compartite, ricuperarono la perduta facolta yisiva, ed il tuttora
SPECOIIO DELLE OPERE PIE 165
NUMERO
dei ricoverati
o soccorsi
R E N D I T E
nel
18 3 8
AMMINISTRAZIONE
0 circa nll’anno
Quest’istituto venne fondato dal la
veneranda Coiupagnia di S. Paolo, ed
e posto sotto la direzione e le cure
gratuite del signor Casimiro Sperino,
dottore in medicina, e membro del
Collegio di chirurgia.
1 R 1' I C 0 LA R I T A
ite concorso degl’infermi, fornisrono un evidente argomento dell’utilita
idissima di questo istituto.
CAPITOLO DECIMO
166
NOME
della
OPERA PIA
DATA
della
FONDAZIONE
DESTINAZIONE
X.
SPEDALE
DELLA
MATERNITA
1752
E destinato ad orfanotrofio ed a ricovero per
pregnant! prive di mezzi da potersi far assisterc
0 S S E R V A Z l ONI
Gia unito alio spedale di S. Giovanni, da cui non venne intieramente sej
ratoche nel 1815. II servizio sanitario si fa da un medico ordinario, unchiru
ordinario, un chirurgo sostituito, una levatrice maestra e tre levatrici as
stenti. Nella divisione delle gravide maritate viha la scuoladi clinica osletri
diretta dal professore d’ostetricia della Regia Universita, il quale e ad
tempo chirurgo primario dell’ospizio; vi intervengono otto allievi laureati
chirurgia, facendovi un corso di sei mesi: oltre a questa scuola liavvt
un’altra per le levatrici che debbono essere maritate o vedove, il cui numi
e di otto o dieci, quasi tutte a spese di varj comuni dei R. Stati. Yengc
SPECCIIIO DELLE OPERE PIE
167
NUMERO
R E N D I T E
dei ricoverati
nel
AMM1NISTRAZIONE
o soccorsi
18 5 8
l numero annuo dei
arti ascende a 600
irca. Quello degli
spostiad altri 600.
numero delle nu-
Tici permanenti
nell’ospizio,
da 18 a 25.
66,179 58
Le Regie Patenti 15 ottobre 1822
stabilirono i regolamenti e determi-
narono le attribuzioni dell’ospizio. La
direzione e composta di un Presidente
e di tre inembri.
3 A R r I C 0 L
A RITA
mmaestrate nelbostelricia in cib die riguarda la conoscenza dei parti naturali.
numero dei parti artificiali, a norma di un calcolo fatto in un deccnnio, c
el 2 per 0(0. S’iinpiega esclusivamenteTallattamento artificiale pei bambini
>spetti di lue. II servizio interno e l’assistenza dei bambini sono esclusivamente
ifidati alle Suore di Carita, ossia di S. Vincenzo de’Paoli. La Regia Direzione
a pure Eamministrazione dei trovatelli della citta e provincia di Torino, di cui
ene contabilita separata, e presenta l’annuale suo rendiconto all’ufficio d’ln-
ndenza.
168
CAPITOLO DECIMO
NOME
DATA
della
della
DESTINAZIONE
OPERA PI A
FONDAZIONE
XI.
1 7o2
Destinata a soccorrero le puerpere a domicilio.
COMPAGNIA
DELLE
PLERPERE
OSSERFAZIONI J
L’ instituzione di qucsta Compagnia e specialmente doyuta alia Regina
Polissena Cristina d’Assia, moglie del Re Carlo Emmanuele in. — Venne
SPECCHIO DELLE OPERE PIE 169
NUMERO
RENDITE
ei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
18 5 8
467
(nel 1855)
Amministrata da una Priora, una
Tesoriera, una Segretaria e varie
Ispetlriei.
RTICOLA RITA
nicamente eretta nella cliiesa di S. Teresa. — S. M. la Regina n’e Priora
etua.
8
170 CAPITOLO DECIMO
NOME
della
OPERA PIA
DATA
della
FONDAZIONE
DEST1NAZIONE
XII.
1580
Prorauoyere l’industria nel ceto povero e ]
curare ai gioyanetti un’educazione cristiana,'
mezzi d’imparare un’arte per la loro sussiste
It. ALBERGO
Tutti i giovani natiyi dei It. Stati, cattolici,
DI
nesti natali e privi o scarsi di beni di fortuna, ]
sono esseryi ammessi.
VIRTU.
O S S E R V A Z l ONI
Fondatodalla Compagnia di S. Paolo edassunto da Carlo Eimuanuele i sot
sua special protezione. Le arti che vi s’imparano, sono la fabbricazione di s
e di nastri in seta, di galloni, di calze, di stoffe in lana, l’arte del chiavaji
dell’ebanista ecc. I lavori e i prodotti dei medesimi sono a carico dei ma
SPECCHIO DELLE OPERE PIE
171
NUMER.0
RENDITE
Jei ricoyerati
n el
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
18 5 8
135
54,919. 91
La Direzione c composta di tre per-
sonaggi noiuiuati daS. M. Due ecde-
siastici, Rettore l’uno, Vice-Rettore
l’altro, ne yigilano l’interno, ed lianno
in cura l’istruzione religiosa.
articolarita
3 hanno l’obbligo di adoperarsi per la buona riuscita degli allievi, e di som-
nistrare lavoro proporzionato ai progredimenti die fanno nell’arte che
parano.
II
172
CAPITOLO DECIMO
NOME
DATA
della
della
IIEST1NAZ10NE
OPERA PIA
FONDAZIONE
XIII.
Antica l’ori-
gine. Riordi-
nato con R.
Questo pio instituto e un misto di ospizio c
spedale. Come ospizio riceve i poveri d’aml
SPEDALE
Editto 7 aprile
sessi nativi di Torino, suoi borghi o territorio,
1717.
i\ i domiciliati da alcuni anni prima d’essere rid
DI
all indigenza, non mono che poveri ragazzi ed
CARITA
La fondazione
fani d ambo i sessi, figli legittimi di poveri ge
(ori, che non sono in caso di poterli inanlenere
Boggctto
educare cristianamente. Come spedale ricev
1754.
poveri infermi uomini e donne de’R. Stati, e p
ticolarmente quelli che trovansi affetti da malal
comunicabili e sifililiche (e quest’ultima la fon
zione fatta dal banchiere Luigi Boggetto, che
porta tuttora il nome).
OSSERVAZIONI
llriordinamcnto di quosto ospizio nel preaccennato anno 1717 non segna
il secondo tentati\o fatto dai Duclii di Savoia per isbandire la mendicita.
fino dal 1628 Carlo Emmanuele n avearicoverato gli accattoni nell’ospizio d
Carita. Ma riesciti vani quei tentativi, il grande Vittorio Amedeo n vi si accii
ed ordinato con sua legge die fosse proibito il mendicare, apriva un ricovei
tutti i bisognosi nel da lui ripristinato ospizio della Carita. L’opera che all
venne alia luce col tilolo La mendicita sbandita, dimostra come fin da c
tempi fossero sentite ed apprezzate le difficolla die s’incontrano nella ris<
zione d’uno de’piu importanti problemi dell’economia politica. 1 ricove
SPECCIIIO DELLE OPERE PIE
173
IsT'MERO
R E N D I T E
lei ricoverati
nel
A M M l AT ST R A Z10 V E
o soccorsi
18 5 8
popolazione in-
na dello spedale
al primo genn.
19 di 294 giovani,
) fanciulli, 141
alidi, 265 donne
alide;enel ritiro
Boggetto 25 uo-
lini, 28 donne.
552,766. 44
ConRcgioBrevetto 12 maggio!858
S. M. approvo un nuovo regolamento
per P ospizio di Carila, che e gover-
nato da una Congregazione, composta
di 3Ions. Arcivescovo presidente, di
dueCavalieri della Corte,l’uno eccle-
siastico, l’altro secolare, d’un Sena-
tore, d’un Collaterale, dei due Sindaci
e di due Decurioni della Citta, di due
membri della Compagnia di S. Paolo
e di 24 membri clettivi.
4 RTICOLARIT A
juest’ospizio lavorauo tappeti, tessuti in lana, merlctti, bionde ecc., e le
manifalture per ben due volte furono premiate d’una medaglia d’oro all’e-
sizione deiprodotti dell’industrianazionale. Vi hapurcuna scuoladi musica,
data dal Re, onde formare allievi per la sua Regia Cappella.—Servizio sani-
io: due medici ordinarj, due straordinarj. Pel servizio chirurgico vi ha il
fessorc di chirurgia teorico-pratica nella R. Universita, il quale fa pure la
lica dei morbi sifilitici; un altro professore di chirurgia in qualita di chi-
go assistente; un cliirurgo assistonte che risiedo nello spedale, c qualtro
evi interni per la flebotomia.
174
CAPITOLO DECIMO
NOME
della
OPERA PIA
DATA
della
FONDAZIONE
DESTINAZIONE
XIV.
Venne aperto
Come ospizio celtico, e destinato a curare
Edificio
dell’
ERGASTOLO
nel 1858
donne iufette di malattie sitilitiche.
deslinato
a
carcere
correzionale
delle donne
e
ad ospizio
celtico.
0 S S E R V A Z I O N I
Quest’ospizio venne fondato nel 1776, e fu quindi aggregate) al Correziom
delle prostitute eretto con R. Brevetto 28 maggio 1856 nell’edifizio che (
serviva d’Ergastolo presso Torino. L’ospizio e diviso in tre classi — femmi
di partito condottevi dalla forza — venute volontarie — povere infelici veni
SPECCHIO DELLE OPERE PIE 175
NUMERO
rendite
dei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
18 5 8
Sotto la direzione della R. Segre-
teriadiStatoper gli affari dcll'interno.
ART ICOLARITA
r farsi curare gratuitamente. Le Suore della Carita hanno la cura d ambo gli
bilimenti (Vedi le notizie su questo Correzionale , nel capitolo Instituziohi
nitenziarie). Un medico, un chirurgo primario, un chirurgo assistente, ed
allro che risiede nella casa fanno il servizio sanitario dello stabilimento.
CAP1T0L0 DEC1MO
1/0
NOME
della
OPERA PIA
DATA
della
FONDAZIONE
XV
bestinazione
1858
RICOVERO
m
MENDICITA.
Destinato a ricoverare i mendicanti d'ambt
sessi e d’ogni eta della citta e provincia di Torifi
0 S S E R V A Z I 0 N I
Non yenneaperto che il 10 gennaio 1840 in due case, una propria d’ui
societa d’azionisti, che ne cedette 1’uso alia pia Societa, l’altra nel castello
' in0v0 ? proprio della Citta di Torino, la quale lo mise a disposizione della S
cieta.—11 yitto e di oncie 18 pane buono e due abbondanti minestre.—Richie
dendolo molivi di salute, si da vitto migliore e vino. — Tutti i ricoverati v
SPECCHIO DELLE OPERE PIE
177
NUMERO
R E N D I T E
dei ricoverati
net
AMMINISTRAZ10NE
o soccorsi
18 5 8
498
(4840)
Proventodelle sotto-
scrizionidei Socii, ed
obblazioni private.
La somma riscossa in
tal modo oltrepassa
le lire 200,000, og-
gid'i 1° luglio 1840.
L’amministrazione del ricovero e
affidata a 31 Socii, eletti in congrega
generale di tutti i soscrittori. Questi
31 Socii scelgono tra loro sette Ammi-
nistratori , formanti una Direzione
permanente, la quale, insieme con
quattro Amministratori per turno di
quindicina, regge tutto l’andamento
del ricovero.
PAR TICOLARITA
;tono uniforraemente, c dormono soli. — S’introdussero alcum lavorn, special-
nente nella casa di Torino. La meta del prodotto del lavoro spetta al ricoverato,
die ha pero solo la facolta d’impiegarne un quarto, l’altro quarto \iene custo-
lito in fondo di riserlio. — La mendicita sbandita merce di largizioni spon-
anee e splendido argomento del progresso della civilta in Torino.
*8
178
CAPITOLO DECIMO
NOME
DATA
della
della
DEST1NAZIONE
OPERA PIA
FONDAZIONE
XVI.
1758
Serve di ricovero a povere zitelle che lavoran
—
attorno a lanifizj, a manifatture seriche e di co
tone, a biancheria e ad ogni sorta d’opere don
RITIRO
DELLE
ROSINE
nesche.
0 S S E R V A Z I 0 N I
Rosa Govona, povera fanciulla di Mondov'i, ivi fondo quest’instituto n(
1740. Venuta in Torino nel 1755, ebbe incoraggiamento dal Re Carlo Ein
manuele hi che approvando l’instituzione di questo ritiro, l’accolse sotto 1
sua special protezione. L’Opera dee mantenersi di tutto col lavoro delle rico
SPECCHIO DELLE OPERE PIE 179
NUMERO
dei ricoverati
0 soccorsi
R E N D I T E
nel
■18 3 8
AMMINISTRAZIONE
380
73,000
Amministrato da una Direttrice
(1833)
primaria scelta tra le Maestre, da un
Direttore ecclesiastico e da un Diret-
tore negoziante nominate da S. M.
A RTICOLARITA
rate. Queste se nel primo anno s’adattano al vitto ed al lavoro loro confidato,
ssono riraanervi per tutto il tempo di loro vita. Altre case di quest’instituto
avansi stabilite nei R. Stati, tntte dipendenti dalla casa centrale di Torino.
180
CAP1TOLO DECIMO
NOME
della
OPERA PIA
XVII.
REGIO
RITIRO
DELIA
PROVIDENZA
DATA
della
FONDAZIONE
Neiprimianni
del
secolo xvii
DEST1NAZIONE
Gli esercizj di cristiana pieta, l’ammaestramen
in ogni sorta di lavoro, l’econoinia domeslica'j
un’acconcia disciplina di leltere, forraano la si
stanza dell’educazione che si porge alle giovani i
raccolte.
OSSEllVAZIONl \
Carlo Eminanuele hi nel 1735 innalzo quest’Opera all’onore di R. Institi
con accoglierla sotto la sua protezione, e nel 1748, determinandone i regf
SPECCH10 DELLE OPERE PIE J81
NUMERO
RENDITE
dei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
18 3 8
130
61,059. 12
La Direzione e coinposta di un Capo
e Protettore Cavaliere dell’Ordine
Supremo, di una Dama direttrice e
di quattro Direttori, due dei quali
ecclesiastici.
PAR TICOLARITA
menti, le assegno cospicue rendite, e le comparti insigni privilegj. - Vi sono
pensionarie Regie e particolari, e posti di particolari fondazioni.
182
CAPITOLO DEC1MO
NOME
DATA
della
della
destinazione
OPERA PIA
FONDAZIONE
XVIII.
1822
Ha per fine di somministrare alle zitelle perico-
—
lanti un ricovero, nel quale ricevono un’educa-
1 CONSERVA-
zione cristiana e sono ammaestrate in ogni sorta di
lavori donneschi.
TORIO
DEL
ROSARIO
0
RITIRO
DELLE
SAPELLINE
o S S E li v A Z I 0 N I E
II padre Sapelli, Domenicano, fu il fondatore di quest’Opcra, clie l> Augusta
nostra Sovrana si degno accogliere sotto la sua special protezione. - La Dire-
zione interna dell’opera e affidata alle Terziarie Domenicano.
SPECC1II0 DELLE OPERE PIE
183
NUMERO
R E N D I T E
dei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
18 3 8
Con Sovrano provvedimento 50
gennajo 1829 vennero nominati cin-
que Araministratori a quest’Opera.
? A R TICOLARIT A
184
CAPITOLO DEC1MO
NOME
della
OPERA PIA
DATA
della
FONDAZIONE
1
I
DESTINAZIONE
XIX.
1550
Vi si ricoverano liglie povere, orbate di padre
di madre. Debbono esser natie della citta o d
comuni della diocesi di Torino ove non sia orfanc
MONASTERO
trofio, non minori d’anni 8, ne inaggiori di li
TAFT T F.
Vi riceyono educazione religiosa ed instruzior
POVERE
conveniente ne’lavori piu vantaggiosi alle donm
ORFANE
OSSERFAZION1
E diretto dalle Suorc di S. Giuseppe. Vi sono varj posti di privata fond
zione.
8PECCH10 DELLE OPERE PIE
185
NUMERO
RENDITE
dei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi.
18 3 8
Non fisso, raa in
iroporzione delle
rendite annuali
dell’Opora.
36,133. 48
Eon Sovrana prowisione 51 gen-
najo 1852 fu da S. M. approvato un
regolamento per questo ritiro, il
quale viene ammiuistrato da una Con-
gregazione di Direttori e di Diret-
trici, presieduta da M. r Arcivescovo.
186
CAP1T0L0 DECliWO
NOME
della
OPERA PIA
DATA
della
FONDAZIONE
DESTINAZIONE
XX.
1778
REGIO
RITIRO
DELLE
FIGLIE
MILITARI
Attendono ad esercizj di cristiana pieta ; son
aminaestrate in ogni sorta di lavori donnesclii
ricevono sufficiente istruzione di lettere.
OSSERFJZIONl
Nel 17641a Corapagnia del SS. Sudario institui nella sua chiesa una regolai
instruzione religiosa per la milizia, e i fratelli ecclesiastici occupavansi i
ispecie dell’instruzione delle giovani figlie dei militari: se ne ricoveraror
alcune fra le piu bisognose in una casa presa a pigione, finche favorito l’inst
SPECCHIO DELLE OPERE PIE
187
NUMERO
dei ricoverati
o soccorsi
KBNDITE
nel
18 5 8
70
18,148. 79
Direzione composta di cinque di-
stinti personaggi e d’una Dama Di-
rettrice, e presieduia dal Primo
Presidente della Regia Camera dei
Conti.
PARTICOLARIT A
uto dalla principessa Cristina Enrichetta di Savoja Carignano, venne dal Re
ittorio Amedeo hi con R. Patenti del 1779 accolto sotto la sua protezione, e
onvenientemente dotato.
188 CAPITOLO DEC1MO
M 0 M E
della
OPERA PIA
DATA
della
FONDAZIONE
DEST1NAZIONE
XXL
4 776
Ammaestrare i poveri d’ambo i sessi nei dc
veri di religione e nolle opere di pieta; insegm
loro a scrivere, leggere e conteggiare, far loi
OP Ell A
apprendere un’ arte o mestiere, sussidiarli nt
DELLA
sostentamento, procurar loro collocamento ancli
MENDIC1TA
con dotazioni a poyere figlie, sono i fini che si pro
INSTItUITA
pone quest’Opera pia.
0 S S E R FA Z I 0 N I
Venne instituita dal conte Giuseppe Sau Martino d’Aglie e dal sacerdo
Lorenzo Clietto. La Corporazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane (Ignorai
telli), stanziata nel convento di S. Pelagia, dirige i fanciulli del sesso mascliili
*PECC1I10 DELLE OPERE PIE
189
NUMERO
REND1TE
dei ricoverati
riel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
1 8 5 8
56,000
L’amministrazione e composta di
un Presidente e di undid Direttori
nominati dal Re, i quali si riparti-
scono le varie cure ed ispezioni.
ART! COLARITA
: femmine sono ammaestrate dalle Suore di S. Giuseppe. — Chiamansi Assi-
enti dell’Opera pie e zelanti persone chc assistono alle congregazioni dei
overelli, facendo loro il catecliisino, mossi da pura carita crisiiana.
190
CAPITOLO DECIMO
NOME
DATA
della
della
I)ES INAZIONE
OPERA PIA
FONDAZIONE
XXII.
SALE
D’ASILO
OSSIA
SCUOLE
INFANTILI
1825
Destinate a custodire, nutrire in parte ed ed
care i bambini dei poveri dall’eta d’anni due
sei. Queste scuole tendono alio scopo d’isolare
bambini della plebe dalla corruzione cui sarebbe
esposti, d’instruirli e tutelarli sino all’eta in c
si puo far presagio di tutta la condotta avvenir
e di dare l’esempio e l’occasione di una migli
educazione alle madri di famiglia.
OSSERFAZIONI
11 marchese Tancredi Falletti di Barolo fu il primo ad aprire un asilo j
l’infanzia in Torino nel 1825, e cosi quattro anni prima di quelle dell’Apor
— Poco tempo dopo un altro se ne apri nella casa del signor conte Valperga
Masino ; e nel 1838 un nuovo se ne instituiva per munificenza Sovrana pre
SPECCH10 DELLE OPERE PIE
191
NUMERO
dei ricoverati
o soccorsi
RENDITE
nel
18 3 8
AMMINISTRAZIONE
11 nuraero dei
Sono private, e vengono dirette dai
'anciulli ricoverati
loro fondatori. Una Societa si e re-
negli asili si crede
di 600 circa.
centemente instituitaper promuovere
cotesle benefiche instituzioni.
PARTICOLARITA
e scuderie Ucali. La Societa sovraccennata si formo nel 1839, ed ha per
stituto di estendere il beneficio delle Sale d’Asilo a tutti i quartieri della citta.
r edi I’opera del cav. Boncompagni suite Scuole Infantili. Torino, 1859.
CAPITOLO DECIMO
NOME
DATA
della
OPERA PIA
della
FONDAZIONE
DESTINAZIONE
XXIII.
OPERA PIA
DEL
RIFUGIO
1822
Serve di ricovero volontario e gratuito a quell
donne che, scontata la pena dei loro falli, o form
di lasciar la strada del yizio, danno prove di u
vero pentimento e dimostrano la risoluzione d
perseverare nel bene.
0 SSERVAZIONl ,
Quanto riflette questa pia instituzione e descritto negli schiarimenti sug
Istituti penitenziarii presso Torino, art. 5°.
SPECCHIO DELLE OPERE PIE
195
NCMERO
R E N D I T E
dei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
18 3 8
70 circa
I lavori donneschi.
pietose largizioni, e
volontarie liraosine
sopperiscono alle
spese di quesla
instituzione.
A R T I C 0 L A RITA
194 CAPITOLO DECIMO
NOME
della
OPERA PIA
DATA
della
FON'DAZIONE
DESTINAZIONE
XXIV.
1(100
Riceve gl’ infedeli d’ogni sella che amano ab
bracciare la fede Cattolica, i quali vi sono mante
nuti sino a che istrutti nei dogmi della nostr
OSPIZIO
santa Religione, abjurano gli errori loro e son
DEI
CATECUMENI
battezzati nella Metropolitan.
OSSERVAZIONI
In quest’Ospizio entro il 12 aprile 1728 Gian-Giacomo Rousseau per rinui
ziare al Calvinismo.
SPECCHIO DELLE OPERE PIE 19b
NUMER.0
RENBITE
dei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
18 3 8
,865. 87
L’amministrazione si compone di
12 Membri della Confraternita dello
Spirito Santo, cui presiede il secondo
Presidents della Regia Camera dei
Conti
PART ICOLAR1TA
m
CAPITOLO DECIMO
NOME
DATA
della
della
DESTINAZIONE
OPERA PIA
FONDAZIONE
XXV.
178G
Ricevonsi vedove di civil condizione, mediante
un tenue corrispettivo ed anche gratuitamente.
REGIO
CONVITTO
DELLE
VEDOVE
NOB1LI
0 S S E R V A Z I 0 N l E
Giace sui colli presso Torino, e ne fu fondatrice S. A. R. Madama Felicita
sorella del Re Vittorio Amedeo m.
SPECCI110 DELLE OPERE PIE
497
NUMERO
R E N D X T E
dei ricoverati
nel
AMM1NISTRAZIONE
o soccorsi
4 8 3 8
72,330. 83
L’amministrazione e affidata ad
una Dama Direttrice, e ad un Cava-
liere Direttore, scelti da S. M. —
Nuovi regolamenti yennero dati a
quest’Instituto nel 4823 dal Re Carlo
Felice.
PARTICOLARITA
CAPITOLO DECIMO
198
NOME
della
OPERA PXA
XXVI.
COMPAGNIA
DATA
della
FONDA7.IONE
Incertaladata
della fonda-
zione, ma
antichissima.
DEST1NAZIONE
Primario scopo delle sue cure e consolare i
detenuti ed i condannati coi dolci conforti della
Religione, e sollevar la loro condizione, sorami-
nistrando loro alimenti ed iudumenti.
DELLA
MISERI-
COUDIA
OSSERVAZIONI 1
Questa Compagnia e sotto il titolo di San Giovanni Battista. Con Bolla Pon-
tificia del 1581 venue aggregata all’Arciconfraternita della Misericordia di
Roma.
SPECCIIIO DELLE OPERE PIE
199
NUMERO
dei ricoverati
o soccorsi
R E N D I T E
nel
18 3 8
4MM1NISTHAZIONE
52,563. 66
Parecchi Uficiali della Compagnia
ne amministrano le sostanze e ne
dirigono il reggimento sotto la presi-
denza d’rn Governatore. I suoi sta-
tuti vennero approvati con Patenti
dell’8 aprile 1823 dal Ro Carlo Felice.
P A RTICOL A RITA
200
CAPITOLO DECIMO
NOME
della
OPERA PIA
XXVII.
DATA
della
FONDAZIONE
1838
DESTINAZIONE
R. SCUOLA
NORMALE
DEI
ISORDO-MUTI
II nome stesso De indica la destinazione, quelle
cioe di fare maestri per l’ammaestramento dei
sordo-muti.
0 S S E R V A Z I 0 IS I
* 11 celebre abate de !’Epee si rendeva benemerito dell’umanita, procurandi
solhevo a quegli infelici die, nati privi dell’udito e della favella, erano con-
dannati a yivere quai bruti e di miserando peso all’uinano consorzio. Un Ponci
nella Spagna, un Wallis in Inghilterra, un Vanhelmont nell’Alemagna si lan-
ciavano pure in quel nuovo sentiero aperto alia carita; ma senza ricorrere ad
oltremontane contrade, volgiamo la mente nostra e tutta tributiamo la nostra
riconoscenza a quel sommo Padre Assarotti, d’eterna, dolcissima ricordanza.
SPECCHIO DELLE OPERE PIE 201
NUMERO
dei ricoyerati
o soccorsi
RESDITE
nel
18 58
AMMINISTRAZIONE
12,352. 15
Amministrata da una Direzione
presieduta dal suo fondatore l’Ecc. 0
Cav. di Collegno. I suoi regolamenti
vennero sanciti con R. Brevetto 19
settembre 1838.
'A R T I C 0 LA R I TJ
gli e questi che in Genova e per l’ltalia tutta institui e perfeziono il pietoso
mmaestramento de’sordo-muti ». — II prinio a stabilire una di queste scuole
i Torino fu il signor Giovan Battista Scagliotti di Varallo prima ancora del
819, anno in cui la Citta stanzio che un allievo povero vi fosse mantenuto a
le spese._La direzione della Scuola norniale e affidata al sacerdote Bracco
cquese.
26
202
CAPITOLO DECIMO
NOME
DATA
della
della
OPERA PIA
FONDAZIONE
XXVIII.
1829.
PICCOLA
CASA
BELLA
givina
PROVIDENZA
DESTINAZIONE
Yi si raccoglie senz’eccezione d’ eta, di sesso (
di nazione, qualsiasi infermo vi si presenti, ml
preferibilmente quelli che per ragione del Ion
morbo sono rifiutati dagli altri. — Yi si ricet-
tano ragazze che sotto il nome di Orsoline e di Ge-
noveffe yengono informate ai doveri della reli-
gione ed ammaestrate nei lavori donneschi; si
ospitano teneri fanciulli che vengono ainmaestrati
nei rudimenti delle lettere per fame tanti maestri
della classe popolare e poyera ; vengono pure
istrutti del modo d assistere gl’infermi, di medi-
carli e di preparare i rirnedj piu semplici; vi ha
una scuola di sordo-muti, un orfanotrofio e due
sale d’asilo e di ricovero per l’infanzia.
OSSERVAZIONI L
Quesl’instituzione marayigliosa che offre in se riunito quanto pub la cristiana
carita, la Olantropia e lo spirito di beneficenza a pro dell’afflitta umanita, ehbe
origine per opera di un solo. Questo rispettahile ecclesiastico, mosso a pieta
dello sgraziato accidente d’una poyera donna straniera che, caduta d’un tratto
malata, moriva miseramente menlre era qua e la portata per trovarle ricovero
in qualche spedale, determinava di tener alcuni letti in pronto per andar
all’incontro di cosi tristi eventi. Ma se poca cosa dapprima, hen tosto mercble
cure del suo fondatore e la carita d’ alcune ricche e pietose persone fece di
tanti progressi che mal si puo intendere come un ecclesiastico d’ogni altro
mezzo sprovvisto, che dello zelo che inspira lareligione e l’amore dell’umanila,
abbia potuto attuare e rendere fiorente un cosi vasto stabilimento che rendera
sempre cara e yeneranda agli ammalati ed ai poveri la memoriadel benemerito
suo fondatore. 11 Re cui nessuna bell’opera sfugge, e di cui egli non sia muni-
SPECCHIO DELLE OPERE PIE 20a
NUMER.0
RENB1TE
dei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
18 3 8
800
La Providenza
Quest’ immenso stabilimento non
ha che un solo Direttore, il suo fon¬
datore cav. canonico Cottolengo.
•
P ARTICOLARITA
ico rimuneratore, ricompensava le cure del venerando Sacerdote, decorandolo
[eU’ordine de’ SS. Maurizio e Lazzaro (1).
(i) Le medaglie d’oro della societd Monthion e Franklin non vengono distri-
niite ai soli Francesi , ma bensi con generosita cosmopolita alle persone alta-
nente virtuose ed cfficacemente utili di tutti i paesi. Ede hello per noi Piemon-
esi lo scorgere come la prirna ad andarne fregiata sia stata una nostra concit-
adina, I’illustre fondatrice dell'Jstituto d’Arti e DIestieri di Novara, la contessa
3 ellini-Tornielli; e nell'anno 1836 il benemerito nostro canonico Cottolengo
fondatore e sostegno della maravigliosa instituzione di onnigena caritd, intito-
ata la Piccola Casa della Divina Providenza sotto gli auspicj di S. Vincenzo
le’Paoli) cui fu trasmessa per mano di S. A. R. il duca di Savoja.
204
CAPITOLO DECIMO
NOME
della
OPERA PIA
DATA
della
FONDAZIONE
DESTINAZIONE
XXIX.
1840
Si da educazione a fanciulle di classe inferiore,
insegnando loro il catechismo, il leggere, lo scri-
yere, l’aritmetica ed i lavori feraminili per la
CASA
DELLE SUORE
DI
S. ANNA
PRESSO
LACONSOLATA
tenue mensile pensione di L. 15.
OSSERVAZIONI J
Le Suore di S. Anna sono altresi destinate a spargersi per altri paesi. Due
scuole sono gia tenute da esse ne’vicini villaggi di Altessano e Santena. L’in¬
stitute delle Suore di S. Anna einteramente pensiero ed opera della marchesa
SPECCHIO DELLE OPERE PIE
205
NUMERO
dei ricoverati
o soccorsi
RENDITE
nel
18 5 8
AMMINISTRAZIONE
Le Suore sono
nurnero di 50,
Un Direttore ecclesiastico ne inyi-
ossonoascendere
0.— Le allieve29,
iossonoascendere
a 100.
gila l’andaraento.
A R TICOLARITA
lletti di Barolo. Essa lo hacreato, ed ha fatto edificare a sue spesela casa che
contiene; essa lo ha dotato e lo sorregge.
206
CAPITOLO DECIMO
NOME
DATA
della
OPERA PIA
della
FONDAZIONE
DESTINAZIONE
XXX.
REGIO
STABILIM.* 0
ORTOPEDICO
1825
Deslinato a curare varie storpiature del cor]
umano, come sono quelle che sconciano i pie
(pieditorti), le gambee le ginocchia (vari e valq
e la colonna vertebrale ondc si forma il gobl
(scoliosi).
OSSERVAZIONI
Collocliiamo lo Stabilimento Ortopedico tra le Opere pie, perche la yen
randa Compagnia di S. Paolo che ogni cosa sa rivolgere a caritatevoli fn
seppe anche far profitto di questo utilissimo Stabilimento in servizio de’pove
a tal die de’ 4000 curati a domicilio, 200 lo furono a spese della Compagni
senza di che esso dovrebbe aver luogo tra le industrie sanitarie private.
II Dott. Borella si travaglio varj anniper inventare, perfezionare eciinenta
i suoi apparati, intesi a correggere le sconciature del corpo. Indi, fattili con
SPECCH10 DELLE OPERE PIE
207
NUMERO
R E N D I T E
dei ricoverati
nel
AMMINISTRAZIONE
o soccorsi
18 3 8
60
lo Stabilimento,
1,000 e piu
a domicilio,
el periodo di
Dottore Borella, Institutorc e Di-
l’ettore dello Stabilimento.
17 anni.
d R T I COLARITA
re, n’ebbe belle lodi dalla Reale Accademia di Torino, dall’I. R. Inslituto
liano, dai celebri Scarpa, Palletta, Panizza, Cairoli ecc. S. M. gli diede una
isione, la facolta di chiamar Regio il suo Stabilimento, coll'obbligo di farsi
allievo. Lo stabilimento e in un’ainena villa presso Moncalieri, verso Te-
na. E il primo di questo genere che siasi aperto in Italia. Prevale in merito
i oltreinontani. Agli apparati del Borella nessuna lode e soverchia.
208
(
^effe
pete
CONTE3SUTE NELL’ANTECEDENTE SPECCHIO
1. Spedale maggiore di S. Giovanni Battista e della Citta di
Torino.pag. 148
II. Spedale maggiore de’Santi Maurizio e Lazzaro . . » 150
III. Spedale Militare divisionario.. » 152
IV. Opera e Spedale di S. Luigi Gonzaga..
V. Regio Manicomio ... 156
VI. Compagnia di S. Paolo.» 158
VII. Monti di pieta.. 160
VIII. Instituto di beneficenza ed Ufficio pio.» 162
IX. Dispensario Otlalmico..
X. Spedale della Maternita.» 166
XI. Compagnia delle Puerpere.» 168
XII. Regio Albergo di Virtu.■> 170
XIII. Spedale di Carita.» 172
XIV. Edificio dell'Ergastolo.» 174
XV. Ricovero di Mendicita.» 176
XVI. Ritiro delle Rosine.» 178
XVII. Regio Ritiro della Providenza.» 180
XVIII. Conservatorio del Rosario, o Ritiro delle Sapelline . » 182
XIX. Monastero delle povere Orfane.184
XX. Regio Ritiro delle Figlie Militari.» 186
f XXI. Opera della Mendicita instruita.188
XXII. Sale d’asilo, ossia Scuole infantili.» 190
XXIII. Opera pia del Rifugio. >192
XXIV. Ospizio dei Catecumeni.» 194
XXV. Regio Convitto delle Vedove Nobili..
XXVI. Compagnia della Misericordia.* 198
XXVII. Regia Scuola normale dei sordo-muti.• 200
XXVIII. Piccola Casa della Diyina Providenza.• 202
XXIX. Casa delle Suore di S. Anna.» 204
XXX. Regio Stabilimento Ortopedico.» 206
INSTirUZIONI R1CREATIVE
Instituzione degua di qualunque [>iu ricca, piii colta
e piu popolosa metropoli, e 1’ Accademia Filarmonica
di Torino. Essa e ad un tempo medesimo un’utilita ed
un trattenimento geniale; una specie di Conservatorio
di musica ed un ridotto di musicali concerti.
La musica, questa dolce ed innocente rallegratrice
degli animi, la quale oltre al serbarsi mai sempre nell’
illustre suo seggio di artebella, e divenuta a’di nostri
210
CAPITOLO UNDECIMO
anche un’arte industriale di sommo rilievo per l’immensa
quantita di denaro ch’ essa mette in rigiro, da gran
pezzo fioriva, specialmente per la parte stromentale, in
Piemonte. II famoso Gian Giacomo che si felicemente
filosofo sulla musica, s’imparadisava nell’udire i suoni
della It. Cappella in Torino. L’orchestra del R. Teatro
non conosceva altra emula fnor quella del Teatro di
S. Carlo in Napoli. Ed a cui sono ignoti i nomi de’tre
grandi violinisti piemontesi dello scorso secolo, Pugnani,
Viotti e Giardini? 11 primo, in un viaggio fatto per
V Europa, desto l’ammirazione di Caterina n e di Fe¬
derico il Grande. L’ entusiasmo eccitato dal Viotti in
Parigi ed in Londra trascende ogni credere anclie per
gli odierni spettatori delle maraviglie operate in questo
genere dal Paganini. A1 Giardini attribuiscono gl’In-
glesi la gloria di aver perfezionato l’arte del suono nella
lor patria (1).
Parecclii egregj cantanti produsse pure il Piemonte;
ma vi mancava una scuola di canto, ed a cio pro wide
PAccademia Filarmonica di Torino. Fondavano questa
;I) il Giardini 6 meno de’due altri conosciuto in Piemonte sua patria,
perchfi ne visse quasi sempre lonlano. La Penny Cyclopaedia gli consacra
un articolo, dal quale trarremo i seguenti brevissimi cenni. Felice Giardini
nacque in Torino nel 1716, studio musica in Milano, e in eUt di 17 anni
era nell’orchestra dell’opera in Napoli. Giro poi la Germania, e nella capitale
della Prussia il suo violino fu chiamato operator di portend. Nel 1750 passo
in Ingliilterra, « ove ben presto oltenne ogni situazione di onore e di prn-
filto, che un gran violinista possa conseguire nella capitale Britannica ».
Voile piu tardi far l’impresario di tealro, e cio lo condusse in rovina. Sfor-
tunato nolle sue imprese teatrali per mancanza di aceorgimento e di buona
economia, mori poverissimo in Pietroborgo nel 1796. Scrisse anche musica,
ed alcune sue composizioni vengono tuttora ammirate dagli amatori della
pura melodia. Egb era dotato di vivace immaginativa e di gusto squisito.
INSTITUZI0N1 RICREaTIVE
211
Accademia nel 1815 alcuni giovani dilettanti die nel
suono e nel canto cercavano unicamente un sollievo alle
cure della vita operativa. Da si tenui principj ella crebbe
alia presente altezza, perclie incamminata poscia nelle
vie del progresso continuo da uomini gravi, tra’quali
l’aw. Billotti di lagrimata menioria die per piii anni
ne fu il Presidente, e perche suffolta dal favore e dai
benefizj de’nostri lie, il cui nome ritorna semprenell’
istoria di tutte le nostre lodevoli instituzioni.
« L’ Accademia Filarnaonica, posta sotto laprotezione
di S. M., ha per fine di promuovere lo studio della mu-
sica coi mezzi piii acconci, e particolarmente conEserci-
tazioni e con Veglie si private die d’invito, e coll’iri-
segnamento gratuito della musica » (1).
E composta di Socj cffetlivi e di Socj aggregati. Questi
ultimi si dividono in Accademici d’onore,—Aggregati
residenti, — Accademici emeriti. Gli Aggregati residenti
non possono eccedere i 40; indeterminato e il numero
degli altri. I Socj etTettivi, il cui numero non puo tra-
valicare i 150, formano la parte vitale e pagante dell’
Accademia. Essi eleggonsi fra loro a voci segrete. Pre-
sentemente sono 1*25. Paganolire 130 di buon ingresso,
e lire 150 di annua retribuzione. Il Re ha assegnato
a quest’Accademia la sornrna annua di lire 3,000.
La Scuola gratuita di canto e governata da savj rego-
lamenti che troppo allungheremmo a riferire (2). Il corso
(1) Statuto di essa, 1839.—Qiiesto statuto 6 un modello nel suo genere.
(2) Ne citeremo soltanto il secondo articolo ch’6 dei pin fondnmentali. —
8 Sono ammessi alia Scuola del Canto i giovani d’ ambo i sessi, d’eth non
maggiore di anni 20, nati da onesti genitori, e di condotta irreprensibile, i
quali abbiano avuto il vajuolo o siano stati vaccinati , sappiano leggere c
acrivere, abbiano mezzi di onorata sussistenza, siano dotati di voce formata,
e diano segni di buona riuscita nel canton.
212
CAPITOLO UNDECIMO
dello studio e di sei anni, diviso in egual numero di
classi. Direttore di questa scuola e presentemcnte il cele-
bre maestro Coccia; egli soprantende a’ professori e
maestri. La Commissione Filarmonica veglia, in com-
pagnia del Direttore, al buon andamento della Scuola.
Si fanno esami mensili, trimestrali ed annui: negli an-
nui si distribuiranno premj, ossiano medaglie d’onore
in vario metallo,a norma del merito. Una bella partico-
larita di questa Scuola e la vigilanza che sulla classe
delle fanciulle eserciscono le Direttrici. Queste Diret-
trici sono gentili e benefattive signore, scelte dal Con-
siglio tra le mogli cle’Socj effettivi. L’assidua loro pre-
senza e le amorevoli loro cure non solo mantengono
nella classe delle fanciulle la piii illibata decenza, ma
temperano pure queste giovinette all’ urbanita de’co-
stumi, cosa di grandissimo momento per allieve che
appartenendo spesso a famiglie del popol minuto, ab-
bisognano eziandio cl’ imparare t|uelle eleganti forme
del viver sociale che il Teatro, a cui voglion dedicarsi,
oggigiorno richiede. — Parecchi cantanti, applauditi sui
teatri europei, gia sono uscitida questa Scuola, la quale
governata ora per quanto si riferisce a musica, meglio
che per lo innanzi, si mostra promettitrice di sempre
migliori successi, ed annovera allieve che gia c’in-
ducono a presagirne le teatrali corone.
La Scuola di canto e la parte piii utile dell’Accade-
mia Filarmonica, ma non n’e la sola utile: impercioc-
che le Esercitazioni e le Veglie giovano a mantenere
nella citta l’amore della musica ed il buongusto in que¬
sta nobilissima arte. Ne dee trasandarsi, anclie dal lato
dell’utihta, il lustro che recano a Torino le Veglie
d’invito dell’Accademia. Ognuno che abbia sentimento
I VST IT U Z101ST RICRK A TIV E
215
d’Economia Politica cio intende abbastanza. Ma non dob-
biamotacere die queste Veglie, sempre belle e piacevoli,
riescono talvolta magnifiche in maniera die lo straniero
suol restarne maravigliato. A crescerne la splendidezza
poi torna assaissimo la sontuosita del palazzo Accade-
mico. Perocche l’Accademia, applicando felicemcnte le
massime dell’associazione, dell’ imprestito e dell’estin-
zione , compero nel 1858 per suo servigio il palazzo
del Borgo, edificato e decorato a guisa di principesca
dimora (1). Ne contenta a cio, voile ancora ediQcare di
cima in fondo una nuova sala de’Concert!, la quale per
ampiezza e per ornamento terra bel luogo tra le piu
belle d’ltalia.
L’esercizio del tiro a segno coll’archibugio o colla
carabina rigata e il prediletto passatempo de’ popoli
abitanti le Alpi. Dalle valli che mandano le loro acque
al Danubio lino a quelle che le versano nel Reno e nel
Rodano, il viaggiatore ode l’eco de’monti ripetere il
suono de’colpi con cui si tira al segno nelle citt'a e
ne’ villaggi dell’ opposta alpina pendice. Quest’ esercizio
vi e spesso l’unico divertimento pubblico. 11 vincitore
va lieto e baldo del riportato premio, ed il bersaglio
pertugiato da palle , del quale egli ha colpito il bel
mezzo, si conserva nelle famiglie quasi coll’orgoglio
con che gli antichi Greci conservavano la corona di
silvestre ulivo guadagnata negli Olimpici ludi. Molte
(I) Si crearono per I’acquisto e per gli opportuni racconciarnenti 200 a ziom
di 2,250 lire caduna. Esse fruttano il 4 per 0|0 all’anno sino alia loro estra-
zione a sorte, e quindi un annuo e perpetuo canone del 5 per 0|0, da prin-
cipiare poi che saranno estinte tutle le 200 azioni. Si assegno il I|2 per 0|0
per fondo annuo di estinzione. Per tal guisa le 450,000 lire che ahhisogna-
rano, furono trovate in pochi giorni.
214
CAPITOLO UNDECIMO
curiose singolarita, come awiene in Ciamberi, accom-
pagnano ivi quel giuoco, e il viaggiatore che le esa-
mina e sludia, crede di rivivere in secoli di costumi
aflatto diver si.
I Piemontesi, collocati sotto le Alpi, di cui i loro
Principi sono gli armati guardiani, ed amanti per in¬
dole de’militari esercizj, ebbero il tiro a segno mai
sempre in amore. In molte nostre citta rurali, in molti
nostri viliaggi, il periodo di tempo in cui dura il Giuoco
del Tiro, e un periodo di allegrezza e di festivo concorso.
Ci aveva altre volte in Torino un Tiro a segno, collo¬
cate nel Borgo della Dora, ma era umile ed oscuro
trattenimento (1). Una Societa di elette persone diviso
di ringiovanire, rimbellire e rannobilire quest’eserci-
zio. Essa congregossi nel 1837, ed ottenne il titolo di
Regia. Gli augusti ligliuoli del Re ed il Principe di Sa-
voja-Carignano non isdegnarono di fame parte. S. M.
ne approvo lo statuto (2).
(1) Her ait re volte qui intendiamo dire venti o trent’anni fa. Ch6 del resto
il Tiro del pappagallo col re areftibugiere era antica instituzione di Torino ,
della quale ei toccherh riparlare.
(2) Trascriviamo le parole con che principia 1’atto della Regia approva-
zione:— « Ravvisando noi nell'esercizio del Tiro al hersaglio un mezzo atto
a promuovere viemaggiormente lo spirito d’ttnione fra le persone distinte di
questa nostra capitate, e procurare ad un tempo alle medesime un tratte¬
nimento dilettevole non mono che utile, ci siamo percio gih prima d’ ora
disposti ad autorizzare lo stahilimento nella citt& nostra di Torino di una
Societk del Tiro a segno, e le abbiamo altresi fatto facoltJi di qualificarsi
eol titolo di Regia Society , e di festeggiarne pubblicamente in ogni anno
l’instituzione. Ora pertanto che per essere compiuto il numero prefisso dei
Socii , trovasi detta Society formalmente costituita , ci ha la medesima sup-
plicati perchd ci degnassimo di rivestire della Nostra approvazione lo statuto
a cui essa £ devenuta. Avendo noi riconosciute le regole contenute in detto
INST1TUZI0M RICREATIVE
2l5
Una parte de’giardini attigui al Castello del Valen¬
tino , assegnata dalla muniGcenza Sovrana agli esercizj
della R. Societa del Tiro a segno, vide sorgere con
singolare rapidita un vago edifizio, idealo a tal fine,
ma poi rimasto imperfetto. II cavaliere Felice Romani
die con tutta cura ne descriveva il disegno, cosi ter-
minava immaginosamente il suo articolo: « Tale e l’e-
difizio ideato dal valente sig. Sada, secondato valida-
mente dal consiglio dell’ inclita Societa; e tale e il
campo preparato per gli esercizj della Societa mede-
sima che all’ ingegno di lui lo commise. Quand’ esso
venga compiuto in quel modo che fu concepito e in-
cominciato, oso ripetere che nessuna citta d’Italia,
non che d’oltremonte, possedera un monumento (di
tal genere) magnifico ed elegante al pari di questo.
E verranno gli stranieri ad ammirarlo, ed applaudiranno
al generoso divisamento che gli diede origine, e al no-
bile scopo a cui tende. Commenderanno, come noi com-
mendiamo, le savie norme onde sifl'atta instituzione e
governata, l’utilita unita al diletto, l’emulazione senza
invidia, l’esercizio senza pericolo, e tornando nelle loro
terre, porteranno seco una dolce ed onorata rimem-
branza della magnanimita e gentilezza piemontese. A noi
questo istituto sara sempre un oggelto di orgoglio na-
zionale. Qui verranno ad istruirsi i giovani, speranza
della patria, nell’uso delle armi volute dall’eta nostra
come gli antichi si esercitavano alia spada e alia lancia
Statuto conformi alle Nostre intenzioni , percio mentre col presente confer-
miamo le coneessioni prima d'ora da Noi fatte, come sovra, alia sud-
detta Regia Society del Tiro a segno, abbiamo approvato, come approviaroo
lo Statuto, che, ecc. ecc. ».
<216
CAPITOLO UNDECIMO
nelle giostre e nei torneamenti: qui, come allora , i
nobili cuori si educheranno al valore ed alia cortesia;
qui le indite prove avranno talvolta ricompensa al co-
spetto della bellezza; qui le adunanze saranno ralle-
grate dal soave sorriso di quell’ amabile porzione dell’
uman genere;
« Senza la quale ogni letizia e muta » (1).
La R. Societa del Tiro e governata da uno Statuto e da
Regolamenti die sono molto elaborati, come per siffatte
cose ora in Piemonte e costume. I suoi Socj sono 150
Ordinarj e 50 Annuali, che in queste due classi stanno
distinti (2). Gli Ordinarj pagano lire 50 di buon ingresso,
ed una retribuzione annua, determinata secondo i bi-
sogni, ma che non puo trapassare le lire 80. Gli An¬
nuali non vanno soggetti che alia seconda. Gli esercizj
del Tiro durano d’ordinario tre mesi. Oltre a’Socj pren-
dono parte al Tiro anche i loro invitati (3).
La Societa festeggia ogni anno la ricorrenza della
sua instituzione. Ella da pure tratto tratto qualche adu-
nanza serale o per dir meglio qualche festa da ballo,
a cui conviene il Core delle gentili. La vaghezza del
luogo in que’ giardini bagnati dal Po e fronteggiati dai
colli, l’illuminazione largamente sparsa tra gli alberi e i
fiori, le cortesi accoglienze, il lauto servizio, l’elegante
(1) Gazzelta piemontese.
(2) Gli Ordinarj debbono essere resident!, almeno a tempo, in Torino, e
s’obbligano per cinque anni.Gli Annuali formano una classe speciale riserbata
ai soli Uffiziali del presidio.
(3) Son da notare in queslo Tiro la fatlura e il collocamento delie
feritoje: a imperciocche il cav. Cavalli, ca|iitano d’ artiglieria , le ha ideate e
disposte in maniera, con una giudiziosa invenzione tutta sua , che dai colpi
male diretti non possa derivare nocumenlo di sorta agli astanti*.
INSTHUZIONI RICREATIVE
‘217
ordine e 1'universale letizia fanno di quelle adunanze
una ricreazione di cui si serba un dolce ricordo.
A piacevole esercitazione e ad incremento della bell’
arte del porgere e instituita I’Accademia Filodramma-
tica. Ebbe principio nel 1828. I Socj sono partiti in
Effettivi, Onorarj ed Emeriti. Gli Effettivi sono55:essi
pagano lire 100 di buon ingresso, e lire 120 di retri-
buzione annua. Questa Societa che dalla sua fondazione
in poi mai non eesso dal mostrarsi fedele al suo titolo,
ond’ ebbe favor dal Governo, e ora in via di segnalato
progresso. Essa sta facendo edificare un’elegante e spa-
ziosa sala, disposta acconciamente per le sue rappre-
sentazioni drammatiche; il maggiore spazio cosi otte-
nuto le dara facolta di allargarsi pure nel numero de’
Socj (1).
Fra gli Onorarj, il cui elenco presenta i nomi di Al¬
berto Nota, Felice Romani, Silvio Pellico, Angelo Brof-
ferio e d’ altri illustri, siede Carlotta Marchionni, alia
quale l’Accademia ha decretato un monumento da innal-
zarsi nel suo nuovo edilizio. Quest’inarrivabile attrice,
quantunque abbia voluto, in eta fiorente ancora, slac-
ciarsi il socco e il coturno, nondimeno ha consentito
di rendersi utile all’adottiva sua patria, coll’accettare
gratuitamente 1’ incarico di Direttrice delle rappresen-
tazioni, offertole dall’ Accademia. Quali avauzamenti
nell’ arte drammatica non si possono sperare da dilet¬
tanti a cui una Marchionni e liberale de’ suoi consigli
e precetti ?
(1) A specificar trtcglio, non 6 1 Accademia che faccia cost mire il nuovo
Tcatro, ma bcnsi una compagnia di azionisti, tutti accademici. Le aziom
sono orilinale all’incirca come quelle della Societh Filarmonica, gi!» da noi
indicate. Credesi che la spesa importer^ L. 100,000.
H)
218
CAPITOLO UNDECIMO
La corsa de’Barberi che corrono il Palio e antica
costumanza in Italia. Essa e anzi d’origine italiana, o
per dir meglio, e una trasfonnazione italiana, operatasi
nel Medio Evo, dei Giuochi Equestri degli antichi. \es-
sun divertimento e j)iu popolare di questo in Roma e
nelle citta della Toscana.
Come a Firenze il giorno del Battista,
Vedi correr cavalli al drappo d’oro
Tra il popol ch J e diviso in doppia lista ;
E vedi che diversi son tra loro
Gli studj delle genii, ed uno applaude
A Vegliantino, ed altro a Brigliadoro; ecc.
Menzini.
I cavalli ivi corrono sciolti, senza che alcuno li regga
o cavalchi. Ma la corsa all’inglese de’cavalli cavalcati e
retti dai fantini, bel ciniento in cui la destrezza e l’ar-
dire dell’ uomo non meno che la snellezza e la vigoria
del cavallo son poste in opera e in mostra, e una pe-
regrinita nelle contrade italiane (1).
(I) Non inteniliamo dire che la corsa de’cavalli cavalcati sia nuova in Italia,
:1 che sarebhe error grossolano, ma bensi ch’ b nuova od almeno recente I’in-
troduzione di queste corse alia maniera inglese, cioe govcrnate colle norme
che s’ usano in Inghilterra. Che del resto le corse de’cavalli cavalcati, senza
le norme e costumanze inglesi, non erano neppure nuove in Torino. Esse
furono introdotte al tempo della dominazione francese, e rinnovate nel 1834.
1 corridori prendevan le mosse sullo stradone di Rivoli, in distanza di un
miglio dalla citt&, scorrevano la lunga e diritta via della Dora, che co’ suoi
frequentissimi balconi pieni di spettatori, offrivaun seducente spettacolo, e ginn-
gevano sulla Piazza Castello ov'era la meta loro, e dove nel 1834 la R. Corte
assisteva alio spettacolo sul balcone del Palazzo di Madama riccamentc arredato.
Queste corse che riuscivano per molti versi bellissime, avevano con s6 il
difetto che I’occhio non poteva seguitare il cavallo in tulta la lunghezza del
suo corso.
INSTITUZIONI RICREATIVE
219
Nacquero queste corse in Inghilterra per emulazione,
per esperimento, e piii che tutto, per cupidigia di gua-
dagnare, scommettendo sulla varia velocita de’corridori.
I Francesi le trasportarono nel loro paese col provvido
fine di stimolare, merce de’ premj, il miglioramento
delle loro razze. In Milano si tento d’ introdurle: ma
la prova, fattane una o due volte, non mise radice (1).
In Torino, dopo una felice sperienza che sen fece
nel 1834, le stabili nel 1833 una Societa d’Ippofili,
la quale prese il nome di Societa Piemontese delle Corse:
d’ allora in poi si rinnovarono ogni anno nel maggio
queste corse all’ inglese. S. M. si degno di concederle
i suoi auspicj, e la Societa nel 1840 si ricostitui du-
ratura per altri dieci anni. Oltre a’premj suoi proprj,
essa distribuisce, per Sovrana concessione, i premj
Reali, instituiti da S. M. pei cavalli indigeni. Questa e
la parte direttamente utile delle corse Torinesi, come
quella che tende a far migliorare le razze de’ cavalli
del paese. La corsa de’ cavalli stranieri riesce di van-
taggio per l’emulazione e per l’annua introduzione che
^1) Ci cade sotto gli occhi in questo punto il disegno della Biparata dei
Barberi, lal quale si vede in wt quadra in legno anlichissimo appresso il sig.
Pilli , in Firenze, pubblicato dal Land. 1 ragazzini che sono sui Barberi, vi
si veggono acconciati e col casehelto in capo aftatlo al modo de'presenti fan-
tini all’inglese, e quella corsa, composta di venti e piu corsieri, somiglia assai
alle corse di Epsom, rappresentate nelle stampe moderne. Il Lanu poi c’in-
segna che le corse de’ cavalli in spcltaeolo si fecero prima col cavaliere , e
poi senza. E si raccoglie anche da Goto Dati che la corsa de’ Barberi al
palio fu prima di corsieri cavaleati, poi di corsieri seiolli. Il Lami aggiunge
che al suo tempo si vedevano lultavia i ritralli de’ corridori pin famosi per
i trinnfi nelle case de’gentiluomini iiorentini, « in quelle di campagna spe-
cialmente , e fino all’ingresso del Palazzo reale ». — Tullo cio ci fa quasi so-
spettare che gl’lnglesi ricavassero l’uso delle lor corse dagli antichi Fiorentini.
Aggiungi le mosse pre*c ai tocchi della campana nelle une c nelle altre.
220
CAPITOLO UNDECIMO
conduce di buoni e scelti cavalli di pien sangue, i quali
servono alia riproduzione dopo le corse. Altri suoi meriti
sono il dilelto che arreca a’ cittadini e la frequenza dei
forestieri che attrae in citta. Aggiungi il moto, la vita
e lospendio che sempre inducono i popolosi spettacoli,
ed e ben noto come i trattenimenti pubblici di gran
eoncorso facciano, merce del reciproco accostamento,
raggentilire la convivenza sociale.
Le corse Torinesi si fanno in sulla vastissima piazza
d’arme, cletta di S. Seconclo. Unlungo ordine di palchi
appostatamente eretti e ben arredati, ed un doppio
giro di sbarre trasformano allora quella piazza in un
Ippodromo di forma ovale. Lepiii leggiadre e ragguar-
devoli clonne della cilia seggono in que’ palchi eel ag-
giungono alia festa 1’ incantevole loro ornamento. Le
onde del popolo speltatore si agitano sotto gli alberi
de’viali vicini, o nel mezzo del vasto recinto. I balconi,
le finestre e persino i tetti delle case propinque sono
ingombri di riguarclatori. Le corse si prolungano d’ordi-
nario tie giorni.S.M. collaR.Famiglia suoleonorarledella
sua presenza ne’due primi giorni. Fatte nella stagione in
cui la natura piii ride, e governate con singolar ordine
e colla piii garbata decenza, le corse Torinesi appre-
sentano un grandioso e gioconclo spettacolo.
La Societa e composta di 55 azioni, portanti V ob-
bligo di pagare lire 200 all’anno. Ogni Socio puo avere
piii azioni, nondimeno ora i Socj sono pure 55. Ad ogni
Socio compete la facolta di far correre altrettanti cavalli
quante sono le azioni di cui e titolare (1). Quelle re-
tribuzioni annue, ammontate insieme, formano la somma
(1) Slntuto della Societa Picmontese della Corsa de’cavalli. Torino, 1840.
1NSTITUZI0N1 RICREATIVE
di lire 11,000, delle quali una parte, non distribuita in
premj, vien tenuta in serbo per sovvenire i fantini,
a’ quali nel correre succedesse qualche sinistro.
L’ elenco de’Socj si onora de’nomi de’Principi Reali
e del Principe di Savoja-Carignano.
Le corse Torinesi videro presentarsi nelP arena molti
cavalli de’piii veloci dell’Inghilterra. 11 grido in cui gia
sono salite, vi trae corridori da stranieri paesi. Ed e di
conforto il veclervi i cavalli della R. Mandria pareg-
giarvi quasi i migliori britannici per le belle lor forme.
La velocita de’ corsieri parvc aumentarsi progressiva-
mente in queste Corse. Imperciocche da prima si anno-
veravano tra i piii celeri corridori incligeni i cavalli che
qui scorrevano la distanza di 2466 metri, ossia un miglio
di Piemonte in 3 minuti e 35 o 40 secondi, e tra gli
inglesi quelli che la scorrevano in 3 minuti, 12 secondi;
ed ora sie venuto adottenere, nello scorrerela stessa
distanza, la velocita di 3 min. 22 sec. per gl’indigeni,
e di 2. 58. 4|5 per gl’inglesi (1).
(I) Se a taluno paresse tutlora che queste corse fossero un sempliee trat-
tenimento inventato da giovani dilettanti di cavalli, egli muterJi forse opinions
leggendo il seguentc brano.
« Il giovine Huzard crede di scorgere nelle corse di cavalli che praticansi
in Inghilterra, ia cagione principale del miglioramento delle antiche razze
di cavalli di quel paese e della formazione della nuova razza inglese in tutte
le sue sotto-varieti , e i cui cavalli sono atti ad ogni uso. Egli sostenne
quindi che le corse sono il mezzo di mantenere questo miglioramento e
d'impedirgli di retrocedere ; che i cavalli da corsa non sono una razza par-
ticolare, ma soltanto i migliori della razza inglese; che non vi 6 fondato mo-
tivo di credere che non si possano ottenere gli stessi risultamenti anche altrove
dalle stesse cause e dalle stesse inslituzioni; che dopo i deposit! di rmnova-
inento per la cavalleria, ed i mercati dei cavalli, l'instituzione delle corse dei
cavalli 6 quella che dee indurre i coltivatori ad occuparsi dell’allevamento di
questi animali ». Supplim. at Diz. unit’, tecnolog.
Specchio delle c<
MV
GIORNI
DELLE CORSE
DETERMINAZIONE
DELLE CORSE
SPAZIO
DA
PERCORRERE
NUMER
DEI CAVj
CHE CORS
47
1. ° Una corsa di tre giri al '
solo trolto, di cavalli d’ogni
specie e paese.
2. ° Corsa di soli cavalli indi—
maggio
| melri 5699
7
geni pel conseguimento del
premio Reale, di due giri.
o.° Corsa di cavalli di qualsi-
voglia paese, esclusi i pien-
sangue .
l.° Corsa di cavalli distinti '
i » 2466
6
18 »
[ » id.
2
indigeni pel premio della
coppa d’argento del valore
di 600 lire.
2.° Corsa di cavalli d’ 02 [ni
[ » id.
5
specie, compresi i pien-
sangue.
[ » id.
7
0RINES1 NEL 1840
223
NOME DEI CAVALLI VINCITORI
E TEMPO DA ESSI SPESO
iEL PERCORRERE LA CARRIERA
PREMIO
VINTO
OSSERVAZIOM
Rrillanl
Silver
8 .
8 .
2/o
1/5
1000
500
Corsa introdotta per ia
prima volta
in quest’ anno
Emilius
Maddelina
Filira
Rufus
Vliss Helene
Emilius
Filira
5. 22. 1/5
3 . 22 . 4/5
3. 25. 4/5
1200
500
500
5. 14. 5/5 1700
5. 15. 600
una coppa
una sella
Per disposizione So-
vrana, i cavalli appar-
nenli alia R. Mandria
non corrono che a solo
fine d’emulazione e di
onore: vincendo , essi
non acquislano che la
bandiera , ed il premio
passaal cavallo arrivato
dopo.
Reviver
Rufus
2. 58. 4/5
5. 5. 1/5
5500
1000
PARTE SECOND A
* io
CAPITOLO XII
MONARCHIA, ESERCITO
Pcco alcuni cenni sopra la Storia della R. Casa (1).
In sul levarsi dell’undecimo secolo, dentro i inonti della
Savoja che toccan l’ltalia, apparisce una nuova stirpe di prin-
eipi, i quali subitamente prendon nell’istoria un riguardevole
seggio. Osiach’essi discendano dai red’Italia di sangue italiano
(1) Quesli cenm storici furono da noi gik post! altrove e qui si rq>ongoii«
solo alquanto ritoccati. Lo stesso dobbiamo dire di qualche allro branc *li
quest' opera.
CAPITOLO DUODECIMO
’228
(da Adalberts) 1°), come potenli indizj ci traggono a credere,
o da principesca oltremontana schiatta derivino, come altri as-
seriscono, Jjen della nobilissima loro origine chiara fede a noi
rende il veder Umberto, primo di essi da aulentici documenti
attestato, potente alia corte di Borgogna, difenditore di un’in-
sidiata reina, e valoroso condottiere delle armi di un impera-
tore magnanimo, il quale o gli conferma o gli concede o gli
accresce il dominio sopra una bella parte della Savoja sino
alle rive del Rodano e del lago ond’egli esce (1).
Ne scorre guari di tempo che Oddone, figliuolo di Umberto,
sposa Adelaide di Susa, principessa di gran fama in quel
secolo, flglia ed erede del potente e dovizioso marchese Man-
fredo ii, ed acquista con tali nozze la contea di Torino e la
marca d’ltalia, die dal Canavese si estende sino all’occidentale
Liguria. Ed ecco per tal guisa prima del lObO tutte o quasi
lutte le Alpi die difendono ITtalia dalla Francia e le piu felici
lor valli venire in potesla de’principi di Casa Savoja.
Ma il ricco ereditaggio di Adelaide invoglia la cupidigia
di potenti competitors La forza, la scaltrezza, le concessioni
imperiali tolgono ai veri eredi di Adelaide gran parte della
successione materna, e I’infesto Barbarossa, regnando Um¬
berto in, ne infievolisce stranamente l’autorita, dalla sog-
gezione de’ conti di Savoja tirando alia dipendenza immediata
dell’inipero i vescovi ed i piu illustri baroni da questa e da
quella parte dell’Alpi (2).
(1) Credesi che Umberto i morisse net 1048. Seccndo il Cibrario, ces-
tano le memorie di lui nel 1042. Trovasi intitolato Conte di Savoja, di Mo-
riana, di Nyon, di Belley, di Salmorenc e d’Aosta. Se ne hanno le prime
notizie nel 1003.—AH ’Istoria della monarchia di Savoja del ridetto cav.
Luigi Cibrario, la quale ora si sta pubblicando, noi rimandiamo il lettore
bramoso di piu Iarghe notizie.
(2) Da Umberto i a Umberto in, le Tavole genealogiche mettono
Amedeo i.
Oddone.— « Era morto nel dl della TrinitA del 1060*.
MONARCHIA, ESERCITO
229
Ma Tommaso i blandisce Federigo n, ne ottiene titolo di
Vicario imperiale, e con le arnii, l’accorgimento e la virtu
fa risorgere la grandezza della sua casa. Amedeo iv continua
1’opera di Tommaso, e sa tenersi in amista col Pontefice e
coll’lmperatore, mentre piu viva s’agita la discordia fra loro.
Tuttavia il secolo e quello de’Comuni lombardi, all’esempio
de’quali s’accostano le citta del Piemonte. Ed e il secolo della
grandezza de’marchesi di Monferrato, gia alzatisi a celebritain
Oriente non men che in Italia. E fmalmente la destra de’Pon-
lefici pone la corona di Sicilia sopra la fronte degli Angioini,
conti di Provenza e vicini al Piemonte, ove all’improvviso essi
allargano il loro dominio. Bonifazio soggiace a questa triplice
lega. Pietro e Filippo i attendono a combattere di la dalle
Alpi, ed acquistano gran parte dell’Elvezia romana. Amedeo v
sconfigge i suoi nemici oltre monte, e braccio e mente di Ar-
rigo di Lucimborgo nell’ armata peregrinazione di quest" Im-
peratore in Italia, e ne ottiene larghe donazioni. Edoardo,
liberale e guerriero, vien tradito dalla vittoria, ed Aimone
1060 Pietro ed Amedeo n.— « Regnarono congiuntamente sotto ia tutela
della madre. Il solo Pietro fu investito del
marchesato. Questi morl nel 1078 senza ma-
schi. Amedeo non era piu vivo nel 1080 b.
1093 Umberto il. —« Al tempo d’ Umberto u l'eredit^ di Ade¬
laide 6 tolta in gran parte alia Casa di Savoja
da Bonifacio marchese di Savona, detto comu-
nemente del Vasto, che era genero del mar¬
chese Pietro, e che per le ragioni della moglie
occupo quasi tutto il Piemonte meridionale.
Quindi si formarono i marchesati di Saluzzo,
di Busca, di Ceva e di Clavesana*.
1103 Amedeo in.
1148 Umberto in. —Mori nel 1188.
230
CAP1TOLO DUODECIMO
che gli succede, con le arti della pace e le buone instituzioni
risana le ferite de’popoli (1).
Le sorti della Savoja e del Piemonte cadono allor nelle
mani dell’eroe del secolo decimoquarlo, il Conte Verde, che
rassoda per sempre l’autorita della sua stirpe in Italia, porta
le armi, capitano della lega, sino agli Appennini toscani,
passa il Bosforo, e trae V imperatore di Costantinopoli dalle
mani de’Bulgari, ricompone in pace Genova e Venezia, che
da luoghi anni con fiera guerra si slraziano, da fine ai litigj
col Delfinato, trasportato nei primogeniti di Francia, merce di
utile permutazione di dominii, e fa ammirare l’Orientee l’Oc-
cidente col suo senno e col suo intrepido ardire (2).
Al Conte Rosso, principe di cavalleresca eccellenza, Nizza
e Ventimiglia spontanee si donano, si chele spiagge del Medi-
terraneo veggono sventolare il vessillo in cui la croce di Savoja
campeggia. Finalmente Amedeo vin di nuovo unisce alia co¬
rona i paesi gia conceduti in feudo alia linea di Acaja, acquista la
(1) 1188 Tommaso.
1232 Amedeo iv.
1253 Bonifacio. — « RcgnO di nome sotto la Hilda di Tommaso u di
Savoja, conte di Fiandra, suo zio ».
1203 Pielro. Figliuolo di Tommaso i; dovrebbe cbiamarsi I’ieiro u.
1268 Filippo i. Fralello di Pietro.
1285 Amedeo v. « Amedeo era (igliuolo di Tommaso conte di Fiandra.
Al suo tempo si stabilirono le linee di Acaja e di
Valid; 1’ una da Ludovico fralello, I’altra da Fifippo
mpote di questo Principe, e figliuolo di Tommaso m ».
1323 Edoardo.
1329 Aimone. « Aitnone, fralello d'Edoardo, succedelle secondo for*
dine stabilito da Amedeo v di primogenitura e di
rappresentazione all’infinito, con osclusione delle fem¬
inine finchg durano i masclii*.
(2) 1343 Amedeo vi, detto il Conte Verde.
1383 Amedeo vn, detto il Conte Rosso.
1391 Amedeo Vm. — Mori nel 1451.
1440 Ludovico.
MONARCHIA, ESERCITO
231
contea di Ginevra merce di antichi diritti e di compra op-
portuna, conseguisce Vercelli in premio del deporre le armi,
merita il titolo di Salomone della sua eta per Ie sapienti sue
leggi, vien creato Duca di Savoja dall’iraperator Sigisrnondo,
e assunto per le sue virtu alia tiara, che pietosamente poi
rinuncia per pacificare la Chiesa, e lascia al duca Ludovico,
suo successore, una mano di Stati, che dal lago di Neufchatel
e da tutte le rive di quel di Ginevra corrono lino alle fonti
della Sesia, ed ai mari della Provenza.
Di tal maniera i Conti di Savoja, giostrando per quattro
secoli contra potenti ed irrequieti vicini, e rintuzzando a poco
a poco l’aulorita e l’orgoglio dei prelati e dei baroni chiusi nel
recinto de’loro Stati, giunsero a fondare un picciol reame, che
grandissimo e formidahile poteva divenire ad un tratto, se
Ludovico, secondo duca, avesse saputo con la pronlezza e
prodezza di un Amedeo il Verde occupare l’eredita de’Vi-
sconti, che i Milanesi, avversi a Francesco Sforza, di pro¬
pria elezione gli offrivano.
Ma qui cominciano i lugubri tempi. Una crudele infermita
rapisce ai popoli il frutto delle sante virtu di Amedeo ix,
e da principio alle reggenze, funestissime alio Stato, benche
affidate a principesse di grand’animo. Cost scorrono i regni
di Filiberlo i e di Carlo n , troppo brevemente tramezzati
dal la gloria di Carlo il Guerriero, astro che tramonta quasi
al suo nascere. Filippo n appena tocca il trono, che nella
tomba precipita, e la morte, che in meno di sette lustri hagia
mietuto sei Duchi di Savoja, recide anche nelprimosuofiorire
la vitadi Filiberto n, principe di svegliato intelletto, il quale,
sposata Margherita d’Austria, cerca nelTamista dell’Impero un
contrappeso alia preponderanza della Francia, divenuta ridot-
tevole a queste contrade per la eonquista del Milanese (1).
(1) 1465 Amedeo ix.
1472 Filiberto i.
1482 Carlo i.
1490 Carlo n,chiamato semprc nelle nostro storie Carlo Gio. Amedeo.
232
CAPITOLO DUODECIMO
A tanti Sovrani si disventuratamente in un mezzo secolo
mancati di vita, succede un principe che, per altrettanto
spazio di tempo, sostiene con destra mal ferma lo scettro. Agi¬
tato e quasi assorto dall’onde nelle procelle, che flagellano
I’Europa per le contese di Francesco i e di Carlo v, Carlo hi
diSavoja finisce una vita logorata dal dolore di scorgere quasi
interi i suoi dominii misera preda degl’ insolenti nemici e
degli amici sleali. Adorno di tutte le virtu pacifiche, privo
delle guerriere, Carlo hi porta nella tomba la rovina dello
Stato, senza che incolpar si possa la sua memoria, giustifi-
cata dal soprannome di Buono datogli da’suoi sudditi, che
mai non cessano dal porgergli prove d’amore.
L’ultimo giorno della grandezza della Casa di Savoja par
giunto. Quesl’antica e celeberrima stirpe e in procinto di re¬
star cancellata dal novero delle famiglie regnanti. Ma Iddio
suscita un eroe a ristorarne e magnificarne la gloria. Chi
non rammenta a queslo passo il duca Emmanuel Filiberto,
l’immortale guerriero, che, contento degli splendidi allori onde
s’e coronato ne’campi stranieri, preferisce ad essi in patria il
mite olivo della pace per ritornare in fiore i suoi popoli? (1)
1496 Filippo n.
1497 Filiberto u.
1504 Carlo in.
(I) 1553 Emmanuele Filiberto.
1580 Carlo Emmanuele i.
1630 Vittorio Amedeo i.
1637 Francesco Giacinto.
1638 Carlo Emmanuele n.
1675 Vittorio Amedeo n. — Rinunzii il trono del 1730, mori nel 1732.
1730 Carlo Emmanuele m.
1773 Vittorio Amedeo in.
1796 Carlo Emmanuele iv. — Rinunzio il trono nel 1802, mori nel 1819.
1802 Vittorio Emmanuele.—Rinunzio il trono nel 1821, mori nel 1824.
1821 Carlo Felice.
1831 Carlo Alberto. —Queste date e le osservazioni che le accompa-
gnano, sono tratte dalla Genealogia della B. Casa di Savoja, emen-
data secondo le scoperle fatle dal cav. Luigi Cibrario.
MONARCHIA, ESERCITo
233
Risuona nuovaraente e per lunghi anni la bellica tromba,
perche Carlo Emmanuele i vuol ricuperare Ginevra, ed aver
parte nelle spoglie della Francia mentre al quarto Arrigo
vien conteso il diadema, e rivendicare le ragioni della sua
Casa sppra il Saluzzese ed il Monferrato. Paragonato ad Ales¬
sandro il Macedone dagli scrittori contemporanei, questo prin-
cipe non lascia intentata alcuna via d’ingrandire i suoi Stati
a tal che piu non abbiano a pavenlare lo sforzo e 1’ ambizione
de’potentati vicini. L’altero Spagnuolo mira a ridurre in ser-
vaggio l’ltalia. Carlo Emmanuele ardisce di star solo a fronte
del monarca che regna sulle Spagne, sul Portogallo, sulle Fian-
dre, su Milano, sulle due Sicilie, sull’Indie, e con maraviglia
dell’Europa esce glorioso e non perdente dalla disuguale ten-
zone. Ma il Richelieu, cui Pietro il Grande invidio piu tardi
l’arte del regnare, prende a governare quasi con supremo
arbitrio la Francia. Indebolito dalle sue stesse vittorie, so-
praflatto dalla copia delle schiere francesi, tradito da’suoi
collegati, ma sempre confidente ne’suoi popoli e sempre ma-
gnanimo, Carlo Emmanuele chiudeisuoi giorni coll’amarezza
di abbandonare il suo paese quasi tutto in mano alia Francia.
Della fama di Carlo Emmanuele i sono piene le istorie del
secolo decimosettimo. Ed esse levano pure a cielo il valore
e la prudenza di Vittorio Amedeo i che vinse a Mombaldone
ed a Tornavento, e diede la pace a queste contrade da tanli
stranieri eserciti conculcate ed oppresse. Magli convenne ri-
lasciare Pinerolo alia Francia, e ben gliene increbbe, tuttoche
il Papa e Venezia si allegrassero che aperta rimanesse questa
porta dell’Italia ai Francesi, onde all’uopo trarne soccorso
contra 1’ambizione spagnuola.
« Una pensione della minorita de’regnanti sono i disordini».
F questo detto del savio ben si verified nel regno seguenle,
aucorche Cristina di Francia con virile fermezza salvasse gli
Stati a Carlo Emmanuele it suo figlio, cui intieri li restitui
all’uscir questi dall’eta pupillare.
Prosperarono, s’abbellirono, s’ingentilirono la Savoja e il
CAPITOLO DUODECIMO
Piemonte nel regno di Carlo Emmanucie n e nella minorita
del suo successore. La Francia esercitava, egli e vero, sopra
questi Stati, non per diritto, ma per falto, quasi un supremo
dominio. Ma la dipendenza era velata da speciose ragioni di
protezione, di amicizia, di parentela; ne passava i termini
oltre i quali riceve offesa l’onore di un’indipendente Corona.
Luigi xiv, arbitro ormai dell’Europa, aggravo la mano e
mostro il giogo a Vittorio Amedeo n. II generoso Duea si
strinse in lega coi nemici del predominante Monarca, e bal-
danzosamente corse alle armi. II suo popolo si mostro degno
di un tanto principe.
Ne le sconfitte ricevule a bel primo, ne il numero degli
eserciti francesi, ne la fama de’lor capitani, ne le sventure
d’ogni maniera sbigottiscono punto il Duca, o fanno invilir
la nazione. Non rimane ormai piu a Vittorio Amedeo che la
sua capitale, e quesla pure cinta di stretlissimo assedio, e
Luigi xiv ad ogni patio vuol che s’espugni. Eugenio di
Savoja cala dalle Alpi e conduce un esercito imperiale in
soccorso del Duca suo cugino. I due principi assaltano i Fran¬
cesi dentro i lor valli, e la liberazione di Torino diventa uno
de’piu gloriosi fatti della lunga e terribil guerra detta della
Successione di Spagna.
La pace rasserena alfine le travagliate nazioni, e Vittorio
Amedeo, gratissimo per la sua coslanza nella lega alia Reina
d’lnghilterra, che lo dichiara il suo miglior alleato, ottiene
la Sicilia, e si cinge le chiome della corona regale.
Mai sostenuto poscia dalle potenze marittime, egli e co-
stretlo a permutare la ricca e colta Sicilia colla Sardegna.
Ma ne’suoi Stati di terraferma, gia da lui accresciutied afforti-
ficati, egli fa fiorire le scienze, lelettere, le arti, 1’agricoUura,
l’industria, il commercio, e pone tutte le fondamenta della
pubblica felieita. Sopra le quali il suo figliuolo e successore
Carlo Emmanuele hi , vincitore a Guastalla egli stesso, ed
al colle dcH’Assietta co’suoi capitani, innalza poi il solido
e splendido edifizio della Monarchia Piemontese che tanti
M0NARC1IIA ? ESERCJTO
255
lodatori ebbe nel secolo decimottavo, tra’quali basti per tutti
annoverare il gran Federico di Prussia.
Gli succede Vittorio Amedeo m, che regna per quattrolustri
in profoodissima pace, indi e tratto a romper guerra alia Fran-
cia, divampante per rivoluzione. Serbano le milizie piemonlesi
in quella fiera guerra F antica lor nominanza: ma 1’uomo
de’Fati viene a capitanare 1’esercito francese, ed in sugli Ap-
pennini liguri principia la serie delle sue viltorie, che tanta
parte d’Europa gli doveano poi soggiogare. II trattato di Che-
rasco, seguito dalla pace di Parigi (4796), salva a Vittorio
Amedeo hi la miglior parte de’suoi Slati continentali d’ltalia.
Ma tutti questi vengono brutalmente rapiti al suo successore
Carlo Emmanuele iv(1798), il quale, riparatosi nel suo reame
di Sardegna, protesta contra la violenza iniquamente fattagli
dal Diretlorio francese. Il Direttorio cede poscia il luogo al Con-
solato, il Consolato all’Imperio, e finalmente il maraviglioso
Imperio precipita, e Vittorio Emmanuele i ritorna nel Pie¬
monte natio (1814), ove qual padre e qual re viene accolto
da’popoli fesleggianti dell’aver ricuperato i naturali lor Principi,
il Dome italiano, e I'indipendenza come nazione. Il trattato di
Vienna (1814), poi quel di Parigi (1815), restituiscono a questo
Sovrano tutti gli antichi Stati della sua Casa, ai quali aggiun-
gono tutto l’antico Stato di Genova. Sul trono, da cui Vittorio
Emmanuele dismonta (1821) per non fallir la fede di accordi
solenni, ascende Carlo Felice. Se ad un antico Demetrio il
tristo soprannome di sovvertitor di citta fu gia dato, quello
giocondissimo di abbellitore di citta egregiamente s’attaglie-
rebbe a Carlo Felice. Lui regnante, Torino s’accrebbe mara-
vigliosamente, e rifiori per vaghezza; Genova vide sorgere
il marmoreo teatro ed aprirsi 1’ elegante strada che amen-
due portano il nome dell’ottimo Principe, ed ogni minor citta
del Piemonte , della Liguria, della Savoja adornossi piu o
meno in proporzione, od enlro almeno nella via degli ador-
namenti e de’ miglioramenti, continuata a correr di poi con
ardore sempre crescente.
236
CAP1T0L0 DUODECIMO
Insieme con Carlo Felice manco la linea di Casa Savoja
discendenle dal duca Vittorio Amedeo i, secondogenito del
duca Carlo Emmanuele i, e venne al trono la linea di Savoja
Carignano, discendente dal principe Tommaso, celebre capi-
tano, quartogenito del ridelto Carlo Emmanuele i, cognominato
il Grande. Ogni pagina di quest’opera ricorda le instituzioni
ed i fasti di Carlo Alberto gloriosamente regnante.
Gli Ordini cavalleresclii sono i seguenti :
1. ° Ordine supremo dell’Annunziata (1).
2. ° Ordine militare de’ Ss. Maurizio e Lazzaro (2).
(1) « Quest’ordine, detto da prima semplicemente ordine del CoWare, venne
instituito da Amedeo Vi, cognominato il Conte Verde: ignorasi precisamente
in qual anno, ma probabilmente tra il 1360 e il 1363. I piu antichi statuti
scritti che ne siano rimasti, sono del duca Amedeo Viii. Carlo in promulgo
nel 1513 altri statuti, pei quali 1’Ordine venne piu specialmente consecrato al
mistero dell' Annunziazione; Emmanuel Filiberto li riordin5 nel 1577. ll Re
6 capo e sovrano dell’ ordine. La chiesa della Certosa di Pietra Castello fu
cappella dell’ordine sino al 1607, in cui venne a ci6 destinata la chiesa del
Convento degli eremiti Camaldolesi sulla montagna di Torino; ora il mona-
stero dei Camaldolesi non & piu, e i Cavalieri dell’Ordine Supremo possono
aver sepoltura nella R. Certosa di Collegno. A tenore degli statuti di Carlo in ,
riordinati da Emmanuel Filiberto, i Cavalieri sono venti, oltre a cinque Uf-
fiziali dell’Ordine, che sono il Cancelliere, il Segretario, il Tesoriere, ed il Re
d’armi od Araldo. Nel numero dei venti pero non dee comprendersi n6 il
Sovrano capo dell’Ordine, nA il figliuol suo primogenito. Per gli stranieri il
numero 6 indeterminato ». Estratto dal It. Calendario generate de' RE, SS.
(2) « L’Ordine di S. Maurizio venne creato dal duca Amedeo viii verso il
1434, e quindi riunito all’ antico Ordine ospitaliere di S. Lazzaro nel 1572.
Vittorio Emmanuele, addi 26 dicembre 1816, promulgo ordinatamente in un
solo corpo le leggi e gli statuti di questa religiosa milizia, ed il Re Carlo
Alberto addi 9 dicembre 1831 le diede un nuovo ordinamento. Per esso l’Ordine
si divide in tre classi, che sono : Cavalieri di grazia o di giustizia, il numero
de’ quali 6 indeterminato; Commendatori che non possono essere piA di 50, e
Cavalieri gran Croce che non possono oltrepassare il numero di 30, non
compresi pero i Principi, i Cavalieri dell’ Ordine supremo dell’Annunziata, ed
i personaggi stranieri. L’estensione de’R. Stati per quanto riguarda I’Ordine
6 divisa in nove provincie*. Idem.
MONARCHIA, ESERCITO
237
3. ° Real Online militare di Savoja (1).
4. ° Real Ordine civile di Savoja (2).
Evvi inoltre la medaglia del valor militare (3), e la
medaglia de’50 anni di militare servizio(4).
(1) «Instituito dal Re Vittorio Emmanuele il 14 agosto 1815, e destinato
ai militari che si sono distinti in battaglia od in altro fatto di guerra con
qualche azione valorosa, prudente, segnalata e tale che poteva ommettersi
senza mancar al dovere ed all’onore. ll Re ne e Gran Mastro e quattro sono
le classi dei decoratij Cavalieri Gran Croce, Commendatori, Cavalieri, Militi ».
Idem.
(2) oCreato dal Re Carlo Alberto con R. patenti II dicembre 1831. Non
\i ha in quest’Ordine altra classe fuori quella dei Cavalieri, i quali debljono
essere nazionali od avere acquistato nei R. Stati ragioni per esservi inscritti.
Si concede: 1° ai primarj Impiegati del Governo che abbiano eseguito qualche
atto od opera d'alta amministrazione; 2o agli Scienziati, Letterati ed Ammini-
•stratori che avranno composta e pubblicata code stampe qualche opera impor-
tante; 3° agli Ingegneri, Architetti ed Artisti che siansi resi celebri con lavori
di distinto merito; 4° agli Autori e Pubblicatori di qualche scoperta di gran
conto e vantaggio, ed a coloro che avranno dato alle scoperte da altri fatte
tale perfezionamento, che per la sua utility si accosti al merito della primi-
tiva inveuzione ; 5° ai Professori di scienze o lettere, ed ai Direttori d’uno
de’ R. stabilimenti d’educazione, i quali, chiari per dottrina, ed avendo pub-
blicato qualche utile scrittura, abbiansi procacciata col loro magistero o
governo della gioventii gloriosa fama. Sono attribuite all’ Ordine civile di
Savoja 40 pensioni ». Idem.
(3) «Con R. patenti 26 marzo 1833 venne instituito questo distintivo d’onore
consistente in una medaglia in Oro od in argento, colla quale, a seconds dei
casi, si premiano le azioni di segnalato valore che avvengono nelle R. Arinate,
qualunque sia il grado del militare ». Idem.
(4) « S. M. volendo far conoscere in qual pregio le piaccia tenere gli an¬
tichi militari del suo Reale Esercito, venne in pensiero di segnalare con
ispeciale distinzione coloro tra essi che contano 50 anni di servizio; eppero
si e degnata instituire con lettere patenti del 19 di luglio 1839 una meda¬
glia , la quale, coniata a bella posta, ed appesa ad un nastro verde, porta
dall’iina parte I’effigie di S. Maurizio, protettore delle armi Piemontesi, e
•tali'altra il nonie del benemerilo militare cui vien essa conceduta ». N. C.
238
CAPITOLO DUODECIMO
La Corte Sabauda fu in ogni tempo rinomata per
magnificenza e per dignita. II suo splendore riverbera
sulla citta ehe n’e la sede.
La monarchia piemontese b composta degli Stati di
Terraferma e dell’isola di Sardegna. La popolazione degli
Stati di terraferma (Savoja, Piemonte, Nizza, Genove-
sato) somma (Censimento del 1838) a . . 4,12.5,735
Quella della Sardegna (idem) a. 524,635
Totale 4,650,570
Tutti gli Stati di terraferma sono partiti in otto di-
visioni militari, Savoja, Torino, Cuneo, Alessandria,
Novara, Aosta, Nizza, Genova. Ogni divisione ha un
Governatore ed e partita in provincie, ed ogni provincia
e partita in comuni.
« S. M. il Re fa l’ordinaria sua dimora in Torino, ed in To¬
rino sono per natural conseguenza istituiti i principali uffizj,
per via dei quali egli esercita la suprema podesta che assoluta
ed intera gli appartiene.
« Sei sono lc Regie Scgreterie o, come si chiamano, i Mi-
nisterj; vale a dire la Regia Segrcteria di Stato per gli affari
esteri; la Regia Segreleria di Stalo per gli affari interni;
il Dicastero di S. E. il Guarda-Sigilli; la Regia Segreteria di
Stato per gli affari di Sardegna; la Regia Segreteria di guerra
e di marina, e la Segreteria delle Regie Finanze. Ognuna di
esse ha un capo che porta il litolo di Primo Segretario, un
solto-capo col tilolo di Primo Lftiziale, e un numero di Segre-
tarj, di Solto-Segretarj, d’Applicati, di Volontarj e di Serit-
turali, proporzionato alia quantita del lavoro che Ie tocca di
spedire.
« Il Consiglio di Stalo e diviso in tre Sezioni, la Sezione
MONARCHIA, ESERCITO
239
dell’interno; la Sezione di giustizia, di grazia e d’affari eccle-
siaslici, e la Sezione di finanze. II Re ne e il Presidente, ma
nelle tornate ordinarie si fa surrogare da uu Vice-Presidenle
annuale. Ogni Sezione poi ha il suo proprio Presidente ed
un numero determinate di Consiglieri. La denoininazione
di ciascuna di esse manifesla quale sia il genere di bisogne,
nell’esame delle quali dee occuparsi rispettivamente ».
Prima di Emmanuele Filiberto l’esercito di Savoja era
feudale: cioe il Principe chiamava alle armi i grandi
vassalli, i quali ripetevano il cenno ai geniiluomini di-
pendenli da loro. Quest! e quelli salivano armati a ca-
vallo, e si schieravano sotto la cornetta, ossia insegna
del Maresciallo di Savoja. Ne’casi di pericolo una seconda
chiamata convocava il retro-bando, e tutti gli uomini
atti alle arme accorrevano sotto i cavalieri banderesi
in ajuto della patria. Lo stesso avveniva, ma con qualche
diversity nelle forme, in Piemonte, ove i capi prendevan
nome di Condottieri della Nobilta.
La poca pena con die Svizzeri eFrancesi avean oc-
cupato gli Stati di Carlo hi, e l’universale mutamento
degli ordini guerresclii in Europa mossero Emmanuele
Filiberto a dismettere il sistema militare dei suoi mag-
giori, ed a create una milizia stanziale, conforme al
tempo ed acconcia a francheggiare il paese.
Egli dispenso i feudatarj dalle antiche obbligazioni
militari, merce di un certo tributo di denari in compenso.
Stabili una cavalleria permanente, e creo la fanteria,
uerbo degli eserciti antichi, e tornata in grande onore
uel secolo decimosesto per le belle prove fatte dai fanti
Svizzeri e Spagnuoli. Antonio di Levo, Piacentino,
profondo nella tattica, ajuto le riforme militari di
240
CAPITOLO DUODECIMO
Emmanuel Filiberto: egli si proponeva 1’ ordinanza dei
Greci a modello. II Duca institui quella forma di mi-
lizie nazionali ehe allora si chiamarono Ordinanze e
dappoi Battaglioni provinciali, die con la terza parte
del solito stipendio se ne stavano alle loro case in tempo
di pace, salvoche a certi giorni dell’anno destinati alia
rassegna militare; poi in occasione di guerra servivano
come gli altri soldati. Sceglievansi da ogni terra a misura
della popolazione. Egli fortified varie citta oltre la sua
eapitale, fece gittar cannoni, edified polveriere e fab-
briclie d’arme da tiro e da taglio, ed innalzo dalle fon-
damenta 1’amministrazione economica dell’esercito.
Le vicende de’ tempi e la brama di amplificare il
dominio trassero in continue guerre il suo figliuolo Carlo
Emmanuele i, il quale s’acquisto in esse si gran nome
di capitano, ehe Arrigo iv lo metteva del pari con Mau-
rizio di Nassau, e che Giacomo i, re d’Ingliilterra, gli
mandava una ricca spacla, come a quello di tutti i So-
vrani che sapeva meglio adoperarla. Sotto di lui la
nazione divenne tutta militare; e ad un ambasciatore
straniero che gli chiedea quanti uomini potesse armare,
egli con verita rispondea: — « Quanti sudditi, tanti
soldati ».
Vittorio Amedeo i, benche bramosissimo della pace,
fu tuttavia costretto a combattere, prima unito cogli
Spagnuoli contro a’Francesi, poi come generalissimo
de’Francesi contro clegli Spagnuoli, e si mostro guer-
riero degno del padre.
I)opo la sua morte (1637), segui la guerra civile, di
cui abbiamo altrove discorso. Essa fini nel 1648, e la
guerra generale, che da ottant’anni guastava V Italia,
chetossi poscia colla pace de’Pirenei (1639). Carlo Em-
MONARCHIA, ESERCITO
241
manuele n, dal tempo che, uscito di minor eta, prese
leredini del governo(1648) sino alia sua morte (1675),
non ebbe da travagliarsi nell’ armi. Ma, consapevole
questo Duca essere la sua una militar Monarchia, nella
quale il Principe debbe egli stesso reggere l’uffizio di
comandante supremo, attese a rinnovare le instituzioni
guerresche, molto scadute ne’tempestosi tempi trascorsi.
Egli restauro l’ordine e la disciplina nell’esercito; rior-
diuo la milizia reale ossia de’ coscritti fondata da Em-
manuele Filiberto. Institu'i eorpi di riserva, creo i primi
reggimenti stanziali di fanteria, che presero il nome di
Savoja, di Monferrato, di Piemonte, di Saluzzo, ed i
reggimenti delle Guardie, non che un reggimento di Co-
razzieri e gente d’arme a cavallo. Accrebbe Fartiglieria,
e gli artiglieri, ai quali diede buoni staluti. Provvide
acciocche fossero bene amministrati gli affari militari,
e riparo le fortificazioni di Vercelli, di Nizza e d’altre
piazze d’armi.
Regno dopo lui Vittorio Amedeo n, del quale ab-
biamo gia detto le imprese. Egli fece nuovi statuti per
la milizia; i soldati lo amavano come un padre.
Carlo Emmanuele hi diede splendido principio alle
sue militari fazioni colla vittoria di Guastalla (1734),
ch’egli, unitoai Francesi, riporto sopra i Tedeschi. Piu
tardi, antiveggendo qual nuovo incendio di guerra de-
sterebbe in Europa la morte dell’imperatore Carlo vi,
applicossi a provvedere quant’era d’uopo per entrar nella
tenzone con un esercito ben disciplinato, e fornitissimo
d’artiglieria e d’ogni altra cosa da guerreggiare. Mori
Carlo vi nel 1741, e la pace generate fu rotta. Carlo
Emmanuele hi nel 1743 si fece il confederate e l’intre-
pido difensore dell’augusta Maria Teresa, alia quale tanti
n
242
CAPITOLO DUODECIMO
arabiziosi potentati bramavano rapire i dominj, e le coq-
servo i suoi Stati ereditarj d’ltalia. Fierissima guerra fu
quella, e duro sei anni, ed in essa il Re ottenne nomi-
nanza di gran capitano. Tra le fazioni che la segnala-
rono in Piemonte e suprema il combattimento del Colle
dell’Assietta, d’onde i Piemontesi ributtarono un fio-
1 itissimo esercito francese (1).
(I) Nel 1747, il cavaliere di Bellislc, fratello del maresciailodi questo nome,
ebbe il carico di tentare con cinquanta battaglioni francesi il passaggio dal
Delfinato in Piemonte.
La valle, per la quale scorre la Dora che scende dal Monginevro, 6 difesa
prima di giungere a Susa dal forte di Exilles, piantato sopra un’ardua rape,
f munitissimo dalla natura e dall’arte. L’altra valle per cui scende il Chisone
e mette a Pinerolo , ha in sua difesa il forte di Fenestrelle. La giogaja dei
monti che sorge tra queste due valli, benchA d’arduo e duro accesso, fu la
trascelta dal Bellisle per effettuare il suo passaggio, scansando quei due formi-
dabili forti. Egli sperava che i Piemontesi non avrebbero difeso questo insolito
varco, o non gli avrebbero opposto che ostacoli agevoli a superare. Ma Carlo
Emmanuele, avvertito de’disegni del nemico, avea fatto costruire un campo
trincierato nella sommiUi alquanto piana del giogo detto il Colle dell’Assietta,
punto intermedio e signoreggiante il varco divisato dall’inimico. Il conte di
Bricherasco con quattordici battaglioni ne vegliava a difesa. II cavalier di
Bellisle giunse il 12 di luglio 1747 a Brianzone, il di 14 valico il Monginevro
e porto il suo campo a Cesana, spingendo fino ad Oulx la vanguardia.
Il Colle dell’Assietta 6 posto disua natura fortissimo. I Piemontesi non s’erano
muniti che d’un para|)Clto murato a secco. Ma confidandosi nel vantaggio del
loro aocampamenlo, aspettavano impazientemente il nemico. I Francesi, asse-
rurati dal loro numero, si promcttevano un’ infallibil vittoria.
La mattina del 19 luglio essi mossero audacemenle alia ptigna, protetti dal
fuoco di nove cannoni, collocati di fronte alia linea piemontese. Otto battaglioni
stavano alle riscosse per sostenere I’assalto, o proteggere la ritirata. Una colonna
sail verso il Colle di Serano, pel vallone che giace tra le alture della Pourridre
e quelle dell’Assictta. Un'altra scese nel bosco, di contro ai Irincieramenti ,
ed una terza tenne la cresta de’monti per attaccare il ccntro. Queste due
colonne sostarono a tiro de’Piemontesi, per dar tempo di arrivare alia prima
che dovea fareun lungoe malagevole cammino. Alle ore quattrodopo mezzogiorno
> attaccA la mischia. Gli assalilori quattro volte fecero maraviglie di ardire,
MONARCHIA, ESERCITO
243
Dopo la pace (1748) egli tutto applicossi a promuo-
vere il buon essere de’suoi popoli, ma non ne trascuro
e si gittarono contro i ripari de’Piemontesi, ma bersagliati dal terribile fuoco
di fronte e di fianco de’difensori , ed infestati dai grandi sassi che quest!
faceano rotolar sopra loro giu per lo scosceso pendio, quattro volte furono
ributtati con molta strage, ne percio veniva meno in loro il coraggio. Sereno
in mezzo ai pericoli, il cavaliere di Bellisle noto che a destra dei trinciera-
menti eravi uno spazio di terreno non fortificato e mal custodito. Egli mando
a quella volta una schiera de’suoi che s’ impossessaron del posto, e colse
quest’opportunitk per rinnovare da ogni banda l’assalto. Si vide allora quanto
possano il disprezzo della morte, l’amor della gloria. Intere linee d’Ufficiali
formavano la fronte delle colonne francesi, ed i soldati giunti, inerpicandosi
su per l’erta, al pie del parapetto, ne smuovevano le fondamenta e cercavano
di disfarlo sin colie mani.
I Piemontesi, per far meglio testa agli assalitori, erano saliti ritti in pi6 sul
parapetto, ove combattendo alio scoperto con inenarrabile audacia affrontavano
la grandine delle palle nemiche, e non usando che le bajonette e le sciabole
liaccavano 1’ impeto francese, e ne spegnevano nel sangue la furia. Mai non
erasi veduta scena di tanto aceanimento ed ardore. ll signor di Bellisle dava
I’esempio d’imperterrita bravura egli stesso. Anzi per rinfiammare con una
temeraria prova i suoi soldati ne’quali l’aspetto di tanti morti e moribondi
loro compagni cominciava a far illanguidire la virtu, s’avventd egli stesso a
piantare una bandiera sul parapetto. Ma in quell’atto un colpo di sasso gli
ruppe il braccio destro. Non si ritrasse egli con tutto cio dal luogo, e forse
era in procinto di riuscir nel suo intento. Ma una palla di fucile gli trapassd
il petto, e morto egli cadde al pie del riparo, d’ondei granatieri di Navarra
il ritolsero.
La sua morte, per la quale ebbe lode piu d’animoso soldato che di prudente
Capitano, rallento l'ardor degli assalitori, ma non gli fe’cessar dall’assalto. ll
eonte di Villemur piglio il comando de’Francesi, e gli Uffiziali vollero vendicare
il loro Duee estinto. Una colonna era frattanto giunta contro i trincieramenti
del Colie di Serano, posto che domina il Colle dell’Assietta, e che ne avrebbe
oondotto la resa. Qua e Ik riarse il furor del combattere. ll conte di Bricherasco,
veduto assalire il Colle di Serano, vi accorse egli stesso in ajuto de suoi. L as-
salto era terribile; onde il Conte che temeva di non poter piu sostenere lo
sforzo de’ncmici, mandd ordine al conte di San Sebastiano di abbandonare
il Colle deH’Assietta, e di venirlo a raggiungere con tutte le sue genti. Ma
questo Uffiziale non obbedi, ed i due posti furono salvati. Perocchfi final-
mente i Francesi, sfinitidalla fatica, percossi d’ogni parte e scemati di numcro,
*244
CAPITOLO DUODECIMO
la difesa. La linea delle fortezze intese a vietare il passo
delle Alpi ai Francesi fu da lui riparata, aumentata e
ridotta quasi ad inespugnabile. Egli fondo in Torino la
migliore per avventura delle scuole di artiglieria che
fossero allora in Europa (1).
Vittorio Amedeo m voile, nel seno della piii profonda
pace, rinnovare gli ordini militari del suo esercito sopra
un sistema che non riusci avventurato. Le gloriose prove
fatte dalle schiere Piemoutesi nella guerra Francese fu-
rono unicamente dovute al loro innate valore.
Dopo la ristorazione (1814), 1’esercito Piemontese
venne rinnovato in sulla foggia degli altri eserciti eu-
indietreggiarono e si poscro disordinatamente in ritratta. II conte di Villemur
raccolse le sue genti a Cesana, cl’onde raccomandati i feriti alia generosity
dei vincitori, ripasso il Monginevro.
I Francesi perdettero in quella giomatae nel ritirarsi piu di seimila uomini,
tra’quali due Generali, cinquanta Brigadieri, nove Colonnelli, e quattrocento
Uffiziali, non che tutta la loro artiglieria, e gran parte delle robe loro depre¬
date dai montanari sdegnati ed in armi. Ouesta disfatta, incuitanti valorosi
perirono, coperse di gramaglie la Francia; non eravi tra la nobiltA quasi una
fainiglia che non avesse a piangere od un padre od un figlio o un fratello;
cotanto il Corpo degli Uffiziali avea faito prova di valore e di ostinazione
nell’assalto.
I Piemontesi pigliarono cura de’feriti nemici cosl come de’proprii loro;
essi rimandarono a Brianzone il corpo del cavalier di Bellisle ch’era stato ri-
chiesto, ed a Torino I’artiglieria e le bandiere vinte in quella gloriosa giornata.
La vittoria del Colle dell'Assietta reco a Carlo Emmanuele 1’ inestimabil
vantaggio di poter ripigliarc la guerra ofiendevole, in cambio di aversi a di-
fendere nel cuor del Piemonte contra un potente esercito nemico. Ma anche
questa volta, come gik tante altre, i successi della guerra in Fiandra deter-
minarono le sorti della guerra d’ltalia.
L esercito francese espugno Maestricht; gli Olandesi ne impaurirono; Maria
Teresa dubito di perdere il Brabante. La pace generale si conchiuse in Aquis-
grana il dl 18 di ottobre 1748.
(I) Vedi I ’Histoire militaire du Piemont , par le comte Alexandre de Saluces,
Turin, 1818, 6 vol. in- 8.°
MONARCHIA, ESERC1TO
£45
ropei, e principalmente del Prussiano. Vi s’introdusse
il comando dell’armi in italiano, che prima era in fran-
cese. II Dizionario militare di Giuseppe Grassi e il sus-
seguente Dizionario delV Artiglieria, compilati e pubbli-
cati in Torino, corredarono il Dizionario generate della
lingua di buone voci militari italiane.
Ma il riordinamento dell’esercito Piemontese e spe-
cialmente opera del Re Carlo Alberto, che in ogni
sua parte lo ricompose e rinvigori. Ad agguerrirlo ed
a tenerlo in bella mostra ed in buon ordine, S. M.
introdusse le rassegne settimanali sulla Piazza d’arme,
ed il campo, ordinariamente annuo, per le grandi evo-
luzioni militari sugl’infecondi piani, detti la Vauda di
S. Morizio. La frequente presenza del Revi commove
d’elettrico ardore i soldati.
Ora ci conviene rallargarci per dar notizia delle Armi
dotte, il cui seggio principale e in Torino.
a Dappoi che l’arte della guerra e divenula una scienza
profonda, che si sviluppa sopra una cerchia proporzionataagli
eserciti sommamente ingrossati ai giorni noslri, la necessita
di formare un Corpo speciale capace delle piu alte cognizioni
geodetiche, e proprio a servire di centro comune alle diverse
Armi, si fece imperiosamentesentire, e lacreazione dello Slalo
Maggiore Generate, incaricato di svariati doveri e di infinite
attribuzioni, ne fu il risultaniento.
« Verso la meta dello scorso secologia formavasiin Piemonte
un Corpo dTngegneri Topografi dipendenti dal QuartierMaslro
(ienerale dell’Esercito, colla sola e speciale incumbenza di le-
vare i piani e far le carte per Tuso dell’Armata, mentre per
tutti gli allri rami di servizio militare venivano aggregati al
Quartier Generale Lffiziali di lulte le Armi, i quali, cessato il
bisogno, rientravano ai Corpi loro.
246
CAPITOLO DUODECIMO
«Nel 1814 ordinavasi il Corpo di Stato Maggiore Generate
permanente, composto di un numero d’Uffiziali di ogni grado,
a cui fa subordinate il Corpo della Topografia Reale, diviso in
sezioni di Ingegneri Topografi di varie classi. Questo primo
ordinamento soggiacque poi nel 1816 ad unariforma generale,
merce della quale i due Corpi furono riunili sotto lo stesso
titolo di Stato Maggiore Generale e vennero determinate le sue
funzioni sia in tempo di pace, sia in tempo di guerra. Non fu
che nel 1851 che ricevette il titolo di Corpo Reale, ed una
nuova forma atta a riempiere lo scopo della sua instituzione,
ed a prestare gP important servigj che secondo questa si ri-
chiedono.
« Questo Real Corpo si compone in tempo di pace di Uffiziali
dei diversi gradi, di Disegnatori Topografi, di Incisori, ed
altresi di Furieri addetti all’Uffizio particolare del Capo del
Corpo ; il suo personale eaumentato nel caso di guerra a norma
dei bisogni.
«Gli Uffiziali subalterni vengono scelti tra gli allievi della
Regia Militare Accademia destinati per le armi dotte, ed a
tale effetto essi impiegano due anni nello studio delle teorie
speciali a cadun Corpo, e quantunque gia ammessi a far
parte dello Stato Maggiore Generale, continuano alia scuola
complementale dell’Accademia la pratica delle materie che il
servizio loro piu spezialmente richiede.
« Siffatta maniera di mantenere a numero lo Stato Maggiore
Generale non esclude per altro gli Uffiziali degli altri Corpi dotti
dall’esservi ammessi, come pure quelli delle Armi comuni,
purche facciano prova della necessaria abilita.
« Neilavori in campagna chesorio annualmentedeterminati,
sieno trigonometrici o topografici, per levare il paese o fame
la ricognizione, s’impiegano sempre i giovani Uffiziali diretti
dagli anziani, a fin di render loro familiare questa parte del
servizio, che contribuisce ad abituar Tocchio nel giudicare
delle distanze, alia cognizione delle forme fisiche del ter-
reno, all’apprezzamento del suo valore strategico, e giova a
MONARCHIA , ESERCITO
247
saper usare con facilita i piani e le carte in tulte le esigenze
della guerra.
« Le principals attribuzioni degli Uffiziali del Real Corpo di
Stato Maggior Generale in tempo di guerra si aggirano intorno
alle ricognizioni del nemico, a fin di esplorarne la forza, la
composizione, le disposizioni e le mosse ; alia scelta dei punti
da fortificarsi piu o meno fermamente; all’apertura di strade
nuove, alio stabilimento de’ponli ed altre maniere di transit)’,
alia scelta de’quartieri dell’esercito, sia a campo, sia ad alloggia-
mento, sia asereno; al migliormododiguardarsi ne’quarlieri,
nelle posizioni e nelle mosse. Gli Uffiziali anzidetti attendono
eziandio in tempo di guerra a levare il paese, e disegnare i
piani per I’uso dell’armata; porgono le norme pel governo
delle cose annonarie, e vegliano l’osservazione degli ordini
sopra le cose medesime, la disciplina, il reggimento sanitario :
regolano la spartizione de’conlributi, il servizio delle guide,
delle salvaguardie edegli esploratori; la condoltade’prigionieri
e disertori, de’ parlamentarj; somministrano le norme pei
trattati e gli accordi da tenersi occorrendo col nemico ; compi-
lano il diario di ogni qualunque operazione si eseguisca dall’
esercito; spediscono parimenle gli atli di cancelleria, passa-
porti, salvaguardie, salvocondotti ecc., e tengono aperti ed
ordinati i registri ed il carteggio perle varie parti del servizio
sia militare, sia di amministrazione, dipendenti dal Quartier
Generale; provvedono ancora per laspedita e facile eomunica-
zione delle varie parti dell’Armata tra di loro, e di ognuna
col Capo.
« In tempo di pace vengono piu spezialmente destinati a
perlustrare e riconoscere con somma diligenza ogni parte del
Regno; a levare sul terreno e disegnare la figura de’luoghi pin
notevoli per riguardi militari; a raccoglierele notizieslatistiche
conferenti alio scopo di rendere piu frultuose le operazioni ora
dette; a raccogliere le notizie storiche di guerra ; compilare le
istruzioni pel miglior governo ed impiego delle truppe ; trarre
da’libri sia nostrali sia esteri cio che pub esser utile al Regio
248
CAPITOLO DUODECIMO
militare servizio; in fine a dirigere gli uffizj diversi edi lavori
di topografia e d’incisione che vi si eseguiscono.
« Nei campi d’instruzione poi gli Uffiziali di Slato Maggiore
mettono in pratica verso le truppe tutti i doveri tra quelli
dianzi accennati che sieno adattati al caso ; e nelle simulate
fazioni contribuiscono coll’assistenza loro all’impiego delle
varie armi, secondo il terreno e le instituzioni tattiche.
«II servizio del Real Corpo di Stato Maggiore Generale cosi
in tempo di pace come di guerra essendo di armi e di uffizj,
quello d’armi, avuto riguardo allecose che nel Corpo medesimo
sono relative al servizio delle Armi diverse, si distingue in tre
direzioni, cioe di Fanteriae Cavalleria, di Artiglieria ed Inge-
gneri, e di Stato Maggiore Generale. II servizio d’uffizj e del
pari distinto in tre direzioni, la l. a Uffizio particolare del
Quartier Mastro Generale, Archivi e Biblioteca ; la 2. a Uffizio
Topografico ed Incisione; la 5. a Uffizio Generale.
« Gli Uffiziali addetti agli Uffizj ed alle varie direzioni vi
sono deslinati dal Comandante Generale del Corpo.
« A voler far conoscere quanta sia la parte presa da questo
Corpo nei lavori geodetici e topografici, daremo una succinta
enumerazione analitica dei principali tra essi cui attese recan-
doli a buon termine in un breve periodo di tempo.
« Nel 1821 intraprendeva sul territorio degli Stati di S. M.
in terraferma la continuazione della misura dell’Arco del pa-
rallelo medio, compreso tra la Torre di Cordouan presso Bor¬
deaux e quella di Fiume: la quale misura essendo stata ul¬
timata in Francia sin presso il Rodano, e verso l’ltalia sino al
Ticino, restava in parte interrotta, dovendosi ancora superare
il masso delle Alpi. Lo scopo di questa grande operazione era
di far conoscere nel senso dei paralleli all’equatore la vera
figura della Terra, e si puo francamenle asserire che nessuna
operazione geodelica ed astronomica erasi fatta in altri tempi
col concorso di tanti elementi favorevoli per conseguire colla
massima precisione il divisato fine. Fra tali mezzi debbesi
annoverare lafacolta illimitatadi spendere lasomma necessaria.
MONARCUIA, ESERCITO
U9
il poter adoperare stromenti perfezionati dalle prime officine
tedesche, francesi ed inglesi; Taver potuto stabilire al Mon-
eenisio e sul Monte Colombier due Osservatorii astronomiei
ne’quali altendevano indefessi alle delicate loro osservazioni
i celebri astronomi di Torino e di Brera associati aquella gran¬
de operazione.
« In essa rifulse l’efficacia dei segnali istantanei per deter-
minare le dilTcrenze di longitudine; e la condizione dei trian-
goli in tutta la Catena non diede angoli inferiori a 57 gradi, i
quali furono delerminati da una media non minore di 60 ripe-
tizioni fattc in circoslanze atmosferichc le piu favorevoli. Colle
distanze zenitali si determinarono le differenze di altezza di
ogni stazione paragonate eol livello dell’Oceano, e si ebbero
per tal modo le tre ordinate di tutti gli apici dei triangoli
Non si omisero ad un tempo le osservazioni barometriche a fin
di ottcnere le medesirne altezze che, fatte con somma cura,
diedero risultamenti soddisfacentissimi, e pressocbe uguali ai
prim i.
« Siccome era stalo inteso, gli Uffiziali dello Stato Maggiore
Austriaco fccero essi pure l’intera operazione geodetica nella
guisa stessa che fa eseguita dagli Uffiziali Sardi, e solamente
la media dei due risultamenti si tenne come definitiva. Con-
temporaneamente fu verificata la misura tanto geodetica quanto
astrouomica dell’Arco del meridiano falta nello scorso secolo
dal P. Beccaria.
« L’esito di tulle queste operazioni corredato dai relativi
elementi si pubblico a Milano nel 1825 in due volumi in-4.°
con un allante.
« Non cosi tosto terminals la misura dell’Arco del parallelo,
si diede principio ad una triangolazione di l.° e di 2.°ordine,
(die doveva coprirecon una rete generate l’interasuperficie dei
R. Stati sul continente, all’oggetto di coordinare una quantita
di materiali topografici cbe gia si erano raccolti per formare
una carta al 50 millesimo divisa in 90 fogli. Questi dementi
vennero assoggettati alia projezione di Flamsteed modificata,
*ii
250
CAPITOLO DUODECIMO
pigliando per centro di sviluppo il meridiano ed il parallelo
dell’Osservatorio Reale di Torino, che per una fortuita com-
binazione divide lo Stalo in quattro regioni pressoche di eguale
estensione.
«I lati della triangolazioue per la roisura dell’Arco di paral¬
lelo servirono di base ad un tempo e di verificazione alio
diverse catene di triangoli come sopra formati, il cui in-
siemecompone l’irnporlante operazione ora accennata, erecata
quasial suo termine colie medesime cure e coimezzi impiegali
nella precedente misura.
«I registri degli dementi tulti e dei calcoli relativi a tale
importanle operazione si conservano dal Real Corpoper esser
a suo tempo pubblicati. Moltissime altezze di punti cospicui
ed essenziali vi furono del pari detcrminati col mezzo delle
osservazioni barometricbe, mediante la corrispondenza esatta
di quelle che si fanno al tempo medesimo colla maggiore
accuratezza e regolarila nelle sale dell’Uffizio Topografico.
« Triangolazioni minori appoggiale ai triangoli di l.° e 2.°
ordine dianzi accennali somministrarono successivamente una
quantita sufficiente di punti per levare la pianta topografica
ed il paese al 10 millesimo in varie parti dello Stato, lavoro
questo che si continua tuttavia lungola zona della frontiera col
metodo rigoroso delle sezioni orizzontali, a fin di oltenere colla
massima esattezza le forme del terreno.
« La sopra menlovata Carta generale in novantasei fogli fu
ridotta in sei, alia proporzionedel 250 millesimo, ed e appunto
questa riduzione che si sta incidendo dalla sezionc di Artisli
del Real Corpo di Stato Maggiore Generale, unilamentead un
settimo foglio d'unione. Il primo suo foglio sara tra breve
spazio puhblicato.
« Finalmente non e guari che s’intraprese un’opera di vasta
mole, la quale potra riescire di somma ulilita solto 1’aspetto
mililare e topografico ; essa avra per titolo : Dell’anlica e mo-
derna condizione fisica , politico, c mililare dell’Alta Italia, e sara
divisa in cinque parti, delle quali due sono descrittive, due
storiche, ed unagrafica.
MONARCHIA , ESERC1TO
25 i
« La compilazione delle due prime parti sara quanto prima
ultimata, e con essa le relative tavole, la cui incisione progre-
disce, ed un primo volume potra fra breve essere fatto di pub-
blica ragione » (1).
Nell’ Arsenale si contengono o da esso dipendono
tulti gli stabilimenti necessarj alia fabbricazione del
materiale di gaerraed all’istruzione degli Artiglieri (2).
Gli stabilimenti contenuti sono i seguenti:
LABORATORIO CHIB1ICO-METALLURGICO
« In questo Laboratorio si procede all’ analisi di tulte le
materie riflettenli 1’ Artiglieria, come nilri, zolfi, ferro,
piombo, stagno, rame ecc., ed ivi si collaudano. A simili
operazioni si sottopongono pure tulte le materie minerali cho
gli vengono fatte poi'gere dall’Azienda Economica dell’ In-
terno, ed a quella si rende ragione de’risultati.
« II cavaliere Nicolis di Robilant che di questo stabilimento
fu nel 1757 il fondatore, ed il cavaliere Napione che ne fu
verso il fine del secolo scorso l’ultimo direttore, riunivano ad
una tal carica quella d’Ispettore Generale delle Miniere dello
Slato. Uffiziali superiori entrambi della milizia d’Artiglieria,
lasciarono sulle Miniere scrilti che li portarono a rinomanza
di dolli.
<( Il Laboratorio e fornito a dovizia di tutto quanto puo oc-
correre per farvi un corso regolare di studj nella chimica
e mineralogia; quindi in esso si trovano forni d’ ogni specie,
utensili d’ogni maniera e le macchine necessarie, fra le quali
merita particolar menzione una bilancia del rinomato mae-
chinista piemontese Mattei, sensibile a cinque decimillesimi
(1) N. C.
(2) A pag. 63, ove dice lanterne di tela cerata, aggiungi coperte.
A pag. 116, pure aggiungi the nel palazzo dell’Accademia trovasi anche il
Musto di Storia naturale.
CAP1T0L0 DUODECIMO
252
d’ un gramma; vi si conserva pure una collezione di 2,505
minerali del Regno, stali ivi analizzati.
GABINETTO MINERALOGICO
« Si trova in questo Gabinetto una collezione orittogno-
stica di 1,100 campioni di minerali per lo studio della mi-
neralogia, classificati secondo il sistema del sig. Beudaut.
« La compita collezione dei modelli di cristallizzazione del
sig. Hauy.
« La collezione statistica geognostica del ducato di Genova.
GABINETTO DI FISICA
« Fu instituito nell’anno 181 ^ per l’istruzione dei Cadetti
allievi d’Artiglieria, i quali prima dell’erezione della Regia
Accademia militare venivano ammaeslrati nei varj studj che
alia scienza dell’Artiglieria e delPIngegnere s’appartengono,
nelle scuole d’Artiglieria e Fortificazione stabilite nell’Arse-
nale nel 1759 dal re Carlo Emmanuele m.
« Egli si e per tali scuole che il celebre commendatore
D’Antoni scriveva que’rinomati trattati di matematica, d’arti-
glieria e di fortificazione, i quali, voltati in varie lingue, il
fecero salire a si distinla fama presso tutta Europa.
aContiene il gabinetto da 600 maccliine circa, inpartepro-
veguenti dagli accreditali macchinisti di Parigi Puxy e Du-
motier , in parte dai macchinisti di questa capilale Jest e
Rrabante.
« Meritano di essere parlicolarmente accennate fra quelle
fabbricate da questi ultimi la macchina d’Atlnvood, il mo-
dello d’una macchina a vapore, le maccliine eleltro-magnetiche,
le eleltro-dinamiche ecc., e finalmente quella per misurare la
densilii ed elasticila del fluido sviluppato nell’accensione della
polverc, invenlata dal commendatore D’Anloni ed eseguita la
prima volta dal sullodato macchinista Matlei.
MONARCHIA, ESERCITO
253
BIBLIOTECA
« Fondata nel 1822 dalla gloriosa memoria del re Carlo
Felice nella mira di promuovere sempre piu ed agevolare
l’istruzione fra i suoi arliglieri. Mediante Fannuo assegna-
inento stabililole, questa Biblioteca, la quale conla oggidi
da J;,000 volumi, prosegue ogni anno ad arricchirsi delle piu
accredilate opere railitari, dei migliori trattati di matematica,
di scienze naturali, d’astronomia, di geografia, d’opere tecno-
logiche ecc.
FONDERIA DEI CANNONI
«Lo stabilimento della Hcgia Fonderia si compone:
1° Della fonderia propriamente delta,
2° Deirofficina dei modellalori,
o° Della sala dei modelli,
h° Dell’officina dei trapani,
5° Dell’officina dei cescllatori.
« Nella fonderia fra le cose di miglior rilievo s’annoverano:
1° Tre forni a riverbero per la fusione del bronzo, uno
dei qualihala capacila di 22,000 kilogrammi, I’altrodi 11,000,
ed il terzo di 2,000.
2° Due forni a manica, uno da bronzo e I’altro da fer-
raccio detlo Cubilol, nei quali si fa uso egualmente del carbone
di faggio, e di quello di terra.
« Accanto al locale proprio per la fonderia havvi l’ofticina
dei modellatori, talmentc spaziosa da permetlere di modellare
con agiatczza e nel tempo istesso 10 pezzi del maggior ca-
libro, e piu di 20 di quello di campagna, rimanendovi
spazio sufficiente per la preparazione delle terre con cui si
fanno le forme sopra i modelli di gesso. In questo stesso locale
trovasi pure un forno per euocere le anime dei mortaj, ed
un fornello a venlo per fondere a crogiuolo, e 1’occorrente
per modellare in sabbia piccoli e variati oggetti.
« Al semiito dell’officina dei modellatori si trova la sala dei
modelli cbe fu stabilila nel 1828.
554
CAPITOL0 DUODECIMO
« In questa sala trovasi disposto sopra la scala del!’ i|6.
1° I modelli spiegativi del procedimento da seguirsi per
formare le artiglierie;
2° Del modo di sotterrare le forme nelle fosse per rice-
vere il metallo fuso ;
5° I modelli dei forni a riverbero, di quelli a manica,
dei fornelli avento, ecc.;
4° I modelli delle macchine necessarie alio slabilimento,
siccome trapani, torni, ecc.;
5° La collezione dei modelli delle bocche da fuoco in uso
negli eserciti di S. M. ;
6° Nella detta sala trovasi anche la serie di tutte le fer-
ramenta occorrenti ad armare le forme, non che gli stromenti
die si adoperano nel condurre a termine il lavoro delle arti¬
glierie, come altresi quelli per la verificazione delle predctte,
dopo che sono terminate, fra i quali si deve fare particolare
menzione dell’istromento detto la Scimia , destinato a rilevare
1’interno dei pezzi, ideato, nel tempo, dal nostro ingegnoso
macchinista Mattei: tutte queste ferramenta ed islromenti
sono di grandezza naturale.
« Nell’officina dei trapani, sila in un ramo del fabbricalo
alliguo rinviensi:
1° Un trapano grande orizzontale, il quale serve per le
grosse artiglierie, di qualsiasi lunghezza, modilicato coin’egli
e stato dal fu Colonnello cavaliere Carderina, il primo U1-
liziale Superiore a cui sia stata affidata, nel 1818, la di-
rezione di questo stabilimento dopo che il sistema di farlo
reggere ad economia prevalse su quello di abbandonarlo ad
impresarj ;
2° Un trapano per piccoli pezzi;
5° Due torni, uno per le artiglierie, el’allro per i lavori
piu minuti ;
4° Due ruole da arrotare.
« Lepredette macchine sono mosse dall’acqua median le due
MONARCHIA , ESERCITO
255
ruote a cassette, una che da moto al trapauo, e I’altra alle
rimanenti macchine.
« Nell’officina del cesellalori trovasi:
1° Un tornio per avvitare e bucare i grani;
2° Un tornio da tornire i globi per la prova delle polveri
da fuoco ;
3° Una macchina per apparecchiare le arliglierie a rice-
vere il grano;
4° Finabnenle una macchina da tornire gli oreccbioni
delle bocche da l'uoco.
OFFICINE DI COSTRUZIONE
« Occupano le officine di Coslruzione ampj e spaziosi ioeah
destinati gli uni per gli operaj in ferro, e gli allri per quelli
in legno.
« AU’uflizio della Direzione delle medesime stanno annessi la
Sala dei modelli
Ira i quali si dislinguono principalmente quelli
Degli Affusti e Carri delFArliglieria piemonlese;
Della Barca e Carro da barca dell’Equipaggio da ponli
Piemontese, del Capilano cavaliere Cavalli;
Di parecchi affusti d’artiglierie straniere, come laFran-
cese, l’lnglese, la Russa, la Svedese ecc.
Dei Blockhaus oggidi impiegati dai Francesi in Africa.
Lo Slahilimenlo litografico
il quale serve a fare i disegni del materiale d’artiglieria ,
ed a supplire alia stampa degli Stati e Carte d’ogni sorta ne-
cessarj ai varj uffizj dell’arma.
L ’Officina delle macchine
nella quale e degna di osservazione una ruota a cassette
intieramente di ferro, la quale da moto per mezzo dell’acqua
a lutte le macchine impiegate nel lavoro del legno e de’me-
lalli. 11 delineamento delle cassette, il quale e diverso da quelli
finora in uso, e opera del Capilano cavaliere Cavalli.
256
CAPITOLO DUODECIMO
« Le cassette presentano alia circonferenza della ruota una
luce assai ristretta; internandosi poi, si allargano in guisa da
eapire la massima quantita d’acqua, die conscrvano quasi
intieramente fin verso il punto piu basso.
« Le maccliine poste in moto dalla ruota sono:
Una sega a piu lame, a moto alternato,
Una sega circolare,
Un tornio da ferraccio,
Un trapano verticale,
Una macchina da far le viti di mira,
Tre torni da ferro,
Un tornio da legno,
Una macchina per far mastii di madre vite,
Un tornio per le aste degli scovoli,
Una macchina per le ruote da arrotare.
Fucine stabili con ventilatore a lamburo
« Un solo ventilatore a tamburo procura l’aria necessaria a
piu fucine, a cui furono soppressi i mantici.
Fucina ad aria calda con ventilatore a tamburo
« La fucina dell’Equipaggio da Ponte e preparata in siffatto
modo :
« L’aria prodotta dall’arruotarsi della ruota a palette conte-
nuta ncl ventilatore a tamburo, quando e giunta dietro il
frontone della fucina, e costretta ad aggirarsi enlro una cassa
di ferro, esposta all’irradiazione del fuoco, ed ivi scaldarsi
prima di giuugere sul fuoco slesso passando pel boccolare.
MANIFATTURA d’aRMI
«In questo Slabilimenlo si fabbricano tutte le armi porta-
til i ehe occorrono alle Regie Truppe di terra e di mare.
« Le primarie officine sono neH’Arsenale e nella cosi detta
Fucina di Valdocco, distanleun quarto circa di miglio dallacitta.
« Oltre i lavori che si escguiscono in queste officine, molte
MONARCHIA, ESERCITO
257
parti delle armi si ricavano dai privati stabilimenti degli
impresarj.
« Nell’Arsenale si ricevono i lavori della Fucina di Valdoeco,
consistent principalmente nell’intera confezione delle eanne per
le armi da fuoco, non che tutte le parti che si prendono per
via d’imprese.
« Ognuna di queste parti viene quivi esaminala e disposta
a formare l’arma a cui e destinata; dopo di che le armi com-
poste e finite entrano nelle altigue sale e vi rimangono sino
a che arrivi un ordinc superiore di distrihuirle alle Regie
Truppe.
« A parte dei suddetti lavori, i quali riguardano esclusiva-
mente alia fahhricazione in nuovo, le officine dell’Arsenale
hanno ancora un Laboratorio di riparazioni nel quale si ri-
mettono in istato di servizio le armi usitate, ed una scuola
permanente d’instruzione per ahilitare un dato numero di
Allievi militari a coprire lodevolmente il posto di Capi Arma-
juoli nei diversi Reggimenli dell’Esercito.
« Le materie prime, di cui si fa uso nella Fabbrica d’ Armi,
si ricavano tutte dai Regii Stati, ad eccezione dell’acciajo per
le lancie della cavalleria, per le molle e la faccia degli ac-
ciarini, per le bacchette dei fucili di fanteria, e per le lame
delle sciabole di cavalleria le quali si ricevono belle e fatte
dall’ Alemagna.
« I prodotti della Fabbrica nei tempi di necessita hanno pin
d’una voltaoltrepassato le 2o mila armi d’ogni specie all’anno.
II prodotto annuo attuale e di circa 8 mila armi nuove, e si
riparano le usitate a misura del bisogno.
« Oltrele solite armi da guerra, cioe, fucili, moschetti, pi¬
stole, lancie, sciabole ecc., si osservano nelle officine dell’Ar-
senale:
1° Una combinazione di spingarde di provata sicurezza,
le quali si caricano dal fondo della canna e si sparano senza il
minimo incomodo. Queste spingarde hanno una gittata per
lo meno eguale a quella di qualsivoglia altra anna di quesla
258
CAPITOLO DUODECIMO
specie. Esse si sparano sur un treppiede di ferro di assai
semplice struttura quando non si ha alcun punto d’appoggio;
trovandosi un punto d’appoggio, il treppiede non e piu neces-
sario, e la spingarda puo essere collocata in qualunque sito
e sparata in ogni direzione.
2° Una carabinaper Bersaglieri, lavoro ingegnoso combi-
nalo dal sig. Comandante di quel Corpo, a cui se ne sono, non
ba guari, distribuite 220, che si stanno ora sperimentando.
5° Una progressiva fabbricazione di sperimento di fucili
cosi detti a percussione, merce della quale fabbricazione cor-
reggendosi di mano in mano i difetti che apparivano ad ogni
combinazione, si venne finalrnente a capo di trovarneuno,
il quale, esaminato da un’ apposita Commissione, fu giudicato
degno d’essere messo in esperimento in alcuni lleggimenli,
giacche sembra unire in se le Ire condizioni indispensabili per
un’arma da guerra, cioe semplicila di lavoro, sicurezza e
facilita al soldalo nell’adoprarlo, ed una tenuissima spesa per
eseguirlo.
4° Una sala dove veggonsi uniti i modelli, che lin qui
si e potulo raccogliere, dellc armi portatili a selcc ed a per¬
cussione, e delle armi bianche in uso ne’paesi slranieri.
« Le sale, enlro cui si conservano le armi fabbricate e ripa-
rale, girano quasi per intero il primo piano dell’Arsenale.
Vi si ascende per un ampio scalone, il quale melte ad un
bellissimo atrio che da adito in dette sale, ed era allra volta
ornato di magnified trofei d’armi antiebe e moderne d’ogni
maniera, vagamente intrecciate e disposte dai celebri fratelli
Galliari. Ogni sala e divisa in tre scompartimenti da due file
di pilastri, intorno a ciascun dei quali le armi trovansi col¬
locate su di eleganti castelli in si bella simmetria che meri-
tossi in ogni tempo I’altrui ammirazione.
«In faccia all’atrio, ed ai due capi delle sale, Ire magni-
fiche terrazze servono al disimpegno dei lavori straordinarj
che possono occorrere nel servizio, mentre per la loro robusta
struttura contribuiscono non poco alia bellezza arcbitettonica
dell’Arsenale.
MONARCHIA, ESERCITO
259
« Gli Stabilimenti che dipendono dall’Arsenale sono i se-
guenti:
LABORATORIO De’ BOMBARDIERI
« A ponente dell’Arsenale sulla stessa linea del medesimo,
verso la spianata della Citladella, sorge il Laboratorio dei
Bombardieri, edifizio deslinato alia costruzione delle muni-
zioni ed artifizj da guerra e di gioja d’ogni maniera, non che
all’istruzione dei Bombardieri e Cannonieri sulla composizione
dei medesimi.
« La recente invenzione dei razzi da guerra ha fatto intro¬
duce in questo Stabilimento fra le macchine le piu riguar-
devoli:
1° Uno strettojo idraulico al quale si e quivi ideatodiap-
plicare un meccanismo atlo a misurare la forza della compres-
sione; esso serve principalmente a caricarele canne da razzi alia
foggia austriaca e a dare alia composizione dei medesimi tutta
quella maggior compazione che si puo desiderare.
2° Un trapano inventato ed eseguito nello Stabilimento,
ed atto a formare nel centro di detti razzi alia foggia austriaca
il vano che vi lascierebbe la spina, ove la massima compa¬
zione che si richiede nella composizione permettesse di non
caricarli massicci.
5° Un trapano a compressione il quale serve a bucare i
metalli con facilita e precisione; si adopera spezialmente a
bucare i fondelli de’razzi da guerra alia foggia inglese.
« Si osserva ancora:
4° Uno stampo-pallottole a compressione; esso serve alia
formazione delle pallottole di piombo le quali riescono piupe-
santi e di una sfericita piu esatta di quelle fuse nolle forme.
Questa macchina e stata inventata e si adopera a Berlino.
2° Una macchina per determinare la differenza tra il
centro di gravita ed il centro di figura dei projetti, stata in-
ventata dal Capitano cavaliere Cavalli, ed eseguita nel Regio
Arsenale.
260
CAP1T0L0 DUODECIMO
5° Una ruota idraulica in ferro eseguita nello Stabili-
mento per far girare i tornj e Ie pielre da arrotare.
4° Una macchina per fabbricare le cappellozze, stata ese-
guita dal macchinista Gioja.
REGIA FABBRICA A POLVERI E RAFFINERIA DEI NITRI
« Fondata nel secolo xvx nel sobborgo di Dora detto del
Pallone, quando pochi o nissuni erano gli edifizj che oggidi
lo compongono. Eppero la Regia Fabbrica delle polveri si
trovava quasi isolata, ad una distanza tale dalle fortificazioni
che tutto alPintorno cingevano la citta, da poterne essere va-
lidamente protelta e difesa, e per la poca sua estensione in
que’ suoi priniordj non oggetto di serio timore per la sua
vicinanzaalla citta medesima. Questa fabbrica, attraversata da
un canale derivato dal flume Dora, il quale serve a mettere
in moto le diverse sue macchine, non venne prima del 1769
gran fatto attivata. Egli fu solo in quell’anno che abbando-
nato il sistema di far eseguire da impresarj la fabbricazione
delle polveri, e meglio fissati i principj da seguirsi nella fab¬
bricazione medesima, si slabili di ampliare e ricostrurre l’edi-
flzio sui disegni del Colonnello d’Artiglieria Antonio Ouaglia,
e di affidarne a lui e ad altri Uffiziali della stessa milizia la
direzione.
« Sostiluito quindi all’antico un piu ampio, e meglio esposto
stendaggio delle polveri all’aria libera, sulla destra del canale
della Regia Fabbrica, in terreno appositamente acquistato,
eretti in altiguita del medesimo tre vasti magazzini per rice-
vervi le polveri ultimate od in corso di fabbricazione, costrutti
sette nuovi molini a polvere pei quali venne il loro numero
a sommare a venti, non che i due primi forni di cui si sia fatto
uso all’oggetto di formare il carbone necessario alia composi-
zione della polvere, si poneva mano nel 177o, e si terminava
nel 1778 il fabbricato della Regia Raffineria dei nitri. Unito alia
fabbrica delle polveri di cui fa parte, ha pero questo un ac-
cesso libero ed indipendente, tale da poterne all’uopo venire
inlieramenleseparato. Quattro forni pel raffinamento del nilro.
MONARCHIA, ESERCITO
261
la depurazione delle schiume, la restrizione delle aoque nitrose,
ecc., con tutti i locali necessarj alia serie delle susseguenti
operazioni, ampj magazzini di deposito del nilro greggio e raf-
finato, una nitriera artificial, vaste tettoje per la custodia delle
legna, diversi cortili, formano il complesso di questo spazioso
e ben ordinato Stabilimento.
« Egli era pero riservato agli anni che seguirono il fausto
ritorno dei Reali di Savoja negli aviti loro dominj il vedere
introdotti in questo, come negli altri Regj Stabilimenti, tutle
quelle ampliazioni e miglioramenti cui i bisogni dello Stato
richiedevano, ed i sempre crescenti progressi nelle scienze
e nelle arti suggerivano. Quindi dopo di essersi ingrandito
il locale su cui un tale Stabilimento giaceva, medianle l’ac-
quisto di nuovi terreni, lo si isolava per ogni dove, colla
costruzione di opportune cinte, dagli attigui fabbricati, se
ne sgombrava cd ampliava l’accesso, si ristaurava con opere
in pietra il gran canale, si ergevano le nuove officine dei fale-
gnami, fabbri ferraj, barilaj, coloristi ecc., i laboralorj per le
composizioni, quelli pei frulloni, staccialori e lisciatori della
polvere, si stabiliva la gran stadera pel pesamento dei varj
legnami, e si coslruiva finalmente attorno al gran cortile due
nuove ale simmetricamente poste, da servire l’una per Pallog-
gio dei Capi, Sotto-Capi ed Operaj della compagnia Polveristi
addelta alio Stabilimento, e 1’altra per magazzini, depositi e
galleria dei modelli.
« Ridotti poscia a miglior forma i due forni gia esistenti ad
uso di carbonizzare il legno occorrenle alia fabbricazione della
polvere, un terzo se ne costruiva nello stesso locale, e quindi
altri di nuova foggia atti ad operare la carbonizzazione per
via della distillazione.
« Si costruiva parimenle una nuova pcsla a polvere in so-
stituzione di un’altra stata convertita nelP uso del granare
e frullare le polveri, la quale colbaggiunta degli opportuni
meccanismi si rendeva alta ai due servizj; si stabiliva unaruota
idraulica per il movimento d’una macchina ad uso di esca-
yare i gombi delle pcste a polvere, e di un tornio ; tre altre
262
CAPITOLO DUODECIMO
ruote idraulicheper sostituire nel movimentodei frulloni, stac-
ciatori, lisciatori, ecc., la forza dell’acqua a quella dell’uorao,
e finalmente si erigeva un apposito fabbricato ad uso di sec-
catojo artificiale dellc polveri, da servire nei tempi umidi e
freddi, e da riscaldarsi col mezzo del vapore introdotto in ap-
positi tubi di rame.
« Ingranditi nellostesso modoilocali altinenli alia Raflineria
dei nitri, si ricostruivano con migliore forma le caldaje, e si
stabilivano due essiccatoj artificial! pel nitro, due cristallizzatoj
per il polverizzamento del medesimo, opere tutte per le quali
si vennead inlrodurre nello Stabilimento di cui si trattai mi-
gliori procedimenti di fabbricazione oggidi conosciuti.
FUCINA DELLE CANNE
« Questa Fucina situata ad un quarto dimiglio dalla cilta a
settentrione della medesima, nella regione detta di Valdocco,
e particolarmente ordinata per la fabbricazione delle canne
delle armi portatili da fuoco d’ogni specie, menlre sperimen-
tata a costruirvi bajonette e lame da sciabla di fanteria e di
artiglieria, non si riesci ad ottenerle alio stesso costo di quelli
delle fabbriche di Netro, provincia di Biella.
« Divisa dapprima in altrettante imprese quanti sono i pe-
riodi della fabbricazione, venne poi questa nel 1825 ristretla
ad un solo impresario, ed i prodotti che si ricavano in tal
modo dalla fucina, sottoposti ai soliti sperimenti per rico-
noscerne la bonta, ascendono annualmente a novemila canne.
«I lavori deH’allargare e del portare l’inlerno delle canne al
giusto loro calibro, del pulirle, agguagliarne le pareti esterne
al tornio ed alia ruola, si eseguiscono con macchine idrauli-
che, gli altri si effettuano nei varj laboratorj parte a braccia,
e parte con istromenti ed ingegni opportuni » (1).
(I) N. C.— Nel cortile dell’Arsenale sorge la statua in bronzo di l'ietro
Micca, del quale abbiamo parlato a pag. 43.
MONARCHIA, ESERC1TO
265
I disegni delle fabbriche militari son fatti ordinaria-
mente dagl’Ingegneri del R. Corpo del Genio militare,
a’quali e pure affidata la cura della manutenzione di tutte
le fabbriche militari, per quanto s’appartiene all’arte (1).
(I) « Primodi essi in Piemonte fu quel Francesco Paciotto d’Urbino, ii quale
fece le cittadelle d’Anversa e di Torino. Un Gabriele Busca, un Conte di San
Front, un Carlo Morello, Carlo ed Amedeo Conti di Castellamonte, due Bertola, il
celebre Conte Pinto, l’lngegnere Guibert, ed il Vittozzi, ad alcuni de’quali
si devono i disegni di Piazza S. Carlo, di Piazza Castello, della Venaria Reale,
della R. Accademia Militare, del R. Palazzo, del Palazzo vecchio laterale alia
Metropolitana, della Chiesa del Monte, insomnia de’piugrandi edifizj di Torino,
furono i primi istitutori di quel Corpo, il cui Comandante da principio alia
quality di Capo Ingegnere univa quella di Generale d'Artiglieria. In progresso
di tempo ebbe il Corpo del Genio un’esistenza affatto di per s b; ed ora sotto
il governo d’un Maggior Generale Comandante in Capo si trova diviso in Genio
propriamente detto — in Zappatori del Genio — negli Archivj del Genio. Quattro
Compagnie, delle quali una di Minatori, eostituiscono i Zappatori del Genio,
i cui Tenenti e Sottotenenti sono per lo piu scelti fra i bassi uffiziali piu di-
stinti, e i Capitani, e il Maggior Comandante dagli Uffiziali d’ugual grado nel
Genio. Sono in ciascuna compagnia alquanti operaj di varie arti,pagati alquanto
piu degli altri: ed i soldati son compartiti secondola capacity loro in parec-
cbie scuole teoriche e pratiche dove essi Uffiziali sogliono insegnar loro il leg -
gere e scrivere, il computo, la geometria , e le scuole della zappa e della
mina. Un Maggiore del Corpo dirige gli Archivj , dove stan consegnate le
copie di tutte le fabbriche militari che vengono ideate, e la Biblioteca, nella
quale per mezzo d’un annuo fondoaccordato dal Governo si raccolgono quei
libri che possono essere piu utili agli Uffiziali Ingegneri, che ban diritto di
servirscne. Dovrebbero pure essere uniti agli Archivj tutti i modeili delle
fortezze dello Stato: i quali sia per angustia di sito, sia per procacciare
piu agevole istruzione agli Allievi della R. Accademia Militare, vengono con-
servati in una sala di quello Stabilimento. ll Corpo del Genio sotto un Colon-
nelio, un Luogotenente Colonnello, e quattro Maggiori con numero corrispon-
dente di Capitani e Tenenti, 6 distribuito in tante direzioni quante sono le
Divisioni Militari; e ad esse ordinariamente presiede un Uffiziale superiore,
il quale ha sotto se un certo numero di Uffiziali subalterni applicati alle varie
Sezioni della Direzione. Al Consiglio del Genio, composto di Uffiziali superion
e Generali del Corpo , ma dipendenti immediatamente dal Ministero della
Guerra, appartiene 1’esame rtu iBotantcfl
« L’Ortobotanico, annesso al Regio Castello del Valentino, ha
per fondatore Vittorio Amedeo n. Da principio non conteneva
che poche piante esotiche ed indigene; fra queste le officinali.
Ebbe successivi incrementi; Vittorio Emmanuele ne amplio
oltre il doppio la cerchia. Solto gli auspicj di S. M. Carlo
Alberto, felieemente regnante, nello spazio che erasi aggiunto
si costruirono nuove vasche e canali per 1* inaffiamento,
piantaronsi nel cosi delto boschetto, disposti secondo il rae-
todo naturale, gli alberi earboscelli, i quali possono vege-
tare presso di noi a cielo scoperlo. Nello stesso boschetto, in
sito appartato, si distribuirono metodieamente le specie offici¬
nali ed economiche per comodo di coloro che non potendo
applicare di proposito alia botanica, bramano conoscere quei
vegetabili che piu specialmente servono alia medicina ed alle
arli. Il prof. Balbis lascio una copiosa collezione, la quale con¬
teneva moltissime specie, e particolarmente le americane ch’e-
gli aveva ricevute dal suo dscepolo e poi amicissimo Bertero.
S. 31. ne fece acquisto per arricchirne l’erbario dell’Orto
botanico. Vennero aggiume le piante della Sardegna, rac-
colte dal prof. 3Ioris; e quelle della Capraja , raccolte dal
prof. De-Notaris e dal Lha.
« Il numero delle specie cultivate e di circa undicimila,
« Vogliono essererauimcntate alcune esotiche rare. Latania
chiuensis Iacq. — Phoenix farinifera Roxb. — Thrinax
parviflora Sw. —Elate sylvestris L.— Cocos nucifera L. —
Caryota urens L, mitislour.— Areca oleracea Iacq.— Cycas
circinalis L. — Zamia horrida, lanuginosa, longifolia Iacq.
— Colymbea excelsa Spr, quadrifaria Salisb. — Arlocarpus
universita’ degli studj
287
incisus L. F. — Ficus macrophylla Desf. — Coccoloba pu«
bescens L, macrophylla Desf. — Isopogon anethifolius, tere-
thifolius R. Br. — Driandra IongifoliaR.|Br.— Grevillea acan-
thifolia Sieb.— Brexia madagascarensis Ker,| spinosa Lindl.
— Mangifera indica L. — Ipomoea operculataMart. — Fabiana
imbricata R. P. — Epacris impressa Labill, paludosa R.
Br. — Curtisia faginea Ait. — Gesneria tuberosa Mart. —
Lechenaultia formosa R. Br* — Gustavia augusta L. — Inga
Unguis cati W, guadalupensis Desv.— Hovea Celsii Bonpl. —
— Guilandina Bonduc L. — Combretum purpureum Vahl. —
Francoa appendiculata Cav, — sonchifolia Sp. — Craveva fra-
grans Sims.
« Le specie dell’erbario son quarantamila e piu. Si aggiu-
gne una raccolta di funghi indigeni in numero di trecento e
cinquanta gruppi, con molta naturalezza raffigurati in cera.
« Si l’erbario chel’orto ricevettero teste dalla munificenza
dell’Augusto Regnante novello accrescimento. S. M. yi fece
dono delle piante vive, semi e legni recatidal Brasile da S. A.
il principe Eugenio di Carignano, non che della collezione delle
specie disseccate, semi e frutti per lo studio della carpologia,
raccolti dal dottor Casaretto da Genova nel viaggio che intra-
prese al seguito dell’A. S.
« Sindall’anno 1752 si e intrapreso di far dipiugere i vege-
tabili che fiorivano all’orto. Di qui risulto un’iconografia bo-
tanica. Essaconta gia cinquemila tavole in-folio, ed e tuttora
eontinuata. Conservasi nella Biblioteca della R. Universita.
©nbtnJtto bt iFisica
« IIP. Roma dell’Ordine de’Minimi incomincio il Gabinetto
di fisica (1721). Il P. Garo dello stesso Ordine , successore
a lui, coslrusse egli stesso piu macchine. Carlo Emmanuele hi
fece grazioso dono delle macchine che 1’ abate Nollet aveva
seco porlate da Parigi quando fu chiamato a dar lezioni di
fisica al Duca di Savoja, che fu poi Vittorio Amedeo in. Il P.
Beccaria fece copiose aggiunte, specialmente nella parte che
9.88
CAPJTOLO DECIMOQUARTO
riguarda all’ elettricita. Vassalli-Eandi invento e perfeziono
alcuni strumenti elettrici, specialniente l’elettrometro. Carlo
Felice mando il prof. Colto inFrancia ed in Inghilterra a fare
acquisto di quelle macchine piu recenti diche mancasseil Ga-
binetto; moltissimene vennero aggiunte, particolarmente nella
parte che spetta all’ottica. Ewiattiguo ilTeatro chegia serviva
alle dimostrazioni anatomiche. Ivi il Professore mette innanzi,
eon esperimenti, quanto va insegnando nelle lezioni della
scuola. Le pubbliche sperienze si fanno nel giorno feriato di
ciascuna settimana.
(Dssmmtorio 3lstronomtfO
« Verso il principio dell’anno 1820 la liberalita del Re
Vittorio Emmanuele aveva procurato i fondi necessarj all’ac-
quisto di un circolo meridiano, e di altri preziosi istromenti.
Ma il Regio astronomo cavaliere e commendatore Plana con-
sideraya che 1’Osservatorio, situato nel palazzo della Reale Ac-
cademia delle Scienze, non era guari atto a ricevere di tali
strumenti; che la costruttura del medesimo non era solida
baslevolmente; che mancava di tetti giranti facili ad essere
mossi, e che difettava di fenditure meridiane acconcie ad os-
servare gli astri senza limilazione nel verso del meridiano.
« Queste considerazioni mossero il Re a comandare, che
un nuovo Osservatorio sorgesse sovra una delle quattro torri
saldissime, che fiancheggiano il paiazzo del Caslello Reale, che
isolato s’innalza in mezzo alia piazza detta del Castello, e ad
un tale uopo si e prescelta la torre o angolo dell’edifizio volto
a tramontana.
« I lavori che occorrevano per recare ad effetto i comandi
Sovrani furono diretti dal sullodato Regio astronomo, ed erano
condotti'a termine verso la meta dell’anno 1822.
« Allora fu che esso Regio astronomo dette opera a collo-
care il circolo meridiano fra due colonne di marmo erette nel
mezzo della sala, ed a determinare con precisione il luogo in
UNIVERSITa’ DEGL1 STUDJ
9-89
cui intendcva che s’innalzasse una mira meridiana verso il
sud. Egli era conveniente che questa mira fosse allogala alia
maggior lontananza possibile; malacollina, a’piedi della quale
e la citta di Torino, circoscrive l’orizzonte nel verso del me-
ridiano, e rislringe la lontananza a cui sarebbe potuto allo-
garsi una miravisibile col canoccbiale del circolo meridiano. Fu
mestieri piegarsi allc circostanze, tanlo piu cbe alia fin dei
eonli una lontananza di circa 4,500 melri pan e sufficiente.
a Questa mira e collocata sopra un vecchio muro, die serve
di cinta ad un giardino nella terra di Cavorello, ed e una
eolonna di mattoni con sovra un parallelipipede di marrno,
in cui si aperse un foro circolare di 19 cenliinctri di diametro.
Questa apertura si protende nel cielo per forma, cbe il di
lei centro, facile a valutarsi, constituiscc un punlo di mira
distintissimo; e per una lunga serie d’osscrvazioni si e fatlo
manifesto che puo tenersi in conto di sensibilmente nulla la dc-
\iazione di questa mira dal piano del meridiano.
« Dalla parte del nord lc alte montagne delle Alpi nascon-
dono 2° 1|4 circa. Verso il sud V interposizione delle Alpi
maritlime produce eziandio una circoscrizione; la Stella o:
Phoenix e, minuto piu, minuto mono, la piu auslralc che
jiossa osservarsi nel medesimo.
« Ma degli oggetli tutti che circondano l’orizzonle dell’Os-
servatorio, il piu notabile e la cupola di Superga. L’azimulo
di questa cupola contain dal sud verso 1’ovest e di 260° oo’
0 ” 0 .
« Verso ponente v’ha un segnale innalzato sulla vetta della
montagna di Rocciamelone, di cui l’azimuto e di 107° 18
16 ” 0 .
« Se il volarer de’secoli Iraesse seco mutazioni considere-
voli nella citta di Torino, queste notizie varranno a delcr-
minare il silo preciso occupato di presente dal circolo meri¬
diano.
« Bella e la sala del Regio Osservatorio, ed in un fregio che
gira attorno alia medesima sono in mcdaglioni raffigurati
13
290
CAPITOLO PECIMOQUARTO
Lagrange, Galileo Galilei, Ticho-Brahe, Newton, Kepiero
e Domenico Cassini.
« Sur una lapide di marmo leggesi la seguenle iscrizionc,
della quale e autore il Boucheron:
YICTORIYS . EMM AN V EL . REX
SPECYLAM . HANG
ASTRIS . RITE . OBSERVANDIS
ANTIQVAE . TVRRIS . FASTIGIO
SYIS . IN . AEDIBVS . EXTRYI . IYSSIT
OMNIQ . INSTRVMENTO . LOCYPLETAYIT
MYNIFICE . AN . MDCCCXX
« Diremo ora de’ prineipali istromenti, che sono ricco cor-
redo del Begio Osservatorio. Abbiamo gia fallo speciale men-
zione del circolo meridiano, ed in proposito di queslo instru-
mento soggiungeremo die e stato lavorato a Monaco di Ba-
vicra dal celebrc Reischenbach. Questo circolo che pub volgersi
a piacimenlo verso l’oriente, o verso l’oceidenle, e affatto
simile a quello che il Bessel ha con molla accuratezza de-
scritto nella sesta sezione della collezione delle sue osserva-
zioni. Il circolo in discorso ha 5 piedi di diametro, con di-
\isione sessagesimale in argento, e quattro nonii che danno
i minuli secondi da due in due. L’apertura del canocchiale
e di 12 centimetri, ed ha di fuoco un metro e seicento mil-
limetri.
« Dopo il circolo meridiano merita di essere osservato un
pendulo, che da il tempo siderale, il quale pendulo e stato
lavorato in Parigi nel 1809 dal Marlin allievo del Berthoud.
« Nella sala della specula sono poi altresi due canocchiali
del Dollond, inontati parallalicamente, uno dcll’apertura di 65
millimelri e di un metro di luoco; c l’altro dcll’apertura di un
decimetro, e di un metro e 50 centimetri di lunghezza locale.
« V’c un terzo canocchiale, lavoro del celebre Fraunhofer
«li Monaco in Bavicra, cd e montalo sopra un treppiede di
UNIVERSITA’ DEGLl STUDJ
291
ottone. L’apertura di questo canocehiale e di 7a millimetri,
c la distanza focale c di un metro.
« Accenneremo inoltrc un sestante a riflessione di due de-
cimetri di diametro, con divisione suH’argento, ed un nonio
chc da i minuti secondi da cinque in cinque, opera eseo-uita
in Londra dal Tronghton.
« E questi sono i principal)' fra gPistromenti die sono nclfa
sala. Da quesla salendo al tetto girante all’est, si trova un
circolo ripetitore in altczza del diametro di 50 centimetri ,
con divisione in argenlo, c con quatlro nonii die danno i mi-
nuti secondi da quattro in quattro. Questo circolo e lavoro
del sovra lodalo Heischenback.
« Dal tetto girante all’est passando al tetlo girante all’ovest,
vedesi nel medesimo collocate un equaloriale chehaun circolo
di declinazione di 62 centimetri di diametro, con divisione
neH’argenlo, e due nonii clie danno i minuti secondi da cinque
in cinque. II circolo orario ha 45 centimetri di diametro, con
divisione in argento die da i minuti primi da uno in uno.
« L’amministrazione di questo come deiranlicoOsservatorio,
di presente destinalo soltanlo alle osservazioni meteorologichc,
spetla alia Regia Accademia delle scicnze, e finiremo con di-
chiararc, die pressoche tutte le nolizie date in qucst’articolo
sono cavate dal lihro del cavaliere e commendatore Plana,
intitolato: Observations astronomiques failcs en 1822, 25. 24 et
25, a l’Observaloire Royal de Turin. Jnlrod. (1).
<£irtfUia 25nutlioj
« L’Edifizio Idraulico fu decretato da Carlo Emmanuelc m
(1765) ; 1’ csecuzione ne fu affidata al prof. Michelolti, il quale
ne dicde la descrizione n ell’opera inlitolata Sperimenti idraulici.
Dicesi la Parella, perche e presso ad un podere die ha la I
nomc, fuori dell’anlica porta Susina a deslra dello slradone
(I) Arlicolo giti [mbhlicalo da Lodovico Costa,
CAPITOLO DECIMOQUARTO
che accenna a Rivoli, alia distanza di un rniglio e mezzo dalla
citta. Evvi un’ampia torre con tre piani: si cmpie a piaci-
menlo coll’acqua, che per un canale e condotla dalla parte su-
periore a cadervi. Due grandi vaschc raccolgono l’acqua dalle
luei applicate a’varj piani, ed a misurarla all’uopo. Sonvi
inoltre parecchi canali con diverse pendenze e con varie di-
rezioni. Non luno-i vi ha una casa che serve d’abitazione al
cuslode, e a riporre gli apparati e slruinenti idrometrici. In
znaggio ed in giugno vi si fanno pubblici sperimenli.
iititsfo M Soolinjtct
« II Museo di Storia Naturale venne fondato con gli auspiej
di Carlo Enimanuele hi. Ne’suoi primordj non conteneva che
le raccolte falte in Oriente da Donali. Poi vennero aggiunti
alcuni Musei di privati, fra i quali meritano parlicolare men-
zionc il conte di Bellino, il conte Carburi, il commendatore
Graneri, il balio di S. Germano. Ma per assai lungo tempo
nmase stazionario. Allora prese grandi c rapidi incrementi
quando fu diretto da’prof. Borson e Bonelli. Il secondo cbbe
la parte zoologica. In qnindici anui, dal 1811 al 1826, si
porlo a paro delle piii ricche collezioni d’ Italia. In due grandi
sale, in una lunghissima galleria, in allre sale minori veggonsi
ora distribuite le varie classi degli animali. I vertebrati, i
luolluschi cefalopodi, i zoofiti occupanograndiappropriati scaf-
fali. Le conchiglie, vivenli e fossili, sono in cleganti bacheche.
I crostacei, gl’insetti ccc. riempiono un grandissimo numero
di quadri, allri appesi, allri dritti sulle bacheche. Tale e la
poslura che riesce comodissima all’osservatore.
a Fra i mammiferi, distinguonsi o per rarilaoper bellezza
«li esemplari il Siamang (Pitechus syndactjlus); il Wouwou
Hylobates agilis); l’Ouanderou o Macacus Silenus ; il ^ am-
ju'ro (Vampirus sanguisuga); la Rossetta (Pteropus edulis); il
Galeopiteco (Galeopitechus variegatus); la Mygale Pyrenaica;
FOrso mariliimo; il Dasiuro di Mauge; il Tylacinus Harrisii;
F Acrobata pvgmaea; il Kangouro (Macropus labiatus); il Worn-
UNIVERSITA’ DEGLt STUDJ
*293
bat (Phascolomys Wombat); l’flydrochaerus capibara; POry-
cterus maritimus; l’Acheus Ai dal collarc nero; l’Orycteroptas
capensis; il Tamanoir (Myrmecophaga jubata); i! Pangolin©-
(Manis macroura ) ; il Fatagino (Manis africana) ; i’Echidna ;
l’Ornitorinco; il Tapiro Americano: l’lppopolamo; la Giraffe;
la Zebra; un Ibrido di Zebra con Asino; il Quagga; il Bisonle
col suo scbeletro; il Mosco di Giava ; il Tragelafo, lo Stam*-
becco, ecc.
« La classe dcgli uccelli vince per numero di specie ogniallra-
de’vertebrali. Vi si veggono: il Carrama; il Condor; il Sarco-
rampbus papa; una bella serie d’individui dell’Aquila sarda;
il nuovo Falcone di Eleonora; il Buceros galealus ; 1’ Ara?-
punga carunculata; la Phytotoma rara; il Zampilops anhelus*
Licht. (Agrilorbinus sillaceus, Bonap.); il Lira; il Promerops
superbus; il Philcdon cincinnatus; la Colomba coronata; iiTra<-
gopan (Phasianus satyrus, Temm.); l’Argo; ilNandu; l’Emeu;
1’Emou; il Iabira del Senegal (Mycleria Senegalensis, Lalii); il
Marabou; il Cancroma; il Cigno nero; l’Alca impennis; TApte-
nodites Palagonica, ecc.
« Gli uccelli indigeni trovansi quasi tulti rapprescnlati da
numerose c scelte coppie di mascbi e feminine, d’ognieta e
slagione.
« Men ricca e la classe de’retlili, perche si hanno difficlt
mente dal commercio. ISon mancano lultavia bellissime testug-
gini: la Cbelonia imbricata; la Matamata (Cbelys limbriatus};
la Trionix ferox; un Coccodrillo lungo metri 5, 2[5; pareceM
Caimani; un grossissimo Souroucou (Lacbesis rhombeala); i
due Crotali; la Ceraste; la Sirena intermedia, ecc. Fannopot
bellissima mostra di se 1c specie della Sardegna raccolle did
prof. Gene e da lui illustrate ne’volumi della Regia Aceade-
mia delle scienzc.
« La classe de’pesci contiene magnifici esemplari dipiu spe*-
cie rare: la Cephaloptera Giornac ; il Trachypterus crislatus.,*
il Lopbotes Cepedianus; il Bogmarus Islandicus; 1’Alepoce*-
phalus rostratus; l’Astrodemus elcgans, ecc.
CAPITOLO DECIMOQUARTO
^94
« Le collezioni degl’ inverlebrati c specialmente de’testacei
sono eopiosissime.
« La raccolta conchiologica si compone delie specie viventi,
e delle specie che trovansi fossili ne’terreni terziarj dell’Italia
e principalmente del Piemonte. Tra le viventi c notevole una
valva di Avieula margarilifera, dalla quale spiccasi una perla
maravigliosa si pel volume e si per la forma: dono di S. M.
il He Carlo Alberto.
« Fra le fossili trovansi tulle quelle del Brocclii, oltre a pa-
recchie , proprie dell’Astigiano e della collina di Torino, non
eonosciulc da quel Naluralista. La raccolta enlomologica pre¬
sen ta la famiglia de’Brachelitri, e quella degli Icheumonidi,
ordinate e nominate dal prof. Gravcnborst di Breslavia. II
dolt. Ericlison di Berlino olferse recenlemente in dono una
numerosa serie di Brachelitri. II prof. Gene raccolse gl’insetti
della Sardegna: ascendono a piu di scimila specie.
« II Museo zoologico possiede una Bella serie di scheletri,
tra i quali dislinguonsi quelli degli animali seguenti: Bisonte,
Giraffa, Tapiro Americano, Capibara, Ai', Kangouro, Slruzzo,
Casoar: di altre specie, comediBalena Mysticetuse di Physeler
orthodon, sonvi tescbi ed ossa.
« Da ultimo e da ricordare lo schelclro fossilc d’ un cetacco
intermedio a’ Dugonghi e a’ Lamanlini, illustralo dal D. Bruno
nssistenle alia cattcdra di Zoolo 2 ,ia. \ . vol. i, serie ix de’volumi
della Regia Accademia delle Scienze. II signor Cnffer, chiamato
da S. M. a far raccoltc zoologiche nel viaggio di S. A. il Principe
di Carignano in America, soddisfecc all’onorifico suo mandalo.
S. A. fcce acquisto di moltissimi c bellissimi oggelli, i quali
oiTerse a S. M. e S. M. ne fecc dono al Museo (i).
(I) il baronc Peiroleri possiede una ricca ed importante raccolta entomo-
togica, che contienc circa 0,000 specie di Coleopteri, e 1,500 specie di Lepi-
dopteri europei, fra’ (juali si raccliiudnno le specie pin rare del paese. Questa
accolta e il frutto di molli anni di futica e di viaggi del dotlo suo possessore.
universita’ degli studj
29S
illuscci tu illineralog'tit
« II prof. Borson incomincio il Musco di Mineralogia e colic
sue indefesse cure pole recarlo al punto di non aver che invi-
diare a’piu reputati d’ Europa. La parte geologica venne fon-
dala dal prof. Sismonda, il quale sla altendendo a formareuna
raccolla de’varii lerreni degli Stati di terraferma di S. M.
« Per potcr far confront! delle rocce di varie contrade il prof.
Sismonda si adopero nc’suoi viaggi all’eslero di procacciarsene
onde fame una collezione. N’ebbe dall’Inghilterra e dal prof.
Goldfuss: preziosi donativi furono falti al Musco: l’Amminislra-
zionedel Giardino delle piante in Parigi dono le rocce principal!
del terreno cretaceo sino all’alluvionale comprensivamente dei
dinlorni di quclla capitale. Monsignor De Medici Spada Romano
arriechi in piu volte il Museo de’minerali piu considerevoli
del Lazio. Maravigna mando dalla Sicilia le produzioni piu
ragguardevoli di que’monti vulcanici. L’ Instituto imperiale
di Pietroburgo trasmise molti minerali de’monti Orali, lutli
rari, ne facili a rinvenirsi nel coinmercio.
« Merita di essere osservata la collezione geologica della
Sardegna, opera e dono del cavaliere Alberto della Mar¬
mora, Generalc nelle Regie armate, e membro della Regia
Accademia delle Scienze. S. M., nel reccnte viaggio in Ame¬
rica intrapreso da S. A. il Principe di Carignano, voile che
Scienziati fossero al suo seguilo onde raccogliessero le produ¬
zioni del Nuovo Mondo. 11 sig. Casarello ebbe il mandato per
le cose spettanli a mineralogia. Soddisfece alia sua missione,
e S. M. si degno di fame grazioso dono al Museo.
« La collezione mincralogica occupa due grandi sale: gliog-
getti, secondo la varia mole, o sono riposti in iscaffali, ovvero
in lavole o cassetline orizzonlali con custodie di vetro. La
classificazionc e tuttora quclla del Brongniart. I progressi della
scienza addomandano una classificazionc piu filosofica; e gia si
attenderebbe a questa bisogna se non si fosse pensato ad un
296
CAHTOLO DECIMOQUARTO
eambiamenlo degli scaffali, onde avere un maggiore spazio per
la esposizione di moltissimi oggetti die serbansi chiusi in
casse (1).
iitusfo hi Thuicljita’
« Da oltreun mezzo secolo esiste il Museo di antichila egizie,
creche, etrusche e romane. Fra le varie elassi in cui sono divisi
i monumenti, quella delle monete occupa il primo luogo.
Havvene molte assai rare in tutti i metalli: la somma totalc e
in circa di quindicimila. Meritano speciale considerazione, dei
> 001 ! di Eoitto trcnlasei: una di Atene in oro: molte dei re di
Siria in argento: pareccbie degli Arsacidi e Sassanidi in ar-
cento: alcunc Daricbc di Persia in oro ed aro-enlo: dei Lamdi
-alcune in oro, molte in argento, dugento circa in rame: delle
Alessandrine sotlo gl’ imperatori romani, in argento, in rame,
in metallo misto, da Augusto a Claro.
« Piccola e la raccolta di statue, busli e teste in marmo: \ i
si veggono: un Cupido dormente adagiato su d’una pelle di
leone: una testa di Antinoo ingbirlandata di pampini a foggia
di Baccante. Una testa di Ciclope.
« Segue il Musaico che fu trovato a Stampace nell’isola di
Sardegna l’anno 1766. E diviso in piu pezzi, i quali da prima
erano uniti insieme, e raffigurava Orfeo con berretto frigio in
tesla neiratto di sonar la lira circondato da varj animali.
« Nella serie delle statuette in bronzo, etrusebe, greche, ro¬
mane, sarde, primeggia una Pallade, scoperta nel 1828 nell’al-
vco del torrente Versa in quel di Stradella, e da quel Corpo
civico donata al Museo. Di squisito lavoro e pure un Fauno
mutilo trovato nel passato secolo nel sito dell’anticacitta d’ln-
dustria: donde similmente provengono una patera d’argento,
(I) ll sig. Luigi Bellardi ha una copiosa raccolta di Zoofiti, Echinidi, Cir¬
ri pedi, Annelidi e Testacei fossili di varie parti d’Europa, il numcro de’qnali
ascende a circa 2,500 specie, oltre ad altra raccolta di 020 specie di testacei
or viventi, terrestri e duviatili. .
universita’ degli studj
297
un tripode di bronzo, una tavola dello slesso metallo, con
iscrizione: due frammenti d’un’ allra tavola pur di bronzo con
iscrizione romana. Evvi un’altra patera antichissima su cui ve-
desi effigiala in rilievo una battaglia di Ercole e Teseo colie
Araazzoni. Essa fu trovata da un pescatore nell’alveo del Po.
Ve ne sono altre state discoperte in Savoja. Sonvcne molte di
bronzo: alcune inargentate. I vasi delFuno c dell’altro me-
tallo sornmano a meglio di sessanla.
« Fra gli altri oggelti di rame evvi un diploma dell’impera-
tore Adriano: una testa di Medusa con anse e dentro vuota,
forse ad uso di profumiere: un fulmine dorato: un’aquila tro-
vala nella cilta di Anzio: scssanta c piu animaletti di varie
specie; slrumenti, utensili, ornainenti, oltre a trecento cin-
quanta. La famosa Tavola Isiaca fu trasportata nel Museo
Egizio.
« Dei vasi fillili, gli assai appartengono agli Elruscbi. Mol-
lissimi l’urono trovati nel sito dell’anlica citta di Pollenzo cd in
altri luoghi del Piemonte. A’ inonumenti anticbi si aggiunsero
piu oggetti di arte moderna: fra i quali attraggono particolar-
menle lo sguardo due be’ gruppi in avorio, rappresentanti il
giudizio di Salomone e il sagrifizio di Abramo. Sono lavori
del passato secolo.
iltusfo <£31210
« La munificenza del re Carlo Felice nel 1825 fece acquisto
di moltissimi monumenti egizii dal cavaliere Drovetli pie-
montese, in allora Console della Francia presso il vicere
dell’Egitto. Ne nacque cosi un Museo che fu intitolato Egizio.
Veggonsi le statue degli antichi Faraoni: molte colossali, lutte
d’un pezzo, in granilo non maccbiato, in granito roece, in
basalto verde e nero; in pietra calcare, in arenaria. Tre statue
rappresentano Ramesse — Sesostri. Un’altra rappresenta un
re, che, secondo Champollion giuniore il qual venue di Parigi
a studiare il nostro Museo Egizio, sarebbe Osimandia. Yi ha
*13
298
CAPITOLO DECIMOQUARTO
mollissime statue relative a Dei, Dee, animali saeri, emblemi
mitici. Altre rapp resen tanti persone private d’ogni eta, sesso
e condizione. Varia ne e la grandezza dal colosso all’idoletto.
Poco mono di dugcnto sono i quadri inlagliati o dipinti, in
cui si veggono piu persone in atto di offer-ire cibi, bevande,
iiori, fruiti, a uomo o donna. Dal che si deduce che erano de-
slinati a serbarc. la memoria d'illustri o eari irapassati. Venti
di quesli quadri sono dipinti in legno, c la vivezza de’colori
e come di lavoro recente.
« 1! piii prezioso c per mela: 1‘allra mcla e nel 3Iuseo Vati-
cano. Rappresenta Sesonchi capo della dinastia xxii, che re¬
gno nel decimo secolo prima di C. Questo Museo ha inoltrc
una ricca serie di oggetti che servivano al culto: due altari
di granito ncro: lavole di oblazione, di libazione, in granito,
in pietra calcarc ed arenaria; vasi saeri di ogni genere e di
varia materia: profumicri di pietra o di terra cotta: pani,
uva, grano, frutta sepolcrali. Lo scarabeo era un simbolo
veneratissimo presso gli Egizii. Havvene oltre duemila. Due
sono le classi: de’ funerarii, d’ incerto uso, forse a moneta. I
funerarii trovansi sul petto delle mummie. Analoghi agliscara-
l»ei sono gliamuleti, dc’quali se ne trovano parecchie centinaja.
Havvi molte cassette in legno di varia forma, trovale ne’sepolcri,
contenenti idoletti,con iscrizioni, tiloli, nomi, leggende gero-
glifrche. Fra i sarcofagi di legno sono degni di speciale atten-
zione uno duplice d’ un jcrogrammala che Osse sotto i primi
re della dinastia xvm: e uno che apparlienc all’epoca romana
nell’imperiato di Adriano. Oltre a’sarcofagi di mummie umane
sonvi mollissime casse contenenti cadaveri di diversi animali,
come gatti, ihi, sparvieri, pesci, reltili. Molte mummie di
shacal, gatti, due di cinocefali, tre di coccodrilli, due di to-
relli con in fronte il segno diacrilico dell’Api. Veggonsi fuori
delle casse. Tanto i cadaveri, quanto i loro inviluppi di tela,
di cotone, di legno, sono ben conservati.
« Moltissimi sono i rololi o volumi di papiro: dugento e
meglio interi: e un maggior numero di frammenti. Sono di tre
UNIVERSITA’ DEGL1 STUDJ
299
epoche: qilando 1’Egitto ubbidiva alia Persia; sotto i Tolomei;
solto Roma. Sonvialtri scrilti su tela, su pergamena, su legno,
su pietra calcare, su terra cotta. Quanto alle scritture, divi-
donsi in geroglifici, geratici, dcmotici: quanto alia lingua, in
egizii, greci, copli: quanto all’ uso, in riluali funebri, pura-
menlereligiosi, slorici, civili. Principalissimi sono i frammenti
d'una tavola cronologica contenente un lungbissimo regislro
di re antichi coll’indicazione della durata del loro regno. Fi-
nalmente veggonsi varj oggetli d’uso puramente civile: tele di
lino, di colone, panni, calzari di cuojo, di marrocchino ed
intrecciati di foglie. di palma: vasi di rame, di alabastro, di
terra cotta, strumenti ed utensili di varie arli.
« 11 Museo Egizio fu argomento di dotte indagini del prelo-
dato Champollion, troppo presto rapito alle scicnze, c del
nostro prof. cav. Peyron. Esso venne associato al Museo di
antiehita, eppercio si intitola Museo d’Antichila ed Egizio.
(Oratorio
« Nelle domeniehe ed altre feste vi sono le congregazioni
neirOratorio. Vi ba quadri, di cui tre sono copiati da’musaici
della Basilica di S. Pietro in Vaticano. Sebbene sia assai spa-
zioso, non e tuttavia sufficiente a capire tutta la scolaresca.
Quindi due sono le congregazioni: una per la facolta legale,
l’altra per le altre, tranne la teologica, perocclie i chierici sono
addetti alle rispettive parrocchieo ad altre chiese. Gli studenti
di fdosofia hanno le loro congregazioni nel palazzo dell’Acca-
demia Albertina.
« AH’Oratorio sopravvegliano dueDirettori e due Cappellani.
I primi spiegano dal pulpito la parola di Dio.
«Intervengono pure ilRettore, alcuni Professori per turno,
e i Prefetti.
JJrcfetti
« Quallro Sacerdoticol titolo di Prefetti sopravvegliano alia
eondotta morale degli Studenti. Assegnano la pensione, fanno
300
CAPITOLO DECIMOQUARTO
visite nelle case, assistono alle congregazioni. II loro assenlr-
mento e neccssario per poter presentarsi agli esami.
JJfnstoitt
« Gli alunni, che noil sono di Torino, debbono presentarsi ad
un Prefetto, il quale loro assegna la casa dove ciascun di loro
debbe andar in pensione. Ne pud mutarla senza il consenso del
medesimo.
« I pcnsionanti sono approvati dal Magistrato della Riforma.
Scuole uitioersttartc scconttarie
« S. M. Carlo Alberto decretd scuole universitarie seconda-
rie, dove si fanno i due primi anni di corso o legale, o me-
dico-chirurgico.
«In Ciamberi vi ha quallro cattedre di Icggi, e quattro di
medicina e chirurgia.
«In Asti cinque cattedre di leggi.
«In Mondovi tre cattedre di medicina e cbirurgia.
«In Nizza al mare due cattedre di leggi: quattro di medicina
e chirurgia.
«In Novara tre cattedre di leggi.
«In Saluzzo due cattedre di leggi.
«In Vercelli tre cattedre di medicina.
Scufflu uctmttam *
« Vittorio Amedeo hi mando alunni a Parigi ad udire lelc-
zioni del celebre veterinario Bourgelat: fra quelli eravi Bru-
gnone. Fondo poscia una scuola veterinaria in Chivasso, e
* Quantunque si questa che Ie Jue susseguenti instiluzioni siano fuori della
University ed affatto indipendenli da essa, tuttavia abhiam giudicato che quest®
fra il luogo piu acconcio per classificarlc e descriverle.
UN1VERSITA’ DEGL1 STUDJ
301
Brugnone ne fu Bireltore. Essa durante la guerra fu chiusa.
Nel 1802, venne rislabilita nel Regio Castello del Valentino.
Vittorio Emmanuele nel 4818 di molto 1’accrebbe, e la tras-
porto alia Venaria Reale. Da alcuni anni e in Fossano. Prima
faceva parte deH’Universita. Ora e dependente dal Ministero
di Guerra. Tre sono i Professori: uno insegna l’anatomia com-
parata e i precetli generali di medicina legale; un altro gli
elemenli di botanica e di chimica, la materia medica; il terzo
la lisiologia, la patologia, l’igiene, le operazioni e la leoria della
ferratura.
« Uno spedale somministra agli Alunni i mezzi d’acquistare
la pralica.
« II corso e di quattro anni.
(Srtbittfttu mincrulogtco Ml’3Utfn&a jgcitmdf itll’ 3nterno
« Nell’edifizio, cbe gia fu monastero delle Monache Carme-
litane, situato sulla piazza di S. Carlo, venne formata, son
pochi anni, per cura dell’Azienda generale dell’Interno una
raccolta mineralogica degli Stati di S. M.,Ia quale si va lut-
lodi aumentando per le ricerche geognostiche e mineralogiche
deglTngegneri delle miniere, e de’naturalisli.
« Cinque sono le sale: i minerali sono divisi per provincie,
e queste suddivise ne’loro rispettivi comuni. Siffatla distri—
buzione, se non e scientifica, e pero diretta al suo scopo, cbe
e di far conoscere le sostanze a coloro cbe piu ne abbisognano.
Tre sono le categorie in ciascuna divisione. Nella prima con-
lengonsi i metalli, le terre, i combuslibili fossili, le rocce
piu importanti alia mineralogia; nella seconda i marmi, i por-
fidi, i graniti, le brecce e simili; nella lerzale rocce di costru-
zione, come gneiss, graniti, schisti, arenarie, rocce calcaree:
su ciascun oggetto evvi un numero ed il nome della provincia
e del cornu ne. Questo numero e questo nome corrispondono
ad un cartellino appiccato al saggio od oggetto dove se ne da
una breve storia e descrizione.
502
CAPITOLO DECIMOQUARTO
« A quesla raccolla generale sono annesse alcune speciali,
mineralogiche — geognostiche. Mineralogiche. 1° Miniere di
cobalto di Usseglio (Torino): di ferro ossidulato di Travcr-
sella (Ivrea): di rame solfurato di Ossemond (Aosta): di piombo
solfurato argentifcro di Vinadio (Cuneo): di Pcsey e Mocil
(Tarantasia), ecc. ecc. 2° Crislalli di felspato de’graniti di Ba-
veno. 5° Crislalli di ferro solfurato, di ferro spaiieo, di ferro
ossidulato, di calce carbonata, di quarzo. Quesli cristalli
trovansi associali al ferro ossidulato di Traversella di cui si
e falto parola. 4° Saggi geologici del Monte Bianco, del Monte
Pesey.
« Trovasi inoltreun modello in grande dell’opificio in cui si
acciacca e si lava il niinerale di galena di una delle B. mi¬
niere della Savoja, ed un altro del monte in clic giace la
miniera di Pesey cogli opificj adjacenli.
« Merita attenzione una raccolta qui csistente di lutti i legni
degli alberi e de’principali arbusli die crescono negli Stati di
terraferma di S. M. Ciascun campione ha forma di libro: una
delle facce e lcvistala e verniciata: l’altra soltanto lisciata colla
pialla. II dosso e d’ un pezzo di corteccia dello slesso albero:
un cartellino da il nome italiano e latino.
« In una delle camere superiori trovasi una raccolta quasi
compita delle conchiglie fossili de’terreui terziarj, mediani e
superiori della collina di Torino, deirAsligiano, del Tortonese,
ecc., dislribuita secondo i piu recenli sislemi.
a La descritta collezionc fu illustrala da Vincenzo Barelli,
membro del Consiglio delle Miniere, capo di divisionc presso
1‘Azienda generale dell Intcrno, Direllore del Gabinelto mine-
ralogico.
iDarctno
« Vittorio Emmanuele, di felice ricordanza, fondol'Instituto
vaccinico (1819). Evvi nella capilale una Giunta superiore,
presicduta dal primo Segretario di Stato per 1’Interno. In ogni
uniyeksita’ degli studj
303
cilia, borgo, capo-luogo di provincia vi ha una Giunta. Presso
ia Giunta superiore cvvi un dircltore generale: presso la
Giunta provinciale di Torino, Ciamberi, Genova e Nizza a!
mare, un Conservatore eel un Viee-Conservalore. Presso Ie
Giunte delle allre provincic, un Commessario.
« II Direttore generale c relatore presso la Giunta superiore.
II Conservatore di Torino, Segretario della Direzione gene¬
rale einsieme della Giunta per la Provincia di Torino. Gli altri
Conservatori e i Commessarj sono Segrelarj delle loro Giunte
rispettive.
« Lc Giunte provincial! corrispondono colla Direzione ge¬
nerale e eon i Sindaci de’ comuni della propria provincia.
« I Conservatori e i Commessarj sono obbligati a vaccinare
gratuitamente ne’rispettivi ufficj. Quando mancano del vac-
cino vivo, ne inoltrano domanda al Direttore generale; rac-
colgono poi vaccino in tubi, e ne fanno spedizione a’Sindaci,
sulla domanda cbe ad essi fanno i Medici e Chirurghi.
« I Medici c Chirurghi chc godono di stipend)’ comunali
sono obbligati a vaccinar gratuitamente gl’indigenli.
« Gli aspiranti alle scuole, ed agl’instituti di pubblica be-
neficenza debbono riporlare un certificato di vaccina o di va-
juolo (I) ».
(I) Prof cac. Lorenzo Martini.
CAP1T0L0 XV
ACCABEMIE, GALLERIE,
SCUOLE ED AJUTI PER LE BELLE ARTI,
GIUNTE SCIENTLEICHE
A del i SI ottobre 18SS la R. Accademia delle Science
eelebro la ricorrenza del cinquantesimo anno della sua
fondazione. Onorata era radunanza dalla presenza del
Re, accompagnato da’Principi Reali. II conte Prospero
Ralbo clie la presiedeva, lesse un discorso in cui erano
queste parole:— «Nonalle sole dottrine professate nella
Universita, ma ben anzi del pari, o piu forse, agli
studj degli artiglieri e dovula la prima instituzione di
quest’Accademia. Un giovane uffiziale, il cavaliere poi
conte di Saluzzo; un altro giovane, gia conmaraviglioso
esempio professore in quelle scuole, il Lagrangia; un
ACCADEMIE E GALLERIE
30 p i
giovane dottor di medicina , il Cigna, furono ardita-
mente i primi fondatori. Bentosto vi si aggiunse un
altro medico, l’Allioni; ed nn altro artigliere, il Fon-
cenex; piii tardi il Morozzo, anch’egli allievo delle scuole
gia dette. A’ lor lavori, alle loro scoperte si fece su-
bito plauso da Lutta Europa. I piii famosi matemalici
e lisici vollero farsi compagni a que’nostri, anzi pren-
derli a giudici de’lor trovati. Su quel principio gli ajuti
necessarj venivano solo dal Saluzzo. Poi si aggiunse la
protezione del Duca di Savoja, e v’ ebbe parte il mar-
chese Wicardel di Fleury, slato maestro di quel prin-
cipe, dotlissimo personaggio, di casato savojardo, ma
cresciutoin Inghilterra, ed in qualche parte addottrinato
da Newton e da Locke, il primo de’quali gli fece onor
grande, citando espressamente la teslimonianza di lui
nella famosa controversia con Leibnitz. Pel favore del
Duca di Savoja fu dato il titolo di Beale alia Societa
privata. Finalmente nel 1785 fu decretata la pubbliea
fondazionedeH’Accademia. Fra i nuovi accademici erano
di professione militari, oltre i gia mentovati, due vec-
clii venerandi, il Dantoni ed il llobilante, e due gio-
vani di grande ingegno, il Debutet ed il Napione. De’ vi-
venti notissimi, sono tre nella classe di scienze fisielie,
quattro in quella delle filosoticlie e tilologiche.
« Questi brevi cenni della nostra Storia non mi son
paruti lontani dal mio proposito nella celebrita di questa
radunanza dopo compiuto il mezzo sccolo dalla Reale
fondazione. Degli accademici nominati a quel tempo,
nazionali o stranieri, die fra tutti erano in numero di
sessanta, io resto solo e logoro dagli anni, ma rinvi-
gorito quest’oggi per la letizia di tanta ventura quanta
e quella di esser ancor testimonio di si bel giorno, e
306
CAPITOLO DECIMOQUINTO
qui trovarmi c di qua parlare davanti al nostro Re ».
Poclii anni dopo (1836) egli mancava a’vivi, lasciando
una memoria venerata e compianta, e lo precedevano o
seguitavano nella toraba il gran chimico Giobert, l’il-
lustre matemalico Bidone, l’immaginosa poelessa Dio-
data Saluzzo, il Provana, il Lascaris di Ventimiglia, il
Bessone, il Vagnone, POmodei, il Re, il Barucchi, il
Falletli di Barolo, il Boucberon, il Somis. Cosi in meno
di sette anni la morte mieteva pin del quarto dell’Acca-
demia, clie con nuove elezioni procacciava di riempiere
le lacune in essa aperte dalla falce letale.
L’Accadcmia e divisa in due classi, l’una per le
scienze matematiche e le fisiche; l’altra per le morali,
le storiche e le tilologiche. Essa, quando e a numero,
lia 40 Accademici residenti, 20 per classe. Ha un Pre-
sidente, un Vice-presidente ed un Tesoriere. Ciascuna
delle classi poi ha un Direttore e un Segretario. I qua-
ranta debbono essere tutti residenti in Torino. Ciascuna
classe puo avere dieci altri accademici nazionali resi¬
denti allrove, o nello Stato o fuori. Sono addelte all’
Accademia 24 pensioni di 600 lire annue, le quali S. M.
suol coucedere agli Accademici residenti per ordine
d’anzianita. Ciascuna classe propone a vicenda annual-
mente un quesito col premio di lire 600. Aggiungi 20
Accademici esteri (10 per classe), tra’ quali si lcggono
i piii bci nomi d’Europa. 11 numero de’Corrispondenti
e illimitato.
Il primo volume degli atti dell’Accademia comparve
nel 1739 col titolo di Miscellanee di filosofia e di ma-
tematiche, e lcvb tosto singolar grido in Europa (1).
(1) Miscellaneaphilosophico-malhemalica Societatispricatde Taurinensis, 1759.
ACCADEMIE E GALLEIUE
397
Quattro altri volumi furono pubblicati con quel titolo
dal 1759 al 1773; ma nel secondo volume la Societa
gia s’ addimandava Reale (1). Le Memorie della it. Ac-
cademia delle Scienze di Torino , che questo e il pre¬
sente titolo de’suoi atti, sommano per la priina serie
al numero di 40 volumi. Un volume della 2. a serie, in-
titolata a S. M. il re Carlo Alberto, e uscito in luce
nel 1839.
La sala deU’adunanze accadcmicbe s’adorna de’busti
de'tre fondatori Saluzzo, Lagrangia e Cigna ; e de’busti
del Denina, Vernazza e del Gerdil, oltre quello del Re
fondatorc (Vittorio Amedeo m).
Possiede l’Aecademia un ricchissimo medagliere, ge-
neroso dono (1835) del presente suo socio Filippo Lavy,
il quale con multi anni di studiosa fatica e con gran
dispendio lo aveva raccoito. N’e gia alia stampa il primo
volume contenentc la serie greca (2).
(0 Melanges de philosophic et dc malhemalique de la Socictc Boy-ale de
Turin, 1761.
(2) Masco Numismatico apparlenente alia B. Accademia delle Scienze di Torino.
Parle I ina Descrizione delle medaglie greche. Torino Stamp. B. 1839, in- 4°,
p. 447, a cui tengono clietro Ie tavole d'incisioni, rappresentanti i monogrammi,
le leggende e le medaglie. Il secondo volume contend le medaglie romane
ed 6 gi£ sotlo a’ Lorclii. Anche questa edizione vien fatta fare a sue spese dal
donatore del Medagliere, clie n’ 6 pure Direttore.
Noi riportiamo il seguente brano della Prefazione che purge conlezza della
preziosa raccolta :
« ll Museo Numismatico Lavy della Reale Aceadcmia delle Scienze si compone
di medaglie e monete antiche e moderne, le quali sono divise in tre classi:
la priina comprende le Greche, la seconda le Laline, e la terza le moderne.
Essendovi principalmente nelle medaglie Greche molte medite, desideroso il
Direttore del suddetto Museo che lanto tesoro non rimanesse pin lungamente
ignolo e fosse fatto di pubblica ragione, onde recare qualche incremento alia
30S
CAPITOLO DECIMOQUINTO
Non contento di questo principesco dono, il liberale
Accademico regalava ancora, nel prescnte anno, all’Ac-
cademia diciotto bnsli in marmo, rappresentanti illuslri
Homani, copiati dall’antico e fatti fare a sue spese dallo
scultore Bogliani. Essi fregiano in giro la gran Saia delle
adunanze pubbliclie; ove pure e la stalua seduta del
conte Balbo , in gesso , regalata all’ Accademia dagli
eredi dello scultore Spaila.
Ha inoltre l’Accademia una scelta ecopiosabiblioteca,
ricca degli Atti delle principali Societa scientifiche dei
due emisferj. Rarissimo ornamento di questa biblioteca
e la raccolta di opere stampate o manoscritte, fatta dal
conte Carlo Vidua ne’ suoi viaggi transatlantic^ e do-
nala all’Accademia dal padre clell’infaticabile viaggia-
tore, il quale in Amboina, la maggior isola delle Mo-
lucclie, immaturamente calo nel sepolcro.
seienza ed utility allc belle arli, incaricommi della compilazione del presente
catalogo.
« il suddetto Direttbre dovette necessariamente, ]>er giungere a formare
questa collezione, procurarsi la corrispondenza de’ piii dislinti Numismatici
d’Europa per procacciarsi le medaglie che in questo paese non si rinvengono. In
oltre transfuse nel suo Medagliere quasi tulte le raccolte di qualche fama sparse
nel Piemonte, ed in ispecie quella dell’abate Pullini, dell"abate Incisa, del
teologo Cagna, del conte Filippi Console generale Sardo a Costantinopoli, del
eavaliere Drovetti gik Console in Egitto, del cavalier Truqui Console gene-
rale attualmenle a Tunisi, non clie (ante altre di minor rinomanza; alquante
medaglie Sicule gli furono gcntilmente inviate dal eavaliere S. Quintino ne’
stioi viaggi a Napoli; tulte le medaglie Greco-Egizie e parecchie altre della
collezione del Signor Allier de llauteroche le acquistava dal eavaliere Millingen
celebre antiquario, e moltissime delle pin x’are dal signor Rollin primo ne-
goziante di medaglie a Parigi; con I’ajuto di questi ed altri illuslri perso-
naggi cbe graziosamente glienc fecero dono, pervenne a mettcre insieme la
presenle raccolta numismatiea ora appnrtenente alia Reale Accademia delle
Scienze».
ACCADEMIE E GALLER1E
309
Essa conlienc 133 volumi di cose Messicaoe
-778
-Anglo-Americane
-70
-delle isole Filippino
-100
-Cliinesi
-48
-Indiane
-32
-Arabe, Siriache, ecc
Nel rimirar que’volumi stampati a Messico, a Cincin¬
nati, a Manilla, a Canton, a Batavia, a Calcutta, a
Singapore, ecc. ecc., il sentimento dell’universale dif-
fusione del sapere, recata per mezzo della stampa, oc-
cupa 1’ animo soavemente, e si comprende con quanta
giustizia le citta lungo il Reno gareggin ora nel tribu-
tare all’inventore di quest’arte maravigliosa onori quasi
uguali a quelli die ad Ercole Musagete rendevan gli
anticlii (1).
Appresso all’ Accademia e la Sala cVArtl e Mestieri ,
ehe contiene saggi di opere c lavori d’industria, mo-
delli, disegni, litografie, ecc. ecc.
Presidente dell’Accademia e S. E. il conte Alessandro
Saluzzo, chiamato ora a presiedere ii secondo Congresso
annuo de’ Dotli Italiani. —
Nel 1785 venne instituita la Societa Agraria, die
nel 1788 ebbe il titolo di Reale. E composta di 30
mernbri ordinarj, edi un numero indeterminato di Cor-
rispondenti o membri liberi. Tra i primi si eleggono i
suoi uliziali, die sono:—un Direttore, un Vice-Diret-
tore, un Segretario, un Vice-Segretario, un 'J'esoriere,
e un Direttore dell’Orto specimen tale. Queste cariche
(1) ll marchcse Tancrecli Falletli esa da 30 a 40 rubbi, c sopporta un carico di rubbi
150 ed anche pid ».
CAPITOLO DECIMOSESTO
die il frumenlo; e d’altro canlo il grano turco del Piemonte,
superiore forse a quello di tutti gli altri paesi, forma il principale
alimento dei nostri contadini.
« Un articolo importantissimo dell* agrieoltura, intorno al
quale havvi grave difetto appo di noi, si e quello dei concimi,
dei quali i nostri villici non si prendono veruna cura. I muc-
elij di letame si lasciano esposti al sole, ai venti, alia pioggia,
v non si annafflano mai.
« Lamentasi con ragione la scarsita d’uccelli selvatiei, per
eui caterve d’insetti infestano pur troppo spesso la nostra
campagna. Ne meno funeste rieseono soventi le brine, Pin—
tempestivo freddo e pur anche talvolta il gelo cb.e a prima-
\era inoltrata sopraggiunge. Di rado piove in estate, e spesso
i temporali che in tale slagione accadono, ci arrecano rovi-
nosa grandine. Nella primavera poi e nell’autunno sogliono
eadere lunghe e dirotle pioggiechc impediscono o danneggiano
grandemente le seminagioni » (1).
Industria sericci e suo commcrcio
La seta e il principalissimo capo dell’ esportazionc
del Piemonte; essa e la merce, colla cui vendita il Pie¬
monte paga a un di presso la compera degl’innumere-
voli capi della sua importazione. La produzione della
seta da vita alie ire ramiGeazioni dell’ industria, agricola,
manifattrice e commerciale. Torino poi e il centro di
quasi tutto il movimento della seta piemontese. Laonde
ci corre l’obbligo di rappresentare, almeno brevemente,
la ricolta, il lavoro e lo smercio di questo prezioso ele-
mento di prosperity per le nostre contrade.
I gel si allignano e prosperano maravigliosamente in Pie¬
monte. L’ampia lor mole, le frondeggianti lor chiomc e la
(l) Dolt. Bert old , Vice-Scgrelario della It. Societa agraria.
AGRICOLTURA, MANIFATTURE, COMMERCIO 5 ol
robusta vecchiezza in cui essi vengono quasi senza coltura,
fanno I’ammirazione non solo degli oltrcmontani ma anclie
dei noslri vicini Lombardi. Non e percid cbe non s’abbia a
bramarne, in generale, una piu illuininata coltivazione ed
una pianlagionc piu copiosa.
Gl’insetti cbe yivono delle foglie del gelso e fanno, prinia
di trasformarsi in crisalidi, i bozzoli da cui si Irae la sela,
chiamansi bigatti appo noi, e cochetli i lor bozzoli (1). L’e-
ducazione dei bigatti in Piemonte e alfalto colonica, cioe
aftidata in piccole partite ai contadini. II padrone del podere
somministra, per l’ordinario, la semenle dei bachi e la foglia:
il contadino vi adopera le sue cure e fa le spese, ovc ne oc-
corrono per aver chi lo assista nella cura di allevar i bachi
e sfrondare i "clsi: il danaro cbe si ricava dalla vendita de’boz-
o
zoli si sparlisce per giusta meta tra il padrone ed il contadino.
I contadini proprielarj gli allevano per proprio conlo; il
numero di essi in Piemonte e grandissimo, il die, per nostro
avviso, e la piu felicc ventura di questi paesi, e forma la
piu bella lode dell antico reggimento de’nostri Principi.
Varie ragioni particolari al Piemonte, c troppo lunghe ad
esporsi, vi hanno impedito o falto cader tosto 1’introduzione
delle grandi bigattiere dominicali, delte Dandoliere dal nome
dell’ illustre Vincenzo Dandolo, i cui lavori sull’ cducazione
(I) Filugello, baco da seta e bigatto sono voci egualmente italiane; il boz-
zolo o cockeito, ossia « quel gomitolo ovato dove si rinebiude il baco filugello
facendo la seta, » cbiamasi galetta in Lombardia e nelle nostre provincie ad
essa propinque. Cochetto , cocat, d un vezzeggiativo del francesc cocon. —
« Egb 6 da credersi cbe per le cure del duca Emmanuele Filiberto, il quale
fece venire dal Milanese 17,000 piante di gelsi, prendesse origine in Piemonte
farte di allevare i filugelli e di trarne la seta, giacche non molti anni dopo,
cio6 in sul finire del 16° secolo, la pubblica podeslh comincid ad ingerirsi
nelle operazioni della seta, proibendone alcune, o comandandone altre, se-
condo che pareva conveniente e vantaggioso ai filandaj, ai compratori, ai se-
tajuoli, ed in generale al commercio di questa ricca derrala ».— Car. Giacin.
Carena, Osset vazioni ed esperienze intorno alia parte meccanica della trattura.
della seta in Piemonte.
332
CAPITOLO DECIMOSESTO
de’bachi da seta quintuplicarono il prodotto de’bozzoli nella
Lombardia, « Questegrandi bigattiere, diceva egli stesso negli
ultimi giorni della sua vita alio scrittore di quest’articolo, non
debbono considerarsi checome modelli intesia diffondere i buo-
ni metodi tra i contadini: quando questi metodi siano diffusi,
e sia vinta la nalia ostinazione de’ villici a ritenere i metodi
viziosi, solo perche sono antichi, conviene abbandonarle e
rilornare aU’educazione colonica che di tutte e la piu vantage
giosa e la piii fdantropica ». II non essersi potulo operare
questa transizione in Piemonte ha contribuito assai a man-
tenervi difettuoso l’allevamento de’filugelli. I nostri contadini
li fan nascer male, ii lengono, in generale, troppo fitti, igno-
rando che ad ogni muta o dormita de' bachi bisognerebbe
quadruplicarc lo spazio a loro assegnato; non hanno slanze
edificate od apparecchiale espressamente ad allevarli; non
adoperano lermometri; non conoscono nemmeno gli sfialatoj,
le fiammate per rinnovare 1’aria ed i vcnlilatori si necessary
ne’giorni d’afa. Ne basla ancora: essi non si dubitano nep-
pure che il gran caldo e la mancanza d’aria rinnovala la quale
spazzi e disperga gli effluvj de’bachi, sono le piu potenti ra-
gioni delle micidiali malattie di questi preziosi insetli, Attalche
una o due giornate di gravezza d’aria e di soverchio caldo,
come spesso ne avvengono nel giugno, bastano a rapire gran
parte della ricolta, specialmente ne’ piani; ed il villico lapino
si batlc 1’anca, ed altribuisce il suo danno allc piu slrane ra-
gioni senza pur avverlirc quella ch’ e la reale, ed alia quale
non ha opposto rimedio veruno. E queslo un doloroso vero
che dovevamo disvelare; ma chi da cio argomentasse ignorarsi
in Piemonte la scienza di educare i fdugelli, s’ingannerebbe
a partito. I soli membri della R. Societa Agraria quanti dotti
scrilti non hanno dato in luce su quest’argomento ? L’igno-
ranza e ne’contadini, e a dissiparla ci vorrebbero istruzioni
popolari sparse largamente, anzi recate a domicilio come
s’adopera nelle provincie francesi; ci vorrebbero possenti im-
pulsi ed energici sforzi. La ricolta de’bozzoli in Piemonte pub
AGRICOLTURA, MANIFATTURE, CGMMERCIO 333
essere duplicala, e Iriplicata: l’esempio del cay. Audiffredi in
Cuneo n’e la prova piu certa (1).
Nondimeno la raccolta de’bozzoli in Piemonte, nolle annate
di mezzano pi*odotto, ascende, secondo i migliori computi, a
circa 1,250,000 rubbi ( 1,150,000 minagrammi o mi di
prcsso ) i quali, valutali a L. 55 il rubbo, che sembra es¬
sere, tutto compreso, la media de’ 10 ultimi anni, producono
'»2,750,000 lire (2).
Quest’egregia somina di denaro, ch’e tutta il prodotto dell’in-
dustria agricola, si sparge immediatamentc nelle mani dcgli
agricpltori, perche, tranne cccezioni di nessun conlo, i bozzoli
Ira noi si vendono a danaro sonante, o sia che ne succeda la
vendita sui pubblici mercati, o sia che qucsta si faccia per
eontrattazioni private (5).
Appena uscili dalla mano del produtlorc, entrano i bozzoli
nella sferadell’industria manifattrice, della quale scorrono suc-
cessivainente tre gradi, che sono 1° la trattura della seta ;
2° il setificio ossia la riduzione della seta in organzino, delto
toscanamente orsojo, ch’e la seta che serve ad ordire, od in
trama, ch’e la seta che serve a tessere; 5° la fabbricazione
delle stoffe di seta. Questi gradi verremo rapidamcnte accen-
nando.
Il bozzolo contiene 1’ insetto nello stato di crisalide. Se
s’indugia ollre il termine di quindici giorni, ed anche rneno,
(1) Alcuni autori crcdono che possa essere anche quadruplicata. Vedi Della
ht’cra eslrcizione della seta greggia. Torino , 1831.
(2) Diciamo secondo i migliori computi, perche la cifra di 1,250,000 ruhbi
di bozzoli C l’adottata da’piii rccenti scrittori nostrali di cose seriche. Del rima-
nente essa 6 conghietturalc e non ha nulla cl’autentico, e lo stesso ripetasi
de’ calcoli che ne derivano.
(3) I grandi mercati di bozzoli non sono, per quanto ci ricorda, fuor che in
Viemonte. Ma senza duljbio qucMi di Chieri, di Carmagnola, di Alessandria e
di Vercelli , che sono i maggiori, meritano gli sguardi dcllo slraniero. Quat-
tro o cinque, e talora sino a dieci o dodicimila rubbi di questa preziosa
merce, in poche ore apportata, esposta, mercanteggiata, venduta, per essere
tostamente pagata in oro lampante, formano uno spettacolo d’insolilo aspetto.
334
CAPITOLO DECIMOSESTO
l’inselto, trapassato alia sua terza metamorfosi, lacera il boz-
zolo c n’esce nello stato di farfalla. Dal bozzolo traforato piu
non si puo trarre la seta, bcnche serva ad altre industrie di
seeond’ordine.
Le filature appresentano allora una scena d’indicibile ope-
rosita. Da un lato si apportano le partite de’ bozzoli, da un
altro si pesano, da un altro si eollocano; quindi se ne fa uua
primissima cernita, quindi si recano alia stufa, ove vengono
sottoposli ad un calore che basti a soffocare la crisalide dentro
il serico inyolucro ch’e il temporaneo suo ricetto in quell’
inerle stato, e che ne diviene la tomba. Salvati col soffoca-
mento dellc crisalidi i bozzoli dal pericolo della forata, ripas-
sano essi a varie piu diligenli cernite; e successivamente a
mano a mano son dati a blare. Questo lavoro si fa da operaje,
dette trattore in Toscana, e da noi filatrici, le quali assise al
fornelletto, tenendoi bozzoli immersi ncll’acqua quasi bollenle,
n’estraggono a due fili o capi la seta (1). Il qual lavorio, per
riuscire perfelto, richiede destrezza, intelligenza, somma at-
tenzioue e Iungo esercizio. Esso imparasi con un garzonato
di piu anni, c i suoi buoni metodi si trasmettono, a cost dire,
per successione. Le ragazze che fan girar l’aspo ed ajutano
la filalrice in piu bisogne, divengono coll’andar del tempo, fi¬
latrici a lor volta. Le filatrici piemontesi, cost educate, appar-
tengono alle fdature dette diordinc, cioe tenute da’piu reputati
negozianti, e sono piullosto invidiale che emulate allrove, non
esclusi i pacsi che producono selc migliori (2).
(1) In Piemonte per consuetudine e per legge si fila a due capi solamenle.
I due fili sono f'ormali con un prefisso numero di have: dal quale si deduce
la quality superiore od inferiore della seta, usandosi dire, p. e., « egli fila di
4 in 5,» ecc.
(2) La seta, dicono alcuni, si trac e non si fila, perche il filugello, facendo
d bozzolo, 1’ha gift filala. E questft una sofisticheria. La seta nel bozzolo non
mostra apparente il suo filo, e il filo che va sull’aspo 6 composto delle have
o vogliam dire de’bandoli di piu bozzoli; dal cui numero minoreo niaggiore
dipende appunto in senso inverso la minore o maggior linczza della seta. Se
futto cio non 6 filare, non sappiam veramentc che siasi. Ad ogni modo, in
AGRICOLTURA, MANIFATTURE , COMMERCIO 335
Le filature ascendono in Piemonte al numero di circa 600,
contenenti tra tutte 20,000 e piu fornelletti (1). E dalla quan¬
tity di bozzoli sopraindicala si ricava all’incirca libbre (diPie¬
monte) 2,500,000 di seta greggia, distinta co’nomi di primo e
di secondo filo, oltre a molti altri prodotti di minor conlo,
de’quali riparleremo.
La Irattura della seta porge lavoro a 50 o 60 mila individui,
di cui la massima parte, vale a dire le filatrici, le giratrici e le
ccrnitrici, sono donne e fanciulle della classe agricola, le quali
diventano per tal guisa temporancamcnte manifattrici (2). La
spesa di essa traltura importa ai filanti un’ esposizionc di da-
naro che si compula salire da 6 a 7 milioni di lire. II qual
capitate ripassa presso cbe intero nella sfera dell’agricoltura,
poiche si compone: d° delle giornalicre mercedi date a que’50
o 60 mila individui; 2° del combuslibilc vegetale adoperato,
il quale di sua natura e prodotlo agricola: il rimanentc va
Piemonte e in Lombardia, la voce filare 6 talnienle applicata all’industria se-
rica, che, delta assolutamente , significa seta. Gli edilicj ad uso di tear seta
si chiamano filature in Piemonte, filande in Lombardia. Filatojo 6 l’edifizio
dove si torce e s’appaja la seta; fdato chiamasi la seta torta per fame orsojo.
E cio ci basli aver tocco, onde sappiano i lettori che non senza consiglio
nsiamo spesso in questo capitolo i termini tecnici dell’industria scrica adope-
rati in Piemonte.
(1) Per fornelletto, termine dell'arle, s’intende il focolare ch’6 soLto la
caldaja di rame ch’ »
J> P »
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L.2,070,00
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Essendo imposta
a valore, non
risulta del peso ....
1,230
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® 430,00
L. 495,00
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quint. 4,76
quint.2,83
quint. 49,66
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94,568
00
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» 94,37
» 418,95
40 00 »
475,800
00
>
» 05
» » 12
» » 09
3000 00 »
27,000
00
• 35
» 03
» » 14
» 42
422 00 »
4,464
00
•
L.
39,617,097
52
15
346
CAPITOLO DECIMOSESTO
Da questo Specchio risulta che l’esportazione de’prodott
serici fa entrare, Tun anno sull’altro, circa 40 milioni di lirt
in paese, non computando cio che s’appartiene al contrabbando
che nessuno Stato, in nessun tempo e con nessun rigore d
legge, ha mai poluto svellere dalle sue provincie limitrofe ogn
volla che l’allettativo del guadagno puo tentar I’avarizia a dis-
fidare i pericoli (1).
Quanto al consumo interno, dicono che si possa computarc
al sesto od al setlimo della totale ricolta.
Condizione ossia Stagionalura delle sele — Camera di A20, finita nei 1835
Biblioteca popolare, in-
POMBA
108
1,000
103,000
icr
»
1,080,000
»
16 0 piccolo ....
NB. Qnesta e le set;.
»
100
10,000
1,000,000
J)
50
500,000
»
ebbero principio nel 1829
Allra, idem . . . .
ft
50
2,000
100,000
»
50
50,000
)>
A lira, idem . . . .
Biblioteca storica ecc., in
»
10
4,000
40,000
»
50
20,000
))
16.° piccolo . . . .
Raccolta di Viaggi, in-
Ghiringiiello
100
4,000
400,000
»
50
200,000
»
16° piccolo .
Bibliotecateatrale, in-I6°
Alliana
100
3,000
300,000
»
50
150,000
»
piccolo.
Bibliotheque Framjaise,
CiiiHio e Mina
100
2,000
200,000
»
50
100,000
»
in-16° picc .
Biblioteca piacevole, in-
Retcend
100
2,000
200,000
»
50
100,000
))
16° grande . . . .
Cassone e c.
100
1,000
100,000
))
50
50,000
))
Biblioteca econoniica di
Marzorati e
operedi ReIigione,in-l2°
ll Costume antico e mo-
Vercellotti
120
3,000
360,000
»
50
180,000
»
demo, in-8° . . .
Vita di Napoleone di \V.
Fontana
104
3,000
312,000
i
50
468,000
J)
Scott, in-16° piccolo
L’Italia descritla e di-
Vaccarino
28
2,000
56,000
»
50
28,000
))
pinta , in-4° , con 330
stampe in acciajo . .
TOMBA
176
4,000
704,000
»
50
352,000
0
Storia universale di Ce-
sare Cantu ....
I)
219
3,000
657,000
»
50
328,500
It
La stessa in-16°
»
2
2,500
5,000
2
65
13,250
))
Balbi, Compendio di Geo-
grafia in-8° . . . .
NB. Se ne sla pubbli-
carido wia nuova ediz.
conaggiunte dell’auiore
1>
2
2,000
4,000
15
»
60,000
ft
Vita di Napoleone con 500
intagli, opera in corso.
Teatro universale , gior-
Fontana
100
15,000
1,500,000
»
30
450,000
»
nale pittoresco, princi-
piato nel 1834, opera in
corso.
magnagui
7
10,00 0
70,000
6
420,000
»
6,116,000
4,549,750
Sconlo librario computato ad I|3
1,516,583
33
Rimane L. 3,033,166 6?
CAP. DECIMOSESTO-AGRICOLTURA, ECC.
355
Avverta il lettore che tra le edizioni qui mentovale, alcune
sono cose per molli lati meschine. 31a i libri migliori non
sono sempre quelli che il meglio si vendano, e noi qui abbiatno
voluto unicamente considerare il prodolto commerciale. Ag-
giungeremo soltanlo che tra le opere piu eminenti in materia
scientifica, pubblicate in Torino nel presente decennio, ten-
gono il primo luogo la Thcorie de la Lune del cav. commend.
Plana, e la Fisica de' carpi ponderabili del cav. Amedeo Avo-
gadro, impresse dalla Stamperia Reale, e, tra le piu splendide
anche per esecuzione tipografica, la gia ricordata R. Galleria,
impressa da Cbirio e 3Iina.
L’olio, il riso e la canapa sono, dopo la seta, i piu princi¬
pal! capi dell’esportazione dai RR. Stati. 31a la produzione
e il commercio dell’olio appartengono alia Liguria marittima;
il riso e spettanza del Vercellese e delle provincie Lombar-
do-Piemontesi; la canapa forte e prodotto del Piemonte, ma
sen conduce il traffico principalmente nelle provincie che la
producono, e Carmagnola n’e il centro. Tuttavia del riso si
fa molto negozio in Torino, specialmente per Francia. I rosolj,
1 cioccolato e i confetti di Torino, produzioni pregiate per
ogni dove, entrano pure nell’elenco delle esporlazioni.
Le importazioni sono infinite. I ridelti capi, a’quali si pos-
sono aggiungere le bestie bovine, e per qualche provincia i
vini e gli spiriti, formano quasi il tulto della nostra esporla-
zione. L’industria, piu o mono operosa, piu o meno perfezio-
nata, non giunge, generalmente parlando, fra noise non sc a
ristrignere l’importazione. Questa consiste in merci e derrate
transatlantiche, inglcsi, francesi, belgiche, tedesche, d’altre
parti d’ Italia, ed il lettore sen pub ordire da se stesso il
catalogo.
Noi chiuderemo queslo capitolo gia troppo lungo,
benclie troppo difettivo ancora, colie parole gia da
noi altrove inserite : — V industria piemontese e in
556
CAP. DECIMOSESTO-AGRICOLTURA , ECC.
prosperevole stato, ed ogni dl si veggono sorgere nuove
officine, e la famosa sentenza Virtus mita fortior, appli-
cata alle imprese industriali, vien radicandosi e por-
tando i suoi frutti. Nondimeno il Piemonte, in generate,
paga tuttora soverehio tribute all’industria straniera.
CAPITOLO XVII
INSTITUZIONI PENITENZIARIE PRESSO TORINO
La scienza penitenziaria, ossia I’arte di applicar ic
pene sentenziate dalla legge in inaniera die il castigo
de’rei serva alPemendazione di essi, dope aver percorso
lo stadio delle teoriche astratte e quello di stato di
sistenia, e ormai giunta al terzo suo stadio, quello di
evidenza pratica. Ida se i principj generali di questa
scienza, in quanto essi ne determinano il vero scopo,
sono consentiti da tutti i migliori, non cosi interviene
delle norme per metterli in atto. Qui incominciano Ic
opinioni divergenti, qui e il luogo delle mosse nell’ar-
ringo de’varj sistenii. A dare un’idea della varieta di
358
CAPITOLO DECIMOSETTIMO
quesli sistemi, basti dire die quello del segregamento
continuo o temporaneo de’ditenuti si divide in Europeo
e in Americano, e V Americano si suddivide ancora in
Aubnrniano, in Pensilvano e in Yirginiano. Nondimeno
l’urto stesso di queste contrarie opinioni ha fatto emer-
gere piii evidente la necessita di una riforma delle
carceri « fondata soil’ impedimento delle relazioni cor-
ruttrici, sull’obbligo del lavoro e sul concorso dell’edu-
cazione religiosa e civile. II Re Carlo Alberto e il
principe italiano che primo ordinava ne’ proprj Stati
quell’utile riforma » (1).
Cio premesso, tornera grato il leggere cib die sopra
le instituzioni penitenziarie di Torino ha scritto, in ser-
vigio della nostra opera, un autore gia cliiaro per egregj
dettati intorno a si grave materia.
Sifdicomio e Correzionale delle prostitute
detto I’Ergastolo
« Ad un miglio ad austro di Torino e quasi presso alia
Regia strada di Nizza evvi un vasto edificio che ha la forma
di un IT, fatto costrurre nel 1776 dai Padri della Missione per
uso d’esercizj spirituali, e d’indi a poco, acquislato dal Rcgio
Governo per fame un ritiro de’giovani vagabondi edoziosi,
poscia durante la dominazione Francese mutato in deposito
di Mendicila,e finalmente al ritorno dei Reali di Savoja resti-
tuilo a ritiro dei giovinotti vagabondi e delinquenti.
« Quest’ampio fabbricato che non ostante la sua regolare
distribuzione architettonica non poteva permettere 1’ introdu-
zione di quelle discipline che possono esercitare un imperio
(l) Della condizione athiale delle carceri e dei mezzi di migliorarle, Trat-
tato del contc Ilarione Petitti di Borelo. Torino, Pomba, 1840. — Leltere patenti
di S. M. del 9 febbrajo 1839.
IiYSTITUZIONI PENITENZIA1V1E
359
sull’animo da produrre compunzioae e ravvedimento, voile il
Re regnante nelle sue provvidc mire per la riforma delle car-
ceri, che fosse ridotto meta ad Ospizio delle sifilitiche, a cui
l’ampiezza delle sue sale bcu si prestava, e pelPaltra meta a
Correzionale delle donne di mala vita , le quali, non essendo
condannate, dovevansi assoggettare a discipline pin miti di
quelle necessarie al buon governo di una carcere di colpevoli.
« Diedesi opera ai convenienti ristauri e adattamenti giusta
i disegni del sig. cavaliere Pernigotti Ispettore di l a classe
del Genio Chile; collocando nel centro dell’edifizio la cap-
pella con varie tribune, accio vi potessero assistcre separata-
mente le diverse classi di detenute e di ricoverale.
<( Terminali i lavori, si apri in agoslo 1838 lo stabilimento,
e si soppresse ad un tempo 1’ Ospizio celtico ch’era nel caseg-
giato detto del Martinetto fuori Porta Susa, in una condi-
zione insalubre, angusla, quanto era il locale informe e mal
sicuro, ed il reclusorio delle donne di mala vita eretlo nella
Generala, edifizio distante un miglio dalP Ergastolo, vetusto,
sdruscilo e di catliva e malsana distribuzione.
« Adottandosi quella massima essenziale che le carceri ed i
ricoveri femminili debbono esscre governati e custoditi da
donne, convinli che ogni riforma radicale deve fondarsi sulla
Religione, la direzione di questo doppio Stabilimento fu data
ad otto Suore della Carita sotto la prolezione di S. Vincenzo
de’Paoli, detle le Suore bigie; le quali hanno sotto di loro
per la eustodia del Correzionale sei guarcliane, eper Passistenza
dell’ Ospizio quattro infermiere. Esse tutle banno alloggio
nell’inlerno del fabbricato, ove uno speciale e ben adatto ap-
partamento fu assegnalo alle Suore.
« Siccome poi la eustodia esterna, la direzione, Pammini-
strazione, il servizio religioso, sanitario e Pesercizio delle ma-
nifatture esicreva fossero affidate ad uomini, cosi in un casetr-
giato a parte e indipendente dal Correzionale e dal Sifdicomio,
si deslinarono gli alloggi del Direttore, del Vice-Direttore,
del Cappellano, del Vice-Cappellano, del Cbirurgo assistente,
360
CAP1TOLO DECIMOSETTIMO
del custode, del carrelticre e dell’ inserviente, non ehe gli
uffizj, la sala del Medico, del Chirurgo maggiore e del Chi-
rurgo che si recano ogni di da Torino all’Ergastolo; la far-
macia, la scuderia, la rimessa e gli alloggi delle Maestre dei
lavori.
« II Correzionale, capace di 500 detenute, e disposto in niodo
che negli ampj sotterranei vi sono i telaj da tela e gli arcolaj;
al pian terreno i telaj da panno, i telaj alia Jacquart per
tappeti, l’orsojo, 1’officina delle sarte, ed un dormitorio.
Al piano superiore altri dormitoj per la prima e per la sc-
conda classe e l’infermeria, e nel sotto-tetto di tutto l’edi-
fizio si costrnssero 86 celle per la scgregazione notturna a
cui e astretta la lerza classe; avendo cosi il Regie Governo vo-
lnlo accertarsi colla sperienza delT utilita del sistema proposto
prima di adottarlo per tuttele carceri, ed i risultamenli furono
soddisfacentissimi.
« Le detenute hanno cortili e tribune distintc per ognuna
delle tre classi. Vi sono eziandio alcune camere grandi per
dissolute da tenersi per ispeciali riguardi appartate affatto dalle
altre.
« Un’ utile occupazione venne pur data colla lavanderia a
vapore giusta la teoria del Curadeau. Oltre il bucato del Cor¬
rezionale e deirOspizio qui si fara parimenti il bucato del
Correzionale de’giovani che e per aprirsi alia Generala.
« Il Sifilicomio, l’unico Spedale speciale che siavi ne’Regj
Dominj per questo morbo, e capace d’accogliere quasi 200 in-
ferme, e si compone di tre ampie sale al pian terreno, di una tri¬
buna, di un espurgatorio e del parlatorio. Al primo piano vi e
un’altra tribunae quattrosale, cosicche le infermepossonoesser
distribuite in classi secondo la gravila dell’infezione; lasciando
una sala per quelle della Clinica medica, ed un’altra per le
scabbiose. Un gabinetto ben illuminato serve alia visita, ed un
edifizio attiguo, slato appositamente costrutto, ha due sale per
bagni.
< Si sono pure qtti deslinate alcune camere, affatto separate,
1NSTITUZI0NI PENITENZIARIE
361
con tribune, bagno e corlile distinto, per quelle infelici che
contrassero la malaltia senza loro colpa; esse sono curate gra-
tuitamente, ne possono esser vedute dalle altre inferme donne
di mala vita; quest’ultime sono divise in due classi, cioe se-
condoche vennero all’Ospizio o spontanee o vi furono tradotle
dalla forza.
« Una sola essendo la Direzione di questo doppio Stabili-
mento, una sola e la cucina che fu posta ne’ sotterranei, e nel
cenlro delfed-ifizio, onde potere con uguale facilita servire al
Sifilicomio ed al Correzionale.
« Cio che vi e di parlicolare e l’apparecchio per riscaldare
questo fabbricato. Qui fu falta, sotto la direzione dell’arcbitetto
Giovanni Piolti, laprima applicazione in Italia ad abitazioni del
termosifone ideato da Bonnemain in Francia, migliorato da
Perkins e Treglod in Inghilterra, e nel 1856 gia stato ado-
perato pegli stanzoni da fiori dai sigg. Tbelluson a Firenze
e Burdin Maggiore e Compagni in Torino.—11 termosifone
dell’Ospizio ha uno sviluppo di tubi di ben 642 metri percor-
renti 50 locali tra grandi e piccioli, che addizionati insieme
olfrono una superficie di 4,750 metri quadrati; per esso si ha
una media nei locali non abitati di 10 gradi di Reaumur. Una
sola caldaja serve aH’apparecchio, la cui capacita e di litri
810; ne’tubi l’acqua condultrice del calorico sommaa 5,227. —
11 consume del combustibile ne’ massimi freddi e di rubbi 40
di Piemonte al giorno; ne’freddi comuni, di soli rubbi 25.
« L’apparecchio del Correzionale e minore; scaldando sol-
tan to i laboratoj, le infermerie e le tribune, ha uno sviluppo di
,528 metri, e riscalda locali la cui superficie in metri quadrati
e di 871. L’acqua nella caldaja e di litri 415; nei tubi, di
litri 1,649; esige un consumo di 16 rubbi di legna ne’freddi
intensi e di rubbi 11 ne’comuni.
16
562
CAPITOLO DECIMOSETTIMO
Correzionale dc giovani discoli
dctto La Generala
« Sgombrato nel 1858 questo mal costrutto caseggiato che
sorge a libeccio da Torino, da cni dista di due miglia lungo
lo stradale di Stupinigi, per essere state rinchiuse all’Ergastolo
le donne di mala vita, il Governo voile trarne partito col ri-
durlo a Correzionale de’giovani discoli.
« La lontananza della citta, le terre ubertose che lo cir-
condano e l’ampio recinlo che vi e annesso indussero il Regio
Governo, a volere, con nuovo esetnpio in Italia, erigerlo
in carcere agricolo. Gravi condizioni sociali consigliarono
una tale eletla, giacche conviene di sccmare il numero di
quei giovinastri che vivono sulle piazze c nellc strade delle
popolose citta e di cui si alimentano le carceri ; conviene,
per rigenerar gli uomini, richiamarli alia natura da cui il
soggiorno ne'.le citta allontana; nella vita de’campi nessuna
professione e vile od abbietta; il lavoro a cielo aperto invi-
gorisce la persona e leva la menle a Dio; men costoso e il
vitto; per ogni eta, per ogni forza evvi l’opportuno lavoro;
mcntre nelle manifatture 1’uomo vegeta come le piantechiuse
negli stanzoni; e una macchina inchiodata surun sedile; gl’in-
centivi ai vizj in quelle agglomerazioni d’eta e di sessi diversi
aono maggiori; le peripczie molte, anche negli anni di abbon-
danza; la Rcligione trascurata. — Siffatle considerazioni deter-
minarono 1’ instituzione speciale di questo carcere, ed i recenti
ottimi risultati avutisi del Riformatorio di Parkhurst in In-
ghilterra, della Colonia di Mettravin Francia, del Farm-School
di Boston hanno confermato la saviezza di tale partito.
« Sui disegni del signor architetto Giovanni Piolti furono
principiati ed ora si stannoconlinuando i lavori di adattamento,
o direm meglio rinnovamento, giacche dell’antico fabbricato
piu non si conservano fuorche le mura perimetrali.
« L’edifizio e di forma longitudinale, avcnte al centro due
INSTITUZIONI PENITENZIARIE
363
avancorpi; non computando un nuovo caseggiato prospicienle
alio stradale di Stupinigi destinato per la Direzione, gP Impie-
gati e gl’inservienti.
« II Governo avendo adottato il sislema della segregazione
notturna, il solo d’ altronde possibile col lavoro del campo, si
disposero nelle due braccia 500 celle collocate al primo e se-
condo piano; la cui altezzaelarghezzae assai maggioredi quella
dei penitenziarj di Auburn e di Ginevra, Il pian terreno
ed i sotterranei che sono asciuttissimi, sono disposlia laboratoj
non maggiori di 50 operaj caduno, secondo la proposta dei
signori Lucas e Aubanel, ed evvi inollre il refetlorio ed un
magazzino. Tulte queste celle, laboratoj e locali potranno in-
speltarsi occultamente dal Direltore per mezzo di un cuniculo
fornito di spiragli coverti da tela melallica. Nel ccnlro evvi
un’ampia sala che dalla cucina mette all’osservatorio il quale
corona Pedifizio.
« Nell’avancorpo ad austro sonovi ne’sotterranei otto celle
di punizion disciplinare brevissime: tulli i mezzi per renderle
salubrij ed impedire ogni comunicazione saranno praticati.
Al pian terreno due laboratoj da soli 24 operaj pella classe
degli indisciplinati, superiormente P infermeria medica, al
secondo piano P infermeria chirurgica , ed all’ultimo piano
dodici celle pel confine duraturo tanto di giorno come di notte,
onde rinchiudervi i nuovi arrivati e quell i che sono pertinaci
nel mal fare. Il modo con cui si costruiscono impedira ogni
comunicazione tra i delenuti nelle celle vicine.
« L’avancorpo a notte ha nel sotterranco la cucina; poscia
la cappella che corrisponde al 1° c 2° piano dell’edifizio; ogni
detenuto vi ha uno stallo ; e quelli in confine continuo, i loro
stalli chiusi e fuori dello sguardo degli altri. — Superiormente
alia cappella vi e la scuola ove per classi saranno ammaestrati
nel leggere, scrivere e conteggiare, negli elemenli dell’agraria
e della geometria. Due camerette presso alia scuola sono de-
atinate Puna per Pocculta dimora del Direttore nell’interno del
364
CAP1T0L0 DECIMOSETTIMO
Correzionale, l’altra per biblioteca ad uso de’giovani, e per
istudio del Maestro.
« Siccome l’instiluto e per indirizzare i detenuti alia coltiva-
zione delle terre, l’ampio recinto annesso sara per ora distri—
bubo ad orlo, fino a che l’esperienza di alcuni anni abbia
mostralo in qual modo debbasi estenderne il recinto. Le arti
poi che si attiveranno saranno tutte complementarie della
islruzione agricola, cioe de’panieraj, carpentieri, bastaj , cor-
daj, bottaj, fabbricanti d’aratri, erpici, vanghe, zappe : cosi
ii Correzionale sara ad un tempo agricolo ed industrial; i
giovani si avvicenderanno ne’ lavori, eccetlo quelli che indi—
sposti della persona non potrebbero destinarsi a lavorar la
terra, o quelli a cui l’essere i parenti abitanti nelle citta, ed
intenzionati di riceverli dopo scontata la pena, rendesse utile il
dare loro a prefercnza un’arte che la professione di contadino.
« La determinazione del Regio Governo, e le basi su cui e
per fondare questo nuovo instituto, oltennero la piena appro-
vazione di piu pubblicisti, fra cui quella dell’egregio cava-
liere Carlo Lucas Ispettore delle Carceri di Francia che la
propose all’ imitazione di quel reame.
« Questo Correzionale sara l’edifizio il primo ultimato dei di-
\ersi, dicuiilRe colle sue ossequiate Lcttere Patenti del 9 feb-
brajo 1859 ordinbl’erezionepcrriforinare il sistemapenilenzia-
rio. Voile il Rechelariforma principiasseapro de’giovani, come
quelli che sono presunti averacorrere ancoraun lungostadiodi
vita e die non possono essere del tutto irremediabilmente per-
vertiti. — A giorni avranno principio i lavori del Carcere cen-
trale d’Alessandria, della capacita di 500 detenuti, giusta il
progetto del sig. architetto e ingegnere Pietro Bosso; un altro
d’ uguale capacita, e sui disegni dello stesso e per erigersi in
Oneglia. Un terzo finalmente e a destinarsi. Tutti saranno
giusta il sistcma della segregation notturna e della vita in co-
raune al giorno, astretti a continuo lavoro ed al silenzio. —
Finalmente per poter adattare secondo tal sistema il Carcere
centrale per le donne in Pallanza, si erge in quella citta una
INSTITUZIONI PENITENZ1ARIE
365
nuova carcere per gli inquisiti della capacita di 50 indivldui,
giusta il principio dell’ isolamento continuo de’ reclusi. In
questo raodo il Re Carlo Alberto primo fra tulti i Sovrani
dell’Europa, manda ad effetto una riforma da cui deve dcri-
vare aliasocietaun vero beneflzio, quello d’impedirela maggior
contaminazione de’carcerati, di tentarne il ravvedimento e cost
diminuire il numero ognor crescenle dei rccidivi.
Opera pia del Rifugio
« Complement di un ben inteso sistemapenitenziario sono le
Societa di patrocinio e gli asili volontarj per gli scarcerali,
massimamente per le donne che si diedero al mal costume, ed i
ricoveri per la tenera prole di quelli cbe sono in carcere.
« Le prime sono ancora un desiderio per noi, non potendo
preceder la riforma delle Carceri; raa quanto ai secondi it
desiderio fu mandatoad effetto sino dalPanno 4822 dall’egregia
euobif Donna la Marchesa Falletli di Barolo nata Colbert, colta
quale la Sovrana Munificenza fu sollecita di largainente con-
correre. — Il Pio Rifugio, che cosi ha norae, e posto nelle
circostanze del sobborgo di Dora, regione di Valdocco, ed e
composto di tre caseggiati che se non offrono un’ eurilmia ar-
chitettonica, presenlano quella ben piu imporlante di armonia
religiosa.
« Un caseggiato eslerno serve d’alloggio a due Cappellani, al
porlinajo, al collettore ed al giardiniere, che tulti e tre
hanno moglie; quindi per una via fiancheggiata di ffori e di
verzura si ha accesso al Rifugio, sulla cui porta d’ ingresso
evviuna bella statua della Beat. ma Vergine, per significare che
1’Opera e posta sotto il presidio della Santa Genitrice di Dio.
« Dirigonoil Rifugio quindici Suore di S. Giuseppe, e le ri-
coverate,il cui numero puoascendere a hen settanta, sonozitelle
che uscite dal carcere, o state in preda al mal costume, tocehe
da rimorso vogliono condurre una vita di eompunzione e di
366 CAP. DECIJIOSETTIMO — INSTITUZIONI PENIT.
ravvedimenlo; esse sono impiegate in lavori donneschi c
massirae nei tessuti, che portarono a tal grado di bonta da
essere rimeritati nell’ultima esposizione de’prodolti d’ iudustria
de’Regj Stali con onorevole medaglia.
« Saviamente poi la Iodata Marchesa si fece, a tutte sue
spese, ad assicurare a quelle delle ricoverate che ne senlissero
salda vocazione, il mezzo di consacrare a Dio il rimanente della
loro vita, instiluendo in attiguita imraediata del Rifugio un Mo-
naslero. Questo Monastero, poslo sotto l’invocazione diS. Maria
Maddalena, conla oggi 20 Monache, ma tcrminali nell’anno i
lavori d’ingrandimento sara capace di 50 Religiose.
« Ad esse Monache la Marchesa diede la pietosa missione di
custodire e indirizzare alia virtu, alia piela ed al lavoro oltre a
40 fanciullette, i cui parenti sono in carcere; e terminato il
Monastero potranno sommare a seltanta. —Benedettac salutare
inslituzione, giacche per codeste innocenti e misere creature a
cui i gcnitori non possono fornire il vitto, niun altro mezzo
rimane se non quello d’andar raminghe e ahbandonate preco-
cemente incontro al vizio ed al delitto per aver pane » (1).
(0 Cav. Giovcnale Vegezzi-Iiuscalla.
CAPITOLO XVIII
TEATRI, TRATTENDIENTI, FESTE, LSI E COSTUMI,
RIALETTO, PREZZI E FOGGE DEL YIVERE, GIORNALI
Llicreative abbiamo appellato le instituzioni in cui il
fecondo principio dell’associazione e messo in opera
per produrrc ii diletto, non iscompagnato dall’utilita
generate, e quelle abbiamo descrilto. Ma non tutte le
ricreazioni di una citta popolosa appartengono a quel*
l’ordine, onde anche delle altre ci convien ragionare.
Vengono a bel primo i teatri, de’ quali parlera meglio
il seguente
568
SPECCHIO DEI TEATRI DI TORINO
KOMI
N° deglispettatori
di cui
sono capaci
Teatro Regio
2500
Carionano.
loOO
D’Angennes
1100
Sutera . .
700
Teat, diurno
1800
Circo Sales
da S. Rocco,
da S. Marti-
2600
niano,
dal Monte di
pieta
o _o
o> cs
s ~
3
Z ‘a;
rj
152
89
52
Opera seria con due balli, uno
tragico, l’altro comico. Non e
aperto fuorche nel carnovale,
trannequalche straordinaria fe-
sla della R. Corle. —\ i sopran
tende il Gran Ciamberlano.
Opera seria
o bulla . . .
Commedia .
/E aperto nelle sta-
gioni di primavera,
estate ed autunno.
Nel carnovale per
le feste di hallo.
D’ordinario, almeno al pre¬
sente, quando v’e musica al Ca-
rignano, v’e prosa al D’Angen-
nes, e viceversa. D’ invert
sempre prosa , e vi recita la
Compagnia Reale, largamente
dotala.
Pel solilo, prosa alTautunno,
opera buffa nel carnovale.
Nella state , prosa e talora
musica; nelle altre stagioni,
spettacoli equestri.
Spettacoli equestri e talvolta
prosa.
/ Teatri minori , per fanlocci
\ (.Marionette c Burattini). Nel-
j l’ ultimo reeita tratto tratto
^qualclie compagnia.
TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI
369
Tra le feste di Corte, date nel R. Teatro, rimarra per
lungo tempo viva nella memoria de’ Torinesi la Giostra
del 1859 (1).
(I) « II re Carlo Alberto, Signor nostro, fra gli altri modi con cui festeg-
gi6 il passaggio in questa Metropoli di S. A. I. R. Alessandro, Gran-Duca,
Principe ereditario di Russia, ordino per la sera del 21 di febbraio (1839)
una giostra nel Regio Teatro.
o La platea nel Regio Teatro era stata convertita in arena cinta da uno
steccato, entro al quale dovevano i Cavalieri a cio deputati compiere gli eser-
cizj di giostra e di cavallerizza a ciascuno assegnati. Attorno ai cinque or-
dini de’palcbi ed alia superior galleria giravano altrettante file di candelabri
a tre braccia con accesi doppieri; in mezzo alia sala brillava la gran In-
miera di cristallo.
« In quel vivissimo splendor di luce, emulo della diurn a, vedeasi ogni
palco affollato di spettatori; nfi mai comparvero in piu magnifica pompa e
la beltk di cui fu larga natura alle gentili nostre concittadine, ed i ricchi
abiti, e le care gioje con cui cosi bene conoscono 1’ arte d’ avvantaggiarla.
« Due brevi salite semicircolari guidavano al palco scenico, trasformato per
cura degli egregi cavalieri Pelagio Palagi ed Ernesto Melano, in una seconda
sala ornata all'intorno di colonne d’ordine corinzio, alternate da statue e fe-
stoni ; con una ricca ghirlanda nel fregio sostenuta da borcbie di metallo.
o Levavansi all’intorno varj ordini di panche a foggia di anfiteatro, dove
sedevano gli Ufiziali dei Reali eserciti, ed una eletta schiera di persone dei
due sessi che non avevano potulo capire nci palchi.
c Pendeva dal solTillo una prodigiosa quantity di lustri di cristallo, e la
luce che riflettevano, mista ai colori dell’iride, rispondeva degnamente alia lu-
minaria da noi gik descritta.
it Ai due lati estremi dell’anfiteatro erano disposte due compagnie di mu-
sici dei reggimenti cbe formano di presenle la guarnigione della capitale.
a In mezzo ergevasi una fontana di marmo bianco sostenuta da delfini.
L’acqua zampillava a breve altezza dal mezzo di una conca, e riversavasi in
una sola mappa a foggia d’ ombrella in una vasca inferiore. Altri zampilli
uscivano dal capo dei delfini. E non c a dire qual riposo fosse per gli occlii
e per la mente de’riguardanti quell' immagine di beta frescura, infra tanta
calca di spettatori, fra cosl prodigiosa quantity di lumi.
o Alle otto cd un quarto comparvero nel maggior palco Reale le Loro
Maestti accompagnate dall’eccelso Ospite, e dai Duchi di Savoja e di Genova.
« Ebbe allora cominciamento la festa. Componevasi la medesima di varii
esercizj di giostra, quali sono la corsa del dardo, dell’anello e dellp teste; e
*IG
370
CAPITOLO DEC1MOTTAVO
La ginnastica ossia 1’ arte clegli esercizj del corpo,
trovata a principio per accrescere le forze ne’ militari
servigj, raccomandata ad uso igienico da Ippocrate e
da Galeno, e recata in Grecia e in Roma a’ supremi
onori negli spettacoli patrj e religiosi, non sussiste guari
d alcune figure di quadriglia atte a provare l’eccellenza di chi le eseguiva
nel risolvere i piu difficili problemi dell’arte d’equitazione, e la somma pe-
lizia di chi soprantendeva all’ ordinamento di cosl nobili esercizj.
« Erano i Cavalieri della giostra, sotto al comando del marchese Cordero
di Pamparato Luogotenenle-Colonnello, divisi in tre quadriglie; I’Inglese, la
Francese, e l’ltaliana. Le due prime eseguirono le corse del dardo e delle
teste. La terza aggiunse a quelle due corse la corsa dell’anello. Oltre a cio,
le une e le altre si mostrarono cosi bene in varie figure di quadriglia, sep-
pero accomodare cosi perfettamente ogni moto de’loro cavalli al tempo se-
gnato dalla musica, e, senza lasciar apparire il menomo sforzo, riscuotere cosi
pronta obbedienza dai ben frcnati corsieri, che pareva, se non rinnovato il
miracolo degli antichi centauri, muovcrsi almeno con una sola volont^ i due
eorpi; e che per comun giudicio non si potevano desiderare n6 migliori ca¬
valieri n& pin aggraziati.
« Prima che finisse la festa, due Ufiziali della Scuola d’ equitazione fecei'o
ai loro cavalli cseguir varii passi cosi minuti, cosi gentili, cosi rispondenti
al ritmo della musica, che tutti ne pigliarono inestimabil diletto, maravi-
gliando che a tanta perfezione d’ obbedienza potesse per forza d’arte ridursi
un animal generoso, c di sua natura impaziente.
« Scesero poscia nell’ arena il marchese di Pamparato, capo della giostra,
rl capitano Vagner, il cavaliere d’Angrogna ed il cavaliere della^Marmora,
capi delle quadriglie, i quali eseguendo con somma facility varie figure, c
varii difiicilissimi passi d’alta scuola, dimostrarono quanto fossero valenti nell’
arte cavalleresca.
« Per ultimo un’ entrata generate dei Cavalieri delle tre quadriglie impose
lermine alia giostra nel modo con cui si era incominciata.
« Non mancarono alia bellezza di quel raro spettacolo nfi la ricca barda-
tura dei cavalli, n£ gli abiti di velluto a colori diversi, ma Ieggiadramente
oomparliti, disegni del valoroso nostro pittore Gonina.
Giostra corsa in Torino adcCt 21 febb. 1839 nel passaggio ecc. Torino , Cfd~
rio e Mina , 1839, in-fol., ediz. magnijica con tavole litograjiche. Aulort, il cav,
Luigi Cibrario.
TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI
571
appresso i moderni se non in queila sua parte clie prende
nome di giuochi d’esercizio, ripugnando agli odierni co-
stumi l’atletica. A1 Pallone, il piii virile esercizio ginnico
de’moderni Italiani,si gi uoca sotto ilbastioneorientale del
Giardino del Re. Non mancano ad esso in Torino i valenti
percussori e ripercussori, gli ammiratori, i parteggianti
e gli scommettenli, del pari clie altrove, ma tutto cio con
minor solennita clie nella centrale Italia, ove le vittorie
del Pallone vennero piii d’una volta cantate sulla lira
di Pindaro. Poco lungi di la evvi la Pallacorda, ossia
il luogo ove si giuoca alia palla a corda; esercizio da
metter ancli’esso tra i piii violenti dei ginnastici (1).—
I bigliardi o trucchi a tavola sono per ogni lato. Il giuoco
delle boccie, nel significato Lombardo, Romano, ecc.
di questo vocabolo, cioe con grosse palle di busso, e il
comunissimo e prediletto giuoco d’esercizio delle nostre
contrade. Usavasi un tempo anche il Pallamaglio, ed no
luogo presso il Valentino serba tuttora quel nome ad
indizio del giuoco a cui serviva d’arena: ora e dismesso
del tutto, ed i piu ignorano persino clie generazione di
giuoco egli siasi.
Amantissimi per lor indole sono i Piemontesi del ballo,
ed altre volte non ci avea villaggio ove la festa del Santo
non fosse accompagnata dal ballo sotto la tettoja del pub-
blico mercato. Egli e il vero clie il suono delle danze giuli-
ve v’era talora interrotto dai flebili gemiti dei trafitti dal
coltello nelle risse frequenti. Ma se dobbiam lamentare
clie i delitti di questo genere altre volte contaminassero
(1) I Piemontesi lo chiamano Trincotto, e porta questo nome la strada ov’fi
la Pallacorda. E il jeu de la Paiime de’Francesi, quasi ignoto in Italia fuor
di Torino. — Si giuoca pure al Pallone sotto le mura della Cittadellti.
372
CAPITOLO DECIMOTTAVO
le nostre feste, possiamo almeno riconfortarci col pen-
siero die l’uso cli que’vili scherani e sicarj, conosciuti
col nome cli bravi, cli bull ecc. in altre parti d’ltalia,
si rimanesse quasi ignoto tra noi, la Regia autorita
avendovi sempre tenuto a freno i feudatarj die
11 libito fan licito in lor leggc.
Rari son divenuti i balli domestici nella citta, comuni
altre voile a segno che nelle sere carnovalesche mal
potevi passare clinanzi una casa senza udire uscirne i
suoni che davan legge alia conlegnosa contraddanza,
alia vispa monferrina od alia concitata furlana. E piii
rari ancora si son fatti que’balli detti cli Societa,ch’erano
il piii geniale trattenimento del monclo elegante. Ma in
quella vece la beneficenza lia saputo inlrodursi anclie
nei balli e nobilitarli della sua luce. Quello dato a pro-
litto del Ricovero de’Mendici in quest’anno ha fruttato
L. 17,070.
Un’altra maniera di beneficare, a cosi dire, con ga-
lanteria, e cjuella clelle Lotterie di ornamenti, di arredi,
di lavori donneschi, di disegni, paesetti, e cose altret-
iali. Questi premj che ordinariamente ascendono a molte
centinaja, sono doni spontanei. I viglietti a cui la sorte
puo far vincer que’ premj, si smerciano a migliaja. II
prodotto di queste lotterie di beneficenza sail piii d’una
volta in Torino a ragguardevolissime somme (1).
La beneficenza, diciamolo con franche parole, e la
virtu che meglio contraddistingue i Torinesi. Non ogni
cosa piace alio straniero ne’nostri costumi. Egli vi
(!) La Lotteria in bcnefizio del Manicomio produsse . lire 41,000
dello Spedale Maggiore.. 32,500
degl’incendiati di Sallanca ..... » 28,800
TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI
373
trova qualche ruggine, qualche ritrosaggine, sussiego
soverchio da un lato, rozzezza soverchia dall’ altro,
e soprattutto vi nota il travaglio del passaggio da una
civilta ristretta ad una civilta piii larga e piu gcnerosa.
Ma queste pecche e mende, e le fastidiosaggini e le
ubbie che lo eontristano, oil come si dileguano tutte
a’ suoi ocelli innanzi lo splendore delle nostre institu-
zioni caritative! La grandiosa fabbrica dello Spedaledi
S. Luigi, e quella immensa del Manicomio innalzate
in pochissimi anni con doni e con laseiti; il Pdcovero
de’ Mendici, aperto, arredato , dotato con soscrizioni
volontarie raccolte in un subito, e lo spedale Cottolengo
ove piu di 600 infelici vengono giornalmente curati,
mantenuti, assistiti con largizioni segrete a segno die
non si conosce neppure il nome di un solo de’ largitori,
sono, per tacer d’altri, esempli si maravigliosi della
torinese beneficenza, che il viaggiatore, il quale attenta-
mente li consideri, ben puo perdonarci se il yivere
nelia nostra citt'a e forse men giocondo e meno allet-
tevole che in altre della penisola.
Tra le usanzc festive di Torino e dei suoi dintorni
ne sceglieremo due, singolari dalle altre d’Italia. La
prima e quella del Falo ; la seconda, della Corsa del
carro. Per la prima, trascriviamo cio che ne abbiamo
inserito in altr’opera.
« L’uso de’ fuoclii di gioja, di allegrezza e di baldoria risale
alia piii remota antichita. In mezzo a que’fuochi i palriarchi
offrivano sacrifizj alia divinita. I Greci accendevano in onore
di Minerva, di Vulcano e di Prometeo una quantita gran-
dissima di lampade per mostrare la loro riconoscenza, perche
favoleggiavano che il primo di que’numi avea insegnato a far
374
CAPITOLO DECIMOTTAVO
l’olio, il sccondo era inventor delle lampade, e Prometeo queste
avea recato ad utilita per mezzo del fuoco da lui rapito nel cielo.
« Ovidio, parlando della fesla che celebravasi in Roma in
onore della dea Pale, avverte che in quel giorno si accende-
vano fuochi di paglia.
« Nelle lampadoforie i Greci celebravano diversi giuochi al
chiaror delle lampade, e quci giuochi erano accompagnati da
danze e da altri pubblici diverlimenti. L’apparecchio di un’al-
tra fesla dedicata a Bacco consisteva in una grande illumina-
zione nolturna, e in una grande profusione o distribuzione di
vino, che facevasi a tulli i passeggieri. Giulio Capitolino c’in-
segna che l’illuminazione data da Filippo nei giuochi ch’egli
fece celebrare in occasione della solennita de’giuochi secolari,
fu tanto magnifica, che durante tre giorni non si pote averc
idea alcuna della oscurita.
« In unodi que’fuochi di haldoria, acceso in mezzo alia piazza
di Trajano in Roma, 1’ imperatore Adriano annullo e brucio
lutte le sue polizze di credito sopra le provincie, che ascende-
vano ad una somma slraordinaria, e che alcuno ha creduto
di poter computare circa 155,300,000 franchi. Conservossi
negli storici ed anche su le medaglie la memoria della gene-
rosa azione.
« Son da citarsi fra i modern i i fuochi detli di San Giovanni
che il Gebelino crede essere succeduti ai fuochi sacri che si
accendevano a mezzanotte nei solstizj presso gli Orientali, i
quali figuravano per mezzo di quella flamma il rinnovamento
del loro anno. Que’fuochi di allegrczza accompagnati erano da
sacrifizj e da voti per la prosperity delle ricolle. Intorno a
que’fuochi si danzava, e i piu agili vi passavano e ripassavano
sopra, spiccando un gran salto. Nel rilirarsi da quella festa
ciascuno portava seco un tizzone grosso o piccolo, e il rima-
nente gcttavasi al vento, affinche questo dissipasse tutte le
ealamita e i disastri, come dissipava le ceneri. Di la a molti
secoli, allorche non si comincid piu l’anno dal solstizio, si
continuo egualmente l’uso di accendere in quel tempo fuochi
TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI 37S
grandiosi, in conseguenza probabilmenle delFabitudine e delie
idee religiose o superstiziose che a que’ fuochi si erano annesse.
« In molti dipartimenti della Francia, specialmente nel mez-
zogiorno, ancora sussiste il costume di accendere fuochi nel
giorno di S. Giovanni, e questi massime nelle campagne sono
riguardati come un soggetto di religione. In alcuni luoghi si
accorre processionalmente a que’fuochi per cantare inni o pro-
nunziare allre preghiere; in qualche paese altresi i contadini
pregano Iddio, facendo tre volte il giro del fuoco ch’essi hanno
acceso vicino alia loro capanna; essi credono che la fiamma,
attraverso o sopra della quale sono passati Ire volte, abbia la
virtu di preservarli da certe fenditure ai piedi, che mol to gli
incomodano, soprattultone’tempidelle messi. Si scorgein questo
un avanzo della pratica de’Romani di sallare sopra del fuoco,
ed alcuni vi ravvisano un residuo dell’antiea opinione, che il
fuoco edace tutto purifica, come lascio scritto Ovidio.
« Prima della rivoluzione celt-bravasi in Metz la festa di San
Giovanni con un gran fuoco acceso sulla spianala. Al rogo ap-
piccavasi il fuoco dal primo magistrato della citta al suono di
una musica guerriera. Il presidio in armi formava un gran
ricinto intorno al fuoco, c durante la cerimonia si facevano
tre salve di moschetteria. I v i pure, prima della meta del se-
colo scorso, abbruciavansi gatti cbiusi in una gabbia di legno,
posta in sulla cima del rogo. L’arsionc di questi poveri ani-
mali proveniva dalla credenza ch’essi avessero comunanza
colle streghc».
L’usanza del Falo sussiste in Torino, ma scevra di supersli-
zione. Ilrogo viene innalzato sulla magnificapiazza del Castello
dinanzi al palazzo di Madama, ed e composto di fascine am-
monticchiate a piramide. Vi assiste una deputazione del Corpo
di Cilia, e al Sindaco, capo della deputazione, spelta per an-
lica consuetudine il dirilto di dare il fuoco alia catasta, che con
voce poco variata da quella di f‘aid , usata da Gio. Villani, e
denominata faro . Il Re, colla R. Corte, suole onorare della
sua presenza quest’antica festa popolare da’balconi del suo
376
CAPITOLO DECIMOTTAVO
palazzo. Lc truppe, schierate in bell’ordinanza sulla piazza,
sparano Ire volte le armi mentre arde la catasta. Cio avviene
la vigilia del S. Giovanni a sera, cd e, se non erra la nostra
memoria, l’unico esempio di tal cerimonia che si conosca in
Italia. Sembra cbe passasse in Piemonte dalla Provenza.
Ma dovunqiie ci venisse, essa e molto antica fra noi
e si collegava altre volte ad usanze, ora cadule in ob-
blio, e che ci giova raramemorare.
La festa di S. Giovanni Battista, patrono della dio
cesi, vien celebrata in Torino da tempo immemorabile
con solennita particolare. Altre volte nella vigilia del
Santo si creava il re archibugiere, il quale veniva scelto
tra i giovani che aveano fatto il miglior colpo al tiro del
pappagallo, che cost chiamavasi allora il bersaglio, fog-
giato infiguradi quest’uccello. Il re archibugiere riceveva
un donativo dalla Citta, e trovasi che nel 1590 gli furono
donati 200 fiorini. La sera poi di quella vigilia si fa-
ceva il falo sulla piazza Castello, e contemporanea-
mente si faceano fuoclii di gioja sopra le torri della
citta, accompagnati dal fragoroso suon delle trombe.
Un altro eroe della festa, il re tamburlando, guidava la
baldoria intorno al falo, e trovasi pure che nel suddetto
anno 1590 la Citta ordino al suo tesoriere « di pagare
scuti sei di fiorini 9 Vuno al re tamburlando per ajuto di-
fare la balloria » (1). Quel drappello di ragazzi e fur-
fantelli d’ogni maniera che presentemente, appena di-
partitesi la fanteria e la cavalleria, accorrono a girare
in tondo e saltare attorno al falo menando baldoria,
sono tuttora una derivazione ed un vestigio del rito
antico.
{I) Estralto dagli Archie/ della Cilia.
TEATRI, D1ALETT0, *SI E COSTUMI
377
II giorno poi della festa si faceva la corsa del carro
co’ buoi, ed i Massari, deputati a governarla, venivano
eletti dalla Cilta (1). La corsa si facea per le strade di
Torino, ed il carro, o sul principio o ncl fine, entrava
nel Duomo. Laonde quando in sul finirc del quattro¬
cento venne riedificato il Duomo, si diviso di elevame
il suolo ed apporvi una scalinata, affine di sradicare
quell’ uso.
Qualche attinenza col famoso carroccio de’Comuni
Lombardi e Toscani, il quale veniva tratto in campo e
nelle battaglie co’buoi, ha certamente la corsa piemon-
tese del carro. E da un passo del Villani sembra che a
San Giovanni si offerisse un carroccio dai Fiorentini (2).
Ma lasciando queste indagini a chi ha piu tempo e
dottrina, noi crediamo poter asserire che la corsa del
(1) Massari chiamayansi i custodi delle pubbliehe masserizie nella repubblica
Fiorentina. Nella Genovese vi fu tempo in cui la custodia dell’erario era affi-
data a magistrati che avean titolo di Massari. Diconsi Massari in Piemonte
que’ ebe soprantendono alia festa del villaggio.
(2) Nel 1340 « la mattina di S. Giovanni Batista essendo uno ricco e
grande ciero in su uno carroccio fatlo per li signori della Moneta per offerire
a San Giovanni, si stravolse sprovvedutamente con tutto il carro » ecc. Gio.
Villani, Istor. Fior., lib. xi. Veggasi pero se 1’offerire si riferisca al ciero od
al carroccio. Ma senz’ alcun dubbio il carroccio che si inenava nell'oste con
sue lo stendale del Comune, era in tempo di pace conscrvato nella chiesa
del Batista da’Fiorentini. Ivi.
Non dobbiamo qui trasandare un’usanza Torinese che mal sapremmo col-
locare nel testo senza interromperc il diseorso, ed 6 la seguenle: — nil giorno
della festa di S. Giovanni una gran deputazione del Corpo Deeurionale si tras-
ferisce al Duomo, vi fa un’ olferta d’ uso ed assiste alia messa pontilicale.
Segue quindi la processione, nella quale 1’Arcivescovo porta le reliquie del
Santo al palazzo di Citta ed ivi le presenta a baciare al Mastro di Ragionc
che in quell’atto rappresenta l’Ordine. Il Mastro di Ragione fa un donativo
di limoni e di fiori a Monsignorc Arcivescovo ed ai Canonici del Capitolo;
poscia la processione ritorna al Duomo ».
378
CAPITOLO DECIMOTTAVO
carro si fa tuttora, non piu nella citta, ma bensi nel
suo sobborgo della Dora e largamente ne’suoi clintorni,
al modo stesso con che si l'accva nel quattrocento, e nel
einquecento. E ci accingevamo a descriverla, quando un
nostro giovine amico ci recola pittura ch’egline aveva
fatto in versi, alia quale concediamo qui luogo(l).
Da due vispi giovenchi innanzi al lempio
Vicn tratto un carro che ad aprire i solclii
0 a recar pesi non fu oprato ancora.
Siede sopr’ esso il buon Massar che il regge,
E nel mezzo del carro in pie sta ritto
Giovane contadin che baldo in atlo
Porta un cappello di guerresca foggia,
E una serica ciarpa. 11 Sacerdote
D’acqua lustral sparge quel carro, e dice
Sacri accenli sovr’esso. Allor movcndo
A lenti passi s’incammina il plaustro
Vcr la piazza ove accolto e stretto in densa
Calca sta il popol tulto. Indi v’ascende
Altro Massar, che ad alta voce appella
Tutti color che per la festa han posto
Nel volgere dell’anno i lor campcstri
Lavori, e a quesli qual merce dispensa
(I) Altre notizie storiche sulla corsa del carro sono le seguenti:
« Anno 1563. li 12. gcnnajo fu stabilita in Rivoli un’ annua festa in coni-
memorazione della nascita del Principe, si fece in delta occasione proces-
sione generale, e corsa de’ carri co’ buoi.
« Vi fu pure una corsa de’ buoi l’anno succcssivo in detto giorno tra Mon-
caglieri e Torino, alia quale concorsero Ie ComuniUi di Chieri, Moncaglieri,
Torino, Grugliasco, Rivoli, Orbassano e tutti gli altri piu vicini. Vi assistette
il Duca (Emmanuele Filiberto), e fece un dono al vincitoredi un ricco pallio
di damasco argentino il quale fu vinto dai Rivolesi con soddisfazione del
Puca che li proteggeva ». — Memorie sulla St or in di Rivoli, MS.
TEATRI, DIALETTO, ESI E COSTUMI
379
Pungoli e sferze in varie guise adorne. (i)
Quel giovin poi che sta sul carro, mette
All’incanto il cappello, arcano segno
Del potere in quel giorno, e ambito fregio
Che volger fa delle fanciulle il core
Verso il garzon cui fia FElea ghirlanda.
A raano a man che il prezzo allri ne accresce.
Sale sul carro, c quello al capo impone
E della ciarpa cinge il fianco. Alfine
Offerto e il maggior premio, e chi l’offerse
Di quegli emblemi riman donno, e corre.
Ma forse il meglio io qui tacea, l’antico
Rilo obbli'ando. A mano a man ch’uom sale
Sopra del carro, ei sopra d’ esso danza
Di musici concenti al suon giulivo
In un con quel che d’indi scender dee,
E ad alta voce vi fa rime, figlie
Di rustic’ estro, rozze rime a gloria
Della chiesa o del Santo o del villaggio,
0 degli astanti, e suoi slramhotti sempre
Di tre salti accompagna ; antiche usanze
Che neH’omhrc del tempo han culla ascosa.
Ma i giovenchi ecco gia piglian le mosse,
Ed il villan che li governa assiso,
Senza tregua li punge. Essi la via
Divorano focosi, e snello intanto
Il garzon su del plaustro in pie sta ritto,
Di destrezza e d’ardir difficil prova
Per la foggia de’carri saltellanti
Sopra strade mal piane, irte di selci,
(1) Per raccogliere il denaro necessario a celebrare la fesla del Sanlo del
villaggio, sogliono i contadini piu zelanti fare nel corso dell’anno certe opere
rurali o condotte di carichi, delle quali abbandonano la mercede a quel fine.
L’ importare di queste mercedi insieme unite forma il fondo della festa , e
serve a pagare 1’ illuminazione degli altari, la musica sacra, ecc. ecc.
380
CAPITOLO DECIMOTTAVO
E in china o in erta spesso. II popol plaude
Con fragorosi cvviva al garzon prode,
Cui nell’anno venturo e dalo il carco
Di ricondurre innanzi al lempio il plauslro,
E di porre all’incanto i nuovi emblemi.
« La lingua Piemontese, scriveva l’antiquario Bartoli,
e un misto di varie lingue. Oltre alia Franzese , tiene
molto dell’Italiana antica, quale si vede nelle opere di
Guittone d’Arezzo. Per esempio maraman viene dall’a
memo a memo (!!!): ciuenda da chiudenda. Ha parole
die vengono dal Latino, come la parola fidei per ver¬
micelli, forse deriva dal Latino fidcs o fidicida che sono
ie corde della lira o del violino, molto simili ai vermi¬
celli. Ne lia altresi che partirono dalla Grecia. Magara
per Dio volesse discende da una voce greca di simil
suono che significa beato, nel senso di beato me o pur
beato » (1).
Piii esatto, a parer nostro, e dire che il dialetto
Piemontese e un misto d’ltaliano e di Provenzale. Quasi
tutti i suoi vocaboli o s’incontrano, benclie con altre
desinenze, ne’nostri Classici, o si rinvengono nelle opere
de’Trovatori. Eccone un esempio:
Provenzale
Dona, mo senhor ai lassat
Al portal major dezarmat,
Pcssatz de luy, e faitz 1’ intrar,
Ch’ ieu vauc lo castel abrandar. (2)
(1) Gins. Bartoli , Note ai Viaggi del Montaigne.
(2) Brano di una Novella di Arnaldo da Carcassese, puhblicata da Rav-
nouard, C/ioix des poesies originales des Troubadours.
TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI
381
Italiano
Donna, mio signore ho lasciato
AI portello maggiore disarmato,
Pensate di lui, e fatelo entrare
Ch’io vo lo castello abbruciare. (i)
Piemontese
Dona, ’1 me sgnour i lai lassa
Sla porta granda desarma :
Pense a clue), e felo antre,
Ch’mi’1 castel vad fe brande. (2)
11 metro di questi versi Piemontesi, chenti ch’elli si
sieno, corrisponde appuntino a quello de’Provenzali. Ma
i varj suoni che prende Y e piemontese mal si possono
rappresentare anche con segni di convenzione. Questa
vocale, quando si scrive e, tiene qualche affinita coll’e
muta de’Francesi, ma si pronunzia molto diversamente.
L’e poi di festa in piemontese e si diderente dall’e di
festa in toscano da non potersi significar con parole.
Peggio ancora ne’dittonghi. Ma per non allungarci troppo
intorno ad un argomento si arduo, ricorreremo di bel
nuovo alia speditiva via degli esempj , e recheremo
una canzonelta dell’aw. Angelo Proflerio, il piii im-
maginoso, a nostro credere, de’poeti che scrivano od
abbiano scritto in piemontese. La composizione, scelta
a tal fine, e del numero di quelle in cui l’autore ha vo-
luto innalzare il dialetto alia dignita d’una lingua, e
(j) Traduzione di Gio. Galvani, Osservazioni suit a pocsia dc Provenzali.
(2) Ovvcro «Ch J mi’l castel vad a brus6». — Ci pare che 1 'abrandar del
Trovatorc si del)ba dividere in a brandar. Questa voce 6 vivissima in Pie¬
monte, ove si dice il fuoco branda , la cucina branda, e l’alare si chiama
brande.
382
CAPIT0L0 DECIMOTTAVO
qtaindi riuscira piii facile l’intenderla agl’Italiani delle
altre contrade, pe’ quali solo aggiungiamo Y interpre-
tazione di alcuni vocaboli affatto lontani dall’italiana fa-
vella, cd anche dalla francese.
LA BARCHETA (1)
Guarda die bianca luna,
Guarda die cel seren ;
Duna, raia cara, duna ; (2)
Ven, Carolina, yen.
Una tranquila arieta,
Sent, a consola’l coeur: (5)
Ven , ven su la barcheta
Dl’amour c dt*l bonoeur.
I genj da le sponde
A1 mar a fan la stra,
La tera, i vent ej’onde
Per noui a smio crca. (k)
Nossgnour am’ lo permeta,
Me cel a T e to coeur :
A voga la barcheta
Dl’ amour e del bonoeur.
L'ultima steila a svela
Che l’alba a veul spunte,
Ma coul mai cambie vela
(1) La Bavcheita. — Ripetiamo essere impossible it dare at forestiero una
idea del suono di quest’ e net nostro dialetto, altramente che a viva voce.
Basti qui avvertire die chi pronunziasse barcheta alia maniera toscana o alia
veueziana, o alia francese, travierebbe niille miglia dal vero.
(2) Duna , val presto. L’u di luna e di duna 6 il lombardo, ed anche piu
chiuso.
(3) A conscla: 1’ a innanzi all’indicativo presente H un confermativn; ras-
soiniglia al do dcgl’lnglesi.
(4) A smio, sembrano, somigliano. Nel verbo smie si ravvisa chiara I'af-
tinitit col simigliare.
TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI
383
Coraenssa a fe baje; (1)
Na pcita nuvoulela
A yen a turbe ’1 coeur:
A bautia la barcheta (2)
Dl’ amour e del bonoeur.
L’orient smia pi nen candi,
El cel pi nen azur;
El turbine a pia l’andi, (o)
Lontan a l’e gia scur ;
As leva la mareta,
Un sent a rouje’l eceur : (4)
A dagna la barcheta (S)
Dl’ amour e del bonoeur.
Tempesta soul e dsoura, (6)
Tron, losna, e losna e Iron; (7)
El rem a va ’n maloura,
Bondi vela e timon ;
A casca la fuseta ; (8)
A bat pi nen el coeur .. . (9)
Bon viagi a la barcheta
Dl’amour e del bonoeur.
Torino e la citta de’pubblici passeggi. Nell’ inverno,
i portici cite dal centro vanno insino al flume che ne
lambe le mura; nella bella stagione il giardino del Be
(1) Baje, sbadigliare.
(2) A bautia, dondola.
(3) A pia Candi; piglia le mosse, si slancia.
(4) Si senle che il cuor dii la volta, cio6 si prova il fastidio, la nause
del raal di mare.
(5) A dagna ; fa acqua, lascia entrar l'aequa.
(6) Sotto e sopra.
(7) Losna e tron, Iampo e luono.
(8) A casca la fuseta-, cade il razzo, cio£ il fulmine.
(9) Pi nen, non piu; cioc non batte pin il cuore.
384
CAPITOLO DECIMOTTAVO
ed il giardino pubblico, cose di cui abbiamo parlato.
[1 procinto poi della citta e un continuo ombreggiato
passeggio. Aggiungi gli stradoni fiancheggiati da om-
brosi viali del Valentino. Se poi ti spingi piii oltre, hai
1’oltrepadana collina ebe tuttae un diporto, hai gli om-
breggiati stradoni di Itivoli, di Stupinigi, lungo la
Dora, eec. ecc. Ed hai finalmente il romantico errare
tra verdeggianti prati, tra lussureggianti orti e siepi
fiorite, e lungo canali di mormoranti acque pia miglia
all’intorno. Nondimeno un Corso degno di questo nome
manca ancora a Torino. Un Corso noi intendiamo dire
ove le carrozze possano passeggiare a piii file, e star
ferine a piacimento; e le belle che vi pompeggiano,
seendere a diportarsi pedestri, ovvero negli splendidi
lor cocclii starsene conversando con gli eleganti che
cavalcando abbelliscon la scena; un Corso, a significarlo
con gli esempj, come quello de’Bastioni orientali a Mi¬
lano o delle Cascine a Firenze. Lo spazio a formarlo
non manca verso il Valentino, e il sempre crescente
uumero delle carrozze e de’ cavalli di lusso gia ne vien
mostrando il bisogno.
Farebbe bell’opera chi pubblicasse lo Specchio dd
prezzi de'viveri nelle diverse parti d’Italia per un decen-
nio. Senza cotai ragguagli e confronti, l’argomento ap-
plicato ad una citta sola rimane privo d’ evidenza e
d’efletto. Nondimeno per semplice reminiscenza ci sem-
bra poter asserire che i prezzi del vivere in Torino si
pareggiano, ogni cosa conguagliata, a que’ di Milano.
Ad ogni modo, ecco uno specchio de’nostri. A1 prezzo
delle derrate alimentarie aggiungiamo quello delle com-
bustibili, parte si importante del dispendio di una casa,
TEATRJ, DIALETTO, ESI E COSTUMI
385
e quello altresi de’foraggi, senza del quale mal puoi
computar 1’ importare del viver signorile: imperocche
a’ di nostri, per usare il proverbio di una citta vicina,
« una carrozza e necessaria ad un signore non meno
del pane ». Quanto al prezzo delle pigioni, esso varia
dalle 100 alle 200 lire all’anno per ogni stanza, secondo
i quartieri e le condizioni locali. Per una camera mo-
destamente arredata, si spende di pigione dalle 15 alle
30 lire, a norma delle differenze ridette. II viaggia-
tore clie si sta contento al trattamento mercantile negli
alberghi, paga 1 lira al giorno per una camera e 3 lire
pel pranzo a tavola da paste.
PREZZO
accomunato sopra un decennio (dal 1850 al 1810)
dei commestibili , combustibili e foraggi sotto descritti ,
in Torino
Pane l a qualita .
Cent. 19
la libbra
2 a »>
»
18
id.
5 a »
J)
17
id.
4 a »
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15
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11
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Carne di vitcllo .
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53
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di bue .
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26
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Olio l a qualita .
L.
17
C.
09
il rubbo
2 a »
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15
1 >
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5 a »
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12
»
29
id.
di noce
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10
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50
id.
Vino l a qualita .
L.
11
c.
22 la brenta
2 a »
»
9
»
75
id.
5 a » .
•
8
T)
50
id.
n
386
CAPITOLO DECIMOTTAVO
Legna di quercia o noce .
di ontano
di pioppo
Cent. 32 il rubbo
» 28 id.
» 23 id.
Carbone
84 id.
Fieno l a qualita
2 a »
3 a D
Cent. 76 il rubbo
» 69 id.
» 61 id.
Paglia l a qualita
2 a »
Cent. 48 il rubbo
» 43 id.
Vena
L. 2 C. 12 1’emina.
Aggiungiamo la
INOTA NUMERICA
Dcgli Alb erg hi, Ostcrie , Cantine , Caffe, Vend,'dor i di vino
e simili; in Torino, Borghi e Tcrrilorio
Alberghi .
»
»
38 j
98
detti .
3° »
»
36 (
detti sul territorio
• • • •
»
3
TEATRI, DIALETTO, USI E COSTUMI
587
Liquoristi, ossia venditori di rosolj .
IN 0
50
50
Venditori di sola birra.
15
15
Venditori di brandwin con bottega .
»
14
| 42
detti con banco od ambulanti con cesto
»
28
Venditori di vino all’ingrosso ....
»
44
| 157
detti al minuto da esportarsi
»
93
II lettore ha veduto qui innanzi die i caffe in Torino
sommano poco meno che a cento. Anclie quelli di se¬
cond’ordine sono arredati con una specie di lusso. Ma
il lusso ne’ principali e straordinario. Sono essi magni-
ficamente arredati, e messi ad oro, a stucchi, a spee¬
ch] , a pitture, e cotanta loro eleganza vien fatta me-
glio spiccar nella notte dal gaz che gT illumina. Quello
di S. Carlo rassomiglia una reggia (1).
Quasi tutti i caffe di Torino van forniti di qualche
giornale, parecchi ne han cinque o sei, ma ven sono
taluni in cui il numero de’giornali nazionali e stranieri,
politic!, scientifici, letterarj e teatrali e si copioso, ed
in cui si notevole e il concorso e Tassiduita de’lettori,
che la stanza in essi deputata ai giornali puo a buon
(I) Preszi nei Caffe
Caff6 ncro, o col latte .. Ceniesimi 15
Cioccolato...» 25
Rinfresco. * 25
Mezzo rinfresco.. 15
Sorbetto.» 40
Granita. 25
Bottiglia di vino bianco.. . » 60
di vino nero.. . . . » 50
di birra. ...» 40
fiicchierino di rosolio fino.» 15
Ciambella, cro*tino o simile.» 05
388
CAPITOLO DECIMOTTAVO
diritto chiamarsi un gabinetto letterario. E cio rende
ragione del perche in Torino di gabinetti letterarj pro-
priamente detti non v’ abbia die un solo (1).
Quante cose abbiamo tralasciato di dire in questo
capitolo! La pittura de’teatri, de’ tratteniraenti, delle
pubbliche feste, degli usi e costumi, de’prezzi e delle
fogge del vivere in una delle piii belle capitali dell*
Italia porgerebbe argomento ad un libro pieno di allet-
tamenti, ed utilissimo per osservazioni morali. Parecchi
articoli di tal fatta gia uscirono a luce ne’ nostri gior-
nali. Ma gli articoli de’ giornali sono come le foglie
cadute dagli alberi che un soffio di vento disperde. I
libri, pel contrario, durano e viaggiano lontano. E cio
mai non sapremmo rammentare abbastanza ai nostri
giovani 'che si danno all’arte dello scrivere. Se Torino
e si mal conosciuta di la dal Ticino e dalle Alpi, non
sen dee forse attribuire la colpa alia mancanza di libri
die la dipingano ?
Porremo fine a questo capitolo col recare P
(1) Via J’Angennes, Casa Benevello, a pian terreno.
ELENCO DE’GIORNALI CHE SI PUBBLICANO IN TORINO
(1° luglio 1840)
.
TITOLO DEL GIORNALE
EDITOR.I
0
STAMP ATORI
Formato
Pcriodicita
P R E 7. Z 0
dell’
abbonamento
preso
in Torino
azzetta Piemontese ....
i’avale
in-f.°
quotidiano
L. 56
essaggiere Torinese . • .
Gabetti
id.
ebdomad. 0
>, 14
Furetto.
)elpino
id.
idem
». 12
eatro Universale.
5 ompeoMa-
gnaglii
in-4°
idem
I* 6
useo scienlifico, artistico e
letterario.
Fontana
id.
idem
» 6
etture Popolari.
Pomba
id.
idem
» 5
Dagherotipo.
Cassone e
Marzorati
in-8°
idem
# 6
iornali di Giurisprudenza
ed avvisi commerciali . •
Mussano
id.
idem
» 10
•iario Forense ossia Gazzetia
de’ Tribunali.
Favale
id.
idem
» 9 50 1
Lppendice al Diario Forense
per materie criminali . .
Idem
id.
ogni 10 g. rI
» 5
’ropagatore religioso . . .
Pomba
id.
ebdomad. 0
» 6
innotatore Piemontese . .
Favale
id.
mensile
» 6
tnnali di Giurisprudenza .
Mussano
id.
mensile
» 20
iiornale delle Scienze Me-
diche.
Fontana
id.
mensile
» 18
rnnali di veterinaria . . .
Idem
id.
mensile
» 12
lepertorio medico-chirurg.
Speirani e
Comp.
id.
ogni 15 g. ll!
» 10
lepertorio d’Agricoltura e di
scienze economiche ed in¬
dustrial i .
Dott. Ra-
gazzoni
id.
mensile
» 12
CAP3T0L0 XIX
DINTORNI DI TORINO
Narra un vecchio autore da noi spesso citato, che un
cavalier piemontese, addimanclato da un gentiluomo fo-
restiero che cosa fosse il Piemonte, rispose: « Essere
una citta di trecento miglia di giro » (1).
Questa risposta, che ha due secoli e mezzo e che assai
meglio s’attaglierebbe al presente stato del paese, in-
dica abbastanza che noi dobbiamo ristrignerci a signi-
ficare le cose piii degne di veduta le quali stanno intorno
(I) Bolero, Relal, Unirers.
DINTORNI DI TORINO
591
a Torino. Uscendo cli questi eonfini, un semplice capi-
tolo s’allargherebbe alia mole di un grosso volume.
Ad ostro-levante di Torino, nasce poco oltre Monca-
lieri una giogaja di colli, i quali, correndo lungo il Po,
si stendono sino a Yerrua, o per dir meglio, sino di la
di Valenza sotto Bassignana, ove il Po e il Tanaro che
li disgiungono dalle Alpi e dall’Appennino, confondon
le acque. Quella parte loro che nella piii larga significa-
zione vien detta collina di Torino, perclie piena di ville
di Torinesi, comincia al lor nascere e si stende sulle due
opposte pendici sin verso Gassino ove ha principio il
Monferrato.
La collina di Torino corre quasi paralella al Po, ma la
sua spina dorsale n’e distante circa un’ora e mezzo di
cammino, e s’innalza da 400 sino a 480 metri sul li-
vello del letto del flume. Da questa spina dorsale si
dispiccano continui contraflbrti, ove piii ove meno di-
stanti fra loro, ove quasi rettilinei, ove variamente sinuosi
e ripiegati in arco, i quali vengono sino al flume coll’e-
streine lor falde, e fonnano piacevolissime valli, diverse
di forme e grandezze. Per queste valli discorrono rivoli
e torrenti in cui raro e che manchi affatto l’acqua anche
nell’ardor della state. Le pendici soleggiate s’adornano
di continui vigneti, di pergolati, di giardini e di ville;
quelle a tramontana sono coperte di selve c di boschi;
i boschi poi regnano su tutta la parte superiore e sulle
cime supreme. Quegli aridi gioghi che si spesso ofTen-
dono gli sguardi altrove, qui sono poco meno che ignoti.
Indicibile e la varieta dei siti che risultano da questa
ragione di colli, i quali qua s’alzano, la s’abbassano,
qua si ritirano, la s’avanzano, e per tutto acqua e fiori
e frutti d’ottima qualita, e continui filari di viti, e
392
CAPITOLO DECIMONONO
frescbissima verzura ed ombre che vincono il sole. Ivi
trovi il poggio falicoso ed alto, e le vie aspre e selvagge,
e i frescki ombrosi seggi, e le fiorite ombrose rive, il
mormorare di lucid’onde, i dilettosi ricetti, e ripetendo
vai col Petrarca:
Ne giammai vidi valle aver si spessi
Luoghi da sospirar riposti e fldi;
Ne credo gia ch’Amor in Cipro avessi
O in altra riva si soavi nidi.
Quesla collina per bellezza e per coltura e per copia
di ville non teme il paraggio ne de’colli Briantei, ne dei
Veronesi, nedegli Euganei, ne de’Toscani, ne de’Parte-
nopei, e se cede loro in alcune parti, come, p. e., nei
laglii pei primi o nelle vedute marine per gli ultimi, tutti
forse li vince nell’opacita dell’ombre, nella freschezza
de’verdi, nella pompa della vegetazione. Ma i Sangalli,
i Michelangioli, i Palladj, i Vignola non s’adoperarono
ad ornarla de’loro capolavori; e vano sarebbe lo sperare
di trovar nelle sue cliiese qualche dipinto di classica
mano (1). E una collina d’aria salubre, piena di bei pro-
spetti dell’Alpi e de’piani, del corso del Po e de’suoi
tributarj; una collina vitifera, fruttifera, tempestata di
casini, lietissima di romantici passeggi, acconcissima al
villeggiare giocondo. Ma dove l’istoria non ha impresso
ai luoghi un perenne eccitamento all’immaginazione colla
memoria di eroici o tragici fatli, dove le art! non com-
muovono l’animo colle stupende lor creazioni, la sola
bellezza de’ siti pub ben porgere incessabil pascolo ai
(l) Ncl Monferrato va diversamente la cosa. A Vezzolano presso Albugnano
evvi una peregrina cliiesa, importante per lo studio dell’arte, cli’6 dc’tempi
de'Carolingi. Negli affreschi di Crea il Moncalvo raffaeleggia.
DINTORNI DI TORIXO
393
disegni del paesista, ma difficilmente deltare molte al-
leltevoli pagine alio scrittore. I piaceri cli’essa inspira
sono di quelli ricordati clal Pindemonte, « die quanto
volontieri si lascian sentire dall’anima, tanto mal solfrono
d’essere con penna descritti ». Quasi unica eccezione
a queste parole e Superga(l), che prendiamo a trat-
teggiare.
Tre miglia ad oriente di Torino, in sulla vetta di un
alto e tondeggiante colle sorge il lempio di Superga
dedicato al nome di Maria Vergine. Tra i mille santuarj
innalzati fuori delle citta ne’luoghi eminenti, quello di
Superga e forse il piu magnilico del mondo cristiano.
Ne diede i disegni il Juvara, portato dalla sua natura ad
immaginare composizioni di monarchica pompa. 11 Mi-
lizia cosi descrive l’edifizio: — «Questo tempio e di
pianta circolare, edotto pilastri, molto rilevati dal muro
maestro, con altrettante colonne incastrate in essi pi¬
lastri, sostengono la cupola. Negli interpilastri sono sei
cappelle elitticlie centinate. Per quell’interpilastro, che
e incontro all’ingresso principale, si passa ad una gran
cappella ottagona, in fondo di cui e il grand’altare. Al
di fuori la scalinata gira in centina, facendo rette e curve.
La facciata ha un portico di otto colonne corintie; l’in-
tercolonnio di mezzo e maggiore de’laterali. Sopra l’or-
dine e un frontone che interrompe la balaustrata. La
cupola di buona figura e in mezzo a due svelti campa-
nili »> (2).
Negli spaziosi e ben arieggiati sotterranei della Basi¬
lica siedono le tombe de’Re di Sardegna. Le fregiano
(1) ll nome di Superga, secondo il Denina, viene da super tcrga montium.
(2) Milizia, Vile degli ArchUeUi.
*17
394
CAPITOLO DECIMONONO
statue e bassi-rilievi, lavoro cle’fratelli Collini. Tengono
queste opere bel luogo tra le migtiori che lo scalpello
facesse nel secolo scorso, prima che Pimmortale Canova
ritirasse la scoltura dagli artigli del manierismo e la
richiamasse al bello ideale ed all’elegante semplicita dei
greci modelli.
La cupola della R. Basilica di Superga si leva 753
metri sopra il livello del mare. Senza pari nella superior
Italia mcditerranea e la bellezza de’prospetti che s’ap-
presentano al riguardante, il quale mandi intorno gli
ocelli da quella eminenza. Le Alpi Cozie, Graje e Pen¬
nine gli manifestano gli eccelsi lor gioghi, e i continuati
lor lianchi, piegati a foggia di luna crescente, e termi-
nati quinci dall’obelisco del Monte Yiso , quindi dalla
piramide del Monte Rosa; cosi detto appunto perche
le nevose sue cime, vedute da queste parti, rosseggiano
e ridono ancora degli ultimi raggi del sole, mentre
Pumida sera gi'a posa sulla pianura e mestamente scolo-
rate si mostrano tutte le altre vette de’monti. A destra
del Monte Yiso, ove cessan le Cozie, tu miri correre a
mezzogiorno le Alpi Basse, che prendono il nome di
Marittime nell’avvicinarsi al mare Ligustico-Marsigliese.
E scorgi l’inferiore catena degli Appennini die dispic-
candosi dalle Marittime alle fonti del Tanaro, si gittano
a partire P Italia. Oltre a questa latissima veduta dei
monti maggiori, che fece maravigliare il Saussure, con-
templa il riguardante i vitiferi e lidenti colli che si
stendono tra il Tanaro e il Po, e si posa sulle tante
castella che s’ergono in cima ai poggi del Monferrato,
indi spazia con gli ocelli sopra gli ubertosi piani del
Piemonte, tutti sparsi di citta, di borglii, di casali, di
D1NT0RNI DI TORINO
395
ville', ovvero profondandosi a N. E. E. nel vaporoso
lonlano, scerne o crede scernere la cupola del famoso
Buomo, dedicato a Maria Nascente, nella si bella, si
colta e si doviziosa Milano.
II tempio di Superga e monumento di vittoria, ossia
frutto del volo fatlo alia Reina de’Cieli da Vittorio Ame¬
deo ii affine di meritar la vittoria. Onde anclie per
questo lato opportunamente sorge l’eccelsa Basilica in
mezzo ad un popolo guerriero che da ogni sua terra
pub contemplarla ed inspirarsi a’pensieri dell’armi,
sempre santificati dalla religione cjuando tendono a di-
fenclere le proprie are ed i proprj focolari contra l’ag-
gressione straniera (1).
Nel di 8 di settembre, giorno della Nativita della Ver-
gine, ed anniversario della dimane della vittoria, ii
popolo si trasferisce alia Basilica di Superga in gran
folia da Torino e da’vicini paesi. Esso passa la maggior
parte del giorno in quell’aria purissima, tra quelle stu-
pende vedute. Tutto quelTalto rispianato esibisce allora
l’aspetto di cio che in altre parti d’ltalia si cliiama una
sagra o una fiera. Coperto e il luogo di tende, di bot-
tegucce e di bettoline volanti. A1 cessare de’sacri ufizj
cominciano i desinari all’aperto, o sull’acrocoro o nei
vicini boschetti e vigneli. II vino scorre in copia ed
avvolge nella dimenticanza gli affanni. Scende negli animi
anticipato il diletto deirimminente vendemmia.
Costumano i Re Sabaudi di portarsi a venerare la
Vergine, proteggitrice deU’Augusta lor Casa, nel suo
tempio di Superga il di della festa. E lo straniero con
(l) Per la battaglia e liberazione di Torino nel 1705, vedi pag. 42 e sog.
CAPITOLO DECIMONONO
59f»
ammirazione li mira venire ed essere accolli ad imma-
gine d’uii padre in mezzo alia sua giuliva famiglia (1).
Rilorniamo ora al luogo ove nascono i colli. — Mon-
calieri, dicono, prende il suo nome dalle quaglie, pro-
nunziate alia Provenzale ( Mont-Cailler ). Nella sua col-
legiata e in qualche altro canto ha vestigie architello-
niche del quattrocento. La sua piazza in declive, con
Soggiati e solatii ed una fontana, e scenica molto. La
positura di Moncalieri, a cavaliere del Po, sui primi
rialti della collina sorgente, e incantevole. I poggi die
in vago anfiteatro lesi stendono a sinistra, ridondano di
singolari attrattive. Risguardanii a meriggio e riparati
daSla tramontana, essi conoscono assai meno degli altri
i rigori del verno. Piacevolissimo pure e il semicerchio
(I) Misnre della R. Basilica di Superga
Allezza totale dal suolo sino alia punta della croce . . metri 75
I.unghezza interna della Chiesa. 51
Larghezza interna. 34
Quadrato del peristilio. j 2
Altezza dei due campanili laterali. » co
« Eravi prima in Superga una Congregazione di dodici sacerdoli secolari,
stahilitavi nel 1730 dal Sovrano fondatore della Basilica. Essa venne estinta
con un altro R. decreto nel 1833, e in sua vece vi fu instituita un’Accademia
ecclesiastica.
« I.’Accademia ecclesiastica di Superga 6 composta di un protettore che
nc e capo, di due professori, de cjuali 1 uno 6 preside e l'altro vice-preside,
e di dodici soggetti ecclesiastici, a cui per sovrano provvedimento del 20
decendjre 1834 ne furono aggiunti tre altri.
b 11 protettore propone al Re i soggetti da eleggersi alle cariche di preside
e vice-preside, ed i quindici membri dell’Accademia sono propostidai Vescovi
per torno. Si ricliiede poi che i membri sieno laureati in teologia od in legge,
saKo che siano dispensati dal Re dal far prova nel loro ingresso in Accademia
di a\ere riportato la latirca in alette facoltA, nel qual caso debbonoprometterc
di abililarsi a conseguir'a ». Calcnd. de’RR. Stali.
D1NT0RNI DI TORINO
397
die, prima di giungere a Moncalieri, incontri guardante
a ponente. Per questi colli abbondano piii che altrove
le ville signorili. Nella citta evvi ora un collegio de’Bar-
nabiti, ottimamente avviato. A edificare Moncalieri con-
tribuirono le mine dell’antica Testona (1).
Di costa a Moncalieri e in piii eminente luogo sorge
il It. Gastello. Ne principio l’edificazione Jolanda, moglie
del B. Amedeo di Savoja. Quivi soleva villeggiare Vit¬
torio Amedeo in con tutta la sua Corte. Una lunga
galleria e ornata de’ritratti de’principi di Savoja: vi si
veggono pure alcuni grandi quadri rappresentanti prin-
cipesse e dame della corte di Carlo Emmanuele ir, a
cavallo in abito di caccia, pitture interessanti per l’i-
storia del costume. S’alzano su pel colic a terrazzi i
giardini.
La fiera di Moncalieri a’ 29 d’ottobre e il ridotto dei
villeggianti. Altre volte v’interveniva la Corte, ed era
tutta fcstosa e vivissima. Anclie com’e al presente, pub
riporsi tra gli autunnali diletti. Parliamo della fiera in
citta; die al pie di essa frattanto sulla riva sinistra del
Po la contrattazione del bestiame cornuto ed anche da
soma e cosa ragguardevolissima , e che mette in giro
qualche centinajo di migliaja di lire. In quel giorno c’e
fiera, cioe mercato straordinario; il venerdi poi d’ogni
settimana c’e mercato ordinario cli’e tuttavia assai fre-
quentato.
Abbiamo individuato due opposti punti della collina di
(l) Forse per solo amore della rima l’Ariosto fe’cenno di Moncalieri, ove
taaoverando gli uccisi da Cloridano nel campo di Carlo, dice:
Dopo essi Palidon da Moncalieri,
Che sicuro dormia fra due destrieri.
398
CAPITOLO DECIMONONO
Torino; Superga e Moncalieri. Fra mezzo ad essi, cioe di
rimpetto a Torino, due altri luoghi c’invogliano a favel-
larne. L’uno e il collicello quasi ad isola detto il Monte,
ove lia un convento di Cappuccini. Il Yittozzi ne fece
la chiesa, della quale narrasi clie vagamenle tondeg-
giasse la cupola; questa venne rifatta senza eleganza.
Conviene clie lo straniero ascenda al convento del Monte
per vaglieggiare dal muricciuolo della sua piazza i
prospetti della soggetta Torino e de’ suoi verdeggianti
dintorni, ai quali le non Ion tan e Alpi fanno maravigliosa
cornice. Poco distante dal Monte siede la Yigna della
Kegina. Una bella strada, ombrata da pioppi, vi con¬
duce dirittamente dal ponte di Po con dolce saljta.
Edifico questa villa il prineipe Maurizio di Savoja poi
ch’ebbe deposto la porpora cardinalizia per dar mano
di sposo alia principessa Lodovica, sua nipote, figlia
di Vittorio Amedeo i e di Cristina di Francia. Egli
vi solea radunare F accademia letteraria da lui insti-
tuita, come quegli clie di ameni studj era amantissimo.
I)opo la sua morte, dilettavasi di soggiornarvi la vedova
sua moglie, principessa clie i suoi contemporanei leva-
rono a cielo (I).
L’Audiberti descrisse questa villa, e ne diede la ve-
duta nel 1711. Essa prese poi il nome di Vigna della
Kegina, ma rimase nelle principali sue parti com’era
(I) Il CastcIIamonte dcscrivendone al Bernini il ritratlo che n’era alia
Venaria, cosi dice: « La prima clie V. S. vede in alto di ferire con una
mano col dardo la fiera, e maneggiare con l’altra arditamente l’infocato ca-
vallo, & la principessa Ludovica Maria, prima sorella di S. A. R.e vedova del
prineipe Maurizio di Savoja, alia quale fece torlo la natura, perchS avcndola
dotata di tulle quelle virtu che si richieggono al governo d’uno scettro e
•lell’armi, gliene ha poi invidiosa tolta 1'occasioned La Venaria Reale, ecc.
DINTORNI DI TORINO
399
da prima. L’adornano orti e boschi disposti a forma di
anfiteatro, con fontane e suntuosi ornamenti d’archi-
tettura. Ha questa villa im pregio da poclii avvertito,
e nondimeno assai importante per l’istoria dell’arte del
fare i giardini; eel e ch’essa presenta incontaminato il
carattere di un giardino all’italiana, prima che l’uso dei
giardini regolari alia francese trapassasse in Italia in-
sieme colie altre usanze della corte di Luigi xiv.
Dalla Vigna della Regina salenclo il colle insino alia
cima, su questa cima appunto ritrovi l’Eremo, ora villa
Raineri, la quale ha un vasto e ben coltivato giardino
ed una torre su cui giova che ascencla chi brama rimi-
rare il Piemonte dalle vette che lo signoreggiano. Gra-
tissimo villaggio, tutto pieno cli fabbriche di piacere, e
poi Cavoretto, posto in mezzo ai colli su giocondo pog-
getto ameriggio, tra la Vigna della Regina e Monca-
lieri.Ma troppo ci converrebbe allungarci a de-
scrivere i villerecci luoglii della collina (1).
(I) L’Audiberti nell’ opera intitolata Regiae villae agri Taurinensis poelioe
ilescriplae a Camillo Maria Audiberto Soc. Jesus, 1711, pinge con questi versi la
collina cli Torino, e i suoi autunnali piaceri:
Jlusa suburbanum nondum obliviscere Collem :
Dirige in alta gradum: Claris ubi cuimina villis
Resplendent; ubi Taurino post terga remoto,
Extra urbeni invenies urbem. Te in rura secutam
Credideris patriam. Sylva, lare, cive frequenti
Dum strepit onine jugum : socio placuere tumultu
Otia: viva quies, et ab omni parte voluptas
Autunmos hilares, niensesque dedere beatos.
Tra le ville di quel tempo eravene un’altra, detta semplicementela Vigna,
gih delizia di Madama Cristina di Francia, poi da Madama Giovanna Batista
cli Nemours clonata per ricovero de’poveri, indi passata in piii mani. Ora
6 la Vigna Prever, sul colle cli contro al Valentino. Bello d lo scorrerne il
bosco, pieno di lieti passeggi, e tagliato ancora sulla foggia cli quell’etS.
400
CAPITOLO DECIMONONO
La geologia e la fossilogia della collina di Torino sono
poi degnissime dell’ attenzione dei naturalisti (1).
E qui dobbiamo far cenno della perfettissima Carta
Geologica de’RR. Stati, composta dal prof. Sismonda.
I dotti europei clie gia ne videro qualcbe saggio negli
Atti della R. Accademia, ne parlano maravigliando, e
fanno voti affinclie il doltissimo suo giovane autore si
conduca a non indugiarne piu a lungo la stampa.
(1) « La situazione tli Torino invila agli stiulj geologici, essendo quesla
cittSi posta alle faille di un’amenissima collina, sepolcro di esseri che vis-
sero in tempi da noi remotissimi; eel avendo a piccola distanza le imponenti
e eolossali Alpi, dove il geologo rinviene o vede le impronte delle catastrofi
che furono la causa efficiente del distruggimento di quella generazione. Si
compone la collina di varie maniere di strati, pi« o meno raddrizzati, appar-
tenenli al gruppo terziario medio. Il suo dorso acquapendente verso oriente
va a perdersi sotlo strati argillosi e arenacei d’epoca meno antica, i quali si
estendono quasi orizzontalmente, e fan parte del gruppo terziario superiore,
che distinguesi dal precedente, perche racchiude spoglie organiche, le quali
palesano colla generazione attuale una somiglianza che non si ravvisa in quelle
del terreno terziario medio.
« Gli strati di questa collina consistono in varie quality di finissima e tenera
areuaria argillosa che i Francesi appellano molasse. Questi sedimenti sem-
hrano opera di un mare tranquillo. Ma a que’ tempi la natura non seguiva
nolle sue operazioni 1’ online stesso di cui noi siamo gli spettatori. Ad una
calma indefinita succedevano spaventose burrasche e tempeste, e cio si voleva
perch6 si staccassero e fluitassero per le acque niassi di cosi sterminata mole,
come sono quelli che insieme con ghiaja alternano in suoli piu o meno
grossi colla suindicata arenaria. Codesti materiali corrispondono alle roccie delle
Alpi e degli Appennini, di dove ragion vuole che provengano. Il serpentino
predomina sopra ogni altra sostanza. Il calcare t: meno comune, e dove si
trova in qualche ahbondanza, si scava e si riduce in calce, la quale, con pro-
porzione conveniente di buona quality di sabbia, produce un eccellente ce-
mento atto a costruzioni ne’ luoglii umidi.
« In piu luoglii della collina rinviensi poi anche una breccia calcare, la ]
quale imprigiona moltissimi nummuliti di specie ancora indeterminata. Questa
stessa spoglia si trova ancora nel terreno terziario, ma nondimeno questa
breccia venne gindicata della formazione cretacea,E tra Ie altre ragioni che
DINTORNI DI TORINO
401
Mettendo ora fine alia descrizione de’ Transpadani
dintorni della citta, trapassiamo a dire de’ Cispadani.
Sfcradoni rettilinei, fianclieggiati da ombrosi viali, met-
tono da piu lati al Valentino, Reale castello a cui 1’ al-
iargarsi della citta lungo il flume viene ormai togliendo
il titoio di suburbano. Lo fece edificare o almeno rie-
dificare Cristina di Francia, figliuola di Enrico iv e di
Maria de’Medici. Questa principessa che molto ritraeva
della con giunta indole paterna e materna, e che dopo
!a morte di Vittorio Amedeo i, suo marito, governo
per molti anni lo Stato come Reggente, e rimasta cele-
bre nelle nostre istorie. Era bellissima della persona,
svegliata d’ingegno, animosa, amante de’piaceri e del
fasto, liberate ed arnica de’letterati. Il Valentino e co-
struito nello stile de’castelli francesi di quell’eta con
qualtro torri quadre dal tetto acuto, e con portici egal-
lerie di stile italiano. Ma cib che sen mira di fatto e appena
la terza parte di quanto sen dovea fare secondo 1’ori¬
ginate disegno. Vi mancano le due ale laterali, ciascuna
deiie quali doveva allungarsi piu del corpo di mezzo
ch’ e il solo oggi esistente, e dovea tenninare con altre
due torri a ciascuno de’ lati. Dal palazzo si scende per
intonio a cio si produssero, havvi quella della discordanza tra gli strati del
calcare in discorso, ed il lerreno terziario fra cui giace. Servi nell’architet-
tura per fare ornamenti ed anche colonne. Ora s’adopera soltanto per trarne
calce, avendo l’csperienza dimostrato che ove gli ornati, fatti con essa, non
sieno riposli fuori dall’ingiuria degli agenti atmosferici, ne reslano presto dan-
neggiati,e talvolta anche rovinano affatto.
« I fossili stanno di preferenza ne’ banc/u ghiajosi, di dove difficilmente si
possono estrarre ben netti e senza rompersi. La qual cosa proviene da una
loro particoiare alterazione, e daH’agglutinazione su di essi della sostanza dello
strato stesso in cui si trovano.
n 6foi rechiamo l’elenco de’principal! fossili che di questa collina possiedc
402
CAPITOLO DECIMONONO
sotterranee scale cli marmo in riva al Po ch’ivi si valica
di continuo in una barchelta e che placidissimo scorre.
Quella discesa e quel passaggio tra l’ombre, e il ritorno
all’allegra luce, e quel passo di flume, e le ridentis-
sime vedute de’colli che stanno in prospetto, hanno una
poesia che mal si pub rendere. Ma quanto tutto cio
sarebbe riuscito piii giocondo e piu adorno, ove si fosse
recata ad effetto la marmorea sponda del flume con
pilastri e colonne e balaustri e statue e fontane e gra¬
duate in sin nell’acqua come quel disegno recava? (1)
Apparisce dalla descrizione dell’ Aucliberti che nel
vasto ed aereo cortile del Valentino si celebrassero altre
volte giostre e giuochi frequenti, e che con lusso mo-
narchico ne fossero fregiate ed arredate le sale. Ora e
P alloggiamento e la scuola de’ Pontonieri, i quali sul
soggetto Po danno talor prova della celerita e destrezza
con cui sanno gettar un ponte di barche sopra un flume
secondo i metodi trovati dal cav. capitano Cavalli. Dei
due vasti giardini laterali al Valentino, il settentrionale
e ora l’Orto botanico di cui abbiam favellato; il meri-
dionale contiene i varj ordigni inservienti alia ginna-
stica degli artiglieri, e l’ediflzio del Tiro a segno. Nelle
sale del Valentino si fa, ogni sei anni, come gia dicemmo,
la pubblica esposizione dei prodotti dell’arte.
iMuseo. Essi furono rinvenuti in piu Iuoghi, ora pero divengono ogni giorno
piu rari. [Vedi VAppendice).
« Nella vigna del signor conte senatore Sclopis apparisce la testata d’uno
strato di ghiaja serpentinosa, che certi indizj fanno supporre piultosto dovi-
zioso di tali oggetti cosi preziosi ed interessanti per la scienza».
Prof. Angelo Sismonda.
(I) Esso £ inciso nella succitata opera dell’ Audiberti. Il quale scrive pure
rhe questo castello trasse il nome di Valentino da una damigella d’ onore di
Caterina d’Austria—Spagna, per nome Valentina e patrizia di Chieri, la
DINTORNI DI TORINO
403
« Uscendo da Torino per porta Nuova, s’ inconlra a Iibeccio
una spaziosa strada ombreggiata d’olmi, che va in rctta linea
per quattro miglia sino a Stupinigi. Quesla regione e destinata
alia caccia Reale. II re Carlo vi fece edificare sul disegno del
Juvara una sontuosa palazzina pel riposo della Corte al ritorno
della caccia. Vi sono giardini deliziosissimi, e selve ampie ed
estese. Dentro gli appartamenti vi sono bellissimi quadri di
prospettiva: ma tra le altre pitture spiccano a maraviglia i
coloriti eccellenti del Vanloo e del Vehrlin. Sopra il tetto della
palazzina s’ammira un bellissimo cervo di bronzo fuso dal La-
datte. Gia due volte si e veduta illuminata in tempo di notte
tutta la strada di Stupinigi: la prima nel 1775 per le nozze della
contessa d’Artois: la seconda ai 25 di settembre 1781 pel
matrimonio della principessa di Sassonia ».
Questa e la descrizione die del Castello di Stupinigi
facea la Guida di Torino del 1782. Nulla e ivi mutato,
se non che una grande reminiscenza ora vi si ridesta
nell’animo del passeggiere. Perocche in esso alloggiava
alcuni giorni Napoleone Bonaparte, prima di andare
a cingersi la corona d’ltalia. Si rendono a Stupinigi i
forestieri anche per vedervi il Serraglio delle here. Ivi
e quell’ elefante africano che il Vicere d’ Egitto donava
al re Carlo Felice; ivi uno struzzo dei piii grandi e piu
belli che mai siano venuti in Europa; ivi un gagliardo
e vivace leone, un mufflone di Sardegna, alcuni rari
augelli, ecc. ecc.
Nulla di notevole hanno i giardini di Stupinigi, checche
ne dicesse la Guida; ma le foreste per le caccc vi sono
quale vinse ivi il premio di una caccia solcnnc, al tempo di Carlo EmmanueleT.
Altri dicono che gli derivasse quel nome dalla celebrazione del giorno di San
Valentino (14 febbrnjo ) che ivi si faceva colle galanti feste, usate a que’tempi,
nelle quali ciascun cavaliere veniva chiamato Valentino dalla dama ch’ egli
serviva.
404
GAPITOLO DECIMONONO
magnifiche. Esse abbondano di cervi, di daini, di fagiani
e d’ ogni maniera di salvaggina.
Le creazioni della mente del Juvara erano si vaste
e grandiose che raramente venivan esse recale a com-
pimento. Laonde anche del castello di Stupinigi gran
parte e rimasta non fatta.
A ponente di Stupinigi e la Villa Rignon detta 1’ A-
moretti, alia quale si va meglio di Torino per la via
della Crocetta. Essa e la piii risguardevole delle ville
private che si veggano ne’dintorni di Torino in pia-
nura. Ha un giardino regolare alia francese con una
parte all’inglese, e con una magnifica raccolta di dalie.
11 zoologo mira con diletto in questa villa alcune capre
africane singolari di forma e colore, e un vago drap-
pelletto di gazzelle. Queste graziose antilope, i cuibel-
lissimi occhi sono pei poeti Arabi continuo tema di
paragoni, figliarono in questa villa ed i loro parti vi
giunsero sino all’ eta del procreare; anzi gia stava per
nascere la seconda generazione, che sarebbe riuscita
indigena, se un sinistro accidente non avesse spenta la
madre. La coltivazione dei campi e specialmente dei
prati intorno all’Amoretti s’attrae l’attenzione de’geor-
gici per la singolare diligenza con che viene condotta.
Per la Porta Nuova o meridionale si va nelle tante
minori citt'a dell’antico Piemonte, ne’tanti villaggi delle
sue feconde campagne. II geologo si spinge sino al Monte
di Cavour; 1’ amatore delle magniflcenze regali e dei
ruderi antichi si dirizza a Racconigi e a Pollenza (1).
(I) II Monte di Cavour
« Non 6 chi nel rimirare la vasta scena delle Alpi che spiegasi di pro-
spetto alle pianure del Piemonte, non abbia talvolta osservato un monticello
staccato dagli altri, che ora nelle piu limpide giornate crederesti toccar colla
DINTORNI J)I TORINO
405
Uno stradone rettilineo, fiancheggiato d’olmi pel
corso di cinque miglia piemontesi, conduce a Rivoli.
Sulla piii rilevata parte di Rivoli s’estolle il Castello,
mano, ed ora vedi trasparire in dubbia forma sotto il velo di una pioggia
lontana, o di estivi vapori infuocati dagli ultimi raggi del sole. Questo e un
monte picciolissimo, o meglio una grandissima rope segregata in mezzo al
piano dove rotolo a tempi anlichissimi, e dove, quasi scoglio isolato sul mare,
riesce tanto per la sua mole quanto per la sua posizione una cosa assai curiosa.
Torreggia esso sopra le case del borgo ragguardevole di Cavour, dacuivi si
ascende per un erto sentiero. Poca terra vegetale ammucchiatasi col tempo
alia sua superficie, basta a nutrire alcune viti, ed altre piante onde frondeg-
giano le scoscese falde sino alia cima. Colb fu eretto un tempio a Drusilla, di
cni il fratello Caligola voile fare una Divinitb. Poi al trofeo infame di empia
adulazione sottentro una rocca spesse volte espugnata, e finalmente distrutta.
Ora solo restavi un’umilc cappelletta, monumento di pace e di santa religione.
Regio Castello di Racconigi
« Questa Reale residenza data in appanaggio dal duca Carlo Emmanuele i
a suo figlio secondogenito Tommaso Principe di Carignano, fu sempre posse-
duta dall’augusta sua Discendenza sino all’ attuale Sovrano, cui va debitrice
di ogni suo migliore abbellimenlo. Cosi per sua volontb il Castello, a pochi
secondo nell’ingegnosa distribuzione dei tanti quartieri che sotto nobil bens],
ma ristretta forma egli racchiude, fu con ottimo gusto ristaurato ed ornato
in questi ultimi anni ; e cosi pure il giardino che gib dall’antico piano sim-
metrico era stato ridotto al moderno stile irregolare, venne sotto gli occhi
del suo Signore attuale ed amplialo nella sua superficie, ed abbellito nelle
sue particolaritb. Un delizioso accozzamento di praterie, di maccliie e di gruppi
di piante rare, o di folti alberi annosi, congegnato con molta arte di prospettiva, e
felicitb somma di effetli pittorici, va allargandosi, c guidando al pari l’occhio
di chi mira, ed il pi6 di chi passeggia sino ad una variata corona di boschi,
i quali pei vaghi trasfori ed i moltiplici viali sembran far parte del giardino
cui senza intervallo si congiungono. La varietb delle tinte e delle forme, il
serpeggiare vaghissimo delle acque che dappertutto mostransi frammiste alia
verzura, I'eleganza delle fabbriche che quae lb fissano il guardo, tutto con-
ferisce a far si, che questo vasto giardino gareggi, se pur non li supera, coi
due piu sontuosi d’Italia, Monza e Caserta.
« Fertile 6 il tcrritorio di Racconigi, industriosa la popolazione dedita par-
ticolarmente alia filatura della seta. Ma fonte principale della prosperitb di
questo ragguardevole borgo, ora eretto in cittb, fu mai sempre la presenza
de’suoi Principi, n6 maned questa a sollevarne i mali, e consolarne gl’infelici
406
CAPITOLO DEC1MONONO
I
riedificato da Vittorio Amedeo n eo’disegni del Juvara.
Antica villa de’Principi Sabaudi era quella, e quivi ap-
punto nacque Carlo Emmanuele i, celebrato dal Tasso,
dal Chiabrera, dal Marino e dal Botero. Verso il finire
dello scorso secolo nuovi e grandiosi lavori vi fece fare
il Duca d’Aosta, poi re Vittorio Emmanuele che molto
ne amava il soggiorno. Ora accenna a rovina. Quanto di
meglio vi puo vedere lo straniero e il modello in legno
quando di recente v’imperversava il formidabile Oagello, da cui non lasciossi
atterrire quell’animo impavido, che soltanto voile scostarsene infine per ge-
nerosamente affronlarlo altrove».
Cilia distrutla di Pollenza
« Vedesi tra BrA ed Alba in una stretta ma ubertosa pianura Iungo la riva
destra del Tanaro che co!A divide i colli Astigiani da quelli dellc Langhe, un
bel Castello semigotico ristaurato dal Sovrano regnante, e piacevolraente col¬
locate frammezzo a praterie, acque correnti ed alberi ombrosi. Ivi sorgea
a’tempi antichi la cosp'rcua cittA di Tollenza. I suoi abitatori dedili alia caccia,
come il dimostrano le vestigia del culto particolare che rendeano a Diana,
erano pur conosciuti da’Romani per Ie tazze e le lane di cui facevano note-
vole smercio. Gareggiava allora d’ importanza questa cittA colla vicina Alba
Pompeia, rinomata colonia Romana, e patria dell’ imperalor Pertinacc. Ma
nel quinto secolo comincio a soffrire per 1’invasione dei Goti condotti da
Alarico, benchci vinti nel 402 da Stilicone nella famosa battaglia combattula
appunto presso a Pollenza. Quindi prosegui la sua decadenza sotto i Longo-
bardi, il che non imped! che fosse ancora nei secoli seguenti citlA ragguar-
devole e tale da eccitare l’invidia della potente Asti. Perlocchd dopo asprissime
guerre fu presa d’assalto nel 1060 dagli Astesi coll’ajuto di quelli di Pavia e
di Genova, e diroccata, e gittatine i materiali nel Tanaro. Anzi dicesi che
nolle sue piene questo liume ne portasse una quantitA sufliciente per rifabbri-
carne il castel vecchio d’Asti, almeno in parte.
« Sussistono tuttora le traccie di varj edifizj dell’ antica Pollenza, come
leatro, acquedotto, aniitealro ed avanzi d’antichi tempj. E ne furon dovute
le piu recenti scoperte all’operositA degli Allievi della R. Accademia Militare
allorchd, passando il tempo delle vacanze nel Castello di Pollenza, prende-
vano, tanto per salutare esercizio, quanto per lodevolc trattenimento, a
scavare eglino stcssi quel suolo classico e memorando ».
Nozioni di Geograjia patria.
DINTORNI D1 TORINO
407
di esso Castello, come lo architettava il Juvara. Da
questo modello egli argomenta quali smisurati concetti
s’albergassero nel capo del Siciliano artefice, e quanto
a ragione lo chiamassero alia lor corte i re di Spagna.
Non ci volevan meno clie i tesori delle Indie, obbedienti
allora a que’monarchi, per condurre a buon fine le
sue gigantesche invenzioni.
Del vecchio Castello rimane qualche stanza dipinta.
In esso il cardinale di Richelieu voile far rapire (1629)
Carlo Emmanuele i che vi stava con poca guardia. Ma
il Montmorenci, a cui il terribile porporato avea com-
messo questo basso rapimento, ne sent! ripugnanza, e
con cavalleresca cortesia segretamente ne fece infor-
mare il Duca clie scampo dal pericolo. In un’altra guerra
contro Francia (1690 o 91) i Francesi incendiarono il
castello di Rivoli. Vittorio Amedeo n, mirandonelefiamme
dai colli sopra Torino, esclamo: « Piacesse a Dio che
il nemico ardesse tutti i miei palazzi, e risparmiasse le
capanne de’poveri agricoltori ». Parole che ben dipin-
gono un re Piemontese. Ma nel tempo stesso delibero
di farlo riedificare colle mura tanto alte, quanto in alto
se n’eran levate le fiamme. Il che ridusse poi in atto,
come abbiam detto, inconsapevole della futura sua sorte.
Rivoli, che al pari di Moncalieri ha titolo di citta,
e paese di aria sottile e salubre. Mol to e il villeggiare
che vi fanno i Torinesi. Prima di giungere a Rivoli,
andandovi di Torino, trovasi a sinistra il ricchissimo
Orto botanico dell’avv. Colla. Noi non lo descriveremo,
avendone pubblicato egli stesso una descrizione, gia
rinomata tra i botanici (1).
(I) Hortus Ripulensis, sen Enumeralio plantarum rpuc IiipuUs ooluntur ab
408
CAP1TOLO DECIMONONO
Parecchi paesetti intorno a Rivoli meritano ch’aliri
li visiti. Tra questi e Alpignano, romantico villaggio,
nel cui castello Vincenzo Revelli pingeva anticke ini-
ziazioni e storie allegoriclie; Pianezza che ha sulla Dora
le piii ridenti vedute; Rivalta ov’e il castello Benevello,
ospitale ai dotti cd artisli d’ ogni contrada; Trana ove
si tiene ogni anno una sagra assai frequentata, ecc. ecc.
Accosto ad Alpignano s’ innalza il monte detto il Mu-
sine, dove si trova l’idrofana, pietra altre volte pom-
posamenle chiamata Occhio del Monclo (1).
Procedendo da Rivoli all’insii per la strada di Fran-
cia, mirasia sinistra una chiesa d’elegante architettura
nello stile dell’ arco acuto. Cliiamasi S. Antonio di Ran-
versa; il Millin la descrisse a lungo, e ben a diritto,
essendo mormmento degnissimo di nota. Continuando
piii oltre per quella via, si lasciano a sinistra le rovine
del giii famoso castello di Avigliana che guardano i ro-
mantici laghetti di questo nome, e si giunge a Sant*
Ambrogio sopra di cui in vetta ad erta ed eminente roceia
siede la Sagra di S. Michele. Clii si spinge piii oltre.
Aloysio Collet , additis stirpium rariorum vel nondttm satis cognitamrn nm
forte novarum notis descriplionibus el iccnibus. August ce Taurinorttm 1824, ex
Regio Typographwo.
(I) li Bossi cosi ne scrive: « Trovansi idrofane nell’ isola di Faroe, in Sas-
sonia, in Ungheria, in Francia e nella montagna di Musing, presso Torino,
da me piu volte visitata. Sono in questo luogo sparse nelle vene di ealcc-
donio ed anche di serpentina dura, che da ogni lato ed in ogni ihrczio*>e-
attraversano quel monte, tutto serpentinico». Dizion. Scientif. L’idrofana
(voce greca che significa io splendo nell’acqua ) b una specie di qua no, ft
piii esattamente una varieti di opale che ha la propriety di divenir lraspa~
rente ncll’acqua, e che anzi vi prende talvolta i colori iridizzati che conlrad-
distinguono le opale di lusso.
DINTORNI M TORINO
409
arriva a Susa ove sono l’Arco d’Augusto e le rovine
della Brunetta d’onde si poggia al Moncenisio (1),
(I) Sagra di S. Michele
« Sopra un monte che quasi segregato sorge in mezzo alia valle di Susa,
e scosceso sovrasta al borgo di S. Ambrogio, vedonsi gli avanzi di un’anlica
Badia di Benedittini ora conosciuta col nome di Sagra di S. Michele. Colpiscc
l’occhio da lungi il notevole suo prospetlo, e chi piii s’avvicina mira con me-
raviglia quella mole di veluste fabbriche, cui ripidissimo sentiero conduce a
stento dal luogo di S. Ambrogio, mentre una piu lunga via praticabile ai
cavalli vi ascende dal borgo di Giaveno. Il monte su cui posa il sagro edi-
fizio cbiamavasi anticamente Pircheriano, e Caprasio quello meno sporgente
che gli sta dirimpetto. Fra 1’ uno e 1' altro i Longobardi, per vietare agli
oltremontani 1’ingresso in Italia, avevano costrutto quelle famose chiuse com-
poste di mura e torri, le quali diedero il nome al vicino villaggio della Chitisa. N6
forse avrebbe riuscito a superarle Carlomagno allorcbe nel 773 calo dall’ Alpi
con formidabile esercito, se Adelchi figlio di Desiderio re de’Longobardi
non ne avesse improvvisamente abbandonata la difesa credendosi giSi venulo
a tergo il ncmico per altri passi. E quindi fu che innoltratosi rapidamenle
Carlomagno, vinse poi e fece prigione il re Desiderio nella ciltk di Pavia sua
capitafe, dislruggendo cosi per semprc la dominazione dei Longobardi in Italia.
« Quasi Ire secoli dopo, un ricchissimo signor francese d'Alvernia per
nome Ugone di Montboissier, reduce da Roma dove si era portato ad otte-
nere I’ assoluzione di qualche suo gran fallo , edified sul monte Pircheriano
per comando di Papa Silvestro quest’insigne Badia, di cui ora rimangon solo
in piedi pochi avanzi del Cenobio, la Chiesa di forma antica, ed un ampio
scalone, lungo il quale si vedono certi scheletri di Monaci rizzati controil muro
e ben conservati per la purezza e siccitSi dell’aria. Cotale strana comparsa
trac i guardi del volgo. Ne fissa poi la fantasia certa credenza sparsa general-
inente, che una fanciulla detta la Bellaula ossia la bell’Alda, per isfuggire le
violenze d’un uomo da cui era inseguita, si buttasse giu d’un salto dall’erta
rupe, e Sana giungesse in fondo dell’abisso per protezione di Maria Vergine
da lei invocata; ma che avendo voluto per superbia replicare un’ altra volta
il medesimo salto, sfracellata vi rimanesse.
« Nd ferman meno 1’ attenzione degli studiosi dell’ arte e degli amatori di
cose pittoresche cold una Chiesa antica di quella prima architettura tozza che
precedctte il moderno gotico si leggiadro e si svelto; qua gallerie trasforate,
archi e scale; dappertutto altissime mura abbronzite, o muschiose, od inghir-
landate di serpeggianti fronde. Ma quai gravi pensieri non desta poi in ogni
aiente riilessiva la rimembranza dell’ alto consiglio per cui si voile fare ad
IS
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CAPITOLO DECIiMONONO
Lungo la strada da Torino a Kivoli, a due terzi del
cammino, si veggono due borghi, Tuuo a destra, Tal¬
lin a sinistra. II primo e Collegno, clie ha una vasta
un tempo ili quel popolatissimo Monastero ed tin argine alia barbarie, ed
tin fomite all’ incivilimento, ed un luogo di gloria pel Signore come di san-
tificazionc per gli uomini ? Qtial sublime concetto non v’era mai in quella
lode perenne (laus perennis ), in quel canto non piu interrotto per tanti secoli che
notte e giorno quivi innalzavasi al Cielo, attestando solennemente come, in
ogni attimo della vita, devansi da noi a Dio inni di gratitudine e d’amore?
Arco di Susa
( Non molte sono in Piemonte le anticbilh romane a quest’oggi conservate.
flna delle notevoli 6 1’Arco trionfale eretto ad Attguslo dal re Cozio vassallo
dei Cesari, sotto la cui clientela egli signoreggiava quella parte dell’Alpi che
divide le provincie di Saluzzo, Pinerolo e Susa da Francia e Savoja, e che da
liu appunto prese il nome d’Alpi Cozie. D’ordine Corinzio e di otlimo stile £
quest’Arco, ma assai guasto e spogliato delle sue iscrizioni. Fu innalzato sulla
strada maestra che varcava 1’Alpi pel monte Ginevro. Vide passar trionfanti i
Signori del mondo colie loro poderose legioni vincitrici dell’Occidente, ed ora
sen giace inosservato dietro le diroccate mura di Susa frammezzo ad umili
orti, dove sol passa di quando in quando il rozzo fanciullo che guida le capre
al pascolo, od il viandante montano che cerca piu abbreviata via».—Esso
venne recentemente ristaurato assai bene.
Ruine della Brunetta
■< Case a mezzo demolite, rimasugli di baluardi ed altri informi avanzi di
una rocca smantellata s’ apprcsentano spiacevolmente al passaggiero che scen-
dendo dal Montecenisio pone il pi6 nella cittA di Susa. Questa era la for-
tezza di Santa Maria, chiamata volgarmente la Brunetta , e formava parte
delle fortificazioni un tempo si rilevanli per cui chiudevasi col passo di Susa
la porta dell’ Italia. Fu distrutta come piazza di guerra unilamente a tante
altre in virtu della pace fatta coi Frances’! nel I79G, ed orntai sol resta a far
eontrapposto coll’Arco Romano che le sta a fronte, e colla magnifica strada
che vi si apre tra 1’uno e 1’altra. Diresti che qui raccolgansi a convegno tre
monumenti caratteristici di tre epoche memorabili nella Storia. Toich6 ricor-
iate per essi qui ricorrono insieme alia fantasia e le pompose glorie delle
arti, non che delle conquiste, presso quella nazione che giA ebbe I' impero
le! mondo, c le ostinate difese fatte in secoli pin recenti da un piccol popoln
D1NT0RNI DI TORINO
411
ed insigne Certosa, tutta lontana pero dai pregj artistic!
delle Certose Pavese e Pisana; il secondo e Grugliasco,
luogo caro agPindustriali, perche pienissimo di ediiizj
guardiano delle Alpi, e I’attuale indicibil potenza dell’industria e del com-
mercio, la quale superando ogni ostacolo delta natura ■ravvicma uomini e
distanze.
Il Montecenisio
« Fra i varj passi per cui soglionsi ora valicare le Alpi, il Montecenisio £
il piu agevole non che il pin frequentato di tutti. E cio dopo che il Governo
Francese nel 1804 vi apri una larga e comoda strada praticabile ai legni o
carri di piu gran mole e di piu grave carico pressoch6 in qualunque tempo
dell’ anno. Piu arduo assai egli era prima , n6 percio men frequentato da
molti secoli , siccome quasi il solo per cui si potesse tragittare non solamente
dal Piemonte in Savoja, ma da tutta Italia inFrancia, Spagna, parte di Ger¬
mania ed Inghilterra. Proseguiva aque’tempi la strada per una vaHe pianada Susa
alia Novalesa, terra antica posta appifi del Monte. Ma colA era forza di dislo-
gare minutamente i legni ed ogni parte di essi caricare coi bagagli e cost
tutte le merci sopra i muli, salendosi il monte da’ viandanti od a piedi, od
a cavallo, o eziandio in portantina sino all’ultimo piano cui si giunge in
vetta. Dal punto poi donde cominciava, e comincia tuttora la discesa, soleasi
da molti calare velocissimamente a I.ansleborgo, abbandonandosi giu per
I’erta china in certe slitte che un uom solo guidava co’piedi e col bastone
sopra la neve battuta. E furon visti allora parecchi Inglesi risalire piu volte
faticosamente il monte, onde prendersi lo spasso di cotal calata ardita e
precipitosa.
« Ora la nuova strada sale immediatamente da Susa. Essa va ergendosi a poco
a poco per lunghi e ben delineati circuiti, prima fra belle praterie che
adombrano numerosi castagni, poscia fra abeti e larici che vanno sempre piu
diradandosi, e finalmente tra baize scoscese ed aspre rupi in cui fu scavata
a forza di mine con gran costo e con mirabile maestria. Pvel salire hassi a
rnano destra la profonda valle della Novalesa trascorsa dal torrente Cenisio,
poi al di 1^ I'allissimo Rocciamelone, in cima di cui si scorge all’occhio nudo
una piramide recentemcnte innalzatavi nell’agoslo 1821, che ora porta l’in-
scrizione giti collocata colA nel 1659, quando il duca Carlo Emmanuele n vi
ando coll’ augusta famiglia in pellegrinaggio ad una cappelletta, oggetto
tuttora di annuo concorso per gli ahitanti delle sottoposte valli di Lanzo. Pro-
seguendo la strada, s’incontra in capo alia salita una niccola piarjra cliiusa
412
CAPITOLO DECIMONONO
da trarre o da torcer la seta, con abbondanti canali
che raettono in continuo moto gran numero di ruote
idrauliche (1).
Da Torino andando alia Venaria, si passa il bel ponte
sulla Dora , si piega a sinistra, lasciando la strada mi-
lanese a diritta, e si giunge, discosto un miglio, ad un
casale, dirirapetto al quale un largo stradone abbellito
da due ombrosi viali conduce ad un’umile chiesa e
eonvento de’Cappuccini. Ivi ebbe tomba il maresciallo
da orride rupi, che porta il nome di S. Nicolao: da questa per un ponte di
inarmo bianco, tratto da que’luoghi medesimi, e quindi per un’ultima salita
tutta di giri e rigiri, fra’quali il Cenisio si precipita in romorose e spumanti
cascatelle, si ha I’adito al piano superiore che allargasi sulla cima del monte, e
che accerchiato da una corona di nudi gioghi porge nelle sue estremitk un
bel laghetto abbondantissimo di trote rinomate. La pesca, il passeggio in piano
a tanta altezza, I’aria vivace, la frescura nella state, la bellezza dei pascoli
Alpini tutti fioriti ed olezzanti in quella stagione, formano pei forestieri chc
salgono allora il Montecenisio un sufficiente compenso all’aspetto arido del
suolo, in cui la vegetazione piu non arriva a produrre n6 alberi n6 arboscelli.
« Ma ben si muta il quadro al cader delle prime nevi, e peggio in prima-
vera, quando ammollite dal sole giA crescente giit piomhano per ogni parte
in terribili valancbe. Per soccorrere allora a’passeggicri, Napoleone stabili
quivi e doto una famiglia di Religiosi destinati alle funzioni dcll’ospitalith.
Oonvien dire pero che poco sia neecssaria la loro assistenza, trovandosi il passo
di rado pericoloso, ed inoltre essendo popolato di varj casolari, e di certe
casette di ricovero, edificate tratto tratto dal Governo, in cui abilano i Canlonieri
ch’egli stipendia pel mantenimento della strada* Vi s’ aggiungono ancora
varie case per 1’ospizio, per le guardie del passo, per la posta dei cavalli e
per locande onde 6 sparsa la sommitA del monte. Per essere poi la pen-
denza di questo piti ripida verso la Savoja, siccome anche piu elevata la
valle di Moriana che gli serve di base, piu breve 6 pure la discesa daquella
parte di quanto lo sia verso il Piemonte ».
Nozioni di Geograjin patria.
(I) Vedi in Grugliasco, oltre i filatoj , le due belle filature Barbaroux e
cav. Cotta; in Collegno la filatura Soldati.
DINTORNI DI TORINO
415
Marsino(l). Piii oltre, a sinistra, una bella e ricca ve-
getazione di peregrini alberi, ricinti da un rauro, an-
nuncia una villa signorile. Ivi e il casino Falletti di Ba-
rolo, soggiorno gia caro al Marchese Ottavio di quel
nome, autore di alcuni scritti metafisici in francese e di
due o tre romanzi storici in italiano; tra’quali il Romeo
da Provenza, ormai introvabile, chiede gli onori di una
seconda edizione.
La Venaria era altre volte il Versailles della Corte
di Torino. Il Vernazza cost la descriveva nel 1781:
« L’antica terra di Altessano superiore prese il nome di Ve¬
naria reale, quando Carlo Emmanuele n vi edifico un palazzo
attiguo ad un parco per la caccia reale. Essa e lontana tre miglia
al nordovest da Torino, uscendo da porta Palazzo. Una spaziosa
e diritta contrada di case uniformi, interrolta da una piazza
circolare, introduce dalla terra nel cortile del Regio Palazzo.
Il primo disegno di esso fu fattodal conte di Caslellamonte. Ma
nobilissime aggiunte vi fece il re Carlo con disegni dei due fa-
mosi architetti don Filippo Juvara e conte Alfieri. Del primo e
la vasta ed ammirabile citroniera, la galleria riccamente ar-
chitettata a pilastri ed ornata di statue, il casino ch’e in mezzo
al laberinto dentro al parco, la Regia chiesa parrocchiale.
Dell’Alfieri e 1’allra galleria che al palazzo da comunica-
zione con essa chiesa. Nella chiesa ci sono quadri del Conca,
del Corrado, del Ricci e di altri. Negli apparlamenti vi sono
statue de’fratelli Collini, stucchi dei Bollina, e pitture di
valenti llaliani e Fiamminghi. Fra questi si distinse Giovanni
Miele, di cui visono diversi quadri ed alcuni soffitti. Nel salone
(I) Fevdinando de Mars in. Franciae mareschalco supremi Galliae ordinis
equili lorquato Fale nci arum gubernatori quo in loco pn sept., anno D. MDCCPi,
inter suorum cladem el fugam victoriam exercilwn vilani amisil aeternum in
hoc Uimu/o monumentwn . Questa lapide e gli stemmi della tomba furono di-
•trutti al tempo del dominio repubblicano-francese.
414
CAPITOLO DECIRlONOPfO
si vedoao dieci gran quadroni rappresentanti il ritratto di varie
persone della Corle di Carlo Emmanuelen, in ligure eque-
stri, di grandezza naturale, vagamente istoriati con soggetti
di caccia ».
La ridetta citroniera od arauciera, die veramente e
magniiica anche ora che in cambio di agrumi contiene
eavalli, la diiesa e le scuderie, sono all’incirca cio che
lo straniero pub tuttora osservare nelle rovine di quella
Villa Reale, gia teatro di splendide feste (1).
(1) Il duca Carlo Emmannele n, il quale spese circa quattro milioni di franchr
dell’odierno valore nell’edificare la Venaria, era principe sontuoso, e tenne
corte magniiica e quasi romanzesca, ch’era il soggiorno delle feste e della
galanteria, come attestano madama di Montpensier e il conte di Grammont,
autori conteniporanei. Amedeo di Castellamonte, archiletto del Duca, ci ha
lasciato la seguente descrizione della festa di Sant'Uberto, protettore dei
eaeciatori, celebrata nella Venaria Reale, 1’anno 1612:
«Tutti gli anni, il giorno di S. Uberto, festivo per li eaeciatori, S. A. R.
(il duca Carlo Enunanucle n ) fa la caccia e l’ assemblea solennemeute qui
nella Venaria Reale, ma in quest’anno 6 stata veramente Reale.
« Ha preso S. A. R. l'occasione di quest’assemblea con la risoluzione di
voler in si fatto giorno solennizzare le nozze di inadamigella Pallavicina, da-
migella d’onore di Madama Reale, fatta sposa del marchese Fosdinovo, ca-
valiere straniero. E cosi giunlo, la sera antecedente al giorno festivo, in questo
Real palazzo con splendidissima corte di principi, dame e cavalieri, fu salutato
dallo sparo di dodici pezzi di piccola artiglieria di bronzo, qui destinati per
simili ricreazioni festive. Indi smontati, dopo breve riposo, entrarono tutti
nella cappella, e fatta ivi la cerimonia dello sposalizio, e ricevuta dal sacer-
dote la benedizione, se ne passarono a lume di torchie al palazzo, ove si
diede prineipio al ballo, e dopo esso ad una lautissima cena, dopo la quale
ognuno si ritiro a’suoi alloggiamenli, gia prima preparati, e d’ogni deside-
rabile comodita provvisti.
a Comparvero il giorno appresso tutte queste dame superbamente vestitc
con abiti acconci al cavalcare, con parruccbe bionde, e cappelli con vaghe
piume in capo, in guisa die non da altro erano diflerenziate da’cavalieri, che
dalle proprie bellezze; e sentita la messa, solennementc cantata con music*.
DINTORNI DI TORINO
415
Ivi e presentemente la Regia Scuola d’equitazione,
Hieritevole di lodi sincere. Yenne essa fondata in sill
principio del secolo decimottavo, n in quelle magnili-
che seuderie si tenevano meglio di trecento cavalli delle
razze migliori. Era essa venuta in tal fama che da tutte
le Gorti d’Europa vi si mandavano allievi per impararvi
la vera arte dell’equitazione. II re Carlo Felice la
andarono a pranzo; cioA, Madama Reale con la prineipessa Ludovica, prin-
cipe di Carignano, principi di Soissons, con la novella sposa, e hen ottanta
altre dame, fu servita nella gran sala del palazzo ad una tavolaovata, fra uu
armonioso strepito di trombe, musette e violoni; e S. A. R. in altra sala atti-
nente ad una tavola tonda con venti damigelle, tutte figlie d’onore di Madania
Rcale e della serenissima prineipessa Ludovica. Nell’istesso tempo furono ser-
viti in altri appartamenti cento e piu cavalieri, e sotto a’portici del prime
cortile erano pur disposte altre dodici tavole per gli uffiziali, per le guardie.
per cacciatori, per garzoni e per staflieri, tutte guernite di squisite vivandr.
a Finito il pranzo, montarono tutti a eavallo, guerniti quelli delle Reah
Altezze e delle Dame, di quantity di nasts’i di vaghi colori e di ricche gual-
drappe, c s’incamminarono alia caccia col seguenle online. Andava avanti solo
il marchese di Caraglio gran cacciatore; era seguilo ejuesto dalli tre Gentil-
uomini , e Capitano di caccia, dietro a’quali venivano li otto cacciatori t
eavallo con suoi corni al fianco e bacchetta alia mano, indi tutta la muta dei
cani accoppiati, e condotti da garzoni e staffieri,e dietro a ejuesti con inter-
vallo di poebi passi le Altezze Reali e Principi serenissimi seguiti da uno
squadrone di ben ducento Ira dame e cavalieri, che tutti misti insieme fa-
cevano una superbissima ponqia; e giunti a 11 e tele, fat ta caccia di due cervi.
stati alfavvantaggio rinchitisi in esse, ritornarono sid far della nolle al palazzo,
ove dalo principio a nuovo hallo, e indi a piu lauta cena, se ne montarono
dopo quella alia sala del teatro, ove fu rappresentato un bellissimo dramma
musicalc con macchine , intitolato Diana irionfante cl’ Amone , composto dal
signor Bernardino Biancbi Segretario di Stalo di Finanze e di cerimoniali
’us nigricans
Ci.adium Mariscus R. Rr.
Eleocharis palustris R. Br.
ovata R. Br.
Eleocharis acicularis R. Br.
Scirpus lacustris
Holoscboenus
setaceus
Caricis
triqueter
mucronatus
marilimus
sylvaticus
Michelianus
Fimbristylis dichotoma Wahl.
Eriophorum pubescens Sm.
Carex repens Bell.
Schreberi W.
leporina
vulpina
brizoides
muricata
divulsa Good.
stellulata Good.
remota
elongata
canescens
paniculata
humilis Leyss.
digitata
montana
praecox Jacq.
tomentosa
flava
distans
umbrosa Host.
pilosa Scop.
panicea
alpestris All.
nitida Host.
caispitosa
stricta Good.
pcndula Good.
pallescens
Pseudo-cyperus
Drymeia
rocurva Good.
paludosa Good.
acuta
riparia Good .
vesicaria
hirta
FLORA, FOSSILI 441
GRAMINEJ2
Andropogon Gryllus
angustifolius Sibtli. et Sm.
Lappago racemosa If.
Sorghum lialepense Pers.
Digitaria sauguinalis IF.
Panicum verticillatum
viride
glaucum
Crus Galli
undulatifolium JrJ.
Phalaris arundinacea
Anthoxanthum odoratum
Ai.opecurus pratensis
agrestis
geniculatus
utriculatus
Crypsis aculeata If.
alopecuroides If.
Phleum pralense
asperum Pers.
Boehmeri IF.
Michelii If.
Cynodon Dactylon Pers.
Leersia oryzoides. If.
Agrostjs Spica-yenti
interrupta
canina
Mij.ium effusum
Arundo speciosa If.
Phragmites
Epigeios
litorea R. Sch.
Aira cristata
caespitosa
caryophyllea
Koeleria pleoides Pers.
Holcus lanatus
mollis
Avena sterilis
pratensis
ilavescens
Danthonia provincialis DC.
Triodia decumbens Beauv.
Melica ciliata
uniflora
JIelica nutans
Briza minor
media
Poa aquatica
fluitans Scop.
rigida
annua
dura Scop.
bulbosa
trivialis
pratensis
nemoralis
compressa
Eragrostjs poaeoides Beane.
pilosa Beauv.
Molinia coerulea Munich.
Dactylis glomerata
Cynosurus cristatus
echinatus
Festuca duriuscula
heterophylla Lmck.
spadicea
elatior
serotina
Myuros
ciliata DC.
Brachypodium sylvaticum R.Sch.
pinnatum R. Sch.
unilaterale R. Sch.
Bromus racemosus L.
aryensis
squarrosus
mollis
giganteus
asper
erectus IIiuls.
sterilis
Bromus tectoruin
Tritjcum yillosum M. If.
repens
caninum Iluds.
Hordeum murinum
Lolium perenne
temulentum
yEGILOPS ovata
Psilurus nardoides Trin.
Nardus stricta
Cac.Hforis.
19
442
CAPITOLO VIGESIMO
Calalogo dei principals fossili della collinu di Torino
Lucina taurina, Bonelli.
Foss, al Rio della Batteria
Canlium ceolicum, Lam.
Foss. alRio della Batteria.
Isocardia molthiana
Foss, alia vignaForzano
Area Noe, Brocc.
Foss, al l\io della Batteria
Mytilus taurinensis, Bonelli.
Foss, nella vallcS. Bonifacio.
Plagiostoma seminularis, Lam.
Foss, nel cantone Riaje.
Pecten Burdigalcnsis, Lam.
Foss, al Rio della Batteria
Patella sulcata, Bors.
Foss, in tutta la collina.
Patella pileata, Bonelli.
Foss, a Baldichieri.
Patella saccharina, Lam.
Foss, al Termo-Foura.
Patella umbella, Linn. Lam.
Foss, al Termo-Foura
Haliotis monilifera, Bonell.
Foss, al Rio della Batteria.
Sigaretus concavus, Lam.
Foss, a Baldichieri.
Nerita proteus, Bonelli.
Foss, in tutta la collina.
Nerita Satanse, Bonelli.
Foss, alia valle dei Salici.
Ampullaria compressa, Basterol.
Foss, al Termo-Foura.
Pedipes punctilabris, Bonelli.
Foss, al Termo-Foura.
Solarium corocollatum, Lam.
Foss, a Baldichieri.
Troclius infundibulum, Brocc.
Foss, in via dei Salici
Trochus turritus, Bonelli.
Foss. alTermo-Foura.
Trochus gigas, Bors.
Foss, al Termo-Foura.
Trochus Amedei, Brong.
Foss, nella valle dei Salici.
Murex triqueter, Lam.
Foss, a Baldichieri.
Murex plicatus, Brocc.
Foss, al Rio della Batteria.
Murex rudis, Bors.
Foss, al Termo-Foura.
Rostellaria curvirostris, Lam.
Foss, al Termo-Foura.
Ranella tuberosa, Bonelli.
Foss, a Baldichieri.
Ranella laevigata, Lam.
Foss, in tutta la collina.
Stromhus Bonelli, Al. Brong.
Foss, a Baldichieri, Rio della
Batteria.
Stronibus deflexus, Bonelli.
Foss, al Termo-Foura.
Cassis cyprahforinis, Bors.
Foss, a Baldichieri, Rio della
Batteria.
Cassis rondeletii, Basterot.
Foss, a Baldichieri.
Cassis intermedia, Bonelli.
Foss, al Termo-Foura.
Cassidaria striatula, Bonelli.
Foss, al Termo-Foura.
Cassidaria striata, Bonelli.
Foss, presso al Pino
Oniscia cythara, Sowerby.
Foss, in tutta la collina.
Purpura plicata, Lam.
Foss, al Termo-Foura.
Buccinum caronis (Nassa), Brong.
Foss, a Baldichieri.
Fasciolaria Lynchi (Turbinella),
Basterot.
Foss, al Termo-Foura, vicino
al Pino.
Fasciolaria costata, Bonelli.
Foss, al Termo-Foura
FLORA, FOSS1LI
445
Can cellaria umbilicaris, Brocc.
Foss, al Termo-Foura
Trochus Carinatus, Bors.
Foss, a Baldicliieri, e presso il
Monte.
Turritella gigantea, Bonelli.
Foss, presso al Pino, al Bio della
Batteria
Turritella vennicularis (Turbo,
Brocc.)
Foss, in yia dei Salici.
Pleurotoma tuberculosa, Basterot.
Foss, a Baldicliieri frequente,
altrove rara.
Pleurotoma ramosa, Basterot.
Foss, in tutte le localita fossi-
lifere del colle.
Pleurotoma chinensis, Bonelli.
Foss, al Termo-Foura, yillaFor-
zano.
Pleurotoma cataphracta (Murex,
Brocc).
Foss, a Baldichieri.
Pleurotoma circulata, Bonelli.
Foss, al Termo-Foura.
Fusus fragilis, Bonelli.
Foss, al Termo-Foura, Bio della
Batteria.
Fusus syracusanus, Lam.
Foss, a Baldichieri.
Fusus Borsonii, Gene.
Foss, al Termo-Foura.
Pyrula Ficoides, Brocc.
Foss, a Baldichieri.
Pyrula rusticula, Basterot.
Foss, nel colle di Torino.
Pyrula clava, Basterot.
Foss. alRio della Batteria.
Pyrula carica
Foss, in via dei Salici.
Triton gibbosum, Bonelli.
Foss, al Termo-Foura.
Triton Anus, Lam.
Foss, a Baldichieri.
Valuta papillaris, Bors.
Foss, in via dei Salici.
Voluta magorum, Brocc.
Foss, in via dei Salici.
Voluta ficulina, Lam.
Foss, a Baldichieri.
Marginella eburnea, Lam.
Foss, a Baldichieri.
Cyprcea gibbosa, Bors.
Foss, a Baldichieri.
Cyprcea ovulea, Bonelli.
Foss, alia villa Forzano.
Cyprcea lyncoides, A. Brong.
Foss, a Baldichieri.
Cyprcea fabagina, Lam.
Foss, in via dei Salici.
Cyprcea prunum, Gene.
Foss, alia villa Forzano.
Cyprcea amygdalum, Brocc.
Foss, in tutto il colle.
Cyprcea porcellus, Brocc.
Foss, al Termo-Foura.
Oliva luteola, Lam.
Foss, a Baldichieri.
Ancillaria glandiformis, Lam.
Foss, a Baldichieri.
Ancillaria ohsoleta, Brocc.
Foss, a Baldichieri.
Conus antiquus, Lara.
Foss, a Baldichieri.
Conus pelagicus, Brocc.
Foss, a Baldichieri.
Orbulites zic-zac, Sowerby
Foss, a Baldichieri, presso il
Monte ecc.
Fro/. S'smontir.
CAPITOLO XXI
STABILIMENTO DEL GAZ,
STABILIMEISTI AGRARIBOTAMCI
Cenno slalislico sullo Slabilimenlo del yaz illuminanlc
in Torino
« Sin dal 1858 , per opera di una Societa anonima di
Lionesi e Piemontesi, otlenutasi dal Regio Governo e dalla
Civica Amministrazione la facolla di illuminare la citta di
Torino col gaz, s’innalzava fuori di Porta nuova, all’angolo
S. E. del Campo di Marie, un grandioso edifizio, che per
l’esterna sua architettura e per la ben inlesa distribuzione
interna dclle diverse concernenti officine, si meritava le lodi
dei visitalori stranieri e nazionali.
STABILIMENTI, ECC.
445
« In esso primeggia I’ incombustible laboratorio de’forni
della distillazione, costrutto con un sistema d’ archi a terzo
acuto, e coperto con lastre di pietra posate sovra orizzontali
spranghe di ferro; edifizio sul cui centro s’erge arditamente
10 spiraglio per lo sfogo del fumo, formando come una torre
che, veduta in distanza, vagamente spicca sopra il fitto
verde degli alberi. La capacita di questo vasto laboratorio e
di 24 forni; la lunghezza totale, di metri 54; la larghezza ed
altezza, di metri 15.
« II solo carbone fossile, con qualche poco di calce estinta,
destinata alia depurazione del gaz, pcnetra per ora in questo
stabilimento, e questa materia che oggidi opera tanti prodigj,
merce di larghe chimicbe operazioni in colossali apparati, in
poche ore svolgesi in gaz illuminante, in catrame minerale,
eccellente idrofugo e base di bellissimi moderni pavimenti, in
acqua ammoniacale impiegata nelle arti, conun residuo com-
bustibile, chiamato cook , utilissimo nelle officine e nell’e-
conomia domeslica.
« Tulti questi preziosi prodotti prima dell’ introduzione
del gaz erano a noi estranei, e siccome tutti si generano dalla
distillazione del carbon fossile, e da desiderarsi che nes-
sun’altra materia yenga a quest’ultima preferita per ottenere
11 gaz illuminante.
o Collocato il carbon fossile per la distillazione in ampie
ritorte di ferro fuso roventate ne’ forni dall’azione del cook ,
svolgesi un fluido, che per ripiegati tubi di ferro attraver-
sando un mezzo refrigerante, ivi depone i suoi piu pesanti
component, cioe il catrame minerale e l’acqua ammoniacale,
e continuando il suo cammino penetra in un largo recipiente
di ferro in cui coslretto a girare per varj sovrapposti strati
di calce estinta, liberasi dalle materie fecciose e puzzolenli,
per essere quindi introdotto, atto ad illuminare, entro vaste
campane metalliche dette gazometri.
a La capacita di questi gazometri, da cui il gaz esce colla
voluta pressione, per alimentare l’illuminazione, egli e di 700
446
CAPITOLO VIGESIMOPRIMO
in 800 metri cubi, mentre quella del gigantesco bacino d’acqua
ove immergonsi per sospensione, e di metri 1,200 circa.
« Tre sono i gazometri che la Societa prepara pel servizio
si pubblico die private della capitale.
.« Un solo per ora trovasi in attivita, e sin dal mese di
agosto dello scorso 1859 e capace di alimentare 1,500 fiam-
rae almeno.
« Ogni chilogramma di carbon fossile distillato svolge
metri cubi 0,18 di gaz puriticato.
« Ogni ordinaria fiamma puo in un’ora di tempo consumare
metri cubi 0,15 di gaz.
« II gaz viene seralmente distribuito dal gran serbatojo
dello Stabilimento ne’varj tubi cheserpeggiano per le vie della
citta, e che avranno uno sviluppo non minore di 40 mila
metri, ovvero di 16 in 17 miglia di Piemonte allorquando
generale sara il sistema di quesla grand’illuminazione.
« Apronsi ogni sera, per cura della Direzione, le chiayettc
di servizio de’singoli abbonati, da’quali dato un giro a quelle
de’ proprj apparati, ed accostalovi una fiammetta, vedesi in
un minuto secondo al giorno che fuggi succedere un giorno
novello.
« I teatri sono fra i pubblici stabilimenti quelli che possono
trarrc inaggior utile da coteslo ritrovato, e ricavarne magici
variali effetli di luce.
« Due sono i modi di abbonamento , cioe a volume od a tempo
lisso. La prima maniera richiede uno speciale apparato, chia-
mato cnnlalore, nel quale l’ago mobile, a guisa di cio che suc-
cede negli oriuoli, segna col numcro de’giri il volume del gaz
consumato.
« La Societa ha offerto di assumersi il carico della pubblica
illuminazione insieme colla provvista d’ogni occorrente mate-
riale, mediante il corrispettivo di cenlesimi cinque per caduna
lantcrna ed ora di consumo, con un’intcnsita di luce doppia
almeno di quella che otlicnsi presentemente colle lanterne a
olio, e senza verun impiego di lastre riflettenli.
STABILIMENTI, ECC.
447
« Quest’ importante innovazione non potrebbe pero aver
luogo tutto ad un tratto, e verrebbero di comune accordo de¬
terminate le condizioni della sua progressione, seguendo le
norme delle altre capitali d’Europa.
« II fondo sociale per sopperire alia spesa della fondazione
dello Stabilimento, a quella del sistema generale de’tubi con-
duttori lungo levie della citta, ed al primo pubblico servizio,e
di L. d ,080,000, diviso in 1,800 azioni di L. 600 caduna »- (1)
Nolizia sill Regio Stabilimento agrario-bolanico
di F. Burdin e Comp., a S. Salvario
a Questo Stabilimento ebbe principio nel 1822. Prese nei
1827 vistoso incremento, e d’allora in poi nonpiu cessodall’e-
stendere ogni anno le sue colture ed il suo commercio. Si
compone oggidi di un giardino principale con un altro attiguo,
propriamente questo di San Salvario, e di due piantonaje, di cui
una dieci minuti distante dalla citta sulla strada di Stupinigi,
e l’altra nella regione di Vanchiglia. Un campo di 20 giornate
(8 ettari) viene quesl’anno destinato a nuovi colti.
II giardino principale e tutto cinto di mura con un cancello
in ferro lungo 200 metri verso la strada del Valentino, ed e
destinato alia coltivazione delle piante cost dette fine, e degli
arbusti ornamentali.
« La serra maestra, che cuopre una linea di 180 metri, si
scalda con un termosifone ossia calorifero ad acqua, apparalo
la cui introduzione nei Regj Stati e dovuta alia ditta Burdin
Maggiore e Compagni (2).
(Ij G. C. P • P-, azionista.
(2) « Veggasi la memoria sulla costruzione e I’uso del Termosifone pel pre-
fessore Michele San Marlin, socio della ditta Burdin. Torino, stamperia Chirio
e Mina, libreria Gianini e Fiore.
« Forse non tornerti iliscaro un breve cenno su questo apparccchio tanto
eomoilo per Io scaldamento delle abitazioni.
« L'acqua fredda tendc sempre a collocarsi sotto le acque calde colie quali
448
CAPITOLO V1GES1MOPRIMO
« L’esposizione e a mezzanotte, siccome la piu adatta per le
piante e gli arbusti che vi si coltivano.
a Due serre basse sono addossate a meriggio, e destinale
particolarmente agl’innesti e alle barbatelle affogate ( elouffees ).
II ealore occorrente e generato dalla natura stessa dei letti di
letarae sottostanti che vi si adoperano, accomodati con tale
industria da far variare la temperatura delle varie parti, a
talento del giardiniere, senza punto d’impaccio; risultato che
in nessun altro stabilimenlo agricola forse vien ottenuto con
tanta semplicila cd efficacia.
« Dietro e superiormente alia serra sono stabilite, alio sco-
perto, le ajette di terra di brughiera opporlunamenle riparate
dal meriggio.
« In qucsti diversi colti comodamente ed acconciamente si
si trova a contatto, mentre Ie acque calde tendono ad elevarsi sopra alia
f redd a.
« Questo fenomeno si puo riconoscere in qualsiasi occorrenza domestica,
per esempio nell'uso de'bagni caldi, ecc. ecc.
a Ora suppongasi una caldaja chiusa, alia quale sia annesso un tubo esterno
che percorra la serie dei locali da riscaldarsi, e venga a sboccare presso la
superficie superiore e presso la inferiore, in modo da stabilire tra le due
superficic una comunicazione esterna.
a Poscia riempiasi tulto I’apparato d’acqua, lubo e caldaja; ed accendasi
II fuoco sotto questa.
0 L’acqua in contatto col fondo si scalda: l’acqua rimasta fredda, e parti¬
colarmente quella del tubo, che nulla partecipa alio scaldamento, va imman-
tinente a collocarsi sotto l’acqua cosi scaldata, mentre questa monta in su.
a Cadendo 1’acqua fredda del tubo nel fondo della caldaja, egli 6 neces-
sario che I’ acqua superiore di essa caldaja imbocchi uscendo il tubo per
occupare il posto dell’acqua fredda che n’esce dalla parte inferiore: di modo
che, per un momento, il tubo si riempie d’ acqua calda, e la caldaja si
riempie d’acqua fredda.
« Tntanto il fuoco nuovamente scalda questa, ed il correre nel tubo esterno
raEfredda quella.
« In questa gnisa si rinnova la primiera condizione di squilibrio idrostatico;
e si stabilisce un aQlusso perpetuo d’acqua calda nel tubo, per tutto il tempo
che si mantiene il fuoco sotto la caldaja ».
STAB1LIMENTI, ECC.
449
governano le raccolte di piante fine, il piu delle sorte con indi-
vidui in piena terra (nelle ajette o nella serra) da servire di
campioni per la nomenclatura, e di piante madri per legemme
e propaggini.
« Vi si osservano, in bella distribuzione, le Camelie, i
Rododendri, le Azalee, le Magnolie, varj Pini, le Araucarie
(cxcelsa e Cuninghamii) ed infinite altre a specie e varieta
numerosissime, compresevi le piu rare, parecchie provenienti
dai colti della Ditta, alcune novissime e non ancora poste in
commercio.
« Accanto, e diffusa per tutto il giardino, e la raccolta delle
rose, pregevole principalmente per le molte e bellissime
varieta di semperflorens e di perpetue ; la raccolta delle Dalie,
da annoverarsi fra le piu ricche del continente, la raccolta
6celtissima delle piante vivaci da fiori, e gran numero di ar-
busti e dialberi ornamentali rustici, principalmente ne’sempre
verdi; come pure una quantita di viti e di alberetti da frutta
stabilmente piantati per servire di campioni per la qualita
e per l’identita delle sorte.
« Una graziosa Valletta, cinta parzialmente dalla serra, con¬
vene le piu pellegrine sorte, e brilla secondo le stagioni della
piu vivida fioritura.
« L’ orto secondario di San Salvario comprende in varie
serre ed ajette il compimento delle raccolte del giardino
principale, molti alberi sempre verdi rustici, ecc. ecc., ed un
magazzino di sementi le piu scelle per fiori, per ortaglie, e
altri generi di colture.
« Le piante di questi due giardini sono per la maggior
parte, e secondo che la loro natura consiglia, allevate in vasi
e spedite col pane (1).
« La gran piantonaja sulla strada di Stupinigi e di alberi
a foglie caduche e persistenti, tanto ornamentali, quanto
frutliferi.
(i) Pane qui signifies il mozzo di terra appiccato alle barbe di qualsiasi
pianta.
450
CAPITOLO VIGESIMOPRIMO
« Questi vengono governati con particolarissime cure di re-
gistrazioni e di bollette per evitare gli sbagli di nomenclatura.
Le varieta migliori sono coltivate in maggior copia, e tutta la
raccolta e in ordine osservabilissimo. La parte delle viti e
provveduta delle specie forestiere piu ricercate, recentemcnlc
tratte dai paesi originarj, Spagna, Francia ed Ungheria, con
tutte le diligenze cbe possono cerlilicare le qualita ben ge¬
nuine. Esse poi nel clima italiano non possono degenerare, e le
molte prove che gia ne furono fatte, diraostrano quanti
miglioramenti l’enologia patria ne possa ricavare.
« La piantonaja di Vanchiglia contiene diversi alberi orna-
raentali, ed una raccolta delle migliori qualita di gelsi, ove
primeggia la Moretlianci , per singolare vigoria di vegetazione.
« Da quanto abbiam delto si puo argomentare qual sia la
forza produttrice dello Stabilimento. La situazione n’esingo-
larmente opportuna, sul limile deU’Italia verso la Francia, in
Iuogo dove fanno capo i veicoli d’ogni maniera, che ne diffon-
dono i prodotli nelle due regioni, nel Belgio, nella Svizzera e
in tutta l’Alemagna, e persino in Russia.
« Genova gli apre il mare; numerosi batlelli a vapore ser-
vono i littorali vicini; bastimenti da vela si dirizzano conli-
nuamente per le Scale del Levante sino ad Odessa e sino ad
Alessandria; ed eziandio, attraversando il Grande Oceano ,
vanno in tutte le Americhe a portar gli alberi diSan Salvario.
Spedili in propizia stagione, questi sopportano lunghissimi
viaggi, e giungendo anche dopo due o tre mesi, provano fe-
licemente.
« Considerando la prodigiosa attivita di questa manifallura
di vegelabili ed il continuo suo ampliarsi, potrebbe forse da
taluno temersi un ingombro di vegetali: ma svanisce ogni so-
spetto ove si consideri che l’amore delle piantagioni viene
ognora dilatandosi, sia per l’utilita che sen ritrae, sia pel di-
letto. E veramcnte ancbe nei nostri riccbissimi paesi ab-
bondano pur troppo terreni sterili e Iasciati in abbandono, i
quali si potrebbero trasformare in folti boschi, come avvenne
STAB1LIMENTI, ECC.
451
in Francia e in Germania. Le nostre ville medesime scar-
seggiano di quegli ameni boschi e boschetli, e macchie in-
gemmate di vegetali esotici, che nobilitano il contado in
Inghilterra. S’aggiungano le considerazioni sullo stato delia
civiltae deiragricolluranell’America, nell’Egitlo, nella Grecia,
nella Turchia e nella Nuova Russia, paesi tutti ove hanno
attivissimo smercio i prodotti dello Stabilimento Burdin Magg.
e Compagnia, e si presagira il lungo avvenire di prosperity
serbato al commercio in grande de’vegetabili.
« Se poi si volesse considerare quanti alberi sono usciti
dai colti di San Salvario, quanle frutta, quanto legno essi
hanno prodotto, quanti furono gli opcraj educati, i miglio-
ramenti dilTusi, i pregiudizj vinti, non lieve meraviglia indur-
rebbe l’immensa influenza che cotesti stabilimenti industriali
agricoli possono esercitare » (1).
Nolizia sullo Stabilimento agrario bolanico
de’ signori Burnier e David
« Venne creato nel 1857, e giace lungo la strada di Rivoli
a un quarto di miglio dalla citta. Occupa un vasto giardino
cinto di mura con varie pianlonaje all’intorno. Una copiosa
scelta di piante in piena terra per la formazione de’giardini
d’ogni genere, un gran numero di piante d’agrumi e di piante
a fiori poste in vasi ed atte ad essere cosi spedite, formano la
ricchezza di queslo Stabilimento ch’esse adornano colic vaghis-
sime lor fioriture. E poi specialmentc osservabile una ricca
collezione d’ alberi fruttiferi de’ piu utili e preziosi, le cui
varie specie si distinguono negli scompartimenti delle pian-
tonajc, pei due rigogliosi campioni che si lasciano stabilmcnte
vegetare affinche servano di confronto e valgano ad accertare
il committente dell’indenlita della specie. Gran parte dello Sta¬
bilimento e destinato alia coltivazione de’ gelsi, che vi si
(I) P. M. S. M. I giardini di S. Salvario sono sempre aperti ai visitatori.
452
CAP- VIGESIMOPRIMO — STABIL-, ECC.
trovano a migliaja, principalmente quei delle Filippine (Cw-
cullata Bonafous ) ed i Morettiani, vegetali le cui preziose
qualita vengono ora assai decantate. I padroni di questo Stabi-
limento s’assumono pure il carico di delineare e piantare
giardini all’ inglese. Ne ha il catalogo delle piante vive
chiunque il dimandi (1).
(I) G. P.
CAPITOLO XXII
PESI, MISURE, MONETE, CORRIERI, DILIGENZE
Tavola dei pesi e delle misitre generalmenle in tiso nel Piemonte
colla eorrispondenza in decimali
MISCRE LINEARI
Oneia che si suddivide per 12 in
punti ed atomi . . . Metri lineali
Piede liprando, di 12 oncie, il piu in
uso, edetto di Piemonte ...»
— manuale, di 8 oncie . . . . »
— geometrico, di 6 oncie ...»
0 0'42 814
0 515 766
0 542 514
0 256 885
454
CAPITOLO V1GES1MOSECONDO
Trabucco di 6 piedi Iiprandi . Melri lineali 5 082 596
Tesa di 5 piedi manuali . . . . » 1 712 555
Raso di oncie 14, misura mercantile
che si suddivide in mezzo, in terzi,
in quarti, in sesti, ed in ottavi . * 0 599 594
Migl io che si compone di 800 trabuccbi » 2,466 076 656
MISURE SUPERFICIAL!
Trabucco quadrato. . . Melri quadrali
Tesa quadrata.»
Piede quadrato, cioe liprando . . #
— manuale . . »
Oncia quadrata.»
9 502 597
2 952 858
0 265 955
0 117 514
0 001 855
MISURE AGRARIE
Giornata di terreno che si compone
di 100 tavole. Are
Tavola cbe si compone di 12 piedi . »
Piede di tavola che e largo un piede
liprando e lungo 12.»
Oncia di tavola che e larga un’oncia
e lunga!44, ossia 12 piedi liprandi »
58 009 588
0 580 096
0 051 675
0 002 659
MISURE DEI SOLIDI
Trabucco cubo .
Tesa cuba .
Piede cubo liprando
— manuale
Oncia cuba .
. Metro cubo
. . . »
• • • ®
• . . »
29 291 976
5 022 642
0 155 611
0 040 181
0 000 078 47
MISURE DI CAPACITA’
Pei liquidi: Carro di 10 brente . Litri 492 846 770
— Brenta di 56 pinle . . . . » 49 284 677
— Pinta di 2 boccali, o 4 quartini » 1 569 019
PESI, MISUP.E, MONETE, ECC.
455
— Quartino che si suddivide in 2
bicchieri. Lilri 0 542 254
Per le matcrie secche, sacco d'emine 5
detlo camerale . . . . » 115 027 795
— Emina di olio coppi ...» 25 005 558
— Coppo che si suddivide poi an-
cora in 24 cucchiaj ...» 2 875 694
MISURE CONVENZIONALI
Per il legno da lavoro si parla ad
oncie, che e poi un’oncia quadra
della lunghezza del trabucco, ed
equivale a . Melri culi
Per il legname da fuoco havvi in uso
una tesa di un quinto piu piccola
della legale, ed equivale a . . . »
Per la misura dei pozzi si usa di una
tesa, la quale si calcola abusiva-
mente d’una quadralura di trepiedi
manuali per l’altezza di cinque, e
vale.»
Per le muraglie di fabbrica dicendo
un trabucco s’intende la quadra-
tura d’un trabucco per lo spessore
di 10 oncie, ed equivale ...»
0 265 955
4 018 114
1 808 145
4 067 195
PESI
Per le cose ordinarie havvi:
Cantaro o quintale, vale quattro rub-
bi, corrisponde a Grammi 56884 440 800
Rubbo composto di 25 libbre. - . » 9221 112 700
Libbra composta di 12 oncie ...» 568 844 508
Oncia di 8 ottavi.» 50 757 042
456
CAPITOLO VIGESIMOSECONDO
Per le cose preziose, metalli, monete
ecc., havvi
Marco composto di otto di dette oncie
Ottavo composto di tre denari
Denaro di 24 grani.
Grano di 24 granotti.
Granotto.
Gr. 245 896 559
» 5 842 150
» 1 280 710
» 0 055 565
» 0 004 447
PESr, M1SURE, MONETE, ECC.
457
TAR IFFA DELLE MONETE
MONETE DECIMALI DELLO STATO
DENOM1NAZIONE
T1TOLO
PESO LEGALE
DELLE MONETE
LEGALE
gram mi
frazioni
ORO
Pezza da 10 lire . . .
millesimi
900
3
2258
L. N.
10
CENT.
b
id. da 20 ...
900
6
4516
20
T>
id. da 40 ...
900
12
9032
40
b
id. da 50 "...
900
16
1290
50
b
id. da 80 ...
900
25
8064
80
b
id. da 100 . . .
900
32
2530
100
b
argento
Scudo da 5 lire . . .
900
25
mill.
000
5
b
Pezzo da 2 ...
900
10
000
2
b
id. da I ...
900
5
000
I
n
id. da 0 50 cent. .
900
2
500
>♦
50
id. da 0 25 » . .
900
I
250
25
RAME
Pezzo da 5 centesimi .
10
000'
05
id. da 3 centesimi.
6
000
03
id. da 1 cenlesimo
2
000
01
MONETE ANTICHE DELLO STATO
PESO LEGALE
DENOVUNAZIONE
TITOLO
di Piemonte
decnnaJe
VALORE
DELLE MONETE
tie-
gra-
gra-
gram-
mil-
nari
ni
notti
mi
ligr.
. ORO
millesimi
L. N.
CENT.
Doppia di Savoja . . .
905
7
2
20
9
116
28
45
— 1 suoi moltipllci cd i
suoi spezzati in pro*
pOFzione.
J>
T>
b
r>
n
*
»
Quadruplo di Genova .
909 I|2
19
16
12
25
214
79
»
— 1 suoi spezzati in pro-
porzione .
b
l»
1)
»>
Jl
»
»
»
20
458
CAPITOLO VIGESIMOSECONDO
CORRIim DEEEE regie poste
ARRIVO E PARTENZA DELLE LETTERE IN TORINO
O
Tulti i giorni alia matlina
Da Ciamberl, S. Julien, S. Gioanni di Moriana e Susa—Da
Ginevra e piCi ollre— Francia, Paesi Bassi — Inghillerra, Spa-
gna , Portogallo e Colonic.
Da Genova, S. Remo, Oneglia, Albenga, Savona, Sarzana,
Spezia , Chiavari , Novi, Alessamlria , Voghera , Tortona ,
Acqui, Asti, Moncalvo e Valenza — Toscana , Stall Ponlijicti,
Napoli e Sicilia.
DaNizza, Cuneo, Ceva , Mondovi, Dronero, Rusca, Alba,
Saluzzo, Savigliano, e dai Dipariimenti met id. della Francia.
Da Novara, Arona, Domodossola, Pallanza, Intra, Varallo,
Mortara, Vigevano, Casale, Vercelli, Aosta, Biella e Ivrea
— Regno Lombardo-Fenelo, Slali Aust/iaci, Stali Settentrionali ,
Scali del Lev ante , ecc.
Da Pinerolo, dallaVenaria Reale, Gassino, Chieri, Caselle,
CtriO, Lanzo.
LuneJh , Mercoleth e Fenenh matlina
Da Parma , Piacenza , Modena e Reggio , e da tutti gli allri
paesi si i'nterni che esteri che non trovansi sulla linea degli
stradali sovra riferiti.
Tulti i giorni alle II antim.
Per Genova, Asti, Acqui, Tortona, Voghera, Alessandria,
Novi, chiavari, Spezia, Sarzana, Savona, Albenga, Oneglia
e S. Remo — Toscana, Stali Pontijicii, Napoli e Sicilia.
Tutti i giorni alle 3 pomeridiane
Per Ciamberi, Susa, S. Gio. diMoriana e S.Julien — Ginevra
e piu oltre — Francia , Paesi Bassi—Inghillerra , Spagna,
Portogallo e Colonic.
Per Nizza, Savigliano, Saluzzo, Alba, Busca, Dronero,
Mondovi, Ceva e Cuneo — Ventimiglia, Monaco, Mentone,
S. Remo, Oneglia , e pei Vipartimenti merid. della Francia
Per Novara, Ivrea, Cuorgng, Biella, Aosta, Vercelli, Casale ,
Mortara, Vigevano, Varallo, Arona, Intra, Pallanza, Domo-
dossola— Regno Lombardo-Feneto, Stati Austriaci, Stali sel-
tenlrionali , Scali del L.eoante, ecc.
Per Acqui , Alessandria , Valenza , Pinerolo, Chieri, Gas¬
sino e la Venaria Reale, Caselle, Ciri6 e Lanzo.
Luned't, Merco/edi e Sabbato alle II antimeridiane
Per Parma , Piacenza , Modena e Reggio.
Litned'i , MercoleiCt, e Fenerd'i alle 3 pomeridiane
Per tulti gli altri paesi si interni che esteri che non tro¬
vansi sulla linea degli stradali 60 vra riferiti.
PESI, MISURE, MONETE, ECC.
459
STATO D I ST INTI VO
ilegli affrancamenti verso g/i Slati esteri.
STATI ESTERI
FRANCIA . .
VALLESE . .
VAUD . . . .
NEUCHATEL
TICINO, cant.
MODENA . .
PARMA . . .
TOSCANA . .
G1NEYRA . .
SPAGNA . . .
PORTOGALLO
GIBTLTERRA
COLONIE . .
INGHTLTERRA
BELGIO . .
PAESI BASSI
ANNOVER .
PRUSSIA. .
MECKLENBURG
OLDENBURG
MALTA . . ,
TUNISI . . .
TRIPOLI . .
AFFRANCAMENTI
Non v’e affrancamento alia frontiera
sarda ; ed e facoltalivo a destinazione.
E obbligatorio alia frontiera sarda • ed
e facoltalivo a destinazione.
E obbligatorio sino all' estrema frontiera
di Francia ; eg/i e perb facoltativo di
deterniinarlo sino a Perpignano per la
Catalogna, c sino a Bajona pel rima-
nente della Spagna , ecc.
E obbligatorio sino alia frontiera sarda •
ed e facoltalivo sino all’ estrema fron¬
tiera di Francia , ed anche sino a de¬
stinazione.
Obbligatorii sino all’ approdo di Malta ,
co/la partenza il 3, 13 e 23 d'ogni mese.
L’affrancamento per lutte le altre destinazioni estere e obbligatorio.
Gli stampati a destinazione della Francia ed ollre debbono essere
ajfrancali per la sola percorrenza interna.
O R A R I O
dell’ Vffizio di Distribuzione e dell’ Affrancamento
Tutli i giorni dalle ore 8 del maUino alle 6 di sera, ad eccezione delle
domeniche e delle quattro solennitA, l’Ascensione del Signore, il Corpus Vo-
mini, la NativilA della Beatissima Vergine ed il SS. mo Natale.
Veil' uffzio della Casta e delle Consegne
per le letter e as si curate
Tutti i giorni dalle ore 8 del mattino alle 6 della sera , eccettuale le doine-
niche e le quattro solennilA qui sopra indicate.
460
CAP1TOLO V1GES1MOSECONDO
Pei la spedizione dei bollettoni , e pel bo/lo delle lettere
in corso pariicolare
Tutli i giorni dalle ore 5 del mattino alle 10 della sera.
Nella nolle un impiegato 6 inearicato del servizio pei bollettom, per la spe-
dizione di staffette e per le lettere in corso particolare.
AVVERTENZE
Le lettere imposlate dopo le ore lissate per la parteuza non avranno corso chc
nell' ordinario susseguente.
Le lettere gettate nella buca nei giorni di domenica e delle altre quattro
solennitk sovra riferite , saranno pure trattenute sino al successivo ordinario.
Nei suddetti giorni festivi riceveranno il loro corso le sole lettere di transito ,
e quelle imposlate nei giorni antecedent , dopo gik partiti i corrieri, cio6 le
lettere affrancate sino alle ore 6 di sera, e quelle gettate nella buca sino alle
ore 10 pur di sera.
Le lettere du assicurarsi debbono essere consegnate, onde possano aver corso
in giornata, mezz’ora prima della parlenza, se per lo stradale di Genova,
ed un ora prima se per altre destinazioni.
L’Ammfhislrazione non risponde delle lettere contenenti oggetti dt valorestate
gettate nella buca , le quali debbonsi presentare all’ Lttizio ond’essere assicurate.
Gli stampati, le incisioni, i giornali ecc. per godere della moderazione d>
tassa concessa dall’ art. 90 del R. Editto del 30 uiarzo I83G debbono essere pre-
sentati sotlo t'ascia ed alfrancati.
Nelle vctlure de'Corrieri delle R. Posle si ricevono tre viaggiatori. L’uflicio
de’ corrieri 6 situate dietro il Teatro Carignano.
PESI, MJSURE, MONETE, ECC.
461
MESSAGGERIE 3ARDE DEI Fratelei BONAFOUS
Gli Uffizii in questa Capitate sono situati in via d’Angennes ,n. Sq
STRADALI
DA TORINO A
Asti . . .
Alessandria
DI GENOVA ^ Novi . .
Genova •
Vercelli .
Novara
Milano
Piacenza .
Parma
Modena •
Mantova .
V erona .
Padova
Venezia .
Bologna .
Ancona .
Roma . .
Dl MILANO
DI FRAN Cl A
Ciamberi
Grenoble
Ginevra .
Lione
Strasborgo
Marsiglia
Bordeaux
Bajona
Parigi
Amiens .
Rouen
La Havre
Calais
Londra .
Lilia . .
Brusselles
PARTENZA
ARR1VO
J Alart.y Giov . j
> e Sabato
1 alle ore 6* sera . '
Lun.y Aleve %
e Verierdi
alle ore 5 sera . /
DILIGENZA
I Lun .
' Merc,
ven %
estate
alle 6
sera,
iru'ern,
alle 5
sera.
CHARI«T
in posta
Restate
Ale rcol edit
Ven. e Dom .
alia sera.
Alerc.y Ven.
Domenica
alia matt hut.
DILIGENZA
Lun.
Gia
Sab .
alia
sera .
Gioa,
Sab.
CHARIOT
in posta
Lun •
alia
matt.
SPEDIZIONIERI
Bonafous fratelli, contrada d'Angennes, 37
Bonafous nipote, id. Pi'ovvidenza , 26
Travi Filippo, id. Arsenate, 4
Razzetti e Comp., id. Arsenate, 19
Mussino e Comp., id. Arsenate, 17
Orago e Comp., id. Provvidenza , 26
Mestrallet, id. Arsenate, 4
Violante Giuseppe, id. Arsenate, 18, alleato de cugini Barisoni di Mila .
Verany e Flandinet, id. S. Carlo, 10
Mussino Maurizio, id. Arsenate C.
462
GAPITOLO V1GESIMOSECONDO
SERVIZIO GENERALE DEI REGJ VELOCIFERl
ED ALTRE VETTDRE PERIODICUE
DA TORINO
Arona . . .
Bit'lla .
Casale . .
Cigliano
Vercelli
Novara
Avona .
Vigevano
Morlara
Varallo
Romagnano
Asti . . . .
Alessandria
Tortona
Voghera
Bron i .
Slradella
Piacenza
Novi .
Genova
Valenza
Morlara
Acqui .
Asti . .
PREZZO DEI POSTI
primi
15 20
9 20
10 20
5 »
8 »
12 »
15 »
15 »
15 »
16 »
14 »
7 »
12 »
15 »
17 75
20 »
21 »
32 50
16 »
27 »
14 50
17 50
12 50
7 70
8 70
G10RNI DI PARTENZA
second i
12 70
1NDIRIZZO
dello
STAB1L1MENTO
('Dal lo marzo a tutto 8bre,
lunedi, mercoledi e vener-
di , a ore I pomer .; dal
1° 9bre a tutto febb., lun.
giov., sab., ad un’ora po-
meridiana.
r Mart., giov. e sab., a ore 4
) mat.; dal I°giugno a tulto
\ agosto , alle 7 sera degli
V stessi giorni.
Dal 15 maggio al 15 7bre,
tutti i giorni esclusa la
donienica, alle 3 di sera ;
dal 16 7bre al 4 maggio
alle ore 10 mattina.
Piazza d’ltalia
nella corle
dell’albergo
della
Pvosa Bianca
5
»)
/ \
7
J>
10
15
15
15
»
i DA TORINO
Contr. Bogino
))
»
»
martedi, giovedl , sabato,
| a 5 ore di sera 1
accantoall’
alb. del Pozzo
16
»
14
»
Lunedi, mercoledi e sabato '
a sera
id. id.
J Tutti i giorni. Estate alle 3 ;
l
pomer.; inver. 10 antim.
id. id.
PESI, MISURE, MONETE, ECC. 465
SERVIZIO GENERALE DEI REGJ VELOCIFF.R1
ED ALTRE VETTDRE PERIODICIIE
DA TORINO
lvroa . . .
Cu
I.anzo . . .
Pinerolo
Alba
Cuneo
Mondovi .
Saluzzo . .
PRE7.70 DEI POSTI
prim i
2 25
10 »
4 75
I 55
GIORNI DJ I'ARTENZA
secondi
INDir.l 7.7,0
dello
STABILIMENTO
Lunedi, mart.,
a un’ora pom.;
far del giorno
mere, sab., ,
venerdisul
'Tulti i giorni dal 1° gennaio
a tutto aprile, e dal l°set-
tenibrea tulto dicembre, a '
ore tre di sera ; dal 1° |
maggio a tulto agosto, a
ore 4 di sera ,
i Ma 88‘°> luglio,agosto, 1
alle 5 mattina e 4 sera; set- *
tembre, ottobre, a 6 mat
3 sera
Conlr. ed alb.
d Italia
Piazzad'ltalia
magazzino
Robert
r -l
id. id.
( Tulti i
t sera
giorni,
\ Conlr. Porta
mattina cfNuova vicino
Tulti i giorni
1 all’albergo
" del Moretlo
| id. id.
i Marledi, giov., sab. dal 1° I _ . , ,,
setlembre a tulto mageio / _
a ore 4 di mattina; dal id R “ a RoMa >
giugno a tulto agosto, a ore 1 j/^eTosso
7 di sera )
! Lunedi, mercoledi, venerdi,
dal i° seltembre a tutto,
maggio, a ore 4 maltina ; j
dal 1° giugno a tutto agosto, '
a ore 7 sera
l Dal I u aprile a tulto 7brc I
^ alle 4 mattina; dal 1° 8l>re
l a tutto marzo, alle 7 malt. ,
id. id.
id. id.
,
’
..M» Jm..—
'
«... . -
. .1
INDICE DEI CAPITOLI
-ca-
PARTE PRIMA
CAPITOLO I
Topografia .pag, 5
CAPITOLO II
Popolazionc , fgiene c Meteorologia .» 14
CAPITOLO hi
Idrografia, Storia nalurale . » 22
CAPITOLO IV
Storia .» 57
CAPITOLO V
Religione .» 51
CAPITOLO VI
Inslituzioni municipal *, Casse di risparmio, lllumi-
nazione, Incendj .» 56
CAPITOLO VII
Consumo, Mercali, Macelli , Cimiterj .... » 69
CAPITOLO VIII
Edifizj e Monumenli . » 81
CAPITOLO IX
Palazzo del Re . » 120
CAPITOLO X
lustiluzioni carilative . *145
466
CAPITOLO XI
Jnslituzioni ricreativc .pag. 209
PARTE SECONDA
CAPITOLO XII
Monorchia, Escrcito . » 227
CAPITOLO XIII
Lrgislazione cd Amministrazione della giustizia . » 21)4
CAPITOLO XIV
Universita degli studj .» 272
CAPITOLO XV
Accademic , Galleric, Scuole ed ajuti per le Belle
Arti, Giunle scientifiche .>* 304
CAPITOLO XVI
Agricoltura, Manifatture, Commercio .... » 525
CAPITOLO XVII
Instituzioni penilenziarie presso Torino .... » 337
CAPITOLO XVIII
Tcalri y Trattenimenti, Fcslc, Usi e Coslumi , Dialello,
Prezzi e Fogge del viverc, Giornali .... » 367
CAPITOLO XIX
Dinlorni di Torino . » 390
APPENDICE
CAPITOLO XX
Flora, Fossili .. 427
CAPITOLO XXI
Slahilimenlo del gaz, Slabilimenli agraribolanici . » '<44
CAPITOLO XXII
Pcsi, Misure, Monete, Corrieri, Diligcnze ... » 455
ibmmi ini mwito
DELLE COSE PIU NOTABILI
Accademia Reale delle
Scienze .... pag. 504
Sez. Monv ., e. dell’Accad.
— Militare.» 127
Sez. Po, via della Zecca
— Albertina, o di Belle Arti» 5H
Sez. di Po, v. della Posta
— Filarmonica. . . . » 211
Sez.Monv., piazza S.Carlo
— Filodrammatica . . » 217
Sez. Po, via della Posta
— Ecclesiast; di Superga 54, 596
Aglie (R. Villa di) . . . » 421
Agricoltura nell’AgroTo-
rinese (brevi notizie). » 526
Alberghi, ostcrie, caffe,
ecc. (nota numerical . » 586
Albergo (Regio) di Virtu . » 170
Sez. Po, piazza Carlina
Altezza verticale di varj
punti di Torino e din-
torni.» 7
Animali dei dintorni . . » 56
Arcbitetti di varj edifizj » 88, 89
Archivj (R.) di Corte . . » 125
Arco di Susa . . . . » 410
Argini sul Po . . . . » 90
Armeria Regia . . . » 151
Nel Real Palazzo
Arte tipografica e suo com-
mercio.» 552
Arsenale R. e Corpo reale
d’artiglieria ...» 251
Sez. Monv., v. dell’Arsen.
Assedj.» 59
Assicurazione contro gli
inceudj (Compagnie d’) » 67
Badia di Sant’Andrea . . » 102
Banchieri in Torino . . » 559
Basilica de’Ss. Maurizio e
Lazzaro .... pag. 105
Sez. Dora, via d'ltalia.
Biblioteca particolare del Re » 123
Nel R. Palazzo
— pubblica della R. Uni¬
versity .» 282
— della Reale Accademia
delle Scienze . . » 508
— dell’Arsenale ...» 253
Biblioteche e Gall, di privati » 521
Bozzoli (raccolta de’) . . » 355
Brunetta (ruine della) . » 410
Caffe (botteghe da) . . » 587
Camera (R.) de’Conti . . » 268
— di Agricoltura e di Com-
mercio.» 547
Campo Santo . ...» 74
Oltre la Dora, neiprati
detti del Parco
Cappella della SS. Sindone » 101
Nella Metropolitana
Carta geologica del prof.
Sismonda . . . . » 400
Carticra Molino e Bricca-
relli al Regio Parco . » 418
Case religiose . ...» 54
Caserme di S. Celso e di
S. Daniele . . . . » 113
Sez. Moncenisio, a porta
Susina
Casino Barolo . . . . » 413
Cassa de’censi e prestiti . » 60
— di risparmj ...» 62
Castello (R.) e citta di Mon-
calieri.» 596
Calecumeni (Ospizio dei). » 194
Sez. Dora, via dello Spi-
rito Santo
463
INDICE ALFABET1C0
tattedre della Regia Univer¬
sity .pag. 279
Cavoretto, villag. di piacere » 599
Cavour (il monte di) . . » 04
Chiesa Metropolitana . . » 180
Sez. Dora, p. S. Giovanni
— della B. V. della Conso-
lata.» 102
Sez. Moncen., via della
Consolata
— di S. Filippo . . . » 104
Sez. Monv., v. di S. Fil.
— di S. Lorenzo ...» 105
Sez. Dora, piazza Castello
— della Trinita ...» ivi
Sez. Dora, v. Dora grossa
— de’Ss. Martiri Solutore e
Compagni, detta de’Ge-
suiti.» ivi
Sez. Mono. v. Dora grossa
— del Corpus Domini . » ivi
Sez. Dora, via del Pa¬
lazzo di Citta
— de’Ss. Maurizioe Lazzaro » ivi
Sez. Dora, via d’ltalia
— di S. Domenico . . » 106
Sez. Dora, v. di S. Dom.
— Della GranMadre di Dio » ivi
Rimpetto al ponte di Po
Cimiterodi S. Pietro in Vin-
coli.» 78
Cittadella.» 111
A ponente della citta,
Clima.» 18
Collegj delle facolta . . » 280
Collegio Caccia ...» 522
Sez. Po, via S. Francesco
di Paola
Collina di Torino . . . » 591
Colonna votiva alia B. V. della
Consolata . . . . » 105
Commestibili, combustibili e
foraggi (prezzo dei) . » 585
Commissione (R.) superiore di
Statistica . . . . » 524
Compagnia di Operai—Guar-
die del fuoco ...» 65
Compagnia di S. Paolo (Opera
pia della) . . . pag. 158
Sez. Dora, v. del Monte di
Pieta
— delle Puerpere . . » 168
Sez. Moncen., v. S.Teresa
— della Misericordia . » 198
Sez. Moncen., chiesa della
Misericordia
Confraternite di secolari » 53
Consiglio degli Edili . . » 62
Consolati o Tribunali di Com-
mercio.» 269
Consumodicommestibiliecom-
bustibili della citta . » 71
Convitto delle Vedove Nobili » 196
Sui colli, presso il Monte
dei Cappuccini
— di S. Francesco d’Assisi » 54
— Ecclesiast. diSuperga 54, 596
Corpo Decurionale . . » 58
— R. dello Stato MaggiorGe-
nerale e Topografia . » 246
— del Genio Militare . » 263
Correzionale delle prostitute
all’ Ergastolo ...» 558
Fuori porta Nuova
— de’Giovani discoli, detto la
Generala . . . . » 562
Lungo lo stradale di Stu-
pinigi
Corrieri delle R. Poste, arrivo
e partenza delle lettere» 458
Corse di cavalli . . . » 218
Deputazione(R.)sopra gli studj
di Storia Patria . . » 325
Dialetto piemontese . . » 580
Dintorni di Torino . . » 391
Dispensario ottalmico . » 164
Presso il direttore sig. Ca-
simiro Sperino, v. dell’o-
spedale, n° 18
Divisione della citta in isole » 11
Dominazione francese . » 47
Dora flume, sorgenti, corso
e derivazioni delle sue
acque.30, 32
DELLE COSE PIU NOTABILI
Edifizio idraulico . . pag. 291
Fuori porta Susa, a destra
dello stradone di Rivoli
Edifizio dell’Ergastolo, conte-
nente il Correzionale mu-
liebre e l’Ospizio cellico » 174
Edili (Consiglio degli) . » 61
Elenco dello principali specie
di piante fanerogame cre-
scenli ne’dintorni . » 427
Erenio (!’), gia convento dei
Camaldolesi ...» 599
Sui colli della citld
Escrcito piemontese . . » 244
Estrazione de’prodotti serici
(Specchio dell’) . . » 542
Fabbrica delle polveri, e raf-
fineria dei nitri . . » 260
Ncl sobborgo di Dora
Fabbriche dei zolfanelli fo9fo-
rici.» 350
— delle stoffe di seta ed o-
pificj diversi ...» 338
— dei fratelli Sclopis . » 549
Poco oltre il ponte della
Dora, a sinistra
— di Enrico Decker . » ivi
Borgo Nuovo di Dora
— di Filippo Cambiaggio » ivi
Sez. Po, v. della Zecca
— di Carlo Barbanti . » ivi
Sez. Monviso, v. S. Fi¬
lippo
— di P. Routin ...» ivi
Sez. Po, v. di Po
— di Capello detto Mon-
calvo . . . . » ivi
Sez. Po, Stradone
— di Richard e Dortu . » ivi
Oltre Po, verso la Vigna
della Regina
— di Enrico Jest . . » ivi
Sez. di Po, v. di Po
— di Rossi . ... » ivi
Sez. Monviso, v. dell'Ospe-
dale
469
Falo (usanza festiya del) » 373
Fenomeni meteorologici pag. 20
Festa di S. Gio. Battista . » 376
Fiera di Moncalieri . . » 397
Filande di seta ...» 534
Fonderia dei cannoni . » 255
Nel R. Arsenale
Fontana di S. Barbara, Torre
idraulica ivi costrutta » 35
Presso porta d'Italia.
Fortificazioni . . . » 5, 110
Fossili ( Catalogo dei ) della
collina di Torino . » 442
Fucina delle canne da schiop-
po.» 262
Nella rcg. di Valdocco
Gabinetto anatomico patolo-
gico.» 285
Nel palazzo dell' Accade-
mia Albertina
— uiineralogico dell’Azienda
Generale dellTntcrno » 301
Nel fu monastero delle
Monache Carmelitanc,
piazza S. Carlo
— mineralogico dell’Arsen. » 252
— di fisica dell’Arsenale » ivi
— di fisica della R. Univers. » 287
Nel palazzo della R.
Universitd
Galleria R. di pittura . » 514
Piazza Gastello, nel Pa¬
lazzo detto di Madama
Giardino Regio . . . » 131
Attiguo al Palazzo Reale
Ginnastica (Giuochi di) . » 371
Giornali (Elenco dei) che si
pubblicano ...» 389
Giunta (R.) di antichita e di
belle arli ..-..» 322
Illuminazione pubblica . » 63
Incendj memorabili . » 49 64
Industria serica e sno com-
mercio . , . . » 530
Instituto meccanico . . » 551
Al Belvedere in Borgo N.
470
INDICE ALFABE1ICO
Instituto diBeneficenza ed uf-
ficio pio per i poveri in-
fermi a domicilio . pag. 162
Laboratorj ed Anfiteatro di
Chimica . ... » 285
Nel palazzo della Regia
Accademia Albertina
Laboratorio chimico metal-
lurgico dell’Arsenale . » 251
— de’ Bombardieri . . > 259
Attiguo all’Arsenale
Eettere (arrivo e partenza
delle ).» 458
Lotterie di beneficenza . » 572
Macelli diversi . 72
Magistrate della Riforma so-
pra gli Studj ...» 278
— del Protomedicato . » 281
Mandria (la Regia), stabili-
mento per la riproduzio-
ue de’ cavalli . . . » 416
Presso la Venaria Reale
Maneggio (R. de’ cavalli) » 150
Sez. Po , via della Zecca
Manicomio Regio . . . » 156
Sez. Moncenis., in capo
alia via del Deposito
Manifattura d’armi ncl Re¬
gio Arsenale e aella fu-
cina di Yaldocco . . » 256
Mendicita istruila (Opera
della).» 188
Sez. Po via di S. Pelagia
Mercati delle derrate ali-
mentarie . ...» 75
Messaggerie Sarde dei fra-
telli Bonafous ...» 461
Misure diverse della citta. » 6
Monastero delle povere Or-
fane.» 184
Sez. Mono., v. delle Orf.
Monte (il), Convento de’Cap-
puccini ,....» 598
Montecenisio (il) . . . » 411
Monte di pieta . . . » 160
Sez. Dora , via del Monte
di pitta
Museo di Zoologia . pag. \
Nel palazzo dell’ Accad. \
delle Scicnze 1
— di Miueralogia . . » f 292
— di Antichita Egizie, Gre- \ a
che, Elrusche e Roma- ( 504
ne . • . « • • ® I
— Egizio.» )
— Numismatico . . . »/
Officine di costrnzione nel R.
Arsenale . . . . » 255
Opere pie.» 145
Opere (Elenco delle) in mag-
gior numero stampate. » 554
Ordini Cavallereschi . . » 256
Orto botanico . . . . » 286
Al R. Gastello del Va¬
lentino
— Sperimentale della Reale
Societa Agraria . . » 510
Alla Crocctta fuoriporta
Nuova
Osservatorio astronomico. » 288
Nel palazzo dello di Ma¬
dam a
Palazzo del Re . . . . » 120
— di Madama . . . » 115
In mezzo della piazza
Gastello
— del Senato, ovvero Curia
Massima . . . . » 1U
Sez. Moncenisio , via del
Senato
— di citta . . . . » 117
Sez. Dora , piazza del pa¬
lazzo di Citta ,, altre
volte delta delle Erbe
— dell’Univers. degliStudj » 11.
Sez. Po , via della Zecca
— dell'Accad. delle scicnze » 111
Sez. Monviso, via dell’Ac¬
cademia delle scienze
— Carignano . ...» ivi
Sez. Monviso, piazza Ca¬
rignano
— del Princ. della Cisterna » 114
Sez. Po, via. S. Filippo
DELLE COSE PIU NOTAB1LI
471
Palazzo Guarene . . pag. 114
Sez. Po, piazza Carlina
— Agliano.» ivi
Sez. Po, via dell’Ospedale
Parco (il Regio) . . . » 417
...
Passeggi pubblici ...» 385
Pavimento delle strade . » 99
Pesi e misure . • . . » 455
Pestilenze memorabili . » 47
Piazza Castello ...» 94
Sez. Po
— di S. Carlo ...» ivi
Sez. Monviso
— di Vittorio Emanuele » 96
All’ingresso orient, della
cilia.
— di Eramanuele Filiberlo » 97
All’ingresso settentrionale
— del Palazzo di Citta . » ivi
Sez. Dora
— Carlo Felice ...» ivi
All'ingresso meridionale
Piccola casa della Divina
Provvidenza . . . 202
All’estremita del borgo di
Dora, verso Faldocco
Po flume — Sorgenti — ln-
fluenti — Corso , pro-
fondita . . » 23, 26
Piene di questo flume » 28
Polizia municipale . . » 61
Pollenza (Castello di) . » 406
Ponte in pietra sulla Dora» 52, 91
— in pietra sul Po . » 27, 29
—- sospeso sul Po » 91
Pontonieri (Scuola dei) . » 402
Popolazione aituale . . » 15
— progressiva dopoil 1706 » 17
Porte antiche ...» 11
Portici della strada diPo » 98, 385
Posizione geografica . . » 5
Professori celebri della R.
Universita . . . . » 277
Quart.® nuovo di Cavalleria » 115
Sez. Po , via della Zccca
Racconigi (Regio Castello di) » 405
Ricovero di Mendicita . pag. 176
Olive il Po, verso la Madonna
del Pilone
Rigagnoli detti dore » 35
Rifugio (Opera pia del)» 192, 365
Presso il sobborgo di Dora,
regione di Faldocco
Ritiro della Provvidenza 178, 180
Sez. Monv., v. della Provvid.
— delle Sapelline . . » 182
Sez. Monc.,via delle Orfane
— (Regio) delle figlie di mi-
litari.» 186
Sez. Moncenisio, via delle
Figlie di militari
Rivoli (Castello di), e paesi
vicini.» 405
Rosine (Ritiro delle) . . » 178
Sez. Po, via delle Rosme
Sagra di S. Michele . . » 409
Sala d’arti e mestieri . » 509
Nel palazzo della Reale
Accad. delle Scienze
Scuola d’Equitazione alia Ve-
naria Reale . . . » 415
— Veterinaria ...» 500
Alla Fenaria Reale
Scuole universit. secondar. » 300
— minori.» 275
— infantili e sale d’asilo » 190
— gratuite del disegno, ap-
licato alle arti e mestieri » 522
Seminario arcivescovile . » 116
Sez. Dora, v.del Seminar.
Senato del Piemonte, sua
origine, ecc. ...» 268
Societa Agraria (R.) . . » 509
Sez. Monviso, via e palazzo
dell' Accademia
Sordo-muti (Scuola dei) . » 200
In Borgo Nuovo
Spedale di S. Gio. Batt. » 107, 148
Sez. Po, via dell'Ospedale
— de’Ss. Maui izioe Lazzaro» 130
Sez.Dora, via della Basilica
— di Carita ...» 107, 172
Sez. Po, via di Po
472
IN DICE ALFABE1IC0
Spedale di S. Luigi Gon-
/aga . . . pag. 109, 154
Sez. Mono., v. del Deposito
— ftlilitare divisionario . » 152
Sez.Mono., v. del Carmine
— della Maternita . . » 166
Sez. Po, via dell’Ospedale
Spedizionieri e Commission. » 461
Stabilimento pel bucato a va-
pore.» 351
— del Gaz illuminante » 551, 444
Fuori porta Nuova
— Agrario bolanico de’ sigg.
Burdin e Comp.. » 552, 447
Fuori porta Nuova
— — de’ sigg. Burnier e
David . T ...» 451
— (Regio) Ortopedico . » 206
Sui colli tra Moncalieri e
Testona
Stamperia Reale ...» 553
Sez. Po, via della Zecca
Statua equestre diEmmanue-
le Filiberto ...» 95
In piazza S. Carlo
Statuti e privilegj della Citta » 59
Strade e Tiazze principali
della citta ...» 91
— loro nomi e misure » 118, 119
Strade Reali-Postali . » 9, 10
Stupinigi (R. Villa di) . » 403
Suolo su cui sorge Torino » 8
Suore di S. Anna (Casa delle) » 204
Sez. Mono., v. della Cons.
Superficie territoriale
» 16
Superga (R. Basilica di) .
» 595
Tabacchi (Fabbrica dei) .
» 417
Al R. Parco
Tariffa delle monete .
» 457
Teatri (Specchio dei) - .
» \
Teatro Regio ....
» ]
Piazza Gastello is. San
Luca, n.° 6 f
— Carignano . . . » > 568
Piazza Carignano l
— d’Angennes . . . » 1
Via d’Angennes, accanto
al n° 27
Teatro Sutera ...»
Via di Po, n° 31
— Diurno . . . . »
Via de'Tintori, dietro
piazza Vittorio Em-
manuele
— Circo Sales ...»
Porta Palazzo , viali di
S. Barbara
Teatrini di marionette, fan-
tocci e burattini . »
Da S. liocco — da S.
Martiniano—dal Monte
di Pietd . . . . »
Teatro anatomico . . » 283
Atliguo alio spedale di
S. Giovanni
Tiro (Societa del) . . . » 215
Nel recinto del Valentino
Torri (le) dette Augustali » 86
Sez. Dora, tra la piazza
Emmanuelc Filiberto e
il Palazzo Vecchio
N.B. Ivi, ove dice: Le
Torri sono, leggi / fa -
stigj delle Torri.
Tribunali diversi ...» 269
University (R.) degli Studj » 272
Sez. Po, via della Zecca
Uomini illuslri nelle scienze
e nelle lettere . » 49, 50
Vaccino (Conservatori e Com-
missarj del) ...» 303
Valentino (R. Castello del) » 401
Velociferi (Servizio generale
dei).» 462
Venaria Reale . . . . » 413
Vieariato (Ufficio del) . 60, 61
Vigna della Regina . . » 398
Villa lVaineri, detta 1’Eremo » 599
— Prever.» iv»
Sulla collina dirimpetto
al Valentino
— Rignon, detta l’Amoretti » 404
Presso Stupinigi
Zecca.» 150
Sez. Po, via della Zecca.
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